Nei misteri di Napoli
Nei misteri di Napoli Nei misteri di Napoli Dominique Fernandez PORPORINO O I MISTERI DI NAPOLI Rusconi, Milano, 361 pagine, 4.500 lire « Pastiche »: opera letteraria o artistica, nella quale si imita la maniera o lo stile di uno scrittore o di un artista (Grande Dizionario Larousse). Ecco la definizione, fatti alcuni opportuni adattamenti, di « Porporino », romanzo di costumi napoletani, di Dominique Fernandez. L'autore rivela tutta la consumata abilità del letterato in vena di divertirsi e di divertire: ricorso a una tecnica narrativa sperimentata nel Settecento, quella del falso memoriale; sopercherla letteraria appena velata, la messa in scena di personaggi storici arcinoti (un vivace abate Galiani, Perocades il massone giacobino, uno scialbo Casanova incerto fra le donne e le finte donne); quadri d'ambiente ispirati dalla più sicura tecnica realistica (fi paesino calabrese, la cuccagna per I lazzaroni napoletani); digressioni ideologiche sulla società borbonica settecentesca che con pochissime varianti, potrebbero ancora applicarsi a quella meridionale contemporanea; ironia di Voltaire; ricordo delle « Cronache italiane » di Stendhal, si potrebbero citare Innumerevoli illustri nomi che potrebbero aver ispirato il dotto Fernandez. Porporino è un nome d'arte. In realtà si tratta di un contadinotto calabrese, Vincenzo Dal Prato, ceduto dal padre al signore del borgo, il principe di Sansevero, una specie di Cagliostro napoletano, inventore di cose inutili, che, dopo averlo fatto privare degli attributi maschili, lo fa studiare a sue spese nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo a Napoli. In esso sono « allevati » due specie di allievi, « 1 maschi, futuri compositori, e i castrati, futuri sopranlsti ». Là si compie l'educazione, anche sentimentale, dell'exragazzo, in un clima equivoco, dove si respira nell'aria il mito dell'androgino. Porporino sceglie volutamente la parte della « spalla » di un collega più brillante, Fendano, che possiede innato l'istinto della prima donna e attorno al quale nascono e si sviluppano violente passioni. L'ultima parte, la più felice forse, è uno spaccato della società napoletana al tempi del re Ferdinando, nella quale il dramma matura perché, anche se non par vero, di un dramma si tratta: Felicitino viene squartato dal vaDet? del principe Sansevero. che vendica così le sofferente di don Manuele duca di Stillano, vittima della crudeltà del cantante. Porporino, che rinuncia alla gloria, va in Germania a dirigere la cappella di un oscuro noblluccio, e là redigerà le sue memorie. Che si possa parlare, come fa Ugo Ronfani nella presentazione, di « primo romanzo storico freudiano del XX secolo », ci par piuttosto azzardato, anche se Freud è tirato direttamente in causa dall'autore per sottolineare l'interesse delle storie di « certi uomini che grazie alla loro mutilazione sarebbero rari modelli per verificare certe ipotesi. Loro non avevano soltanto il complesso, erano davvero in quello stato ». Le implicarne psicoanalitiche affiorano qua e là, ma paiono quasi un omaggio obbligato allo «status» del protagonista. Né purtroppo, come suggerisce l'autore, nel leggere della moda dei castrati il nostro pensiero è corso subito alla moda contemporanea dell'unisex e ha instaurato un rapporto tra « la protesta hippy del nostro secolo e la voga dei castrati nell'altro »! Tra l'hippy di oggi e fi castrato del Settecento, bene o male, qualche differenza deve pur esserci ancora, se si fa un così gran parlare di educazione sessuale giovanile. Sergio Zoppi
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