Falconi attor giovane

Falconi attor giovane Falconi attor giovane Armando Falconi arriva in camerino un quarto d'ora, prima della rappresentazione Come il veterano napoleonico, ha un occnio bendato di nero: viene in quel momento aai'oeullsta. Falconi dovrebbe essere sofferente, invecchiato. Invece è più giovane che mai. — L,ainia età e variabile — dice. — Questa sera credo di essere del 1904. Forse dovrò presentarmi domani al Distretto Poi, con lo stoicismo d'un nobile francese dcll'89, ordina al barbiere, che attende sulla porta, di prendere possesso della sua testa. Cosi fra l'insaponatura e il contropelo Falconi mi narra la sua vita di attor giovane. Una serata a PlanW — Veramente mi dovrei chiamare, anche adesso, ruttore sempre-Riovane; ma nel 1896, per esempio, avevo, almeno esteriormente, un allro stile. Allora prendevo 80 lire al mese, « lordo »: cioè erano comprese a mio carico le spese di viaggio, bagaglio u vestiario, all'antica. Non avevo bauli, come potrete immaginare, n portavo il mio guardaroba dentro una valigia di tela filettata, uno scatolone c un cartoccio. Possedevo un tubino, e per non sciuparlo lo involgevo accuratamente in carta velina, quindi con un solido spu- §o lo assicuravo ad armacollo come una ornicela. Portavo inoltre gli stivaloni, per non sciupare le scarpe di coppàie, che mi sarebbero abbisognate, lucidissime, nelle parti più giovani e più ricche del mio repertorio. Naturalmente, la cintura dei pantaloni,aveva dei buchi in soprannumero... Fu in queste condizioni cho una volta, a Torino, pensai di lanciarmi in « tournée » per mio conto. Fu un atto disperato, da paragonare a quello del giovine sentimentale e indigente che |lnghiotte alcuno pastiglie di sublimato. Ero allora nella Compagnia di Flavio Andò e Tina Di Lorenzo, cho in quel tempo non pensavo certo ad1 impalmare, data la tremenda sperequazione economica fra me c lei. Pensai quindi, insieme al comico Spano, di fare una serio di rappresentazioni straordinarie a Pianezza, col «Birichino di Parigi», la « Consegna di russare » e 1 « Due Sordi », Occorrevano 80 lire di capitale, per pagare l'cromnibus» e il suggeritore. Le trovammo. All'ultimo momento si aggregò alla « troupe » gratuitamente, un commesso viaggiatore na< polctano, appassionato filodrammatico. Gli fu data la funzione di bigliottarfo-cassierc. Par-, timmo, belli e audaci, come i pionieri californiani del romanzi di Bret Hart. Arrivo a Pianezza; affissione di,manifesti, preventivamente preparati all'inchiostro di fuliggine. Ma il buon paese si mostra atrocemente insensibile a questa clamorosa esibizione. Alle 8, tutti i lumi del teatro sono accasi. 11 commesso prende posto alla biglietteria. Noi, digiuni, ma pieni di speranze, saliamo il palcoscenico per prepararci. Il teatro è più vuoto del vuoto pneumatico. Alle 8 e tre quarti mandiamo una staffetta al bigliettario. Una notizia consolante! Ottanta persone circa stanziano, col naso all'insti, guardando gli affissi, davanti al teatro. Ma non si decidono... Passano altri dieci minuti di terribile attesa. Ad un tratto un'orda si precipita in teatro, scavalcando le panche, urtandosi, vociando. Dopo nn po' di pigia-pigia eccoli sistemati, attendono il « lever de rideau"». Dal sipario sforacchiato noi contiamo il pubblico; 80 capi, un centinaio di lire! Consolazione e visione di una cenettn, non luculliana, ma per lo meno sedativa. Recitiamo il « Birichino di Parigi » con uno slancio sublime. Infine il pubblico sfolla. Ci precipitiamo dal commesso-bigliettario. — Quanto? — 36 lire. — 1! E il povero amico ci spiegò che per decidere quella folla riluttante ad entrare, aveva fatto... un « forfait ». La dama di Mosca Ma se la vita di Falconi, attor giovane, non fu lucrosa, fu però ricca di compensi sentimentali. Quando si recò con Andò e Tina Di Lorenzo in Russia (7 lire lorde al giorno, più un rublo d'i indennità!)- gli capitò una curiosa avventura a Mosca. Una notte, dopo il teatro, un inserviente, che masticava un po' di italiano, lo avverti che una slitta padronale attendeva fuori. Una misteriosa dama moscovita, che aveva ummirato le brillanti attitudini sceniche dell'attore italiano, desiderava farne la conoscenza. Falconi dice: — Accettai ad occhi chiusi, come si fa a 20 anni. Dopo tutto avrebbero potuto anche condurmi in un sotterraneo del Kremlino, strozzarmi, squartarmi. Non a scopo di rapina, però, giacche il mio portafoglio non conteneva che poche Uro. La slitta attendeva; un cocchiere gallonalo mi invitò a salire. Partimmo di gran corsa. Fantastico puesuggio di nove, misteri della notte moscovita, fuga di case e di ponti. Infine arriviamo. E' una bella casa. Sono introdotto, da un moretto in livrea, in stanze luminose, sebbene un po' basse, come capita nella maggior parte degli edifici moscoviti. Quindi sono « piazzato » in un salotto. Attesa c trepidazione! Ed ecco la doma. Se vi dicessi che ora bella, pensereste alla esagerazione dei venti anni assetati. Non dico nulla: dico soltanto che era bruna, fine, distintissima. Ed era non propriamente russa, ma georgiana. Ella non sapeva una parola di italiano; io non conoscevo una virgola d'i russo. Parlammo molto, ci comprendemmo perfettamente. La signora insistette perchè rimanessi a cena con lei, io non seppi dire di no. — E come andò a finire? — Ho visto, — conclude Falconi, ermetico, — l'alba di Mosca! ta Manon berlinese e la pelliccia di "gnau.. —- Ero giovane, povero, — dice Falconi, volubile, divagando, — ed ero insuperabile nel trovare subito l'alloggio quando arrivavo in una metropoli. Vienna, Budapest, Berlino, riservarono sempre un abbaino al riposo delle mie stanche membra. A Berlino, poi, luecai un casotto scntiuienluie. immaginate una Manon berlinese.' Graziosa e squisita? Fu appunto una Manon M... (permettete di serbare l'incognito), cho intenerì il mio cuoio dliranto il soggiorno nella Capitale germanica. Lo intenerì al punto..., che trovandomi sprovvisto di mezzi vendetti, ricavandone '.IO inarchi, una pelliccia che avevo acquistato il Milano, pagamento rateale. Era una ramosa pelliccia, che voleva essere di lontra. Anzi io stesso sarci riuscito a credere che era veramente di lontra, se ogni volta che passavo in Gulleria, i miei amici non ini avessero richiamato alla realtà, gridando: a Gnau, gnau! ». VI dirò, per la verità, che la prima volta che me la misi — una certa sera —- mi ero appena fatto la barba. Ebbene, tornato a casa, la notte, essendomi tolto accuratamente il ricco capo ed avendolo deposto con diligenza sul ietto, andai a guardarmi allo specchio, per quel senso di intima compiacenza che un giovane prova sapendosi possessore, per esempio, di un oggetto elegante o di una donna. Ebbene, con mio grande stupore vidi che mi era cresciuta la barba. « La barba? E' mui possibile? Mi sono rasato non più di tre ore fai ». Toccai la guancia; il pelo si stuccava. Corsi a guardare la pelliccia. Era il pelo del « gnau ». Da allora dovetti adottare in permanenza un sontuoso fazzoletto da collo di seta bianca. Causo ed effetti! Falconi sta per iniziare il racconto di una terza avventura a Vienna, quando entra lieve o ridente per richiamare all'ordine l'ini, penitente giovane, la signorina Borboni. CURIO.