UN'ESPOSIZIONE AL GRAND PALAIS

Gioconda coi baffi UN'ESPOSIZIONE AL GRAND PALAIS Gioconda coi baffi Desidero da molto tempo di avere in casa mia un quadro di qualche grande pittore vivente. Niente da fare, perché non c'è niente di più costoso di un grande pittore vivente. Anni fa. Guttuso mi aveva promesso un suo quadro (a mia scelta, disse) ma poi io pubblicai un epigrammuccio su di lui e Guttuso mi girò ingiustamente le spalle. Sì. ingiustamente, perché un epigramma deve essere per forza «cattivo», deve insomma ignorare la stima e l'affetto che abbiamo per la persona a cui esso è diretto. Qualche volta penso di uscire di notte per andare a rubare qualche quadro di De Chirico o di Morandi o di De Pisis o di Mafai ma con tanti falsi De Chirico e Morandi e De Pisis e Mafai che ci sono in girp ho paura di •rovinarmi con le mie stesse mani. II mio grande sogno sarebbe di avere in casa la Gioconda. Certo è una pretesa da megalomane. E poi. ci sono in giro troppe false «Gioconde». A Parigi, il commissario Isnard che ha organizzato al «Grand Palais» un'esposizione con un migliaio di falsi tra i più famosi, ha attaccato alle pareti ben trentaquattro «Gioconde» e tutte autentiche, almeno secondo i rispettivi proprietari. Un episodio, questo, carico di ambigue implicazioni. D'altra parte, è pur vero che tutto ciò che avviene alla Gioconda è ambiguo per definizione. Oscar Wilde scrisse che il suo famoso sorriso è un «sorriso arcaico», Il ginecologo americano Kenneth Keele si è chiesto più volte se la Gioconda era incinta, cosa che secondo lui spiegherebbe l'ambiguità del suo sorriso. Alcuni studiosi inglesi hanno stabilito che la Gioconda sorrideva a quel modo perché era sorda. No. perché era asmatica, hanno ribattuto molti studiosi americani; niente affatto, prendeva la droga, si è detto invece in Spagna. Secondo me. nel momento in cui Leonardo le faceva il ritratto, la Gioconda aveva il suo ciclo (e questa mi sembra un'intuizione da perfettissimo maschio o vir latino). Dimenticavo di accennare a Marcel Duchamp. che alla Gioconda dipinse un paio di baffi. Bisognerebbe-metterli, i baffi, anche ai manichini metafisici di De Chirico, ai proletari di Guttuso e forse perfino alle bottiglie di Morandi. ripetendo il gesto di Duchamp che fu una rivolta dell'intelligenza contro le mitologie consacrate e contro le leggi del mercato comune dei quadri. L'IPOTESI Se io. benché immeritevole, dovessi essere rapito e giudicato e infine passato per la armi; e se i miei «giustizieri» dovessero diffondere lettere e documenti scritti nei giorni della mia prigionia, vorrei pregare fin d'ora di ritenerli rigorosamente autentici, anche se offensivi nei confronti di molti amici e conoscenti miei. Insomma: escludo fin d'ora qualunque tipo di coercizione del mio pensiero se. per esempio, dovessi accusare A di essere capace di tutto per denaro, perfino di una buona azione; escludo altresì qualunque manipolazione del mio pensiero pensante, se dovessi scrivere che B è un perfetto cretino, che però ha imparato a comportarsi esteriormente da persona intelligente riuscendo a mistificare prima gli altri e poi anche se stesso; escludo infine ogni forma di vessazione, se dovessi esplicitare che C è giunto al massimo della perfezione a cui può arrivare un ladro sociale, attraverso tre fasi della sua vertiginosa carriera. Nella prima fase, egli fu il solo ad accorgersi di essere un ladro sociale; nella seconda . se ne accorsero anche i suoi intimi; nella terza, se ne avvidero perfino i poteri pubblici ma, per rispetto dell'uomo, fecero e fanno finta di niente. VECCHIO TANK II Granducato del Lussemburgo (365 mila abitanti) ha deciso di rafforzare il suo esercito, che è composto di 630 uomini. Tanto, perché il Granducato vuol essere pronto a fare la sua parte nel quadro del sistema difensivo atlantico. Forse la notizia amareggia Cassola. Amareggia anche me, perché la penso come Cassola, anche se morirò senza vedere il giorno del disarmo: sia pluri che unilaterale. Ma torniamo al Lussemburgo, a cui rimane ora da risolvere il problema delle sue forze corazzate, che attualmente si limitano a un solo carro armato della seconda guerra mondiale e che sarebbe degno di un film di Charlot, perché risulta totalmente inutilizzabile. Ma a questo punto salta fuori qualcosa che conforta Cassola e me. ed è il dibattito che nel Granducato si sta svolgendo sul tema: E' proprio necessario sostituire il vecchio tank con un carro di nuova fabbricazione, cosa che potrebbe provocare una corsa mondiale agli armamenti? Va bene, l'interrogativo può sembrare un po' comico, invece è quanto di più serio sia stato mai detto quando si parla di cannoni, fucili e carri armati, nel senso che anche un grammo di polvere da sparo può entrare legittimamente nella tempestosa logica della corsa agli armamenti e ai massacri su scala mondiale. LA LEZIONE. A un giovane praticante che gli ha fatto leggere il suo primo articolo di cronaca, il vecchio direttore del giornale // Faro dà i seguenti consigli: «Non scriva mai. come ha scritto in questo pezzo, che quella di oggi è stata una tempestosa mattinata per la nostra cittadina, ma si limiti a descrivere i luoghi in cui è stato e quel che ha visto qua e là: l'improvviso sprofondamento stradale che ha ingoiato un autobus con tutti i passeggeri, le fiamme dell'incendio doloso che ha distrutto un intero quartiere, la scossa del settimo grado della scala Mercalli che ha provocato terribili danni». Il vecchio direttore de // Faro rifiata brevemente. «E non scriva più. come ha scritto oggi, che l'ira di Dio si è abbattuta stamane su di noi. perché un buon giornalista l'ira di Dio non la enuncia ma la rappresenta. Descriva quindi la feroce guerriglia urbana che si è scatenata in via Orazi e Curiazi. la spaventosa sparatoria tra terroristi e forze dell'ordine in Piazza Fratelli d'Italia, il rapimento in pubblico di ben sette membri del governo». Il vecchio direttore de // Faro rifiata di nuovo. «E non scriva mai. come ingenuamente ha scritto, che il Signore si è dimenticato della nostra ridente cittadina, ma descriva la violenza e direi la perizia con cui sono stati fatti saltare ponti e sottopassaggi, fognature e tubi di scarico, edifici pubblici e viadotti». D vecchio direttore de // Faro accende il sigaro, esclama: «Insomma lei deve limitarsi a riferire i fatti senza battere ciglio e con animo imperturbato e sereno, lasciando che sia il lettore a dire, sorpreso: «Ma guarda che intensa mattinata ha vissuto stamane la nostra ridente cittadina, e dire che io. chissà perché, non mi ero accorto di nulla». LE LUCCIOLE Ho due amici lucani. Anni fa, emigrarono prima a Napoli e poi a Roma. E a Roma sono rimasti. Vivono, tutti e due. in periferia Quasi in campagna. Insomma: inurbandosi, essi si sono inurbati il meno possibile. Da buoni lucani. Da bravi figli di un'ideologia, che è la medesima che ebbero gli avi loro, gente di campagna e di pace. La loro pittura ne risente infinitamente. Essi, infatti, fanno pittura Nelle tele che compongono, è raro trovare immagini di una qualunque città: Napoli, o Roma o Torino che sia. Mai ciminiere, o mura come recinti La campagna, invece, e le foglie, e gli alberi, e le case di paese intonacate di bianco. Sono immagini che conservano arcana memoria delle lucciole. Le lucciole scomparse. Il rimpianto di Pasolini per le lucciole scomparse negli Anni Sessanta, «a causa dell'inquinamento dell'aria e. soprattutto in campagna, a causa dell'inquinamento de., acqua». Aggiungeva Pasolini: «Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato». Forse il medesimo «ricordo» che accende le immagini dei miei due amici lucani. Che celebrano, ognuno con il suo proprio linguaggio, i paesaggi che appartennero alla civiltà delle cose povere e semplici, scandite dalla nenia dei proverbi e illuminate dalle fiammelle alate delle lucciole. Le lucciole lucane. Un dolce lamento d'aria, prima del sonno. E prima che la Luna spunti su Rivello. Sarconi. Moliterno. Tricarico: per scendere, poi. a posarsi silenziosa sui tetti, come una lampada. Luigi Compagnone