Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

Immagine del Papa Wojtyla Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Immagine del Papa Wojtyla Molti si domandano quale sarà il significato d'insieme e la portata storica futura di un pontificato come quello di Giovanni Paolo II, che si annuncia lungo per l'età ancor vigorosa e la rude fibra dell'eletto, certo non banale né meramente interlocutorio dato il carattere forte e appassionato del nuovo pastore, e sicuramente positivo per rafforzare il prestigio e la coerenza della Chiesa cattolica anche agli occhi deinon credenti. Chi ha visto lo slancio filiale e la commozione inesistibile del suo abbraccio al canuto cardinal Wyszynski nel corso della lunghissima cerimonia d'investitura, il rifiuto di osservare le frappo minute regole d'etichetta, il piglio con cui brandì a un certo momento, alta sulla folla, la croce astile come un manico di vanga, non può non aver colto nelle radici slave e contadine di quest'uomo una carica d'amore e di fede capace di tradursi in azione e_di incidere sul corso delle cose con ardente vigore. Lo stesso annuncio — tra l'altro non immediato — che per il momento nulla sarebbe stato mutato negli alti uffici curiali, va letto, nel cautissimo cifrario diplomatico, nel senso che a non lunga scadenza mutamenti ce ne saranno, e parecchi. Benché l'elezione di papa Luciani e quella di papa Wojtyla siano maturate a distanza di un mese appena, in seno all'identico conclave ed entrambe come risultato di un compromesso fra correnti in forte contrasto, esse rispondono in realtà a due logiche completamente diverse e ad un reale salto qualitativo. La scelta di papa Luciani era stata in realtà determinata da un timore di novità, da una prudenza sostanzialmente elusiva. Un italiano, dunque, per restare nel solco dell'abitudine; un oscuro pastore di provincia, ignoto ai più, per non prendere partito in scelte impegnative; un bonario modesto, che fornisse un'immagine esterna di simpatia affettuosa (da cui l'orrenda definizione di «papa del sorriso; una virtù che qualunque sciocco possiede), ma fosse per contro così consapevole di assidersi su un seggio troppo alto e vertigi- naso, da accettare quasi con gratitudine una certa collegialità di governo, e non importa se ad attuarla sarebbero stati poi i cardinali grandi elettori, le conferenze episcopali nazionali, o la . tenace burocrazia curiale. Persino il nome gli venne imposto, e chissà quale capitolato d'oneri, e un'immagine di sé che invano si sarebbe misurata con l'irripetibile carisma di papa Giovanni e con le sofferte e colte titubanze, l'impossibilità di «comunicare», la solitudine senza simpatie di papa Paolo. . Poi la mòrte rapida travolse l'uomo e a stento possiamo cercare di decifrare la filigrana di quel disegno e quale sarebbe stato il futuro di quel pontificato, in una storia che non si avverò. Ma già affioravano voci di malcontento nelle alte sfere, quasi la presa di coscienza di avere sbagliato tutto, per paura di osare, per non aver avuto il coraggio di operare una scelta vera. Qualcuno avrà colto, subito dopo lo stupore incredulo di fronte ad un così fulmineo trapasso, la stanchezza quasi annoiata dell'informazione, il calar di tono rispetto alle risonanze assicurate un mese prima alla morte di papa Montini. E qualcuno si sarà domandato come si poteva, di frónte alla sacralità della morte e alla subita caduta da un altissimo vertice, discettare di violenze segrete degne di Xavier de Montepin o di «congiura dei veleni»; e altri avrà scosso il capo leggendo la puntigliosa smentita vaticana sulla let¬ tura ultima dello scomparso, che dapprima — ci fu assicurato — era quella delllmitazione di Cristo, ma poi qualche insipiente rettificò nel senso che si trattava di pratiche curiali, offrendo al pubblico, su un punto così irrilevante di per sé, una sola certezza: quella che qualcuno avesse intenzionalmente mentito. Adesso, ci dice un presunto testimone oculare, che papa Luciani non lesse nulla di nulla, stramazzò a terra alle nove di sera e spirò solo, per venire scoperto così, con una mano stretta sul cuore, soltanto il mattino seguente. Possa egli riposare in pace. Ecco allora perché il nuovo conclave giunse a un compromesso ben diverso: via gli italiani, insanabilmente divisi, e avanti un uomo che rappresenti l'ecumenismo reale; basta con le cautele conservative e venga una personalità forte, sicura nella fede, capace di intransigenze e di coraggio; via i toni da omelia parrocchiale zuccherosa, le note flebili e filate, i discorsi intessuti di banalità divozionali, e venga un uomo che sappia di rappresentare la pietra angolare fermissima contro cui le Portae Inferi non prevarranno; uno che sappia pronunciare davanti alle folle il nome di Cristo non come una lagna, ma come un ruggito; uno che finalmente guardi al Figlio dell'Uomo non solo come al Bambinello del presepe, al Sacro Cuore trafitto, al Sinite parvulos, ma come al Pantocrator delle absidi bizantine, al sovrano destinato a venire sulle nubi ad assumere il Regno e a giudica- re i vivi e i morti. Per questo mi sembra che papa Wojtyla abbia destato, non solo nelle folle di piazza S. Pietro (che sempre mescolano divozione religiosa e aria di scampagnata), ma in tutto il mondo, anche fra i non credenti, un'aspettativa non fatta solo di trasporto emotivo. Il mondo intero ha bisogno di serietà, di consapevolezza. Sarà tanto di guadagnato per tutti se i cristiani, sotto la guida di un saldo pastore, si renderanno conto di qual è veramente la loro vocazione e quanto costa di impegno e di sacrificio rivendicare per sé l'ufficio di essere «il sale della terra».