Un mondo cancellato da Hitler di Primo Levi
Un mondo cancellato da Hitler Un mondo cancellato da Hitler La notizia del Premio Nobel conferito ad Isaac Bashevis Singer non può che rallegrare chiunque abbia letto anche uno solo dei suoi molti libri. Come è consuetu-1 dine, e come è nell'indole del Premio, esso viene a riconoscere chi allo scrivere ha dedicato una vita, e chi ha saputo scrivere per tutti: due qualità che in Singer si ritrovano appieno. E' rimasto fedele in quasi tutte le sue opere alla sua lingua materna, lo Yiddisch, ed alla matrice della provincia galiziana, l'una e l'altra lontane, praticamente sconosciute al lettore medio italiano: eppure, anche in Italia i suoi racconti ed i suoi romanzi vengono pubblicati a decine di migliaia di copie e letti da giovani e da anziani, dai raffinati e dai semplici. La ragione di questo successo perenne è da ricercarsi nell'onestà del suo scrivere, mai pretenzioso, mai offuscato da preziosismi o da maniere, e nella ricchezza ottocentesca della sua fantasia, che assorbe e trasfigura tutto: i grandi movimenti politici e sociali che travagliano la Mitteleuropa all'inizio del nostro secolo; fiabe popolari ingenue, argute e folli che sembrano vaporare dal chiuso dei villaggi polacchi ai cieli bassi e cupi che ha dipinto Chagall; il vento dell'illuminismo, che arriva con decenni di ritardo a risvegliare (ed a minacciare) la stabilità secolare dello shtetl; la santa ed allegra stramberia della predicazione chassidica; ed una sensualità tutta terrestre, che erode e rompe gli argini di un codice severo. Ma non si possono leggere i libri di Singer senza che ci si stringa il cuore, poiché il mondo vario, gaio e triste che egli ha rappresentato non esiste più. Lo ha distrutto la barbarie hitleriana cancellando in pochi anni una cultura ed una civiltà, evento unico nella storia moderna. Nel rileggere la storia-fiume della Famiglia Moskat, o l'indimenticabile novella (in Gimpel l'idiota) in cui la vedova giace col diavolo, gli si affeziona, lo cura quando si ammala, rifiutando sempre di riconoscere in.lui il vagabondo del villaggio, non ci possiamo sottrarre alla sensazione opprimente di chi scava con trepida pietà fra le rovine di una città sepolta. Primo Levi
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