L'uomo di parer contrario

L'uomo di parer contrario Torino e la atoria L'uomo di parer contrario Osai città. Uà del nemici, c i motivi delle felnaole avversioni non si contano: ce n'è di volevi come di spirituali, di seri.e ponderati o di bizzarri e fantastici. Chi odia per ragioni estetiche, e chi denigra per considerazioni pratiche c positive. I letterati e gli artisti costituiscono la categoria più pericolosa: la loro immaginazione fervida fa si che essi subiscano sovente delusioni crudeli, a cui tien dietro pronta ed Immediata vendetta. Perchè una città non si adegua al loro sogni, eccola precipitata dal piedestallo della sua storia gloriosa nelle bassure della cattiva polemica. Torino, che pur possiede uno squisito fascino romantico, è stata sovente calunniata, e lo è ancora. Agli occhi degli esaltati, le sue mirabili e composte attrattive, sembrano mediocri e modeste. ■ Ma basta esaminare il retroscena e 1 pretesti che determinarono la leggenda, per constatare l'infondatezza e la precarietà delle accuse. Per esempio, Francesco Domenico Guerrazzi, che bistrattò, com'egli Bolo sapeva, Torino e i suoi abitanti, fu spinto alle sue accanite e malevole osservazioni da motivi politici: antimonarchico, non voleva riconoscere che il Piemonte era alla testa del Risorgimento. Di qui a scrivere ogni sorta di leggerezze e di malignità., il tratto era breve.. Ed è realmente curioso riesumare lo sue notazioni incisive e audaci. « Non vuoisi mica flore d'ingegno per ca- Fire come nella indole del popolo subalpino antico genio italico sia entTato poco, e a stento: uomini positivi, e diremo cosi aritmetici sono t piemontesi, schifano la immaginazione per sè, l'altrui gli affatica; anco se taluno d! loro n'è tocco le sue fantasie pigliano aspetti di forma geometrica, onde per ragionare l'assurdo; e mettere il disordine in architettura valgono oro. Anco gli edilizi offrono argomento a indovinare la disposi, zione del popolo che li fabbricò, e quivi contempli per lungo ordine case uguali in tutto l'una coll'altra, sicché da prima tu resti ammirato, poi ti uggisce, per ultimo la fastidievole regolarità ti ammazza: uomini e mattoni ti paiono formati proprio sopra un mede elmo modello ». , . ' L'introduzione promette, come si vede, una trattazione spassosa. 11 Guerrazzi comincia a prendersela con la, lingua in uso, con la facoltà, raziocinante dei figli della nostra lesione, e asfalta il Gioberti per averci bat tézzati « egèmoni ». I piemontesi gli appaio, no « sprofondati sino alla gola nella presunzione », temnti à causa della < topografia la guaio li persuase che il nemico tremasse per la loro virtù, mentre gli aspettava a cagione ideila positura; per l'esito fortunato della testardaggine messa in opera sopra popoli ri"flotti nella loro potestà ». Lo slancio è preso. Guerrazzi si scatena : h In virtù ili primato di arti i piemontesi non potranno certo attentarsi a esercitare la Egemonia: costà l'architettura ci si trova come Cristo legato alla colonna per ricevervi battiture, quante fabbriche ci si fanno; una casa pare riflessa da cento specchi che le abbiano posto dintorno: io' non lo co certo, ma ho temuto che da un punto All'altro mettessero su a Torino una società in accomandita per fabbricare uomini e donine come a Norimberga 1 burattini tutti d'un fconìo ». Pensate che i m Moderati sarlono /Tomi da preferire quel coso alto che sta nel (duomo di Torino alla cupola del Brunellepco. E la cattedrale di Torino o non vi pare Iella una trappola tesa dalla religione per thiappare i topi miscredenti T Torino egemonico - per arti in Italia con quel palazzo (regio ameno quanto lo Spielberg! D'incanto gassando in incanto, ecco il palazzo Madama, congerie immaginarla da Belzebub l'ultimo giorno di carnovale. A cotesto palazzo, (Netto e dai lati prigione, fortezza, guardiolo, Appiccicarono davanti una facciata composta non so nemmanco lo di quanti archi Egangherati, di un bianco sudicio, e di uno .■stile che si chiama "baròcco.';,non fu mal visi* Tarchitettura concia in maniera più feroce e truculenta... Ho detto che l'architettura non fu mai vista tanto barbaramente trucidata come nel palazzo Madama; ho detto naie, supera la Ingiuria il palazzo CariKnano, che si deve definire cosi: — ribellione in permanenza di mattoni cotti contro -l'uso comune. — ». L'Indiavolato libellista non dà tregua: re Delle opere di scoltura questo dirò, che lo Messo signor Azeglio, non Massimo, ma «nell'altro, che discorreva di arti, tutto che Azeglio fosse, gittò gli argini, buttando fuori roba da chiodi: so vuoi trasecolalo va di grazia nella piazza del Municipio, e quivi contempla in mezzo quel gruppo che sembra composto di spinaci ed 6 di bronzo, di parecchie figure armate in guerra in maglia di seta, disposte in atti di morto, di chi va a morire, e di chi ci manda... il Conte Verde in vaga positura mimica tiene levata la mazza d'arme sulla persona di un guerriero circonciso, il quale inclinato il fianco sta a mirare con l'estasi degli apostoli quanido pioveva giù a stroscia lo Spirito Santo, o par che dica: • me la dai o non me la idai, che ad aspettarla io mi sento stracco? ». Nulla trova grazia agli occhi del livornese indomito, salvo la statua equestre di Emanuele Filiberto. Delle altre, udite: « Hacci un simulacro del principe Eugenio, che un po' mi parve dall'uggia di sentirsi da tanto tempo murato su cotesto piedestallo, lo abbia preso la mattana, e venuto in furore con la parrucca arruffata, le vesti scinte, il -collo ignudo voglia pigliar la rincorsa... Del monumento di Carlo Alberto basti questo, elio chi avesse a lavorare una saliera potrebbe cavarne un disegno, ma non del migliori; anco su la piazza dol Municipio liavvi una statua di Carlo Alberto in tutto simile ad un cero pasquale cascato da parte». La filippica non si arresta. Che debbono le lettere ai piemontesi? Nulla. E « che razza di dialetto sia 11 piemontese vii lo dica per me questo: udendo un giorno recitare dal buon Brofferio taluna delle sue canzoni, alla domanda ch'ei mi mosse, risposi netto: vi le credendo avere appreso dalla mitologia che Apollo avesse scorticato Mursia, ora mi accorgo dello errore, almeno qui in casa vostro, dove sento Marsia cavare Apollo dulia vagina dello membra sue ». I grandi uomini del Piemonte odiarono la loro terra: Alfieri, Botta, Gioberti, vissero in esilio. La amministrazione piemontese è peggiore della lombarda. E « di quali armi favellate, voi piemontesi? ». La battaglia di San Quintino non fu vinta da Emanuele Filiberto, ina dal conte di Almonte: degli altri meglio tacere, soldatesche e capitani furono i più scarienti di tutti L'entusiasmo del 1848 fu fuoco di paglia: il 1849 non ricorda soltanto l'infausta Novara, ma vessazioni e rapine. « E mentre combatteste voi, forso gli altri italiani Alavano? ». Francesco Domenico Guerrazzi battagliava per l'eguaglianza, senza capire che senza la tenacia dei Piemonte l'Italia non sarebbe stata fatta Federalista, egli non sentiva la necessità, anche temporanea, del metodo unltario, Ih convenienza di un nucleo saldo e ordinato n monarchia attorno a cui si sarebbero raggruppate le varie regioni. Declamava contro « Cavour il corruttore » e ammoniva i piemontesi a « smettere il vezzo di presumere sè chioccia, e noi uova da lasciarci covare ». Alla sua retorica individualista ripugnava « il sempre mai funesto ministro d'Italia Camillo' di Cavour », o non vedeva, ■olaguraio, la grandezza dell'opera del diplomatico piemontese, cervello del Risorgi«ìerito. Nondimeno, dobbiamo esser riconoscenti all'uomo di parer contrario, per. la vivacità e la genialità artistica delle pagine in cui ci vituperò. . -