Spedizione all'isola dei Bau-dukki

Spedizione all'isola dei Bau-dukkiOi passi misterioso alle porte di Torino Spedizione all'isola dei Bau-dukki uunarenecaelefonataa metterci in allarme! SI trattava indubbiamente di un vecchio apparecchio a messa in moto uma na, confinato in qualche deserta località della collina. , — Pronti? La Stampa? — La Stampai ■— Una notizia gravissima. — Siamo mobilitati. Parlate. .— Bisogna partire senz'altro. VI attendia- tefl alla... La parola si perdette In un sussurro cauto. Partenza notturna Pochi minuti dopo una agguerrita spedizione di reporlers partiva, equipaggiata e decisa, verso destinazione ignota. Erano le 2 scurissimo d'un mattino d'agosto. L'automobile, formidabile, pompava ansiosamente lungo il nastro interminabile della strada, sotto le stelle: 100 chilometri all'orai Eravamo pigiati sul sedili: pigiati e pensosi. L'anziano levigava nervosamente con la mano il pomo del suo bastone ferrato; un altro tastava di tanto in tanto nella tasca interna il provvidenziale thermos di tutte lo spedizioni polari: un terzo, taciturno, meditava già l'azione irrompente: il passaggio a guado, 11 coltello fra i denti. Il collega alla guida dell'automobile sbarrava gli occhi nelle tenebre, trascinando, fra sussulti spaventevoli, la macchina a velocità fantastiche. Corso Moncalieri, Barriera Piacenza', i doganieri esterrefatti, il Valentino, Ponte Isabella, le dormenti casette di Caivoretto svanirono come apparizioni... Si volava. Il pilota taceva sempre, teso nella sua spaventevole sagacia. Dove eravamo diretti? Chi poteva dirlo? Quando anche Sangoon-Les-Bains e Moncalieri turrita furono svaniti nelle tenebre, una giusta angoscia ci prese. Evidentemente viaggiavamo verso l'Ignoto... Filavamo. A un tratto un brusco sbalzo: una scivolata: un arresto improvviso. Il nostro pilota balza dalla macchina con un orribile imprecazione. Ci domandiamo attoniti che cosa succede. — Una candela fulminata I — borbotta. E scende ispezionando il motore rovente. Poco dopo: — Non c'è più nulla da fare, — brontola. Scendiamo a gran passi cauti la riva del fiume: la guazza ci bagna fino alle ginocchia: qualcuno sternuta. Ecco la chiesetta rossa. CI profondiamo in una fratta. Finalmente ecco l'odore del fiume. Si ode un sottile sibilo. Due ombre s'avanzano, a Chi va la? ». — « Bau-dukkt ». E' la parola d'ordine. Sono due vigorosi battellieri indigeni. Ci spiegano : — Siamo mandati da Be-llia Bi-reri, il potente capo della tribù avversaria dei Baudukki. Conviene spiegare che Be-llia Bi-reri, tradotto in torinese, sarebbe pressapoco un nome come Abelli-Riberi. E' l'amico .della telefonata. Al ritmo delle pagaje... La piroga, solida ed affilata, costrutta appositamente per affrontare le correnti equatoriali e perfino i salti delle cateratte, lascia la ripa silenziosa, nella quale cantano ancora 1 grilli, figli della notte. Manovrate dalle robuste braccia dei nostri battellieri le pagaje affondano nelle acque del fiume. Ma esse sembrano' tuffarsi ' silenziosamente nel velluto neFo-, sollevando nel risalire un pagliettlo d'argento. CI scambiamo qualche pur ola sottovoce. Troveremo i temibili Bau-dukki addormentati? Oppure i falò brilleranno sulle lussureggianti ma inospiti rive? Ma soprattutto quante saranno le lance e le carabine della tribù? L'incertezza trasforma anche lo parole più urgenti in pensieri. L'anziano si stringe la cintura dei pantaloni che è tutta di puro caucciù. Sono gli ultimi preparativi.' Accendiamo le estreme macedonia. Le rive appaiono deserte: non voci d'ucicelli: non anima viva. Dovunque sabbia, cespugli ambigui c silenzio. Temiamo un agguato. E' logico. Che forse Be-llia Bi-reri ci abbia tradito 7 Giriamo verso ovest, dove ci sono ancora, sulle rive, vasto proiezioni d'ombra. Un'Insenatura deserta, preceduta da una larga distesa, appare. — Buono! — io mormoro. — fermeremo 11. La prua urta sordamente la riva. Balziamo, «armati fino al denti. —'A terrai Ci appiattiamo tutti sulla sabbia. Ma non arriva ne raffica di colpi nè volo di frecce. F." stato un falso allarme. Uno della spedizione aveva lasciato cadere una « bicicletta » (vulgo, gasosa), che battendo era scoppiata. Siamo salvi, ma temiamo che il malaugurato incidènte non abbia dato l'allarme nell'isola. Attendiamo. Sempre e ovunque il più inesplicabile dei silenzi. Ma non c'ò tempo da perdere. L'alba già dilaga all'est come l'olio. Occorre forzare la situazione e impadronirsi 'dell'isola prima che faccia giorno. — Eppure — mastica il nostro automobilista — sono sicuro che la tribù ha per lo meno dodici tende, ccrr.iprcsa quella del Gran Capo, che è più grande. Ma non c'è tempo da perdere in chiacchiero galanti. Prendiamo nozione dei cronometri: le 4,35. E' l'ora. Ci scambiamo un rapido sguardo d'intesa e risolutamente avanziamo. Le nostre dita tormentano le impugnature... Orme! Un rottame! Ma la nostra marcia procede nel più inesplicabile vuoto. Sabbia e sempre sabbia: poi macchie piuttosto basse, dove non esiste 6egno di vita umana. — Con tutte queste macchie, — commenta II motociclista con una freddura atroce, — ci vorrà poi un bidone di benzina. L'aurora dallo dita di rosa illumina le rive boscose del fiume. — Se non fosse vero — osserva ingenuamente uno — che siamo proprio nell'isola del Baudukki. direi che quel borgo là 6 Tròfarello. Fulminiamo il giovane con un'occhiata al - magnesio. A un certo punto l'anziano manda un grido. Egli è chino ad osservare vertiginosamente. Ci 6ono delle orme : orme umane I — Seguiamole — grido — siamo sulla buona via! Le orme procedono a zig-zag verso una specie di boschetto. Poco dopo facciamo una altra scoperta: è un rottame azzurro, semisepolto nella sabbia. Un sifone al seltz. Questi selvaggi amano il comfort. • Avranno assaltato e predato un carro di acque sintetiche I — osserva uno di noi, romanzesco. . Ad ogni modo siamo ormai sulle buone peste. Procediamo di corsa, anche perchè il sole si è levato. Penetriamo nel boschetto. Improvvisamente avviene il sensazionale colpo di scena. Una voce gutturale grida dall'alto: — l'irteli ehitltà ke! m « Puntiamo, le armi. E' un momejito tragico fta prima che % Mostre* casule «alroifllo^o- nato. un corpo piomba pesantemente fra di Boi. E' un individuo seminudo. — Le mani in altol Chi siete? — E che posso essere? L'uomo selvaggioI 11 racconto del selvaggio Popò dopo, mentre il sole indora l'isola, un gruppo d'uomini e un selvaggio in costume adamitico consumavano tranquillamente una colazione fredda sapra un foglio di giornale. Erano tutti amici. All'accendere delle pipo e delle Mace, così il selvaggio raccontò la sua vnnpdMlvidcavapèmpnlmeennn(tZFAnin«lava(csGFSlao21cfocodcmfuvmdcGtacraulasovbbeqTsptufCdomcmpbMeepbdopvafsrrmetsrnlivlnrtcgres odissea e quella della sua sventurata tribiì in teiimini che tradotti nella nostra lingua, suonano press'a poco cosi. — Mi chiamo Ko-lon-go ed ho circa trenta anni. Eravamo qui una ventina di indigeni, all'ordine di un Capo. Avcyaimo 12 tende. Vivevamo, pacifici e bucolici, senza donno. Una sola, foco un giorno la sua apparizione nell'isola, introdotta di contrabbando da un parente del Capo, appartenente a una tribù di Burg-Dal-Fum. La ragazza si chiamava Mi-sai-Nen. Portò tuttavia tale confusione nell'isola che tu. necessario imbarcarla. Risedevamo dungile in una ventina di Bau-dukki in questa tranquilla isola, vivendo dei prodotti della caccia e della pesca. Non è vero che fossimo feroci. Era più la leggenda che altro. Accendevamo, è vero, dei grandi falò verso sera, por spaiventaro qualche barca di amanti che si avvicinava, sperando di approfittare delle nostre tranquille rive. Ma si è sempre trattato di ferocia truccata. Veramente, in un remoto passato, eravamo antropofagi e appendevamo, le caipirgliature dei nemici oivoTati alle palafitte del nostro Villaggio; ima ora preferiamo le cotolette alla milanese. Vi dirò anzi che una delle tendo era esclusivamente dedicata alla cucina ed era comandata da un cuoco scelto, proveniente dal « Koroko Karaku » (che in torinese si tradurrebbe Circolo denti Artisti), u nome del venerabile cuoco è Scoglia Bedoado (traduci Edoardo Guasco). Tra i più eminenti Bau-dukki c'erano Stafrii, Scoe-ta, CareZoni, Naria-ri, Bebero e Lessio-a; (traduci Frusta. Toesca. Carenzio, Raineri Garrone e Alessio). Erano tutti selvaggi molto per bene : chi faceva il marakl e chi il ba-tera (che in lingua italiana vuol dire «avvocato » e « dottoro »). Avevamo deciso él ritirarci dalla civiltà e di vivere secondo natura ed avevamo scelto come dimora quest'isola, detta appunto dei Bau-dukki, da una « nakira » (cascina) che 60rge dirimpetto all'isola, là sulle rive del fiume. Costituimmo quindi la ì , a , e tribù, dandole il sotto-nome di Marna-Ita (Armonia). Ma un bel giorno, anzi una bella sera... Qui la voce del selvaggio Ko-lon-go era stata interrotta da un singhiozzo : via: tutto fu distrutto. Passammo una notte angosciosa. All'alba, su di una piroga «ni- perstite i Bau-dukki partirono, dimentican-domi in questo luogo deserto. Quale fu il mio spavento quando mi risvegliai, solo in |— ...un tenibile tr-mporale piombò sull'iso- a. Fu un disastro. I,e tende furono spazzate queste plaghe inoapiti. Vagai a lungo, chia mai disperatamente. Volevo accendere un fuoco di sanrr.enti per richiamare l'attenzione dei bagnanti che si spingono talvolta da Sangoon verso queste plaghe. Ma tutti i fiammiferi erano, bagnati e gli «-svedesi » che avevo trovato, come al solito non si accendevano. Cosi passai giorni orrendi, finché non siele giunti. E ora posso render grazie a Dio e a voi che mi avete tolto da questa penosa situazione... ». Cosi fini di commovente racconto del selvaggio ritrovato. • • • V • , V V » » • « • • Qualche tempo dopo risalivamo tutti insieme sulla strada maestro. Il selvaggio ci accompagnava, coperto alla meglio di un palo di pantaloni da battelliere e d'una rozza camicia. Non avevamo camminato molto che un convoglio soprasgiunse. Facemmo il segnale di arrosto. — Ma è meraviglioso — commentò 11 più giovano della (brigata — è il tram N. 141 Dove siamo? A Cavoretto? L'odissea del selvaggio non era ancora finita. Il bigliettario opponeva un energico rifiuto : — Non posso accettarlo! E' senza giacca. Era il primo saluto della civiltà. E dovemmo rimanere a piedi, ad attendere una spedizione di soccorso. CURIO.

Persone citate: Abelli, Barriera Piacenza', Be-llia Bi-reri, Burg, Edoardo Guasco, Mace, Raineri Garrone, Riberi, Scoglia Bedoado, Toesca

Luoghi citati: Moncalieri, Ponte Isabella, Torino