USI & Ci NEL MONI

USI & Ci NEL MONI USI & Ci NEL MONI DIARIO SOVIETICO Laporta dell'Ovest La luce naturale di Leningrado ricrea l'atmosfera di celebri film. Attraverso la nebbia filtra una luminosità pallida, remota, finnica, che batte sui colonnati neoclassici, sulla Neva, sulle banchine di pietra dei canali e sulla ghisa dei cancelli, sulle ciminiere dell'industria primogenita russa fondata da Putilov. Molti cortili sono tuttora come li descrisse Majakoyskij: cortili quadrati, dove per i bambini anche il cielo è quadrato. In una piazza di Leningrado, coda d'estate davanti ad un chiosco «minicistern lazzo d'Inverno, dov'era il governo provvisorio di Kerenskij. Alle 21,45 del 25 ottobre (7 novembre), l'incrociatore « Aurora », passato ai bolscevichi, sparò col'suo cannone da sei pollici un colpo a salve, che echeggiò lungo la Neva e sulla Piazza del Palazzo. I cadetti del presidio ne furono spaventati, le guardie bolsceviche si lanciarono avan¬ ottobre (fi novembre) Lenin spedì da una casa di Viborgskaia Storona, dov'era nascosto, il famoso messaggio ai suoi compagni: «Non dobbiamo aspettare! ». All'alba le guardie rosse, i marinai e i soldati bolscevichi occupavano la centrale telefonica, quella elettrica, le stazioni ferroviarie e i ponti. Poi cominciò l'assalto al Pa¬ ti: solo una sparatoria contro le finestre e i cornicioni di stucco, e così cadde Kcrenskij. Quando l'Assemblea Costituente si riunì al Palazzo di Tauride, i marinai bolscevichi si divertivano a puntare i fucili verso la testa del Presidente Cernov, che stava par-. landò. Oggi all'ingresso del Palazzo di Tauride ci sono molte lapidi, ma non una che di ALBERT rna» per la distribuzione della . ricordi la Costituente, come fatto storico se non come omaggio all'ipotesi che la pubblica discussione sia inevitabile prima o poi in ogni paese. Nel '17 milioni di uomini erano in .movimento tra i fronti di guerra, le campagne e le città. La Russia era sovraccarica di passioni, odio e illusioni; affondava in quello « spontaneismo », che do¬ O RONCHEY dal nostro inviato Cannes, giovedì sera. Truman Capote ha dato al cinema i- copioni di Colazione da Tiffany e A sangue freddo. Blacke Edwards trasse dal primo una commedia sofisticata che gli occhioni di Audrey Hepburn illuminavano con malizia, Richard Brooks trasse dal secondo una storia disperata culminante nella condanna della pena, di morte. A Cannes — chissà perché — l'ultima fatica di Capote, in collaborazione ' con Wyatt Cooper, Tracy Keenan Wyn e con il regista Tom Gries, è stata relegata in una proiezione pomeridiana. Uno dei tanti errori nella fase preliminare del Festival o, piuttosto, l'esigenza di non turbare con La casa di vetro il pubblico borghese degli spettacoli serali di gala. Capote immagina gli itinerari paralleli di due detenuti. Paige, un professore di scienze politiche, è condannato per l'omicidio preterintenzionale nei confronti di un autista che gli aveva travolto la moglie; Campbell, uno studente svagato, è condannato per spaccio di narcotici. Nella prigione arriva anche Courtland, un marine che si adatta a fare il guardiano. La violenza che ha portato in carcere tanti disgraziati non è stata confinata al di qua delle sbarre. All'interno prosperano traffici illeciti, emergono paurose corruzioni. Il vero capo è Slocum, un detenuto che rivolge le sue attenzioni ai nuovi arrivati. Blandisce il più giovane con il dono di una chitarra ma al momento buono gl'infligge una spaventosa lezione. L'omosessualità latente rende più atroci le vendétte, più vergognosi gli istinti. Il professore si ribella e, con. l'aiuto di un ombroso gruppo di negri apostoli della violenza, elimina Slocum. Per errore viene ucciso proprio' da Courtland elio ne aveva intuito la natura onesta. Intanto Campbell si è tolto la vita. I dirigenti del penitenziario hanno già pronta una versione addomesticata dei fatti. In un àttimo — qui si apprezza la sintesi del regista Gries — si delinea una complessa rete di ambigui rapporti e di reciproche omertà. L'ex marine rifiuta di firmare la deposizione accomodante. Il film non è tutto originale. Alcune scene selvagge ricordano il vecchio Forza bruta di Dassin, alcuni accentuati contrasti richiamano il recente « In disgra> zia alla fortuna e agli occhi degli uomini » di Hart. Ma Capote e Gries innervano la loro denuncia di umori rabbiosi, vietandosi ogni esibizionismo e rinunciando al facile sentimento. 11 concorso ha segnalato ancora l'estrema indulgenza della commissione. di selezione. Chi ha approvato « Re, dama, fante » merita i fischi che hanno accolto la prima delle due proiezioni pubbliche, òhi ha scoperto « Mattatoio 5 » confonde l'ambizione dei propositi con la modestia dei risultati. Di giorno in giorno si fa indispensabile l'assistere al maggior numero possibile di manifestazioni collaterali. « Re, dama, fante » rappresenta la Germania Occidentale ma deriva dall'America l'origine — una novella di Vladimir Nabokov — e dall'Italia — con Gina Lollobrìgida — il motivo di richiamo. Siamo nella ricca Monaco di oggi dove re degli affari è un distinto oriundo inglese impersonato da David Niven, il quale chiama presso di sé il nipote ventenne, figlio d'un fratello. Questo giovanotto, brutto e sgraziato, è affetto da un'incredibile miopia che evidentemente non gli permette di guardare più in là delle quattro mura di casa se l'unico oggetto dei suoi desideri diventa immediatamente la zia. Tra la dama e il fante s'inizia un gioco d'amore che non è neppure troppo sottile. I due si appagano d'una violenta passione e passano le ore allacciati, frementi. La relazione dura così in segreto per qualche tempo finché la donna logicamente non pensa ad un avvenire a due. Insieme gli amanti progettano uno stolto piano delittuoso che dovrebbe perdere il « re » in occasione di una gita in barca sulla Costa Azzurra (sarà per questo motivo turistico che qualcuno ha pensato di ammettere il filmetto al Festival?). Avremo una vittima, non quella voluta però. L'epilogo è modesto, l'andamento scontato. Spiace per il regista Jerzy Skolimovski autore de La ragazza del bagno pubblico e, in Polonia, di lungometraggi sperimentali. Ma era già rovinosamente caduto nel genere commer¬ bevanda.«Kvas» veva imporre poi il « pugno di ferro » di Lenin. Oggi la marziale musica della V'arsavianka, la canzone delle guardie rosse, è per le giornate commemorative, ma per tutti i giorni piace ai leningradesi una canzone che dice: « /// Polo Nord ci sono orsi bianchi appoggiati oon la schiena contro l'asse della Terra... ».