classici italiani

classici italiani classici italiani Luigi Raldacci (a cura di) LIRICI DEL CINQUECENTO Longanesi, Collana Classici della Società Italiana, 525 pagine, 6000 lire. (p. d. r.) La prima edizione di questa antologia risale al 1957: e la sua importanza, in quegli anni, fu di individuare il problema del petrarchismo italiano del Cinquecento soprattutto come problema linguistico. Attraverso i petrarchisti (dal Bembo a Vittoria Colonna a Giovanni della Casa, dall'Aretino a Bernardo 'Tasso a Luigi Tausillo, dal Bandello a Gaspara Stampa, al Lasca, al Buonarroti) si raggiungeva infatti, secondo il Baldacci, quella '« koiné » linguistica in tutto il territorio italiano, grazie alla quale il toscano divenne lingua nazionale. Oggi, dopo tanti studi su questo argomento, l'impostazione di Baldacci è mi dato acquisito, e tuttavia l'antologia viene riproposta appena aggiornata nella trascrizione dei testi e nelle note bibliografiche. Giustifica ancora questa riedizione la « disposizione geografica della materia » voluta dal critico. I lirici del Cinquecento compaiono ordinati secondo la loro origine regionale, nella convinzione ohe « non si possa far storia senza geografìa »: ed è questo un prezioso suggerimento metodologico. Alfredo Giuliani (a cura di) ANTOLOGIA DELLA POESIA ITALIANA - Dalle origini al Trecento Feltrinelli, Collana Universale Economica, voi. I, 355 pagine, 2300 lire; voi. Il, 323 pagine, 2300 lire. (g. d. r.) Proporrei volentieri questi due volumetti di Alfredo Giuliani come testi scolastici, pur nella consapevolezza dei rischi di improprie valutazioni storiche cui potrebbero andare incontro gli studenti. L'originalità di interpretazione delle note introduttive ai singoli testi è la caratteristica di questo libro. Folgore di.San Geminiano è un « amabile dandy », l'Amor di cantate di Jacopone da Todi è «qualcosa di più di una poesia religiosa, tanto è pazzescamente smisurata e drogata-di annientamento »; per gustare Petrarca «bisogna leggerlo come un supremo falsario » (« Non c'è, credo, in tutta la letteratura italiana un essere più doppio»): e del resto basterebbe già la convinzione, più volte espressa, che « tutti i grandi poeti strumentalizzano il mondo, esattamente come ogni piccolo paranoico delirante », a dare la misura della spregiudicatezza critica di Giuliani. Una spregiudicatezza che avrà il pregio, se non altro, di provocare discussioni e di ridare vita a ciò che appariva morto. Ma il merito di Giuliani è anche un altro. Se il suo porsi fuori dalla linea • del giudizio consuèto lo porta ad una diminuzione del mito dei «grandi», lo stimola anche ad una ricerca più avventurosa-nel territorio dei «minori»: di qui nascono alcune sorpendenti rivalutazioni, fra cui è esemplare quella del poeta epico abruzzese Buccio di Ranallo. -

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