Nella macchia di Riano

Nella macchia di Riano Nella macchia di Riano RIANO, 16 notte. Dopo più disduc mesi di attivissimo indagini e ricerche, dopo che la campagna intorno a Roma era stata battuta quasi in ogni verso, dopo le esplorazioni di boschi, di caverne, di grotte, di catacombe, del Campo di Verano e di piccoli cimiteri abbandonati Intorno all'Urbe, e i sondaggi nel Lago di Vico c le perlustrazioni nella macchia Grossa di Ronciglione e gli scavi nei pressi di Monterotondo, dopo una somma enorme di sforzi e di fatiche, cui hanno concorso insieme con le autorità di pubblica sicurezza e con i carabinieri, i dirigenti del partito socialista e i giornali e innumeri volontari e tutta la popolazione in genere, dopo tutte le alternative di speranze e delusioni e quando già prevaleva la convinzione che il cadavere di Giacomo Matteotti non sarebbe mai più slato ritrovato, oggi finalmente esso è stato riportato alla luce, e il ritrovamento è opera un po' degliNuominl e un po' anche, come avviene spesso in queste circostanze, del caso. Probabilmente la possibilità che i miseri resti fossero rintracciati è dovuta inizialmente a qualche volpe che scavò di notte la poca terra che ricopriva quei resti e ne trasse fuori qualche oséa. Sicché il cane di un cacciatore, che al tempo stesso si era dato per proprio conio a qualche ricerca vagando per 1 boschi, vi corse sopra e li indicò al padrone che lo seguiva. Viene da pensare alla Giustizia di Dio, ad un filo sovrumano che guida uomini e cose, secondo la legge infallibile e che fa si ciie al giusto momento si compia ciò che deve compiersi per i fini della giustizia umana come appunto di quella divina. La prima voce Stamane verso le 11 si spargeva a Roma la voce che il cadavere dell'on. Matteotti era stato ritrovato in un bosco fra Scrofano e Riano. Donde e come fosse giunta questa voce nessuno sapeva, ma essa si diffuse in pochi momenti per la capitale, suscitando In tutti la pili profonda impressione e, per uno di quegli intuiti che sono proprii dell'anima popolare, tutti ebbero quasi immediatamente la sensazione che la notizia, questa volta, non dovesse essere una delle solite, dovesse, questa volta essere autentica e vera. Il ritrovamento del resto della giacca dell'on. Matteotti, avvenuto ieri l'altro, aveva già ridato buone speranze che il cadavere non fosse troppo lontano; che forse, la nuova traccia stabilita così da questo vestito potesse condurre a qualche risultato concreto. Ed anche le autorità furono di questo parere, in quanto, come vi informammo ieri sera, attivarono tutta una nuova serie di ricerche nella zona intorno al luogo dove la giacca era stata ritrovata e per lungo tratto di paese fra Scrofano appunta e Riano e lungo la Via Flaminia. Riguardo alla giacca slessa, oltre a quanto ò stato detto nei giorni scorsi, si può aggiungere che, esaminata alla Scuola di Polizia scientifica dal prof. Falco, fu riconosciuta la macchia di sangue. Questa appariva anzi chiaramente a grumi sul risvolto del colletto e in vari punti della fodera. La giacca non presentava lacerazioni né strappi; sulla manica staccata invece era un lungo taglio e la manica stessa si vedeva non strappata dal resto del vestito, ma tagliata tutta intorno in giro della spalla a piccoli tagli sue-1 cessivi, come so coloro che avevano compiuto l'operazione, si fossero serviti di un temperino o di una forbicetta. Quindi la giacca di lana grigia a piccolo righe rosse, confrontata con i pezzi dei calzoni trovati insanguinati nella valigia di Amerigo Dumini, e con il panciotto che l'on. Matteotti non portava il giorno del delitto e che fu consegnato appunto per il riconoscimento dell'abito dalla vedova alla Seziono di accusa; confrontata dunque cosi, la giacca apparve veramente, inconfutabilmente quella del povero deputato. Ad « ahundanliam » la Sezione di accusa aveva voluto che essa fosse anche riconosciuta dulia vedova Matteotti, e questa, che era assento da Roma presso parenti in Abruzzo, tornò precisamente stamane. Quasi alla stessa ora in cui ella scendeva dal treno a Roma e rientrava nella sua casa, ove tutto le parla del suo morto, tutto le rinnova con il ricordo lo strazio della perdita di lui, quasi all'ora stessa, veniva ritrovato quel corpo per cui ella, giorno per giorno, supplicava Dio che le concedesse almeno di dargli onorala sepoltura in terra consacrata. All'alto che ella rientrava in casa scoppiò in un pianto dirotto e fra i singhiozzi chiamava Dio, Dio, e la sua disperata preghiera era già esaudita. Paesaggio evocatore di tragiche memorie Corriamo In automobile fuori Porta del Popolo por la via Flaminia. Non sappiamo altro, due colleglli giornalisti ed io, se non la prima voce spursasi a tloma, e non abbiamo na luralnjeiue perduto tempo ad aspettare coul.ime. La conforma t> la smentita l'avremo sul posto. Ma anche noi, come gli altri che hanno raccolto la voce, abbiamo il senso che essa risponda u verità. Più che dalla curio¬ sità, talvolta indiscreta, perfino petulante del cronista, ci sentiamo presi da una insolita commozione; proviamo uno struggimento di cordoglio e di pietà. Il pensiero che questo panorama Intorno, nelle suo linee austere e nei suoi malinconiosi colori, questo ondulazioni ora aspre e nude, ora molli e verdeggianti del terreno, e queste macchio folte e questi ruderi gialli sotto lo sfolgorare dei sole di agosto e il grandeggiare di alti fusti e di espansi ombrelli di pini, o qualcho solenne rudero millenario; il pensiero che tutto questo apparve agli occhi accesi nella rabbia dell'estrema difesa e già nell'agonia dell'infelice deputato, mentre le mani del sicari lo tenevano, lo unghiavano alla strozza, mentre l loro pugnali gli foravano e frugavano le carni, ci ossessiona nella sua spaventosa atrocità. Di tempo in tempo i piccoli cippi a lato della strada segnanti in rosso il numero dei chilometri, ci paiono veramente come altrettante stazioni della Via Crucis del Martire. Quale fu l'ultimo che egli vide attraverso i vetri dell'automobile in corsa, venirgli incontro fuggire via nella nuvola di polvere? E quale fu quello che egli non vide più? Abbiamo passato Ponte Milvio, abbiamo passato Tor di Quinto. Ecco la Grotta Rossa, il Juogo dove in una caverna, che si apre profonda nella roccia a lato della via, il corpo dell'on. Matteotti, secondo ogni probabilità, fu deposto provvisoriamente, dopo essere però già stato portato fino a Ronciglione e al Lapo di Vico, quando gli assassini, cubisi con quel cadavere nella macabra automobile, con quel cadavere che non sapevano dove gettare e di cui non sapevano come disfarsi, tornavano atterriti e disperali verso Roma, in cerca di aiuto, in oerca di qualcuno che li consigliasse e magari fornisse loro i mezzi per l'estrema nefanda bisogna. E allora, poiché non potevano rientrare in città con quel tremendo carico (e certo la stessa vista, la stossa spaventosa presenza di quell'ucciso nell'automobile doveva riuscire loro orripilante, insostenibile), allora lo deposero e lo nascosero momentaneamente nella caverna di Grotta Rossa, qua dove poi l'on. Zaniboni doveva ritrovare le tracce del sangue e tiri pezzo stracciato di Corriere IlaUnno. Indicazione casuale e accusa terribile ! Ma quando poi gli assassini tornarono a riprendere la misera salma per portarla là dove oggi essa è stata ritrovata? Ed erano ancora gli assassini stessi con la slessa automobile od altre persone con un'altra macchina? Questi interrogativi restano ancora tali; questa parte di mistero resta ancora insondata. Ma ora che* il cadavere è stato ritrovato forse gli accusati di Regina Coeli o qualcuno di loro si risolveranno forse finalmente a parlarci Con la scoperta di oggi si apre indubbiamente tutto un nuovo sviluppo all'istruttoria, uno sviluppo di cui nessuno può misurare nè prevedere la portata e lo conse- i guenze. Procediamo sempre in corsa per la via Flaminia. Ecco il luogo dove, sotto il cliiavicozzo e nel corrispondente tombino del fossato della strada, furono rinvenute la giacca e una manica tagliata della vittima. Ed ecco il luogo dove ieri si svolsero le ricerche dei carabinieri al comando del capitano Pallavicini e del tenente Campagnono coadiuvati dal commissario Cadolino e dal vice-commissario Errico c le ricerche dei cani poliziotti condotti dagli allievi della scuola tecnica di polizia. I tre cani ieri, dopo che furono fatti ad essi odorare il cappello e il pigiama dell'on. Matteotti, che il tenente Amodio aveva portato all'uopo con sè, si diressero al chiavicozzo e lo percorsero riuscendo nel fossato dall'altra parte. Le indagini continuarono poi nei campi prossimi alla strada, nei fossi che l'intersecano e in alcune piccole grotte clic si aprono a sinistra della via Flaminia a circa un chilometro dal chiavicozzo. Poi funzionari e ufficiali vollero anche fare esplorare il pozzo naturale profondo circa trenta metri. P-er questo, come ieri sera vi informammo, furono chiamati da Roma alcuni vigili al fuoco, 1 quali, a mezzo di scalo di corda, si calarono fino in fondo al pozzo, ove non ritrovarono altro che la carogna putrefatta di un caprone. Contemporaneamente alcune pattuglie di carabinieri e giornalisti si internavano al lume delle torce nei cunicoli della catacomba di Santa Teodora, che si apre a eerta distanza dalla zona, clic era battuta nelle ricerche lungo la via Flaminia, e si aprono cioè presso Rignano; ina anche qui non si scopriva nulla. E cadendo la sera ogni indagine fu nocoessariamente sospesa e il seguito di essa fu rimandato a stamane. Pattuglie di carabinieri continuarono tutta la notte a perlustrare la via Flaminia fermando ogni automobile che vi transitasse per controllare chi fossero i passeggeri e per quali ragioni passassero in quei luoghi. lì brigadiere cacciatore Ma mentre ieri proseguivano cosi li; ricordi'.- dell'autorità c mentre si riprendevano stamane, un'altra persona esplorava per proprio conto la campagna, fra II ano e Scrofano e particolarmente concentrava le sue Inda gini sulla macchia della Quartarella, alto e folto bosco a lato della via Flaminia, presso Uiano un luogo impervio e selvaggio in altri tempi già asilo di briganti che di là irrompevano sulla via Flaminia ad assaltare diligenze e depredare passanti. La persona che si era dedicata a queste ricerche nel folto e fra i burroni della macchia Quartarella è il brigadiere dei carabinieri Ovidio Caratelli. Egli, che appartiene alla Compagnia dei carabinieri dislocati ad Orte, si trova ora a Riano in licenza presso la famiglia. Il padre di lui, Vincenzo Caratelli è da venti anni guardiano delle tenute del principe Francesco Ludovisi Boncompagni di Piombino, e abita con la famiglia appunto a Riano in una cascina chiamata l'« Osteriola ». Tutte le terre intorno e la stessa macchia della Quartarella sono proprietà precisamente del principe Ludovisi Boncompagni. Ora l'Ovidio, trovandosi, come si ò detto, a casa in licenza e saputo l'altra sera del rinvenimento nei pressi della giacca dell'on. Matteotti (fu anzi con lui che prima parlò del rinvenimento il cantoniere Taccherl e fu lui che provvide quindi ad' avvisarne il capitano Pallavicino), l'Ovidio Caratelli, dunque, pensò che se era stata ritrovata la giacca del deputato unitario, non lontano poteva e forse doveva trovarsi il cadavere. E siccome nessuno conosce come lui il luogo (egli è nato ad Isola Farnese nel T8 ma per venti anni, cioè da ragazzo, da che la sua famiglia è venuta a Riano, egli ha corso tutta la campagna circostante battendo in lunghe gite di caccia tutti i boschi che vi si trovano) egli disse a sè stesso che se uno era in grado di compiere efficaci perlustrazioni in questa zona, questi era ben lui, e siccome anche occupava i giorni di licenza andando a cac-' eia, si propose di compiere due cose insieme: cacciaro e perlustrare i posti cominciando dalla macchia Quartarella. E si prese insieme il fratello Dante, di 22 anni, ed un suo cane da caccia a nome « Trapani •; e tutto ieri battè infaticabilmente i boschi, ma ieri andò bene la caccia e andarono male le ricerche. Che fece buon raccolto di selvaggina, ma non ritrovò nessuna traccia del cadavere ricercato. E tornò a sera a casa. Ma stamane alle ■i era già fresco e lesto di nuovo e, sempre accompagnato dal fratello Dante e dal fedele «Trapani», sì metteva per la macchia della Quartarella. Ma vediamo di procedere un po' ordinatamente in questo racconto, che per essere buttato giù con la commozione dell'ora, sul luogo stosso del fatto, e mentre procedono il disseppellimonto dei miseri resti e le pratiche giudiziarie inerenti, risente dell'ansietà di questo tumulto circostante. Quando noi, dunque, i due- collegh; giornalisti ed io. giungiamo al ventitreesimo chilometro da Roma ed a circa un chilometro dalla stazione di Rignano, dove la macchia Quartarello costeggia a poco meno di 50 metri di distanza sulla nostra sinistra la via Flaminia, troviamo formi alcuni autocarri militari e il luogo piantonato dai carabinieri. Chiediamo:' Sul luogo... — Dove è 11 cadavere? E' proprio quello, di Matteotti? Il capitano dei carabinieri Pallavicino ci indica il bordo della macchia. — A pochi metri di là — ci risponde — nell'interno del bosco. ' Il luogo si presenta con un aspetto inospitale e tristo: accanto alla strada è una vasta radura folta di cardoni e di spini, che costituiscono una specie di prato giallo e secco; al centro un grande solitario albero centenario. La radura, che da un lato sale verso un poggetto, mentre dall'altra declina nell'avvallamento, è separata dalla strada da un'alta staccionata costituita da pali' di legno collegati da fili di ferro. Al di là della barriera, e parallelo alla strada, si dilunga il bordo della macchia, costituita da alberi di aito fusto e da cespugli fitti. Il terreno verso l'intèrno dplla macchia subito dopo pochi passi precipita in un burrone profondo una cinquantina di metri. Il luogo dove sono 6tati ritrovati i resti dell'onorevole 'Matteotti (poiché, come vedremo più avanti, si tratta veramente della sua salma) è una piccola radura di una carbonaia abbandonata, cioè il terreno dove in altri tempi fu stabilita una carbonaia, precisamente tra il bordo della macchia — a poche die cine di passi dal bordo — e la ripa che precipita nel burrone, che dalla strada non è visibile, coperto com'è dall'alta e spessa vegetazione. Il capitano Pallavicino ed il tenente Amodio ci forniscono cortesemente I primi particolari. — Stamane — ci dice il capitano -- verso la 9, il brigadiere dei carabinieri Caratelli, che è di stanza ad Orte, ma attualmente è qua in licenza, a Riano, veniva ad avvertirmi che poco prima aveva ritrovato nella macchia Quartarello ossa umane ricoperte da un piccolo tumulo. Scavato il suolo, aiutato dui suoi parenti, accorsi al suo richiamo, e dal capo-stazione di Riano, aveva messo alla luce la parte anteriore del teschio ed alcune allre osca. Al'ora 6 subito venuto alla mia ricerca. Io, giunto qua col miei carabinieri e constatato il fatto, ito disposto per il servizio di vigilanza, facendo insieme telefonare a Roma, all'Autorità giudiziaria, della scoperta. • — Ma si tratta veramente del cadavere dell'on. Matteotti ? Il capitano si stringe nelle spalle : — Non* saprei di chi altro potrebbe trattarsi. — Ma non ha esaminato il cadavere? — Io ho lasciato tutto precisamente come ho trovato al mio sopraggiungere. Uno di noi ricorda che l'on. Matteotti aveva un dente d'oro. Il capitano ci conferma che tra i denti del teschio semi-dissepolto, denti bianchi, eguali, diritti, ve ne è uno d'oro. Il tenente Amodio risolve ogni dubbio che possa restare sull'identità della salma, raccontando che poco prima del nostro arrivo egli, portati lontani i suoi tre cani poliziotti, ha fatto annusare loro il cappello ed il pijama dell'on. Matteotti, e li ha sciolti ; tutti e tre, concordemente, sono andati verso il piccolo tumulo. Lo stato del cadavere Non è possibile infrangere la rigorosa consegna che vieta di accostarsi al luogo dove è il cadavere. Ma tra la gente attorno vi è qualcuno di coloro che sono accorsi prima che giungessero i carabinieri. I parenti stessi del brigadière Caratelli mi descrivono com'è il tumulo. In mezzo alla piccola radura che si apre, come ho detlo, nel fitto verde, ma a poche decine di passi dal verde della macchia, è il terreno molle, nudo, bruciato, su cui fu già stabilita una carbonaia. Da un lato sorgeva un troncone di albero tagliato, un troncone marcito che cade sollevando la terra intorno alle radici e lasciando un vuoto, laddove si abbarbicavano le radici 6tesse. In questa sorta di fosso, non più lungo di un metro e venti e della profondità di 30 centimetri, il cadavere fu premuto a forza e poi ricoperto di poco terriccio, con pezzi di scorza d'albero e con frasche fresche. Le volpi, evidentemente, di Cui la macchia abbonda, attratte dal lezzo, vennero di notte tempo a scavare il tumulo cosi improvvisato e scoprirono qualche parte del cadavere e lasciarono qualche ossa in quello stesso posto presso cui si fermò il cane del carabiniere Caratelli e che attrasse la prima attenzione di questi. Le stesso persone che ascorsero ai richiami del Caratelli e del fratello di lui e che insieme con loro rimossero la terra dal tumulo sino a scoprire il teschio, non 6anno spiegarmi con precisione in che positura giace il cadavere. La testa, o piuttosto il teschio, poiché non restano che ossa con pochi brandelli di carne putreggiante, è volta di tre quarti ed Inclinata verso destra. Ma il resto del corpo non si capisce come possa entrare in una fossetta cosi corta, mentre dal lato della testa emergono dal terriccio delle ossa che paiono essere quelle dei piedi. I denti appaiono, come già diceva il capitano Pallavicini, lunghi ed uguali; uno è incassato d'oro ed un altro è pure cerchiato d'oro (precisamente come aveva l'on. Matteotti). Queste persone mi informano anche che nel dito di una delle mani scoperte hanno notato un anello di fede matrimoniale. (L'on. Matteotti portava appunto l'anello matrimoniale). Tra il terriccio intorno ai poveri re6tl fu trovato un fazzoletto imbrattato di sangue e di terra e poi, atroce particolare, un ferro di lima lungo una ventina di centimetri, di quelltr lime che si trovano solitamente nella cassetta degli attrezzi delle automobili, appare conficcato nel torace della vittima dal lato destro, presso la spalla. Intorno al luogo, vigilato dal carabinieri, si 6 intanto venuta raccogliendo una piccola folla. Man mano che si diffondo la notizia del ritrovamento del cadavere dell'on. Matteotti, la gente accorre dai paesi vicini. Giungono automobili ed autocarri da Roma. Sono sul posto il commissario Cadolino ed il vice commissario Errico. Sono giunti da Roma l'on. De Michelis, Il segretario del partito socialista unitario Zannarmi, ed il collega Guarino in rappresentanza della direzione del partito unitario e l'on. Mastracchi e l'avvocato Cocola per la direzione del partito massimalista e poi molti giornalisti; gente diversa dalla capitale e dalla campagna. II racconto del brigadiere Cerco e riesco a trovare il brigadiere Ovidio Caratelli e suo fratello Dante, quelli che scoprirono per primi il tumulo e me 11 indicano i loro genitori stessi, il padre Vincenzo, Guardiano dei principi Boncompagni Ludovisi, e la madre Maddalena che mi hanno Ria fornito le notizie sul cadavere che ho detto avanti. Sono due bei giovanottoni i fratelli. Alti e forti, dal volto abbrunato dal sole, con chiari occhi celesti, con folti capelli castani. Ovidio veste la cacciatora sopra i pantaloni grigio-verdi chiusi da gambali. Parla semplice, bonariamente: «MI ero mosso in testa, dice, che 60 il cadavere dell'on. Matteotti era in questi dintorni, avrei dovuto essere il primo a scoprirlo. Con mio fratello Dante e col mio cane Trapani mi sono messo alla ricerca. Intanto andavo a caccia. Iersera. mentre tornavo da una battuta, passando di oui, notai che il mio cane era sparito. Lo chiamai a più riprese e udii il cane abbaiare lontano. Tornai sui miei passi. Lo trovai che annaspava il terreno ; era agitato ed affannava. Lasciai che facesse e poi, siccome era eia scuro, lo portai via. Noti dissi nulla e mi ripromisi di tornare sul posto nelle prime ore del mattino. All'alba di stamane ero stia fuori di casa con mio fratello e con TraDani. Non appena mi avvicinai alla Quartarella 11 cane mi lasciò e, correndo, entrò nel fitto della boscaglia. Lo seguii subito ed Infatti, al medesimo posto della sera prima, cominciò ad annaspare di nuovo. Vidi allora biancheggiare qualche cosa dappresso. La raccolsi. Era una tibia. Contemporaneamenie sentivo il terreno molle che cedeva sotto i miei piedi e da esso usciva un puzzo nauseabondo di putrefazione. Chiamai mio fratello, che si era momentaneamente, cacciando, allontanato da me ed insieme cominciam1 mo a scavare il terriccio ed a rimuovere >r5z- zi di corteccia d'albero, di legno fradicio accumulato e foglie secche. Scoprimmo dellei ossa umane e brandelli di carne putrefatta, attorno a cui era uno schifoso brulicare di vermi bianchi. Tolta ancora un poco di terra, ci apparve la parte anteriore di un teschio, attorno a cui la carne del volto era disfatta) e sembrava tutta rosa. I denti biancheggiavano. Le occhiaie non erano più che due buchi oscuri purulenti. Il naso era anche tutto roso. Pochi capelli erano appiccicati • alle' tempie. Mio fratello ed lo provammo un'emozione ed uno sgomento ohe non so ridire. Lasciammo di scavare oltre e corremmo verso casa a chiamare i nostri. Poi io andai a cercare, per avvertirlo subito, il capitano Pallavicini ». I parenti del carabiniere, entrando anch'essi nel discorso, mi fanno rilevare urtnarticolare che nella cronaca dei giorni scorsi non ebbe abbastanza risalto. Una sera, nella prima quindicina 'di giugno, e pare che fosse veramente quella del martedì, 10 giugno, cioè proprio quella 'del delitto, un contadino dei dintorni, venendo da Morlupo verso Castemuovo, si scontrò' con un'automobile, che si era fermata Innanzi a lui e dalla quale scese un giovanotto, che chiese se gli potesse vendere un piccone od una vanga. Il contadino, sorpreso dalla strana' domanda e convinto che quelli dell'automobile volessero prenderlo irt giro, rispose che veniva da rastrellare 11 fieno e quindi, se quelli lo .volevano, poteva vendere loro il rastrello che portava sulla spallo. Ma il giovanotto Insistette, chiedendo se non sapeva 11 nei pressi chi gli potesse vendere o imprestare un piccone, n contadino rispose che nel paese, a Morlupo ed a Castelnuovo, avrebbe trovato quello che cercava. « Non è un caso — argomentano 1 miei Interlocutori — che quelli cercassero un tale strumento perchè dovevano scavare la fossa? Che fossero proprio gli assassini di quella povera vittima? Poi non hanno osato andare a cercare quello che loro bisognava in paese, e trovato il luogo adatto, dove è il terriccio della carboniera, cotto, incenerito e soffice, che si rimuove facilmente, si' sarebbero serviti per scavare della lima dell'automobile, di quella che poi hanno ancora piantato, per ispregio, attraverso la terra* nel petto di quel martire ». C'è nel dire di questi popolani un appassionato ardore ed una contenuta indignazione, cosi sincera, cosi profonda, cosi fremente, l'uno e l'altra, che, oltreché commuovere, fanno seriamente pensare. Ed una' donna mi tira da parte ed in grande confidenza mi dice:' « R capitano dei carabinieri ha telefonato alla Questura, ma noi ci siamo subito affrettati a telefonare a Roma per conto nostro a qualche giornale. Sapete?, Non avremmo voluto che... ». Ingenua anima popolare! Arrivano i magistrati Sono le 13. In autocarro da Roma t&rlvano i giudici inquirenti comm. Del Giudi»» e Tancredi accompagnati dal dottor Massari medico settore e dal cancelliere Scagnetta. Passano, chinandosi tra i AH della staccionata ed attraversano la grande radura bruciata dal sole e scompaiono dietro la cortina verde della macchia. Poco dopo il cancelliere Scagnetta ed un paio di carabinieri tornano a cercare sull'automobile una panca per portarla 6ul posto ove, in presenza dei giudici, della sezione di accusa, i militi hanno cominciato a scavare la terra che ricopre la salma e la terra attorno. Questa panca servirà dti scrittoio per redigere il verbale di repertazione del cadavere. Intanto à giunta irt automobile la domestica di casa Matteotti, Assunta Lucci. Essa è stata condotta qui per. il caso in cui, eventualmente, i giudici credano di procedere subito al riconoscimento della 6alma. Ma questa invece non viene mostrata nemmeno a lei, che appare turbatissima e come sul punto di venire meno* sopraffatta dall'emozione. Essa è fatta entrare nell'ampia radura, limitata dalla staccionata, tra 1 carabinieri di guardia ed è interrogata su alcuni particolari dell'on. Matteotti e specialmente sulla posizione del dente d'oro di lui e dell'altro cerchiato d'oro e sull'anello matrimoniale, si sa poi che lo informazioni della domestica hanno perfettamente corrisposto alle caratteristiche riscontrate sul cadavere e si sa "anche del tragico modo in cui questo è stato interrato e viene ora riscoperto. Per fare entrare la povera salma nella angusta fossa lasciata dalle radici divelte del ciocco di cui abbiamo detto, (la fossatella non è lunga più di uni metro e venti) gli assassini hanno dovuto quasi spezzarla a mezzo, ripiegandola a libro, forzandola, premendola e pestandola' atrocemente coi piedi, cosicché ora, scoprendo quei disgraziati resti umani, si trova che le gambe sono rivoltate sotto la schiena ed! i piedi giungono sotto la testa. Poi le volpi scavando 11 suolo ed addentando le parti carnose cui potevano giungere hanno sbrandellato le carni stesse già imputridite ed hanno dissotterrato qualche ossa.. Colui, che' fu l'on. Matteotti 6 ora una inumana* miseria di pochi resti laceri e sbardellati. Intorno alla fossa che questi resti hanno raccolto, i carabinieri scavano la terra con: le mani per non profanare quello strazio a non incorrere nel rischio di guastare ancora ciò che avanza della salma col lavoro degli ordegni. Il terriccio rimosso viene poi accuratamente setacciato, per vedere se non contenga qualche lembo di carne o qualche ossicino. Da quel terriccio sortono continuamente luridi vermi, mentre intorno si propaga un lezzo nauseabondo di putrefazione. Poco dopo le 14 il concorso delle automobili e della folla è andato sensibilmente aumentando. Giung9 da Roma in 'autocarro a commissario della polizia giudiziaria cavali» Pennetta. Dallo stesso autocarro viene' calata una cassa, in cui saranno deposti iresti mortali dell'on. Matteotti. E' una rozza cassa di legno grezzo : quattro ossi veramente, come suol dirsi, inchiodate insieme. Ricorda le casse dei morti poveri all'ospedale o negli ospizi di carità e ricorda quelle in cui, tot aatrra, si chiudevaao, gysrjjo ai