OO STAMPA SERA ÙÙ

OO STAMPA SERA ÙÙ OO STAMPA SERA ÙÙ OÙÙ Martedì 4 Maggio 1982 Paoli da vent'anni «7o scrivo canzoni. La prima l'ho scritta per un animale. Era un piccolo animale che mi aiutava a vivere. Era La gatta». E' uno dei possibili modi con cui Gino Paoli, quarantotto anni, cantautore, inizia i suoi recitals. Quanti siano poi gli spettatori ai suoi spettacoli è assolutamente marginale. Possono essere più di 5000 (come era accaduto un paio di anni fa al parco della Tesoriera) o soltanto 150 (come una decina di giorni fa a Settimo al Teatro Tenda sotto un diluvio di pioggia) ma l'effetto è sempre identico: si rimane affascinati. Sembra abbastanza facile affermare che più di vent'anni di carriera permettono di superare agevolmente qual. siasi situazione o inconve- 'niente si presenti sul palco o in platea. Ma indubbiamente, tutto questo non basta; non è sufficiente per creare sottili atmosfere come fa lui (dove i toni intimisti predominano) che hanno la prerogativa di far passare in secondo piano tutto quanto vi accade intor- no che non abbia stretta atti- nenza con lo show. «Amo molto di più i perden- ti di quelli che vincono. I per denti sono molto più umani. Le parole sono degli strani og getti privi di significati. Han no perso quella grande magia che racchiudevano. I sassi hanno un'analogia con le parole». "Preferisco quelli che bevono a quelli che guardano la televisione*. Quale altro cantautore potrebbe dire - - - i. a si ae o o queste frasi con tutta tranquillità durante uno spettacolo senza rischiare di essere sommerso da una valanga di fischi e risate? Paoli invece no, questo rischio non lo corre. Quando parla tra una canzone e l'altra, tutti se ne stanno in un silenzio religioso. Oltretutto sono passati ormai parecchi anni (che sembrano secoli) da quando si trovava ancora qualcuno che aveva da ridire e [sulla sua intonazione. Ora, d'importante da sottolineare c'è solo questa constatazione: dal boom economico degli inizi degli Anni Sessanta, proseguendo con il '68 e le grandi crisi istituzionali e di valori della seconda metà degli Anni Settanta, e via via fino ad arrivare ai giorni nostri, tre generazioni gli hanno tributato quasi l'identico successo. Dopo una carriera cosi intensa — chiediamo — prevalI gono le soddisfazioni o i rimj pianti? «Non ho rimpianti. Le soddisfazioni fanno parte del rapporto con il pubblico, con gli altri, con la solitudine. I rimpianti sono di chi vive nel passato, del passato a me non importa». Sente qualche volta il peso della solitudine? «La base della mia vita è la ricerca della non solitudine. Tutto quello che faccio è teso a non sentirmi solo, a non essere solo». Come vive attualmente l'amore? ^Difficile parlarne, tentare una classificazione, a meno che lo si consideri uno stimolo, una molla, una maniera di vivere. Amore è uno stato di fatto. Io poi preferisco non parlarne. E' facile equivocare». Però scrive canzoni d'amore. «La canzone non va mai interpretata. E' assurdo tentare di analizzarla e voler capire ciò che vuol dire. E' un fatto magico, medianico, uno sproloquio che uno vuol fare. Una canzone d'amore a lei può dare determinate sensazioni mentre per altri l'effetto può essere completamente diverso». Fra tutte le canzoni che ha scritto ne ricorda qualcuna in particolare? "Non sono legato a nessun motivo in particolare se no sarebbe come dire che si hanno dei rimpianti. Sarebbe come dire che ci sono dei periodi buoni e dei periodi cattivi. E invece no, va tutto bene: è \vita».