Agostino condannato a 30 anni di reclusione, Carlo e Giacinto assolti

Agostino condannato a 30 anni di reclusione, Carlo e Giacinto assolti Iva sentenza del processo Cogo Agostino condannato a 30 anni di reclusione, Carlo e Giacinto assolti n processo dei fratelli Cago, Iniziatosi a 27 Maggio, si è conchiuso ieri. Il pubblico alle due udienze di ieri era aumentato in modo straordinario e oltre gremire le tribune dell'aula delle Assise affollo la adiacenze del palazzo della Curia, in via S. Agostino, dove si apre la porticina che mette nella tribuna pubblica, la cosidetta tribuna popolare, si addensa e si plir'.i una folla minuta sino dalle prime ore del mattino, folla di povera gente, di donnicciuole, di popolani, folla pallente e rassegnala ad attenderò e a sudare. La porticina si 6 aperta quasi per un altin.o. per lascia ì passare il primo flotto di pubblico che arrischiava di rimanere soffocato o schiacciato contro i battenti inesorabili. Poi la porticina è rimasta chiusa o sprangata per tutta l'udienza. Alla porta principale d'ingresso delle Assise c'è stato per tutta la mattinata un incessante pellegrinaggio di gente che desiderava assistere all'epilogo del dramma da una dalle tribune riservate. Le signore — quelle che ottenevano di potere entrare a mezzo di preghiere e di commendatizie — venivano però dirette per una porta secondaria nella tribuna pubblica, e la rimanevano in piedi, fitte come lo acciughe, pigiate inverosimilmente, ina imperterrito. Anche pel processo Cogo, per una buona consuetudine torinese, non ci sono — come nelle altre Corti — posti distinti, file di sedie o di poltrone riservate per la elite femminile. Vogliono assistere le signore ad dibattimenti? Allora rimangano in piedi, pigiate in quei pochi metri quadrati di asfissiante tribuna pubblica, senza privilegio nè di sesso, nè di etal Quando ogni spazio possibile e iTnipossibile fu esaurito, allora alla porta delle Assise il maresciallo e il brigadiere — che con molto tatto o oculatezza hanno diretto il pesante servizio d'ordine durante tutto il processo — furono inesoràbili nel respingere i nuovi sopraggiunti. Non potendo entrare dentro, i curiosi stazionarono sino alla fine dell'udienza fuori, in via Corte d'Appello e in via S. Agostino come abbiamo detto, e nello 6tesso cortile del palazzo. Ogni tanto pattuglio di carabinieri cercavano di sgombrare il cortile, ma i gruppi sciolti e allontanati in un punto si ricomponevano in un altro. Poi I curiosi disposti a non lasciare le loro posizioni s'accamparono nel grande corridoio del Tribunale penale nrendondo posizione alle finestre «he guardano nel cortile in attesa dell'uscita degli imputati a mezzogiorno. Nella mattinata è entrato nei palazzo, come 1 giorni precedenti, anche il padre degli imputati, la notaio Cogo. Egli ha assistito all'arringa Cavaglià dal corridoio che sta dietro H banco presidenziale in attitudine apparentemente calma senza curarsi degli sguardi e del commenti della gente che notava aa sua presenza. L'ultima arringa Alle ore 8,10 il presidente, conte Messea, dichiara aperta l'udienza e da la parola al- l'avv. Cavaglia, in difesa di Carlo. « Kingrazio — comincia — tutti quanti per è! breve rinvio che mi è stato concesso, e mi propongo di dimostrare la mia gratitudine chiudendo nella mattinata il mio compito •. € Però desidero riservare a me la trattazione di una parte che e straordinariamente antipatica: la parte che rappresenta una polemica; ma io credo, o cittadini giurati, che voi dovete conoscere tutto, e clic non vi sia nulla da dovervi nascondere. E siccome noi abbiamo sofferto per trenta giorni di questa battaglia della stampa ostile, devo dlrvene le ragioni. Signori: non sono lotte personali che c; dividono ddllii Stampa I giornalisti sono buoni amici, pronti a qualunque aito di bontà, ma quando si tratta della estensione dei pretesi loro diritti non conoscono più limiti, e noi vediamo che ci si aggredisce nelle nostre funzioni, le si rendono impossibili, senza che noi possiamo lottare •. L'avv. Cavaglia dedica tutta la prima parte della sua arringa olla polemica coi giornali e non risparn.ja neppure i magistrati! inquirenti tanto che, ad un certo punito il presidente conte Messea è costretto a richiamare d'oratore, dicendogli che non può permettere la benché minima malevola interpretazione sull'operato del Odudice istruttore. Ricorda che la Difesa avrebbe voluto portare altrove il processo, ma la richiesta eli legittima suspicione fu respinta ed ha anche. pungenti frecciate per la Parte Civile. Poi elogia 41 presidente ed i giurali, al quali ricorda la «randissima responsabilità che si sono assunta. Ricorda loro, anzi, che durante la iruerra un giovane avvocato torinese chiamato alla funzione di pubblico accusatore in un processo <dl diserzione, convinto di aver sbagliato nel condannai'© un soldato alla fucilazione, volle scontare il suo involontarlo errare con un colpo di rivoltella. Non si uccise, nia perdette la vista o ancora espia di suo emore di responsabilità. L'oratore soltanto nella seconda parte della sua arringa imprende la difesa di Carlo e dice: € Cittadini giurati 1 Mi pare che alla fine del dibattimento noi possiamo trovarci come sull'altura dei Cappuccini. Guardiamo dunque sotto di noi le risultanze della causa. Vediamo cn> cosa C'ó! Facciamo assieme l'esame di ciò che è risultato contro gli imputati. Signori, io In 45 anni di professione, non ho mai avuto la fortuna di ottenere la unanimità delle risposte su certi punti sostanziali di etnsa. Vi saranno delle deposizioni in favore e delle altre che sono contro. Si verrà il furto, si vorrà l'analisi per dire: uno ha ragione, l'altro ha torto. Ebbene noi abbiamo la fortuna in questa causa di potervi dire che vi hanno punti di importanza capitale contro i quali non si ò levata obbiezione di sorta. € Signori, lo difendo l'umanità in questo momento! Se noi siamo bestie immonde, tali che, onesti e puri fino ad oggi, domani, d'improvviso saliamo l'Hiinalaya delle nequizie e non sentiamo rimorso e i nostri nervi mantengono la loro padronanza, allora noi siamo delle belve autentiche, e non vale la pena nè di emanare codici, nè di promulgare verdetti perchè non ci sarà nessuna condanna effe cambierà la bestia umana I Però, signori, io ho sempre pensato il contrario, e cioè che la più grande deliri ragioni che assicura 11 giudice sulla certezza della propria sentenza è la conoscenza di chi gli sta dinanzi. 11 concimo di Barge « Dunque prendiamo pura il concime di Barge, sommoviamolo tutto; la peggiore delle puzze invada la Corte di Assise ! Non ci troveremo una parola contro Carlo Cogo, nè contro Giacinto Cogol E' venuto l'avv. Re. 10 gli ho avuto della.stima; lo difesi 40 anni fa. E devo dire che egli si è dimostrato un galantuomo, perchi quando gli hanno detto: • Avete mai sentito da chiunque e comunque una parola di censura contro questi due giovani? », ha risposto: « No». «Avete mai saputo che una parola di Giannotto Cogo li abbia eccitati'a mali sentimenti 1 », «No». « Eppure egli era l'autore dell'anticamera delle conclusioni del Pubblico Ministero I Era proprio lui che aveva detto: « Hitengo che il notaio Cogo abbia in fumiglia parlato della possibilità che la Bordon ereditasse tutte le sostanze, ed abbia manifestato perciò il suo vivo dispiacere. Credo elio con tali discorsi ripetuti per lungo volgere ili tempo Hbbia determinato i figli a consumare il reato ». Ma essendogli stato chiesto: • Conoscete una persona sola che ubbia sentili di questi discorsi? Che abbia sentito dire da un'altra nersona che questi discorsi siano stati fatti T ». Quell'uomo ha avuto la lealtà di dire: '« No. Io non li ho mai sentiti né mai mi sono stati ritenti. Ho pensato quello perchè ritengo che II notaio t:ogo sia un malvagio ». « bumiiie non •:'<■. ili \>(inv« 'in iit-micu die nbbia delio una paiola contro Carlo C<JS°. Cioè mi sbaglio, Ce stala una - libellula » che ha detto (ed è stata l'unica parola profferita contro Carlo Coso: (inolia che dovrebbe farlo chiudere in una tomba!) « Lu Bordon aveva sempre parlino bene di lui. Però l'ultimo giorno dis=e dio ora rnlso .. Certo 11 dire che uno ha una indole falsa, non è cortu u'i «•òhiwììik;■■.<■: \m porche si lancio iiueira.-i uva ■■■<■■■■• <•<■■■ • l'erclie doveva avi-r i■ |>.i> «■!:•• :i • i: 'la iJUCllo i'Ill" sentiva duo dalla - a. !iij,'lioiJ, ti l'ilo oso1» dei galaniuniiilni o riferire al propria babbo le accuso lanciate contro di lui da ulotufedteuretonbScpdspilvodobsvonpbtoaznPanpl'inineimi cppaptertetotarstececèvntinchmegcelocvmlotoadPafeqrtael'cmabtelafal'pansccstfedstugcatecugdccdl'-pl'gMabSpbq0eblntrtrvctpmttvcGoimCies1ndcgTncgngsses una zlal E contro Carlo Cogo non e risaltalo altro. Nessun nemico di casa Cogo ha potuto dir nulla di male sul conto, del mio dlfesol Unica quella pettegola, òhe passando di qui ha osato, ad inermi detenuti che contendono a loro vita alla giustizia rivolgere un gnigno di scherno ed amvutu là ti oratore indica i banchi dei testimoni) ba trionfa, to del proprio sudiciumel Non ne faccio 11 nome: lo credo che una vipera simile dovrebbe esser» abbandonala dai suo fidanzato. Senza nozze consumi i suoi di, chi è capace di una cosa similel A questo punto l'avv. Cavatila, crede opportuno di dare lettura di una lettera intima della povera Margherita Bordon per dimostrare la forza del pettegolezzo. SI richiama poi a tutte le testimonianze per rivendicare il buon carattere di Carlo Cogo e lodarne la volontà dì studio, poi soggiunge: « E passiamo ad un altro punto: vi fu una divergenza qualsiasi fra Carlo Cogo e la zia oppure tra Carlo Cogo e la Bordon? Noi abbiamo portato cento testimoni. Vi abbiamo seccato. E' stato un gran titolo di merito per voi l'aver avuto tanta pazienza I Ma almeno ora sarete ben sicuri che la verità è questa: nessun dissenso vi fu mal tra Carlo e 1« due povere morte. Il notato Cogo L'oratore provvede quindi a rivendicare la buena fuma del notato Giannetto Cogo, a torto accusato di Ingordigia e di bassezza di animo.. Invoca a suffragio delle sue affermazioni specialmente la testimonianza del generale conte Malingrl di Bagnolo, dell'avv. Parto di Saluzzo, dell'avv. Buffa s di altri, anche non amici del Cogo i quali però hanno asserito che i loro dissensi provenivano puramente da ragioni amministrative. « Contro il notaio Giannetto Cogo — dice l'oratore — si trovano lanciate le più ardite insinuazioni, ma esse sotto l'indagine fatta in istruttoria si sono dimostrate infondate egli è un galantuomo, un onesto uomo ed è impossibile che egli abbia potuto spingere i tre figli a commettere l'orrendo delitto. Voi certamente ricordate quali erano le accuse pprtate contro il notaio Cogo : lo si è perfino accusato di avere tentato di strangolare la propria madre qualche giorno dopo la morte del padre. Ebbene questa menzogna or. ribile è stata vigorosamente smentita da testi insospettabili. Che cosa riroane di tutto l'edificio di menzogne eretto contro il notaio Cogo? Nulla ». L'oratore accenna alla testimonianza Parato e fa sua la spiegazione data in proposito dagli imputati. Esamina quindi il contegno di Carlo e Giacinto nei giorni che precedettero il delitto e nel giorno stesso in cui fu scoperto. • Signori — esclama — non è possibile che si compia un reato cosi spaventoso senza che se ne vedano le traode nella preparazione o subito dopo: altrimenti rinunzlamo ad essere uomini. « In tutto il contegno di Carlo s Giacinto non vi è nulla che possa Indurre a credere che essi stessero preparando un cosi orribile misfatto. Carlo era tutto intento ai suoi studi, egli di null'altro si preoccupa nei giorni precedènti al delitto. Si è detto che non può essere colpevole Carlo se non lo è Giacinto: se non lo è Giacinto non lo è quindi Carlo. Entrambi sono vittime di un disgraziato fatto, purtroppo famigliare, accaduto nella famiglia ma colla loro assoluta innocenza. Queste sono appunto le parole su cui non vi può essere dubbio al mondo che uno possa dira il contrario di quello che lo affermo >. L'oratore esamina poscia la figura della Palmero; anzittutto dice che in istruttoria alcuni testimoni hanno parlato della indifferenza della Palmero il giorno del delitto: qui si è tentato di trasformare la indifferenza In paura perchè la... « Ofelia » meritava la paura; ma quello che era scritto era scritto. « Come si può" credere — chiede l'avv. Cavaglià — ad una donna che ha cambiato tante volte la sua deposizione? Come si può credere a questa contadine]la che afferma la complrcità di Carlo quando abbiamo veduto come abbia cambiato tante volte la propria deposizione anche su particolari di minima importanza? *. L'acido cianidrico L'oratore viene poi a parlare degli studi fatti da Agostino Cogo sulla potenza di quell'acido cianidrico che egli ha adoperato solo perchè, per un caso veramente straordinario al Politecnico, se ne è fatta la distribuzione nei giorni stessi in cui egli si Iscrive a detta scuola. Il delitto che Agostino Cogo voleva compiere era un delitto, al cloroformio, lo stesso delitto che cento volte si compie sulle ferrovie. Senza la disgraziata distribuzione dell'acido la disgraziata Carolina sarebbe stata narcotizzata/ Qualifica Agostino come un gorilla e narra come egli ha passata la giornata precedente al delitto. Quando è sicuro che f fratelli sono a teatro, egli va a. casa a compiere « quell'opera infantile. Incosciente, che ha procurato la morte di due denne, che nella sua mente era considerata come uno scherzo da fare alla zia ». L'aw. Cavaglia inizia quindi la descrizione meticolosa dalla scena del delitto ricostruendola in alcuni punti in modo da dare l'impressione che l'Agostino avesse a sua disposizione'non due, ma quattro o cinque mani. Proseguendo, l'avv. Cavaglià dice assurda l'ipotesi che Giacinto sia venuto a Torino per -precostituire l'alibi al fratello; afferma che l'inscenatura è puerile, tratta della famosa grammatica rumena e della testimonianza Massia. L'oratore giunge alla conclusione della sua arringa e cita un grande processo svoltosi ben 80 anni or sono dinanzi alle Assise della Senna. Ricorda le parole dette dal presidente prima che i giurati prendessero le loro deliberazioni : « In mezzo a tanta agitazione, quale sarà la vostra guida? La vostra guida, 0 signori, è una sola; una sola, che non può errare; una sola che riesce sempre infallibile : la coscienza; la coscienza contro la quale si Infrangono tutte le passioni umane, che non si commuove alle parole e non si lascia trascinare da vane considerazioni, che arre, tra davanti al dubbio, perchè dubbio equivale a convinzione di innocenza. E" a queste condizioni che la legge vi Investe di cosi terribili funzioni e la società vi affida i suoi più gravi e più chiari interessi, che le famiglie vengono a porsi sotto la vostra protezione e che gli accusati che hanno il sentimento della loro innocenza si aflldano a voi o vi accettano senza tremare per giudici. Alla vostra coscienza io affido Carlo e Giacinto Cogo ». L'udienza della mattina si chiude alle ore 18,15. L'epilogo delia causa Alle 15,30, quando torniamo allo Assise per il verdetto, non troviamo la folla che avremmo pensato. In via Sant'Agostino e in via Corte d'Appello ci sono gruppi di curiosi, in attesa di entrare nella tribuna pubblica e per assistere all'arrivo degli Imputati, ma si tratta di poche centinaia di persone che 1 carabinieri di servizio con facilità riescono a trattenere ed a disciplinare. Nerl'intcruo del Palazzo di Giustizia non sono ammessi clic giornalisti, avvocati e giurati. Poca gente, ma in compensò molto discussioni. Tutti fanno pronostici, ma in realtà nessuno può intuire quale sia lo stato d'animo dei giurati.- Gli imputati arrivano alle Assise nelle duo consuete vetture pubbliche alle ore 15,45 (per gli amatori dalla cabala notiamo che portano i num-i i, 4* e 89). Giunti gli imputati vengono aperte anche le porte dell'aula o possiamo entrare. Non o'ft ancora nessuno e già s! respira a fatica. Vediamo gli imputati attraverso i cancelli elio chiudono la camera di sicurezza. Agostino sta seduto sulla panca ed evita di guardarci. Carlo e Giacinto che si trovano nella stessa stanza, passeggiano; sono nervosissimi, inquieti, ma simulano tranquillità. Ai di tensori, >.che li interrogano, manifestano la cortezza dt, essere assolti. Non hanno il minimo dubbio, Carlo I: coreo in volto; Giacinto sembra ooiisestloniilo. Mio i<rò IfXiirèiiso i giurati c j-'ii avvinati m'ho al loiDuiosto e vengono introdotti gli imputati. Nierktc di particoluro nel loro modo di presentarsi, niente di speciale noi loNocadconLnraagentinGcistz•pp• demSpCtadosestadi ladbasumvvilae nral'gamcvI sotopnnscvcclrpndilinsateeGlapcmlemtrcdlgnsmsPccvctcfithitlPccqccc loro atteggiamento. Niente commozione Non v'è Indifferenza in essi ma una studiata calma. Il Presidente, conte Messea, entra poco dopo, seguito dal Procuratore Generale, comm. Crosta-CurtI, e dal cancelliere Vitto, natto. Tutti si alzano in piedi. L'ultima dichiarazione di Carlo e Giacinto Quando II Presidente ha preso posto si fa nell'aula un silenzio religioso. Il presidente si rivolge anzitutto al Procuratore Generale, poi alla Difesa e chiede: — Non hanno nulla da aggiungere? Nessuno risponde. Il presidente si rivolge allora agli imputati: — E voi? Carlo e Giacinto si alzano in piedi e stringendosi l'uno all'altro si studiano di pronunciare Insieme le stesse parole; gridano: — Ancora una volta, signori giurati, ripetiamo che siamo innocenti, assolutamente innocenti I E' la voce di Carlo che domina quella di Giacinto, ma nella loro voce non vibra traccia di commozione. 11 Presidente interroga con lo sguardo Agostino per chiedergli se ha qualche dicblarazluwe da fare, ma il giovane Cogo non dice •parola. Si attendeva che ripetesse, come nella prima udienza il grido a difesa dei fratelli: • A uccidere sono stato solo I », ma non ha detto nulla. Presidente: — Dichiaro chiuso 51 dibattimento. I giurati supplenti sono In liberta. Si allontanino gli imputati dall'aula; si provveda alla custodia degli ingressi. Ad uscire dalla gabbia è primo Agostino. Carlo e Giacinto io seguono. I tre fratelli evitano di nuovo di guardarsi ed anche uscendo dal gabbione mantengono 11 distacco ohe sempre hanno tenuto tra loro. I giurati si riuniscono per deliberare. Restano nell'aula a rappresentare la Difesa, gli avvocati Cavaglià, Bozino e OHivero. Sono le 16,15. Nel cortile in attesa Non ci dispiace affatto l'Invito del Presidente ad uscire dall'aula. Compiangiamo anzi i 'giurati che debbono restarci: non solo per la gravità e responsabilità del compito ohe debbono assolvere, ma perchè con le finestre ben tappate l'aria è cosi pesante che si etenta a respirare. Le porte delle Assise rimangono aperte, ma sulla scaletta che da sul cantila, col contese maresciallo dei carabinieri che dirige 11 servizio, e lo zelante brigadiere, si schierano i-i viioe brigadiere Piero Vittore, l'appuntato Bella, 1 militi Nicolazzini, Fumagalli e Bertassd, e formano tale un cordone di protezione che non si più pensare a superarlo. Ed a superarlo nessuno ci pensa. Si sta tanto bene all'aperto 1 Nel cortile non ci dovrebbero essere che 1 giornalisti e gli avvocati, le uniche persone ammesse nedl'aula, ma nonostante tutte le coinsegne, un .gran numero di persone ha trovato modo di penetrarvi. Di dove? Chi lo sa. I pretesti per entrare nel palazzo di Giustizia sono tanti. Avvocati da cercare, pratiche da sfia«lGFcsc•asesusvnassotfc'lqdrtdeolppasEgtagpshfcpiiECDpldelaqrba sbrigare, dooumenftt da richiedere. Tutte le finestre del plano rialzalo dove si trovano le aule del Tribunale seno occupate. Il porticato «lolla Corte d'appello è anch'esso affollato. Gremito l'atrio d'ingresso e parte del cortile. Fiorito di visi allegri e sorridenti il loggiato che guarda all'ingresso delle Assise. Molte sono le signore, ma assai più gli uomini. La curiosità non ha sesso. • Le conversazioni e le dispute sono animate assai nel cortile e eotto l'atrio d'ingresso. Qui stanno raccolti giornalisti e avvocati e per la ennesima volta viene discussa la causa. Tutti si sono tatti una competenza, tutti hanno un pareTO da esprimere. Interrogatoli, deposizioni, perizie, arringhe, tutto è nuovamente vagliato e posto in discussione. Non si salva nessuno rlnflle critiche. Ogni testimonio, ogni avvocato ha lo sue. I tetti becchi, i contrasti si accentuano a misura che passa il tempo, poiché vi si innestano inevitabilmente le previsioni sul tempo ohe impiegano 1 giurati a dare il loro verdetto. Quanti sono favorevoli aliti tesi della DIfesa, che esclude' la responsabilità del Giacinto e Carlo, sostengono che Ha votazione dei 'turanti inevitabilmente si prolunga perdio l'avv. Cavaglià non può non aver sollevato qualche eccezione, non fosse altro sul modo di Interpretare i quesiti. Gli altri, quelli che richiedono una condanna di tutti i tre fratelli, arguiscono dal ritardo che due almeno dei fratelli devono essere stati condannati. Alle 17 nell'aula non si può entrare ancor*. La folla nelle adiacenze Diamo una capatina in via Corte d'Appello e in via Sant'Agostino. Alle 15,30 non vi erano ohe poche persone in attesa, ma alle ore 17 le due strade sono affollatissime. Davanti all'ingresso di via Sant'Agostino, proprio vicino alla porta, forse per essere i primi ad avere notizia della sentenza, non appena il pubblico sfollerà dall'aula delle Assise, fanno ressa alcune centinaia di persone. Evidentemente sono costoro quelli che maggiormente si interessano del processo, 1 fanatici, capaci di sacrifici pur di essere dei primi a conoscere l'epilogo della' ormai famosa tragedia. Invece le persone che sostano davanti al palazzo, nella zona d'ombra segnata dagli stabili che sorgono dal lato opposto della via, hanno l'aria di interessarsi si alla cosa, ma fino a un certo punto. Passeggiano, chiacchierano, di quando in quando fanno ima capatina in qualche caffè vicino per chiedere il ristoro di una bibita fresca. Naturalmente il tema dei discorsi è il giudizio del giurati. « Saranno condannati tutti e tre i fratelli ? E in che misura? Ci saranno assoluzioni? Chi sarà il fortunato? Ci saranno sorprese?». Domanda, però, cui bisogna attendere ancora per dare una risposta. Qualche avvocato della difesa esce dal palazzo, ed è riconosciuto. Qualcuno di questi difensori che abbandonano le Assise, come ad esempio l'avv. Bardanzellu, viene interpellato: interpellato, si capisce, sul verdetto. Ma anche qui non se ne può sapere nulla, se non qualche innocente previsione, che, oltre tutto, rispecchia l'aspirazione dell'Interessato. Ma bastano queste impressioni per dare motivo a discussioni e a commenti.

Luoghi citati: Barge, Cavaglià, Saluzzo, Torino