Scrìve in Yiddisch la storia della sua gente di Angela Bianchini
Scrìve in Yiddisch la storia della sua gente Scrìve in Yiddisch la storia della sua gente Isaac Bashevis Singer è qualcosa di più di un grande narratore fra i più grandi della nostra epoca. Egli è anche il rappresentante di un mondo antico ridotto a cenere e polvere che, ' miracolosamente conservato nelle sue motivazioni ideali è tornato a fiorire altrove. L'ambiente Yiddisch della Polonia, il ghetto di Varsavia che il nazismo ha raso al suolo, Isaac Bashevis Singer l'aveva portato con sé emigrando in America, nel 1935, e, nelle sue storie scritte in Yiddisch (sempre tradottein inglese, e fra i traduttori si conta Saul Bellow che riconosce Singer come il suo solo maestro), continuò ad evocarlo come se fosse vivo e non corresse alcun pericolo. Pian piano, in forma quasi insensibile, i personaggi antichi cedettero, ma mai completamente, il passo ad altri più nuovi Questi ultimi abitavano, invece, nei casermoni di Brooklyn o di Bronx oppure di Manhattan, ma rassomigliavano ai primi perché lo spirito delle storie non era mutato e tutto continuava a svolgersi in un'atmosfera quasi senza peso che partecipava in egual misura del presen te e del passa to. Isaac Bashevis Singer nacque nel 1904 a Varsavia e da intere generazioni di «rabbini, rabbini, rabbini» derivò l'aspetto di formale, pallido, modesto e austero profeta. La vita popolare ebraica di Varsa¬ via, dove il padre teneva il suo tribunale religioso, gli offrì gli elementi per le grandi raccolte di storie, quelle autobiografiche di Alla corte di mio padre (Longanesi 1960) e i romanzi a sfondo folcloristico, per esempio Il mago di Lublino e La chiave (entrambi tradotti da Bruno Oddera, Longanesi 1964), dove si trovano l'agile mescolarsi del realismo e della fiaba, tipico degli scrittori Yiddish dell'Europa orientale, e una tradizione orale che la nostra letteratura occidentale non conosce più. Il ghetto stesso, denso di avvenimenti, gioie e tentazioni appare come una sorta di grande libro, dove il mito, rafforzato dalla religione, tiene uniti gli uomini nella tragedia e nella commedia quotidiane. Neppure la religione è priva di sorprese e sta perciò all'uomo saggio risolverne i quesiti, ora poggiandosi alla storia e alla tradizione, ora valutando le circostanze con l'intelligenza. Per esempio, quando un rabbino scopre che il suo allievo ha plagiato i suoi scritti, dibatte a lungo se accusarlo o meno. «Chissà?, si chiese il rabbino. Forse è volontà di Dio che io non pubblichi i miei scritti. Ma come si riconcilia questo con il libero arbitrio di cui sono dotati tutti gli uomini?.. Alle spalle di Singer sta infatti il Chassidismo, quel potente movimento religioso, iscritto nel rispetto della Legge, che, nato nel Settecento e particolarmente vigoroso in Polonia, riposa sul rapporto diretto con il Creatore nella vita quotidiana, sulla conoscenza dei limiti ma anche delle possibilità umane, sulla valorizzazione della gioia e della felicità. Fertile di risultati finché il rabbino, lo Zaddik, rimane coordinatore di anime, il Chassidismo cessa di essere utile nel XX secolo, quando, sciogliendosi l'unità dei fedeli e delle comunità, si trasforma in elemento disgregatore così come, del resto, lo sarà il Sionismo. Sono queste le forze che minacciano i protagonisti della Famiglia Moskat (traduzione di Bruno Fonzi Longanesi 1968). grande cronaca che arriva fino al bombardamento di Varsavia e rinchiude nelle sue pagine tutto il realismo, la sensualità e la tragedia della vita degli ebrei polacchi Tuttavia, la dimensione vera di Singer non sta nelle cronache quali la Famiglia Moskat oppure La fortezza, bensì nelle favole popolate da spiriti o dèmoni dybbuks. sogni carichi di quel senso di colpa che è tipico della tradizione ebraica e che il narratore coglie nei suoi vari brani poetici oppure nelle storie di -realismo attonito», dove i protagonisti vivendo nel mondo di oggi a volte troppo limitato, fin troppo prudente, partecipano di un colloquio con un Creatore strano, capriccioso ma, in fondo, certamente giusto. La parsimonia e prudenza morale di Singer è, forse, l'aspetto meno gradito della sua filosofia: storicamente comprensibile, però, come il rovescio della medaglia dell'antica, radicata, incancellabile paura ebraica. Ricordo una sua storia, pubblicata qualche anno fa su una rivista americana. E', certamente, fra le più belle. Si intitola La chiave e narra di una signora ebrea di New York che lamorte del marito ha lasciata sola e in stato confusionale. Un giorno, la signora, non più giovane, perde la chiave di casa ed è costretta a trascorrere l'intera notte nella vastità di New York. La grande città le si rivela non attraverso il terrore ma in incontri strani e felici che si rinnovano fino al mattino quando, riammessa nell'appartamento dalla sollecitudine dell'amministratore del caseggiato, la signora, rasserenata, si accinge a narrare al consorte le sue strane e mirabili avventure. Ma sarà un' lungo racconto perché il Signore le offre l'incontro più bello, quello che la riunisce al consorte perduto. Ogni vita, anche la più banale, ci dice Singer, possiede la grazia del sogno e la dignità dell'Eterno. Angela Bianchini
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