Ferravilla vuol lasciare il teatro per fare il giornalista

Ferravilla vuol lasciare il teatro per fare il giornalista Ferravilla vuol lasciare il teatro per fare il giornalista Rivelazioni del "maestefastzza,, diale! palcoscer impresa/ è vero! » — stava terminando di comporsi la fisonomia. Aveva già l'ineffabile redingote color mattono, le basette rosse, un bel cranio di cartone lucidissimo e un nasino di bambagia rosa. I nasi di bambagia rosa sono una specialità ferravi!liana. Ancora qualche tocco di belletto; poi il trucco sarebbe stato completo e nessuno avrebbe riconosciuto sotto quello spoglie la lunga figura allampanala di Edoardo Ferra villa. — Sciisi so continuo la toeletta... — Faccia pure. L'u, come si vede, attacca subito: quella che non attacca è la conversazione. Ferravilla è un conversatore crudele, perchè è capace di lasciar morire un discorso, senza nemmeno tentar di salvarlo. E pensare che basterebbe una parola... Per fortuna del discorso, oravamo in due © la parola l'ho detta io: — E' vero che lasciate il teatro e che non vi vedremo mai più? — Adagino con quel « mai più ». Non scherziamo colle armi da fuoco: dalla vita spero di non andarmene tanto presto, dal teatro me no sono andato da dieci anni. — Non capisco bene i! doppio senso. — Sono dieci anni ch'io dichiaro di non voler più recitare ed ho sciolto la Compagnia. Le recite che faccio sono tutte « straordinarie », come dice il caxtellone... Sono divenuto un artista straordinario... — Onesto è vero. Grazio... E se ritorno ogni tanto sul p/ico. lo fo per le insistenze degli i. Sono cosi cortesi e sanno perjsunderyni così bene! — Buon giorno. i— Buon giurilo. j Chi mi salutava con quel delizioso u, enei tutta Italia tenta d'imitare senza riuscirvi, | avrebbe potuto essere il comm. Edoardo I Ferravilla., ma era invece il maester Pa-1 stizza, ritto dinanzi allo specchio d'un ca-'merino del teatro Carignano. L'illustre mae-j stro Pastizza, il famoso autore d'un'operajcelebre per non esser mai stata rappresen- tata, l'uomo modesto che alla frase d'un allievo: « Voi siete un musicista quasi moti-! ' risporule semplicemente: « Questo; i For'/a.villo. non ha torto: gli argomenti doèli impresari cogli artisti prediletti dal I p."'™"™ sono sernPre persuasivi: argomen-1 La *' tournée „ pianta in viso ! d'addi» , . ... Epli mi pianta in viso ì suoi occhietti intelligenti, pieni di furberia e di malizia, quegli tacomparablJ occhi trasformisti che sbirciano ir pubblico, nel Tecovva, con torvo occhiateci votoe_veochia; mentre nel Ma,. sinelli fisano il vuoto, con sguardi meravi- gliosi di cretineria Nessun artista, mai ha avuto tanta intelligenza da dare all proprio sguardo l'espressione perfettamente. idiota di certe occhiate di Ferravilla. j — Questa volta però — esclama con un! sospiro (di sollievo? di rammarico? chissà!)1 — ho proprio deciso di finirla. Quando mi parlano di recitare, mi sento venir mal di - Ecco 'una bella cosa, commendatore. ^^A^.^P^^nnUanel'^«_M Sul viso imbellettato del maester Pastizza j si disegna per un istante una ruga d'ama¬ rezza, di cui non so afferrare i! significato.I De! resto sul volto di Ferravilla intimo, i quell'impenetrabile volto di sfinge, che solo pochi privilegiati conoscono, e che nessuno i sa capire, un segno d'amarézza non è una eccezione. L'artista, che unico può vantarsi, d'aver trascinato, per decine d'anni, a de-! lirii di risa tutto il pubblico d'Italia, è, dietro le quinte, un melanconico e un soli-; torio come tutti i grandi osservatori. Non mi risnonde subito. Ri sdraia sulla poltrona: accavalla la gamba sinistra sulla1 destra dondolando il piede, sul quale on-i deggia birichina la bianca fettuccia d'una i mutanti a: accende la pina, una magnifica pipa di schiuma, e manda all'aria, con; voluttà evidente; graziosi ghiribizzi di fu- ino azzurrino. Poi parla e parla in tono confidenziale, un po' brontolando, come rivolto a se stesso, seguendo cogli occhi le evoluzioni del fumo. — Mi pare d'avere ornai raggiunta l'età, nella quule si ha diritto di riposare sugli allori. Il pubblico non può dire che io lo defraudi se ini allontano da lui. Le mie creazioni le conosce a memoria; e sono un suo patrimonio, anche perchè le ho ideato su tipi reali, che già esistevano nel mondo, prima che io li trasportassi sulla scena. Ciascun ragazzo, eh© vada a scuola, è, sia pure in minima parte, un pochino Massi- Incili, ciascun vecchio catarroso è un oo1 chino Pastizza, ciascun imbroglione matri- colato è un pochino Tecoppa. Perchè dovrei continuare? I miei cari personaggi sono divenuti debolmente celebri...E adesso ba su,. un be, „io Q , ... j fo di""ed imi Sion Siate sono io n°, Rubilo f'ì^l'i altri Q ^ t t.,m ** a^r^ì^rTff^A^ rappresentazioni... Credetemi: il pubblico non si può stancare di voi. l _ Se ' r si st.,nca Ini 0h. questa l'è bella! Però.',, j _ peru? ! _ La m;n P0sripn7n d'nHmv. 1 : 'e sono stanco io. m impone — La mio. coscienza ancora un dovere. — Meno male! Ke^mS d'addio MS^dom itóttV alle parrucche e ai nasi di bam bugia. j Z'Ej1 quand° coraincercbbe? I i i , ! ; 1 i i ; — Sicché, prima d'allora... — Niente : riposo, con forse una breve comparsa, l'anno venturo, a Torino, durante l'Esposizione, per farmi ammirare, come una bestia rara, da quei forestieri che hanno lo disgrazia di non conoscermi ancora. I forestieri, et vede, non sono mai stati il mio pubblico. E Ferravilla, ormai infervorato nel discorso, con la pipa tra i denti e il cuore sullo labbra, mi spiega quale sia iil suo più intimo motivo di orgoglio: l'aver resistito sempre alla tentazione fascinosa dell'estero. dell'America. — Non ci sdete mai andato? Neanche in quella del Sud? — Neanche il quelita del Siici. Par quasi impossibile! E' questa la prilli'i velia die ini accado, in una intervista teatrale, di non sentirmi ripetere la soluta canzone sui trionfi di Buenos Aires, con dol.irii di pubblico, dori, gioielli, cavalli stuccati dalla carrozza. E' divenuta una j mania: un attore o un'attrice che si rispet! ti deve aver avuto, almeno una volta, i l cavalli staccati dalla vettura all'uscita di | un teatro a Buenos Aires. E tutti, nessuno iescluso, li hanno avuti. Come sono attaccaticoi quei cavalli staccati! Ferravilla, no: i è un uomo veramente singolare. | — E non mi mancarono le proposte, sai pete. Duecento mila lire per quattro mesi: i cento recite: viaggio pagato andata e ritorno... Ebbene, per quanto i darnioni piacciano a tutti, non ho accettato. Voglio si : possa dire cho sono l'unico artista italiano , che ha fatto quattrini senza andare in A! merica. — Ed io lo dirò. In Europa, oltr'Alpe, avete recitalo? — In tedescheria, un pocoiilno; ma in quella tedescheria che in fin dei conti l'è milanese, cioè italiana: Trieste. Ci passerò nella mia tou sima: cinsi m a Napoli, dove manco da dodici anni, a tmedmsbpdppteircpssqumtrimugaFfmldfdsfadaldSmrntAtdgmsVirnée di addio, che sarà ■rapi-!«arzo al giugno. Andrò anche!"! Firenze, Roma. Bologna, Genova, Venezia... ì lj — E poi vi darete alla vita del gmn si- ! pI gnore? : lAlla vita tranquilla... I.u tranquillità0>è tutto a questo mondo: il resto è fumo. |nI Egli non lo dice, ma io sono convinto che|Pil resto, per lui, sia fumo di pipa. ■ i n, . bFuaae e ricordi i | Le pipe sono la sua passione più forte:' |ne ha di piccine e di grandi, ili corte e di | 'lunghe, di diritte e eli ricurve, di semplici dje di complicate, con lavori ad intarsio, rii.lievi, arabeschi, cai bocchino d'avorio, con ila cannuccia d'ambra, con tutte le raffinatezze dell'arte. Ne fa continua mente colleizione. Collezione e colazione. Una pipata al mattino, è il suo caffè e latte. Quando e i in casa propria, a Milano, in veste da canni' ra. e pantòfole, con la pipa in becca, una nuvola eli fumo dinanzi agli occhi e un pianoforte n portata di mano, è un uomo felice! Dopo aver schiacciato un sonnellino sulla poltrona o un accordo sulla tastiera, socchiude sii occhi, e sogna e ricorda. — Certe volte ini vedo passar dinanzi — dice — tutta la mia vita; e confesso che non •ne ne dispiace. Mi ris'edo imniegatucclò a mille e due in un ufficio pieno di polvere; noi filodrammatico, e infine primo amoroso nel teatro milanese di Carlo Righetti, detto altrimenti poi Cleto Arrighi. Ferravilla primo amoroso! Ve lo inuna- ■ gktate? Egli tuttavia recitava la su* ipaiiai .umdCncgp con calore, perchè in Compagnia cerano delle belle ragazze. Quello e non altri, erano allora i tipi che egli studiava. Chi pensava a Tecoppa e compagnia? Se qualcuno allora avesse detto a lui, fistio d'un marchese patriota, ai suoi primi amori sulla scena e nella vita, che sarebbe diventato Ferravilla avrebbe riso di cuore. E invece quelli che dovevano ridere di cuore erano gli altri. — Com'è stato? — E' stato cosi: che un giorno, anzi una 9era, feci la parte del sindaco nella Statua di Paolo Incioda. Mi divertii mezzo mondo e si divertì anche il pubblico. Dopo d'allora pregai il Righetti di lasciarmi fare qualche particella comica di mia invenzione, e così nacque ci Pedrin, che ebbe un enorme successo. Ferravilla continuava) a divorUrrsi, e così i tini, uno più indovinato deùTaltTO, continuavano a sbocciare nella sua inesauribile fantasia di caricaturista e a sfìLane sulle scene milanesi. Egli passeggiava tutto solo, pipava e osservava. Quando qualche macchietta lo colpiva, la inseguiva, Ila pedinava, la studiava; poi se la lavorava a modo suo^ la esagerava, la trasformava, sinché non ne saltava fuori un personaggio. Così videro la luce, uno dopo l'altro, Panerà e Massiniedli, Gigione e Pistagna, Tobiselli e Tecoppa, la sua creazione immortale.- — Tecoppa io Io conoscevo sin da ragazzo. Lo incontravo spesso sul mercato d'un paesello lombardo, e ricordo che m'aveva meravigliato per la sua straordinaria abilità d'ini brogli ione. Era un imbonidór, come diciamo noi, in milanese. Sulla scena non feci che riprodurlo tale e quale... Ora la razza dei Tecoppa è scomparsa anche dai mercati della Lombardia. — Ma quella degli imbroglioni no; ed è per questo che il vostro personaggio non perirà. Alla folla dei ricordi, Ferraviilla sorride: egli ha per Tecoppa un'affezione patema. Ne ha fatte parecchie caTicatuiie, poiché e anche un disegnatore umoristico di grande valore. I corridoi di tutti i palcosceniici ove è passato recano sulle pareti qualche saggio della sua matita: figurine di spettatori, silouetth.es di donne, caricature di uomini celebri, d'un umorismo spietato; facete di colleghi d'arte, così vere che offendono (i colleghi: non l'arte). Negli intermezzi, quando non mi trucco, mi diverto così. — E dopo lo spettacolo? — Giuoco al biliardo. Il biliardo è un'altra sua mania, ed egli si vanta d'essere un giocatore provetto. Il biliardo e il pianoforte. Di «cembali» ne possiere sei o sette, qualcuno anche a coda.... E per un pianoforte a c'oda egli è capace di perdere la testo.- Il giornale di Tecoppa — Così, appena giubilato, tra la pipa, il pianoforte e il biliardo passerete il vostro tempo lietamente, mentre noi piangeremo i vostri deliziosi personaggi perduti... — Perduti, no, et vede.... Vorrei anzi farli rivivere in un'altra forma: ì- un progettino che da lungo tempo accarezzo ». — Dev'essere un progettone! — Niente... L'è una,faccenda un po' complicata. Dovete sapere che, ai miei tempi, suso stutn anche un poco giornalista. Scrissi ciualche coserella per il Guerrino, nel quale le lettore di Tecoppa non sono che un'imitazione dell'idioma internazionale del mio personaggio. E poi altre volte ho buttato giù qualche scritto allegro, senza prerr=rr, s^itende. Oltrecciò, nelle caricature i/iesco benino: dunque, nessuna qualità mi mancherebbe per far© un bel giornale umoristico. — Col vostro nome? Sarebbe un successo garantito, e in Italia non si parlerebbe di alh-o. — Sì, credo anch'io che un giornale di Ferravilla, almeno nei primi numeri, non fosse che per la curiosità, avrebbe un'enorme tiratura. Ma io gli vorrei dare vita lunga, vorrei che riuscisse qualcosa, se non di perfetto, d'organico © di completo, che fosse in certo qual modo la continuazione del mio teatro. Dovrebbe recare, nella nostra letteratura umoristica e satirica, una fresca nota di giovinezza. — Bravo! voi parluite come 'un libro,1 anzi come un giornale stampato. Il mio interlocutore, pur sotto le spoglie del maester Pastizza, è andato man mano accalorandosi e ha persin lasciato spegnere la pipa. Adesso gli occhietti vispi brillano d'entusiasmo e mi guardano con simpatia. Sta a vedere, dico a me stesso, che a momenti m'invita — modestia a parte — a fare il suo collaboratore. — Vorrei dedicare ima pagina a ciascu-1 no dei miei personaggi più noti, che diven- ; terebbero così i miei redattori ordinari. ! A Tecoppa affiderei, naturalmente, lo poli- i tica che egli giudicherebbe dal suo punto di vista, a sior Pedrin la pagina per le signore, ov'egli notrebbe parlare d'amore e di moda, a Pastizza la critica darle, a Massinelli la letteratura, eccetera, eccetera... Vi pare? — Meraviglioso: sarebbe un successo «lor".i!'listico ^ale da un Pezz° n°n si ve- "6 ^V-1' , v. , — E poi credo che la spesa non sarebbe lI*°tPI),aJ u\ duemila franchi por numero potrebbero bastare. Il primo numero potrei lanciarlo, senza prelese, per beneficenza, 001110 .fosse un ""mero unico... E poi coniinP€l'GÌ- m? non cel:to Pel" lucr0: P°l- ''iomPire V,"il ItlSu,na del giornalismo italiano, — Riempitela, commendatore, cho ce n'è bisogno. E allora... quando? Ma.. Suona a questo punto il campanello rt'av- vi=o. e nel camerino entra un cane. Caned'un campanello! Guarda che bella bestiola! a Tè. tè »... E Ferravilla si occupa della bestiola e si dimentica di ine. Egli è un appassionato di cani, — caso strano per un capo-comico!, - ni punto da innamorarsene e da piangere quando ne. perde qualcuno. Una volta.: un barbone affidò persino una panie in una commedia: e soleva chiamarlo il suo miglior attore. Ho detto che a Milano ha una collezione di pipe; debbo aggiungere che nella sua Casa di campagna ha Una Collezione di ca-ni. uno fra i quali — un cagnolino bìaiKil >, J-««i »„ r-f i co — eli è particolarmente caro. Glielo regalarono, nel settembre, scorso, al Fossati, per In sua beneficiata. Ferravilla fu così contento del dono, che, malgrado fosse dietro le quinte, divenne allegro ed esclamo: — In tanti anni d'arte, è la prima volta che mi danno del cane! QAotoihù Corvetta. Edoardo Ferravilla

Persone citate: Carlo Righetti, Cleto Arrighi, Doppio Senso, Edoardo Ferra, Edoardo Ferravilla, Paolo Incioda