Una vecchia lingua che rifiorisce come mezzo di denuncia e di protesta

Una vecchia lingua che rifiorisce come mezzo di denuncia e di protesta Una vecchia lingua che rifiorisce come mezzo di denuncia e di protesta La dura vita dell'occitana Val Varaita ispira le poesie al farmacista del paese ma MELLE — All'appuntamento in piazza, davanti al tozzo campanile rosso che emerge a fatica delle lose grigie dei tetti, è arrivato in ritardo, con ciuffi d'erbe nelle tasche, nelle borse in plastica, infilate nella camicia. « Questa è la stagione migliore per raccogliere le piante officinali — spiega — spesso la gente passa loro vicino sema neanche vederle, conoscerle, nonostante siano utilissime al nostro corpo. Ma le erbe sono come la montagna; si guarda, si descrive, si passa in messo, ma non la si vuole conoscere dal di dentro, viverla con la sua gente». Ottavio Cosio, 56 anni, venti dei quali passati nella piccola farmacia di quésto comune della Valle Varaita, è un uomo che la montagna la vive, la soffre, la subisce, l'esalta, la ama: proprio come i montanari che. da sempre, abitano in questo mondo odiato/amato, in una realtà passata attraverso la storia in silenzio, sino all'isolamento — all'abbandono forzato — dei nostri tempi. Ma, nel contempo, emerge la riaffermazione dei diritti e dell'orgoglio della gente delle valli alpine: un orgoglio «di terra» che fa ritornare chi è fuggito alla ricerca di una vita migliore, di un «paradiso» poi rivelatosi inferno. «Ero stufo delle sirene — dice Bep 'Martrino, 50 anni, operaio a Torino sino all'anno scorso ed ora agricoltore a Campo Soprano — del fumo, della catena, dei semafori. Sono tornato a fare il lavoro dei miei padri, portandomi dietro i miei figli». Ottavio Cosio queste realtà le vive : come valligiano e come uomo di medicina dove la gente passa, si confida, spera. Le farmacie, del resto, hanno avuto una grande importanza nella crescita culturale delle nostre campagne e valli: i loro titolari, con i medici condotti e gli avvocati (a volte i maestri ele¬ mentari, i parroci) erano gli intellettuali dei poveri, i veicoli attraverso i quali passavano le «idee nuove». Lo stesso Bartolomeo Vanzetti (l'anarchico ucciso con Nicola Sacco nel Massachusetts nel 1927) ricorda nelle sue memorie le lunghe discussioni nel caffè del suo paese — Villafalletto, nel Cuneese — con il farmacista ed il dottore, «gente che legge il giornale». Da anni Cosio racconta e descrive la sua gente, la vita di Tav mound qu'e wsa MRSSHBHKH e leggende di questo popolo montano, scrivendo poesie, prose, o schizzando nervosi quadri a carboncino. «Da molto tempo però — spiega seduto al tavolo del suo piccolo alloggio, stipato di carte, disegni, diplomi — non scrivo più poesie: la poesia è una cosa monotona, ripetitiva, secondo me. Così preferisco tracciare racconti che nascono dalla realtà che vedo o che ascolto, dailavori di quassù, dalle numerose leggende». E, a proposito di leggende, Cosio ha raccolto in un'antologia — che sarà edita prossimamente dal gruppo culturale Novel Temp — le fiabe e le «storie» dei vecchi, raccontate una volta nelle stalle ed ora nelle osterie. Ma, sebbene non ami le poesie, «Tavio» ha vinto recentemente il premio di poesia dialettale «La piuma d'or» di Prabosa. «Erano lavori vecchi — prosegue il farmacista — da cinque o sei anni non scrivo più in versi. Il racconto è più sincero, reale: fotografa meglio la realtà attuale». La poetica occitana nelle nostre valli cuneesi e torinesi è stata riscoperta negli Anni Sessanta. «All'inizio — spiega ancora Cosio — era soprattutto una poesia nostalgica, gonfia di rimpianti per il mondo antico. Poi, con la riscoperta del valore dell'etnia, è divenuta un messo di denuncia, di protesta». E c'è anche chi. come Antonio Bodrero «Barba Toni», scrive cose di «umur» e cioè le cose allegre dei montanari: le feste, i balli, gli scherzi. Dappertutto, ora, è un fiorire di concorsi di poesie e racconti in occitano o piemontese, soprattutto quest'estate: da Franosa a Macra, da Piasco a Melle. a Bellino... E' un dato positivo, di costruzione o un'inutile esercizio letterario? «Penso, credo che sia utile — conclude Ottavio Cosio che ha appena ultimato il suo secondo libro, "Sota 1 chinché". dopo aver pubblicato "Pere, gramon e liousa " —. Si devono agitare i problemi sociali, si devono denunciare le situasioni di colonissasione. Ma dev'essere ben chiaro che non si può salvare una cultura sensa salvarne l'economia. Scrivere un vocabolario può essere interessante, ma se poi chi lo dovrebbe leggere è fuggito per sopravvivere allora diventa sterile, frustrante. Non c'è cultura sensa economia». Alberto Gedda Nella foto: Una caratteristica inquadratura della vita di montagna, come si vive ancora in Val Varaita