Russi e tedeschi, poeti della burocrazia

Russi e tedeschi, poeti della burocrazia Ritornano le "Mezze maniche,, di Courteline Russi e tedeschi, poeti della burocrazia Lahrier, burocrate fannullone, assenteista per vocazione, amante spregiudicato che si porta le donne in ufficio, si muove sullo sfondo di una polverosa « Direzione Donazioni e Lasciti » del ministero delle finanze nella Parigi del 1891. Litigi, scontri coi colleghi, esilaranti scherzi da liceale: Lahrier è il giovinotto brillante, l'unico essere vivo in un panorama di travet rimbecilliti, direttori pignoli e sconfitti, superburocrati gaudenti più appassionati agli spettacoli delle Folies che non « alle magnifiche sorti e progressive » della patria. Alla fine, in un quadro a metà fra il vaudeville e le vignette di Forain, chi crede nel lavoro (il capufficio La Hourmerìe) muore d'infarto, chi lo trascura se la spassa al cabaret. Quelli delle mezze maniche (Rizzoli Bur, Milano, 152 pagine, 900 lire) «romanzo in sei quadri della vita d'ufficio » (titolo originale: Messieurs Les Ronds-De-Cuir) è una delle più spassose opere di Georges Courteline. E" una satira vivacissima del mondo della burocrazia, una splendida raccolta di bozzetti esilaranti. Courteline (pseudonimo di Georges Moineaux) conosceva bene i misteri dei ministeri. Figlio di un redattore de La Gazette des Tribunaux, lavorò come copista al ministero degli Interni (direzione dei culti) dal 1880 al 1894. Mestiere oscuro, ingrato, abbandonato senza rimpianti dopo la pubblicazione su le Petites Nouvelles quotidiennes di Les Gàités de l'escadron, un romanzo a puntate, una presa in giro della vita militare. Courteline è stato un autore amato e popolare nella Belle Epoque. In vita, suscitò l'ammirazione non solo del pubblico che gremiva i teatri per vedere Boubouroche, ma anche di celebri letterati (Anatole France, Daudet, Mallarmé, Ver la ine)- e della più arcigna cultura ufficiale: l'Académie Francaise gli decretò nel 1926, tre anni prima della sua mo te, un premio straordinario di quindicimila franchi. Una ricompensa meritata per l'autore di Gàité de l'escadron, Le train de 8 heures 47, Les Linottes e di fortunatissime commedie come Un cliente serio, Le marionette della vita. Divertente bozzettista egli resta però nell'anticamera della storia del romanzo europeo ispirato alla burocrazia statale (Kafka, Musil, Dostoevski, Gogol). I travet, i forzati della copisterìa, i medi burocrati che sognano carriere inebrianti, i funzionari pronti a tutto, i direttóri generali seduti sulle loro potentissime e remote poltrone sono una costante della letteratura dell''800 e del '900 soprattutto in Austria, Germania e Russia (la letteratura inglese ha dedicato alla burocrazia soltanto « l'ufficio circonlocuzioni » del Little Dorrit di Dickens). Il burocrate kafkiano K è l'erede della grande burocrazia austro-ungarica in dissoluzione. I personaggi berlinesi di Tedor Fontane (Effi Briest), i grandi burosauri di Musil, i signori delle scartoffie di Von Doderer impersonano da una parte le vignette e le battute del Die Fliegende Blatter (il giornale satirico berlinese della fine del secolo scorso che raffigurava il plon plon dell'impiegato di sottordine) dall'altra illustrano come dice Giorgio Zampa, docente di letteratura tedesca all'università di Firenze, « la coscienza di una macchina burocratica che ormai ha cominciato ad essere alienante e aberrante e che ha travolto tutti ». Su questo sfondo drammatico piange le sue lacrime il Professor Unrat di Heinrich Mann (il fratello di Thomas). Fra queste oscure onnipotenze odorose di muffa e di inchiostro, consuma il suo travaglio Joseph K., vittima di un potere oscuro e burocratico. Dall'analisi dei personaggi di Kafka possono scaturire discorsi pericolosissimi per tutte le burocrazie (ricordiamoci il convegno di Praga del 1963 nel quale Kafka diventò « all'interno della discussione socialista», come ha scrìtto Vittorio Strada, docente di letteratura russa a Venezia, « una pietra di paragone di posizioni che vanno al di là del suo significato intrinseco ». Anche oggi un accenno di plauso a Kafka può fare impallidire un burocrate. « Non c'è nessuno v più suscettibile dei funzionari, degli ufficiali, degli impiegati e, in una parola sola, d'ogni sorta di gente che presta servizio », scrive infatti Nikolaj Gogol nel Mantello. Sull'ultimo Novyi Mir, c'è, ad esempio, la filippica dell'onnipotente V. Jagodkin (segretario del comitato moscovita del Pcus) contro « il piccolo » critico filokafkiano G.I. Kunitsin. « Come un lupo azzannerei il burocratismo» scrisse Majakovskij. « Queste sue parole », secondo Vittorio Strada, «esprimono uno stato d'animo sentimentale e intellettuale proprio di una parte della letteratura russa moderna». Da Gogol a Tolstoj, da ScltikovScedrin a Suchovo- Kobylin, da Cekov a Majakovskij l'antiburocratismo costituisce una sorta di invariante, un atteggiamento critico che por- hi ta i vari scrittori a un'analisi penetrante e dolente del fenomeno burocratico. « Alla burocrazia », dice Vittorio Strada, « la letteratura russa dedica l'attenzione che altre letterature rivolgono all'amore o al denaro. A parte sta Fédor Dostoevskij, ma in lui il problema della burocrazia si trasforma nel problema del potere: Il Grande Inquisitore non è un burocrate ma è la condizione della possibilità di una sottogerarchia burocratica. Come il "Cavaliere di bronzo" pushkiniano esso è un grandioso rimedio poetico-filosofico del rapporto di dominio e della eventuale giustificazione di questo rapporto. In nessun'altra letteratura si è detto alcunché di altrettanto energicamente profondo ». E in Italia? Ci sono / misteri dei ministeri di Frassineti, / Burosauri di Silvano Ambrogi, // medico della mutua di Giuseppe D'Agata, il Monsii Travet di Bersezio, e tanti altri personaggi incapaci però di offrire un quadro all'altezza della grande «letteratura della burocrazia » slava e mitteleuropea. Cario Rossella

Luoghi citati: Austria, Firenze, Germania, Italia, Milano, Parigi, Praga, Russia, Venezia