La giornata tragica dell' aviazione militare italiana

La giornata tragica dell' aviazione militare italiana La giornata tragica dell' aviazione militare italiana L'ing. Cammarota e i! soldato Castellala del Genio muoiono precipitando da un "Karman,, a Centocelle (Per telefono alla STAMPA) Roane. 6, natta. II campo di Centocelle è stato teatro questa sera di una nuova tragedia dell'aviatione. Questa volta la tragedia è nuova negli annali dell'aviazione, e duplice: lo stesso areopla.no ha ucciso U pilota ed il passeggero: Vtng. Cammarrota ed il soldato Castellano del terso genio. H compenso delle fatiche... finir. Cammarota, addetto da parecchi mesi alla scuola di aviazione di Centocelle, rtznnAmdaveva compiuto in questi ultimi tempi, con il grande Fairmen della brigata specialisti del genio, splendidi voli, ed aveva alle sue dipendente, fra gli altri, il soldato del ter-gzo genia, Castellano. Il Castellano, da parecchi giorni aveva pregato l'ing. Cammarota di fargli provare in compenso delle fatieht continue ohe sotteneva, per coadiu-, vare rtntpgnere, nella manutenzione del l'apparecchio, l'emozione di un volo. Il Cammarota, che molte altre volte aveva volato, portando con si passeggeri, aveva risposto alla domanda del saldato, annuendo, ma tardava a mantenere la promessa. ! Òggi nel pomeriggio, il tempo essendosi rimesso al bello e permettendo di volare,'l'ing. Cammarota aveva scelto come ora più propizia, quella nella quale ogni alito di vento cessa sulla campagna romana, vale a dire, rimbrunire. L'ing. Cammarota verso le 16.48 trasse fuori dall'hangar l'ap- «;parecchio, ed eseguì un primo volo di prova, da solo. Quando discese a terra, trovò helfatterrtasagie il soldato Castellano, che nuovamente insistette per essere preso a bordo dell'areopla.no. Il Cammarota nicchiò un poco, poi risovvenendosi della promessa fatta al Castellano, fini per acconsentire. Il soldato Castellano si accomodò alla meno peggio fra i tiranti dell'areoplano, dietro il seggiolino del pilota. Fu messo in marcia il motore, e l'areoplano sì innalzò. L'ing. Cammarota volò per qualche minuto intorno al campo di Centocelle, non si sollevò mai eccessivamente da terra, rimanendo sempre a tre-nta o quaranta metri dal suolo. La catastrofe Dopo qualche minuto si vide distintamente dai soldati, che erano sul campo, e dai pochi altri spettatori, l'apparecchio girare per tornare al punto di attorrissage, e la disgrazia fatale avvenne proprio in quel momento. L'areoplano fu visto piegarsi da un lato, e cadere pesantemente a terra. Come era avvenuto ciò? Le versioni che sinora vengono date sul tragico avvenimento sono due. Secondo la prima versione l'ing. Cammarota, volando a trenta metri dal suolo, allHncrocio detta vìa Casilina con la strada militare del forte Casilino, vide pochi metri sotto di sè un carabiniere a cavallo. Il cavallo ti era impennato, e forti per evitare una disgrazia al cavaliere, l'ing. Cammarota volle girare in un angolo troppo stretto, provocando una inclinazione eccessiva dell'apparecchio che, perduto l'equilibrio, cadde al suolo. Tutto ciò sarebbe avvenuto perchè l'ing. Cammarota voleva allontanarsi dal carabiniere, poiché il rombo del motore e le enormi ali dell'apparecchio avrebbero potuto, scendendo a terra in quel punto, far maggiormente impennare il cavallo. Secondo un'altra versione, l'ing. Cammarota, senza preoccuparsi della presenza del carabiniere a cavallo, essendo ancora troppo lontano dal punto di atterriesage, trovandosi a pochi metri dal suolo, volle in un viraggio, risol levare l'apparecchio, ma la manovra fu forte troppo brusca, » provocò il rovesciamento del Fa-iman. I pochi ufficiali e soldati presenti, accorsero sul luogo della caduta, a pochi metri dalla strada militare. I soldati che si trovavano nel Campo di Centocelle avevamo infatti visto con terrore grandissimo l'apparecchio piegarsi improvvisamente da un lato, piombando rapidamente al suolo : essi presentirono una disgrazia, e pur troppo le loro previsioni non erano errate. L'areoplano tra piombato a terra, ed era ridotto ad un cumulo di rovine. Sotto le macerie si trovavano i corpi degli infelici aviatori. Il serbatoio della benzina aveva schiacciato la testa dell'ing. Cammarota, il motore gravava con tutto il suo peso sul corpo sfracellato del soldato Castellano. In un istante i due poveri corpi furono tratti da sotto l'areoplano, ed una automobile militare, immediatamente condotta sul punto della catastrofe, dal tenente di vascello Zucchetti, anche egli addetto allasouola di aviazione, furono trasportati al-l'ospedale militare del Celio. Il corpo del-Vtng. Cammarota era ridotto ad un cumuloppaventoso di ossa e di carne sanguinolen-ti. Dalle orbite degli occhi usciva la mate- ria cerebrale, in seguito alla riportata frattura del cranio. I due femori erano spezzati nella caduta. Parecchie costole si erano fratturate. Il corpo del soldato Castellano era stalo meno strazialo nella caduta. Appariva ancora animalo d un. alito di vita, quando venne deposlo sull'automobile militare per essere trasportato all'ospedale del Celio. All'ospedale militare era stato dato avviso telefonico dell'arrivo della automobile contenente i corpi dell'ing. Cammarota e del soldato Castellano, cosi, allorchè l'au tomobile giunse all'ospedale del Celio, tutto era disposto per le cure necessarie, ma pur groppo i medici militari ebbero a constata- re che nessun soccorso era possibile per l'ing. Cammarota, Il cui corpo era ridotto ad un informe ammasso di carne, e venne , deposto nella camera mortuaria. Invece, dal corpo quasi inanimato del soldato Castellano sì sprigionava ancora un alito di vita, perciò esso venne affidato alle cure dei tenenti medici Pigliacci e Di Stefano, i quali con tutti i mezzi che la scienza sug! gerisce, tentarono di conservarlo in vita. Furono fatte aj povero soldato alcune inie'zioni, massaggi, respirazione artificiale: tutto fu Untato. Per un momento parve ri nascere la speranza che il povero soldato potesse sopravvivere, ma presto ogni spe ranza svanì, ed alle 18,45 il povero Castel «; lano moriva in me:xó all'impressione vin a a i o o a é a l i i o n i e o i l o ao a i a l'impressione vivissima dei presenti. L'ingegnere era alessandrino Mentre i medici provvedevano alla ricomposizione del cadavere, giungeva all'Ospedale militare, con il dolore più intenso sul volto, il colonnello Morris comandante della brigala specialisti del genio, accompagnato dal suo aiutante maggiore, tenente di vascello Gravina. In tasca al povero ingegnere Cammarota venne trovato l'orologio d'oro con catena ed un mazzo di chiavi inglesi, nonché due lettere, una delle quali proveniente da Rocca d'Arazzo, provincia di Alessandria, il paese nativo del povero ingegnere, e l'altra da Rapolano. Il soldato Castellano nulla aveva indosso. Primo pensiero del colonnello Morris fu quello di informare della terribile sciagura la famiglia dell'ing. Cammarota, ma sino a questa sera a tarda ora non si era riusciti a rintracciare i parenti dell'ingegnere. L'ing. Cammarota, ohe è nato, come vi abbiamo detto, a, Rocca d'Arazzo, non ha moglie ma ha vivente la madre, la quale però non si trova a Roma. L'ingegnere viveva solo alla capitale in un appartamentino in via Genova, ed il colonnello Morris non ha potuto far meglio che telegrafare ai sindaci di Rocca d'Arazzo e di Rapolano, pregandoli di dare notizie della famiglia Cammarota, se ne hanno. All'Ospedali militare fu un accorrere subito, sul tardi, perchè i giornali non danno la notizia della luttuosa tragedia che nelle loro quarte edizioni, di numerosi amici e conoscenti dell'ingegnere, nonché di tutti gli ufficiali componenti la brigata specialisti del genio, e di numerosi ufficiali di altre armi. Nessuna notizia, almeno sino ad ora, si ha ^ella famiglia del povero Castellano. Si igitora cioè dove essa si trovi, e nessuna partecipazione venne ancora data alla famiglia del morto. Lo stessi colonnello Morris, che pur conosceva il, Castellano, non ha saputo dire in quale iegione d'Italia egli sia nato, e sopratulWi ove soggiorni la sua famiglia. Sì stampò -facendo le opportune ricerche al Ministeri?: della guerra in proposito. All'Ospedale Militare si è recato anche l'onorevole Mòntù, che poco prima alla Camera aveva commemorato, appena avutane notizia le due nuove vittime dell'aviazione. Sul campo di Centocelle i soldati e gli ufficiali della brigata specialisti sono rimasti a sgomberare il terreno dai rottami del Farman, reso quasi inservibile. Il tenente Savoia, il cui nome sul primo momento era corso come quello della vittima, mentre è perfettamente illeso, non sapeva spiegare a quanti lo ìnterrogabanocon le lagrime agli occhi, il perchè del disastro. L'ing. Camamrota era cosi abile nella manovra del Fairman, che mai nessuno avrebbe supposto, specialmente sta sera, che manovrando a pochi metri dasuolo ed a velocità non eccessiva, egli potesse rimanere vittima di un cosi tragico accidente. Il racconto del testimoni Si incomincia a ricostruire con precisio ne dì particolari la tragedia di Centocelle - ! Ècco ciò che narrano i testimoni del volo -]fatale. Il sottotenente di vascello Surdi, che o'era presente sul campo di aviazione al mo-'mento della disgrazia, e che si era trattenuto durante tutto il pomeriggio, ha detto - — Quest'oggi, nel pomeriggio, secondo il vsolito, ci siamo recati verso le sedici, in l'automobile al campo di Centocelle per l'e- fsercizio giornaliero di pilotaggio. Erano sul mcampo il tenente di vascello Ginocchio, co-\smandante la scuola di aviazione, l'ingegne-] l're Cammarota, i capitani Scapano e Mollo,'vil tenente Lampugnani, il tenente Savoia,\nil tenente De Rada, il tenente Gavotti, il tenente Garassini, l'areonauta Stefanini e i soldati di servizio. Il cielo era quasi sereno, l'aria era perfettamente calma per l'as- pnmsenza di vento. Furono tirati fuori dagli Lhangars tre areoplani: il piccolo Blériot. pi- 'lotato dal tenente Ginocchio, ed i due ap- Qparecchi Farman numero uno e due, di tipo militare, che erano stati recentemente dportati di Francia dall'ing. Cammarota. rQuesti apri appunto i voli della giornata, j volando col tenente di cavallerìa Lampu- pguani, verso le 16,40, per due giri di catti-1 tpo, un bel volo, senta incidenti. \ lVolò poi il tenente Ginocchio sul Blèriot; va lui seguì il tenente Savoia che volò sopra fil FaTman col lenente Derada; poi il tenente Garassino salì sul Farman, quindi dinuovo l'ing. Cammarota con l'areonauta Steffanini, sempre sul Farman n. 2. Allora I segui il tenente Savoia che partì solo su] questo stesso apparecchio, e salì fino a 388 j metri, e calò poi con un meraviglioso voi piane a motore spento fino a pochi metri da terra, riaccendendo poi il motore che obbedì esattamente al comando^ per risalire nuovamente. L'ultimo volo N Cammarota ripartì per fare l'ultimo volo della giornata, col soldato Castellano. Era questi uno dei soldati del genio addetti a Centocelle, e precisamente quello che aveva montato il motore dell'apparecchio N. 2. Poiché già gli altri soldati motoristi avevano fatto un volo ciascuno, anche il Castellano aspettava con ansia il suo turno. Si decise all'ultimo momento che sarebbe stato condotto dal Cammarota. Alle 16.55 l'ina. Cammarota ed il Castellano salirono sull'apparecchio, che era completamente a punto nei suoi pezzi. Il Castellano prese posto sul seggiolino posto alle spalle di quello del pilota, che in questi apparecchi di tipo militare è assai comodo. Il Cammarota parti dal solito punto di slancio, cioè dalla radura posta a destra del vecchio hangaT di Wrighl. Dopo avere slittato per pochi m,etri, l'apparecchio si alzò velocemente, prendendo subito una quota di 15 metri, poi iniziò il suo giro regolare del campo, mantenendosi sempre alla stessa altezza, e facendo il suo giro normale a destra. La sua andatura era così regolare, il volo così placido, che quasi tut ti noi ci credemmo di seguirlo con lo sguardo. « Il biplano compi cosi il primo giro del campo, mantenendosi ad una altezza di 15 metri, quando lo ebbe ultimato, iniziò il secondo, gradualmente innalzandosi a circa 30 metri, ma anche nel passaggio di quota la sua posizione rimase così quieta, che nessuno avrebbe immaginata prossima la disgrazia. Il biplano passò cosi lungo la linea della staccionata volta a ponente, andò poi a virare sulla collinetta posta a fianco della Casilina, seguì poi la linea di questa via, dirizzando la prua verso Roma. Occorre sapere che per i giri regolamentari dell'areodromo il pilota, dopo avere seguito una via parallela alla via Casilina, ed avere traversato la strada militare che taglia il campo di Centocelle, è obbli- mBTdldsdTdfmdgCgeCc—'Lsgato a virare su una linea corrispondente Ipresso a poco a quella del villino Macchi di >,„„■ 1, . „„„ „. .. rytmm„ Cellere. A noi parve invece che il Camma- \ rota si avanzasse al di là di questa linea ] del campo, spingendosi verso l'angolo acu-^nto che segna il lato nord dell'areodromo. Egli fu obbligato cosi a virare con un an- nolo assai più stretto per ritornare v^tola linea del vecchio hangar di Wright, dove.evidentemente doveva e voleva atterrare, La cansa <1p>1 «aflntn „.i „„ „_„„ iNoi osservavamo attentamente l apparcc-\cfcio che si trovava in quel momento circa ;una ventina di metri da terra, e vedemmo'. „ . . . ' , .che l apparecchio iniziava un virage assai sentito sulla sinistra, inclinandosi così no- tnrnìmentp sull'ala che ha «1/ minta varte ituraimente suitata cne na su questa parte, In sostanza l'areoplano, dovendo girare troppo bruscamente sulla sua sinistra in- „ „ „ . ,„ ,_„„',,,,, clinava anche necessariamente troppo sul- ia sinistra, la quale tendeva sempre più al i„„;,,, entfneta-ntfi AH un certo viintn il terreno sottostante. /ia un ceno punto u pilota si dovette accorgere che linclinazio- 7ie subita dall'apparecchio era troppo forte, 0 nere?* in nani mnrfn Hi Tarirìriz-rirtì ina. e cercò vi ogni modo di raddrizzarsi ma- novrando il timone di profondità. Si abbassò così rapidamente verso terra, cercando con questa discesa di acquistare la velocità necessaria per raddrizzarsi, ma la mano- v ' . , I vra fu fatta forse troppo tardi, e d'altronde 'altezza dell'apparecchio non era tale da ar guadagnare velocità in discesa. Vedetti» mo l'apparecchio abbattersi sull'ala sinistra, mentre la destra si presentava verso 'orizzonte. Il cozzo violento fece subito rovesciare l'apparecchio, che urtò con i timoni anteriori contro il terreno, riducendosi poi ad un incompleto ammasso di rottami. Appena corremmo sul posto ove l'areoplano era precipitato, scorgemmo l'ing. Cammarota che giaceva bocconi sul terreno, L'aspetto delle due vittime era lagrimevoe: tutte e due quando giungemmo sulluoQO ancora respiravano, Un altro testimone, il brigadiere dei guardiani dell'Agro Rombano, Apolloni, ha narrato: — Ero a guardare le evoluitimi dell'arco- plano, che si era elevato sul campo di Cen-'tocelle. L'areoplano è passato a poca al-1 lezza sulla nostra testa, facendo uno strettoivirago. Ad un tratto, quando l'apparecchio faceva un virago a semicerchio, lo abbia-ìmo visto precipitare fulmineamente dall'ai- \ ezza di circa venti metri, ed infrangersi con fragore sul prato a duecento metri dala strada alla nostra sinistra. Noi ci siamo affrettati a correre sul luogo del disastro. L'apparecchio era tutto infranto. L'ingegnere Cammarota ed il suo compagno di volo erano in condizioni orribili. Il viso dell'ingegnere era sfigurato, pieno di sangue; il suo compagno era fra le ali spezzate e lacere ed il motore gli premeva sul c*ryo atrocemente sfracellato. L'ing. Cammarota Enrico, che oggi è la nuova vittima dell'ardimentoso sogno del dominio dell'aria, era ben conosciuto a Ro- non disperava dì poter diventare un giorno aviatore anche lui. Intanto feceva il tirocinio, proponendosi di servire da viaggiatore nei voli con due persone. Invece l'ultimo volo della giornata doveva segnare anche ma. Egli non pareva avesse altro sonno. I Dopo aver compiuto gli studi universitari la Rnm/» p inaaaiato a lunao all'estero era.a Roma, e viaggialo a lungo alletterò era■ stato preso dalla passione per lui fatale. A Mourmelon aveva seguito il corso del Farman, ed a Parigi aveva compiuto gli studi dell'areo-nautica. Dalla Francia era tornato tutto preso dal tuo bel sogno. A Centocelle volava quasi quotidianamente col Farman. Dall'alto di un bel volo egli aveva visto cadere un giorno fatale II tenente Saglietti, ma la triste sorte del suo compagno non aveva scosso la sua grande fede. Il militare tragicamente sfracellato sotto il peso del motore, Giuseppe Castellano, era un valente giovane che faceva parte del piccolo Corpo di soldati addetti al campo di aviazione. Il Castellano aveva acquistato una singolare pratica degli apparecchi, e l'ultima ora della sua gagliarda giovinezza.

Persone citate: Apolloni, De Rada, Di Stefano, Giuseppe Castellano, Gravina