L'inchino]

L'inchino] L'inchino] La piccola casa dalle persiane verdi è stretta da una guardia di cipressi. Di lassù la citta, le torri di madreperla, le luci d'ogni ponte sembrano amiche e vicine: un grido, si direbbe, può raggiungere le merlature delle torri, discendere al tavolini del caffè: alla gente' che si sta deliziando con i godati. La voce della gente, soprattutto delle donne, era che la signora Esther facesse...: cioè: che fosse molto ospitale coi conoscenti: Oli tipi (per lo più) di gran distinzione. La località deserta, dicevano, è propizia alla ospitalità. Per ogni signore che si veUeva fermo al cancello della caaina solitaria, ad aspettar 10 scatto elettrico della serratura, subito dopo o poco prima c'era stata una signora, ai cancello stesso, egualmente distinta e in eguale attitudine di attesa. Un'altra opinione era invece che le rade visite, maschili e femminili, non avessero alcun legame le une con le altre. Le donne erano vecchie amiche, o un'infermiera, o la sarta: o giovani che ricorrevano alla signora Esther per un consiglio, per sapere dove potevano farsi 11 corredo a miglior mercato. Gli uomini, pochi e seri, erano del conoscenti perfettamente innocui: quello delle tasse, quello della luce, il gas no, non arrivava fin lassù. Due o tre prediletti del cuore (d'altri tempi), e vecchi pensionati oggimai: ai quali sembrava che la vecchia amica non si ricusasse di porgere qualche soccorso, nelle distrette del tempi nuovi e terribili. Il cavalier Barbetti dovette farsi coraggio lui pure, come ce 10 facciamo tutti; radunò gli ori e le gioie della sua diletta Irma, l'indimenticabile compagna di trentatre anni di vita: (mancatagli da un a-no giusto). DI quegli ori ne fece uno scartoccetto come di caramelle di rabarbaro: se lo introdusse in tasca con tutto il rlguar- . do possibile. Si rimirò nella specchiera, si rigirò, torse il collo a cercar di vedersi... di fianco, dacché di dietro non ce la faceva: si Uscio i baffi, si accomiatò dallo specchio con un leggero inchino, pieno di decoro e di mestizia : la prova generale, forse, di quello che avrebbe fatto alla signora Esther. Prese sù la canna d'India, dal porta-ombrelli, con il bel manico di avorio in forma di scarpetta rovescia. I guanti gialli li aveva: si: c'era tutto. Valicò 11 ponte di ferro, che lentamente oscillava, ài trascorrere degli autocarri; il fiume, a sera, sotto il ponte, gl'lncuteva ogni volta un senso di sgomento. S'inerpicò sul tram, sul numero 13. L'appuntamento era per le nove. Nemmeno avea mangiato. Ripetè mentalmente: viale Michelangelo n. 291, a un centinaio di passi dalla fermata del tram. Pregò il bigliettaio di fermar lui. Delle buone disposizioni della signora Esther, 11 Malvezzi non dubitava: (era l'amico che li < aveva messi in relaziono»). Il cuore di una signora, di una donna: che sa: che intuisce. Che comprènde. Certo... uno sconosciuto. Ma dal momento che lo presentava lui! E poi... una persona per bene si conosce dalla faccia. Cavaliere: pensionato dello Stato. Certo, dato che la signora Esther... Una garanzia sarebbe stata opportuna. Certo, certo... I cipressi gli misero paura. Le scarpe buone, di vernice e di scamoscio, scricchiarono lungo 11 sentiero. I calzini, no, no, non si sarebbero veduti... attraverso le due spaccature del tomaio: era buio, a momenti: era notte. Ma dal cancello usci correndo come in una gara di ginnastica un giovane: come volesse raggiungere il tram, che s'era allontanato galoppando, saltabeccando sulle sue rotale. Non guardò, non rallentò la corsa, non disse nulla: era buio: correva alla maniera di un atleta ; lo aveva sfiorato nella manica, al passare. II cavalier Barbetti fece ancora qualche passo. Il cancellino era aperto: anche l'uscio di casa era aperto, la luce accesa, dentro: una debole e vecchia luce d'anticamera. Il cavalier Barbetti chiese: è permesso? è permesso?, con ogni gar- ' bo. Si attendeva di udir a domandare: chi è? e si apprestava a rispondere: amici! Nulla, nessuno. Con la mano palpò il suo tesoro, la sua « garanzia », nella tasca della giacca. Ma dov'era mai venuto, a quell'ora, In quel buio?... SI fece animo, non poteva non farselo dopo un tal •viaggio: superò i due gradini, si levò li cappello, demandò ancora: è permesso? entrò. Un gatto discese le scale a rompicollo, traversò il vestibolo, disparve. Chissà, forse la signora Esther, come qualche volta accade alle vecchie, era sorda... I. Sulla scrivania del mio amico G. 7 c'era un foglio di carta su cui, incollate alla meglio, delle parole ritagliate da vari giornali formavano questo messaggio: Il generale Ivan Nicolaievich Morozov sarà assassinato il 19 giugno nel suo villino sul Lungosenna, a Asnières. Niente firma al capisce. G. 7 sollevò 11 ricevitore. «Allò, dite all'agente Aubler di raggiungermi alle sette a Asnieres, sul Lungosenna, Servizio notturno... ». G. 7 si ficcò in tasca la lettera, si alzò e prese il cappello. — Te ne vai? E' una faccenda interessante, no? — Vuoi venire con me a Asnlères? Sono le sette. Un'ora di viaggio. Abbiamo il tempo di mangiare un boccone... Il Lungosenna era assolutamente deserto. Appoggiati tutti e due al parapetto avevamo alle spalle un braccio della Senna, poi una di quelle Isolette coltivate a orti come ne esistono a valle di Parigi. Più lontano Saint-Denis, con 1 suoi comignoli di fabbriche da cui uscivano fiamme e il soffio potente di macchine misteriose. Davanti a noi, Invece, un cai. mo e sordido paesaggio di sobborgo. Un Lungosenna punteggiato di alberi malaticci. Una serie di villini separati da giardini e da terreni incolti. Guardai il villino che recava 11 n. 11, slmile a tutti gli altri O s'era sentita male? Il giovane era corso pel medico?... Ma il telefono, allora?... Il cavaliere sali, arrivò sul ripiano delle scale. L'uscio di una camera socchiuso: nella camera la luce era accesa. Il cavaliere senti... senti... che gli ori e le gioie della sua Irma doveva impegnarli quella sera stessa, a ogni patto.. E allora... allora si affacciòt con un Inchino: come quello che uh'ora prima gli era venuto cosi bene, allo specchio. II cappello In mano, adesso, 1 guanti gialli; la canna d'India la teneva per il manico d'avorio, per la scarpetta... CI fu, In quell'inchino, tutto 11 garbo, tutto il decoro di una vita. Levò il capo. Una cosa orrenda lo guardò dal letto: con due occhi orrendi, lo guatava, come 11 cavalier Barbetti non ne aveva più veduti in sua vita. Pareva fosse Il 11 per vomitare, la vecchia: la lingua, fuor dalla bocca, era enorme, nera: lui ebbe l'Impressione che la signora Esther fosse Impazzita, preda d'un diavolo: e per cattiveria di quel diavolo che la comandava lei, dal di dentro, lo volesse oltraggiare e fargli a lui uno spregio; a lui, alla sua povera Irma, al loro sacrificio... al loro ori del matrimonio. Giù dal collo, una specie-di collarino o di sbrèndolo le si sfilacciava... non capi che fosse... Annaspò con le mani, col guanti, col cappello, con la canna d'India... si ritirò. Il terrore lo voleva impietrare, lui avrebbe voluto correre... come quello... Cri, cri gli facevano sotto 1 piedi le maledette scarpe, al discendere... cri, cri, cri..., nel vialetto. * * Dopo molti mesi la polizia riuscì a identificare e ad arrestare l'assassino. Al processo, oltre 11 cavalier Barbetti, e la canna d'India, e le scarpe di vernice (su cui la difesa dissertò a lungo, perchè avrebbero potuto svegliare la signora, la vecchia: ma risultò che non la svegliarono affatto) oltre tutto questo, al processo, venne anche a galla una cordicella: non troppo vecchia, e in ogni modo « molto resistente alla trazione», come la perizia tecnica non omise di specificare. L'assassino, 11 corridore, ebbe trent'annl. Carlo Emilio Gadda Scrittore e musicista, Giulio Confalonlerl, vincitore del Premio Bagutta per II suo libro «Vita di Cherubini», finge di suonare il flauto