Così nacque la complicità fra Mussolini e Hitler di Giovanni Spadolini

Così nacque la complicità fra Mussolini e Hitler Dalla tragica alleanza nazi-fascista all'agonia della dittatura spagnola Così nacque la complicità fra Mussolini e Hitler Renzo De Felice MUSSOLINI E HITLER: I RAPPORTI SEGRETI 1922-1933. Quaderni di storia diretti da Giovanni Spadolini Le Monnler, Firenze, 303 pagine, 4.500 lire. La parola fatale, «Asse», Mussolini non la coniò nel liscorso di Milano del 1° no/embre 1936 che preannunziava il «Patto d'Acciaio», uensì quattordici anni prina, in un articolo del marzo 1922 sulla sua rivista personale, Gerarchia. Anche se, ovviamente, il duce non poteva precorrere tanto i tempi e riferirsi già a quell'alleanza militare con la Germania che ci avrebbe condotti alla catastrofe, il termine — che in quell'articolo era destinato semplicemente ad illustrare il ruolo della Berlino weirnariana — sembra oggi quasi una premonizione dei futuri contatti, ideologici e politici, che finiranno per unire fascismo e nazismo. L'articolo di Gerarchia è uno dei tanti documenti, anche inediti, che Renzo De Felice pubblica in questa interessantissima raccolta e che, nel loro insieme, possono davvero offrire allo studioso l'occasione di tracciare l'inedita « preistoria » dei rapporti fra i due partiti totalitari (cui darà presto fondamentale contributo la corrispondenza Hitler-Mussolini che lo Schroder sta per pub¬ blicare in Germania): si tratta, in complesso, di nove gruppi di documenti, ognuno dei quali riferito a un preciso periodo storico fra il 1922, anno dell'andata al potere del fascismo, e il 1933, quando Hitler a gennaio divenne cancelliere del Reich. Il panorama tracciato dalla raccolta di De Felice è straordinariamente avvincente: i primissimi contatti dei due partiti all'epoca del fallito putsch della Feldherrnhalle di Monaco e del fascismo con le destre tedesche dello Stahlhelm e il « fronte nazionale » di Hugenberg attraverso la missione del generale Capello; la convinzione di Hitler, già nel 1928, che fra Italia e Germania non esistevano motivi di contrasto e che le due nazioni avevano un nemico comune, la Francia e il suo pensiero sulla questione dell'Alto Adige e dell'Anschtuss (che, invece, Mussolini osteggiava); il timore e la sorpresa del fascismo, ai più alti livelli dirigenti, per i risultati delle eie-* zioni tedesche del 1930 che videro salire i voti nazionalsocialisti da 809.000 a sei milioni e 401.000 e fecero del partito di Hitler il secondo partito della Germania. Ancor più interessante e minuziosa è la lunga serie dei rapporti che il maggiore Giuseppe Renzetti, presidente della Camera di Commercio italiana di Berlino (e come nota De Felice, « la vera "longa manus" di Mi'^solinr in Germania ») inviava . Ro- ma sulla situazione tedesca. Risulta da essi che, fra il 1930 e il 1932, mentre fascismo e nazional-socialismo stabilivano rapporti pubblici e semipubblici — consentendo, ad esempio, la creazione di gruppi nazionalsocialisti fra i tedeschi residenti in Italia — Mussolini teneva contemporaneamente eguali rapporti con altre formazioni della destra tedesca, il tutto senza peraltro inimicarsi Hitler ma anzi atteggiandosi a suo amico e consigliere in modo da tenerlo « come carta di riserva». Ed è significativo, a questo proposito, il fatto che, malgrado parecchie insistenze di Hitler, anche dopo quelle elezioni presidenziali in cui aveva ricevuto ben 13 milioni e mezzo di voti, Mussolini rifiutò sempre, in un modo o nell'altro, di riceverlo ufficialmente in Italia. Il viaggio del Fuehrer a Stra avvenne soltanto nel giugno 1934, alla vigilia della.morte di Hindenburg e della sua assunzione a capo dello Stato. Tuttavia, da quel momento nazismo e fascismo cominciarono a consolidare i loro contatti e in due anni giunsero a quei « Protocolli di ottobre » (1936) in cui per la prima volta concordarono la colitica da seguire nei con-' fronti della Società delle Nazioni, della guerra civile di Spagna, della lotta ài comunismo e dei rispettivi interessi nel bacino del Danubio. I documenti di De Felice, se permettono di scavare a monte risalendo alle intese, alle affinità e alio divergenze nella politica interna ed estera dei due partiti, consentono soprattutto di impostare una risposta a quesiti ancora oggi irrisolti e che concernono lo stesso «Patto d'Acciaio», la politica razziale e il patto HitlerStalin. Giuseppe Mayda