SOLO IL VIETNAM INFIAMMO* ALTRETTANTO GLI AMERICANI di Ennio Caretto

In Usa la rivolta contro le tasse SOLO IL VIETNAM INFIAMMO* ALTRETTANTO GLI AMERICANI In Usa la rivolta contro le tasse E' la bandiera dei repubblicani nelle elezioni al Parlamento - Non conosce distinzione di classe o d'ideologia - Fumetti pubblicitari alla televisione e ai finestrini delle auto adesivi con la scritta «no alle tasse» (in realtà si chiede una riduzione delle imposte per aumentare la domanda interna) - L'iniziativa rischia di far cadere lo Stato assistenziale? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE WASHINGTON — Dalla California, una singolare rivolta dilaga in tutti gli Stati dell'Unione: la rivolta contro le tasse. Incominciata pochi mesi fa come difesa della piccola proprietà immobiliare, essa è oggi divenuta attacco aperto al fisco. Il suo promotore, Howard Jarvis, l'aveva fatta oggetto di un locale referendum, la famosa proposta tredici, piazzando il ragazzo prodigio del partito democratico, il governatore Jerry Brown. Adesso, è la bandiera dei repubblicani nelle elezioni americane al Parlamento, che cadono a metà del mandato di ogni presidente. Persino la crisi del dollaro, o l'exploit di Carter a Camp David con Sadat e con Begin passano in secondo piano di fronte alla rivoluzione antifiscale. «Nell'ultimo decennio, asserisce l'esperto di sondaggi d'opinione Richard Wirthlin, solo il Vietnam ha infiammato altrettanto le coscienze». La Casa Bianca, che aveva sottovalutato la protesta, s'è ricreduta quando un suo pupillo, Michael Dukakis, governatore del Massachusetts, regione tradizionalmente progressista, è stato spodestato da un -ribelle,. Dukakis, a cui si deve fra l'altro la riabilitazione postuma di Sacco e Vanzetti, gli anarchici italiani condannati a morte oltre cinquant'anni orsono, s'era macchiato di una grave colpa: l'aumento delle tasse e della spesa pubblica. La rivolta contro il fisco non conosce distinzioni di classe né di ideologia. Essa abbraccia operai e imprenditori, bianchi e negri, conservatori e radicali I ricchi la propugnano con fumetti pubblicitari alla tv, gli altri applicando ai finestrini delle macchine adesivi con su scritto 'No alle tasse'. I più entusiasti si sentono investiti d'una specie di missione, partecipi di un movimento civile paragonabile a quelli egualitari degli Anni Sessanta. I sociologi parlano di una febbre libertaria nei confronti dello Stato dalle conseguenze imprevedibili In realtà, poche famiglie Usa resistono al richiamo del tax-cut, il taglio delle imposte. In media, esse guadagnano 17 mila 500 dollari annui, circa 21 milioni di lire, e ne versano al governo il 20 per cento. Ma le imposte locali, immobiliari e via di seguito, portano il totale del prelievo al 31 per cento del suo reddito. «Tra la crescita dell'inflazione e l'esosità del fìsco, che è progressivo, e incamera buona parte degli aumenti salariali, ci ha detto Alan Greenspan, l'uomo della strada rifiuta ogni motivazione a lavorare di più. Egli si considera una vittima, e cade in una crisi di rigetto del sistema». Greenspan, 54 anni, ex consigliere economico di Nixon, sostiene la necessità di una riforma duratura ed equilibrata. Inavvertitamente, Howard Jarvis si è collocato nel paradiso dei folk-heroes, gli eroi del folclore americano. Già centomila persone si sono iscritte al movimento, a venticinque dollari a testa. Un suo documentario, costato quasi 500 milioni di lire, è stato trasmesso da 137 stazioni televisive contemporaneamente. Jarvis, un ringhioso pensionato di 76 anni, paragona i suoi seguaci agli antichi crociati. La settimana scorsa, a una conferenza, un avversario gli ha gettato una torta al limone in faccia: «Neppure questo, ha proclamato, fermerà la nostra marcia». Tale è la fiducia del partito repubblicano nella sommossa che esso ha organizzato una tournée aerea delle sue stars, l'ex presidente Gerald Ford, l'ex attore di Hollywood e governatore della California, Ronald Reagan, e il senatore Charles Percy, per mobilitare gli elettori L'apparecchio, un Boeing 727 ri¬ battezzato 'La corvetta antifiscale», ha percorso 9000 chilometri, fermandosi in sette città. Ad ogni sosta le 'Stelle» hanno illustrato il progetto del partito: una riduzione del 33per cento delle imposte (tra 100 e 150 miliardi di dollari) nel prossimo triennio. Il progetto, detto Kemp-Roth dal nome dei due parlamentari che lo hanno elaborato, secondo i repubblicani rilancerà la demanda interna e la produzione industriale. Jack Kemp, un deputato di 43 anni ex giocatore di rugby, e Bill Roth, un senatore cinquantenne membro della commissione economica del Congresso, ritengono di essere «saltati a cavallo della storia» (e di Jarvis) con la loro proposta di legge. Sconfitti due volte alle Camere dalla maggioranza democratica, sono certi che otterranno giustizia alle elezioni Sensibilizzata all'umore nazionale dagli incidenti di percorso di Dukakis e altri, negli ultimi giorni la Casa Bianca ha cercato di agganciarsi al treno della ribellione. Uno sgravio fiscale di 20 miliardi di dollari è in cantiere per il '79 e Carter ha promesso di azzerare il disavanzo della spesa pubblica entro V80. Ma il progetto Kemp-Roth le suona come una bestemmia: «Avrebbe un effetto inflazionistico, hanno sostenuto i portavoce, e comprometterebbe le pensioni, l'assistenza medica e gli altri servizi per i cittadini. Se l'economia è malata, non la si guarisce privandola delle medicine». Per la Casa Bianca, la sommossa va guidata, e neppure un voto popolare negativo a novembre ne altererebbe la politica. Nel tentativo di accertare quanto sia profonda la rivoluzione contro il fisco, la rivista Time ha indetto un seminario cui hanno partecipato 90 tra economisti uomini politici sindacalisti e imprenditori Risultato: «Un consenso sorprendentemente vasto che gli obiettivi nazionali sono raggiungibili solo con una riduzione delle tasse». «Cut, Cut, Cut!». Tagliare, tagliare, tagliare! ha scritto Time e ha citato il presidente della riserva fede¬ rale William Miller, secondo cui l'America rischia di «fare la fine della Spagna nel secolo diciassettesimo, tutta consumi e niente investimenti». Quali previsioni si avanzano per i contribuenti in rivolta? Poiché in America le pene per gli evasori fiscali sono durissime, difficilmente qualcuno attuerà l'autoriduzione. E' invece certo che si rovescerà la tendenza governativa dell'ultimo decennio ad aggravare le imposte e ad espandere gli enti pubblici Non senza retorica, Kemp e Roth, superando le barriere politiche, si riallacciano a John Kennedy. «Il ministero del Tesoro, dice Roth, lo ammoni che riducendo le tasse avrebbe perso novanta miliardi di dollari d'introiti, il Presidente le ridusse, e ne guadagnò cinquantaquattro. Le condizioni di oggi sono diverse da quelle di allora. Ma il principio è lo stesso: per l'economia, lo sgravio fiscale è una tigre nel motore». Alan Greenspan giudica il Paese «al giro di boa». Egli afferma che nessun partito può ignorare i due fenomeni principali del '78, il mutamento nel costume economico degli americani e la loro convinzione che lo Stato sia inefficiente. «Con la crisi del dollaro e con l'inflazione, abbiamo abbandonato l'abitudine allo spreco, ci dichiara, e recuperati i valori dell'iniziativa privata e del libero mercato. Nasce un new deal alla rovescia». Come molti altri, egli vede la sommossa parzialmente vittoriosa e l'approva anche se comporterà una caduta dello Stato assistenziale. Ennio Caretto Il presidente Carter, visto da Levine (Copyright N.Y. Revicw of Books. Opera Mundi eper l'Italia «La Stampa»)