E COSI CADDE SAIGON di Ennio Caretto
E COSI CADDE SAIGON E COSI CADDE SAIGON Forse il titolo doveva essere diverso (meno salgariano?) e senz'altro il contenuto migliore (più scientifico?). Ma è ormai troppo tardi per cambiare l'uno o l'altro: il mio primo libro è uscito e non posso disconoscerlo. Del resto, possiedo qualche giustificazione. L'ho scritto «a caldo», in due mesi, dopo il mio ritorno da Saigon. L'ho concepito come semplice cronaca di eventi straordinari, di cui ero stato casuale testimone. Non so se là pubblicazione di un libro sul Vietnam risponda all'esigenza di qualche lettore. Certamente, riempie il vuoto dei giornali italiani, che dallo scorso maggio non seguono quasi più le vicende indocinesi (eppure, anche il Laos è diventato comunista, e la Cambogia attraversa una sanguinosa «rivoluzione culturale»). Il mio proposito è stato di esporre i fatti così come li avevo visti: e se essi non concordano con ciò che in Italia si pensa, a destra o a sinistra, è perché da noi sul Vietnam non si ragiona, ma si prende posizione emotivamente, colpevolisti contro innocentisti, bianchi contro rossi, e via dicendo. L'esperienza vietnamita mi brucia ancora dentro. Scrivere il diario della caduta di Saigon è stato per me un atto d'espiazione e liberazione insieme. Come europeo, mi sono sentito colpevole anch'io della tragedia trentennale del popolo sud-vietnamita. Come uomo libero, non sono riuscito ad accettare le sopraffazioni che, in home di principi opposti, sono state compiute prima dall'America poi dal Nord Vietnam. Rileggendo «La caduta di Saigon» (cosa che ho fatto apprensivamente) ho constatato di aver raggiunto solo in parte i miei obiettivi. C'è l'immediatezza della cronaca, c'è la tensione dei personaggi, c'è il senso dell'ineluttabilità. Ma manca il panorama storico, abbondano le ripetizioni, e i temi politici non sono approfonditi. Sono i limiti insuperabili del giornalista colto nel vortice degli avvenimenti, e costretto a evitare considerazioni filosofiche e analisi partitiche. Ennio Caretto
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