PRAGA

PRAGA PRAGA osracorrspocoare Praga, ottobre. Hanno inesso dei vecchi guardiani alla custodia dei palazzi antichi. Tutti i giorni, alla stessa ora, dopo che hanno spolveriate lo memorie storiella, essi aprono le porte e guidano i radi forestieri a traverso le vucte stanze silenziose, mostrando i quadri anneriti e i fregi superstiti dei soffitti e spiegando con voce monotona la storia di Praga, prima in lingua czeca, poi in lingua tedesca, per .non offendere la bandiera boema o però farsi anche capire. Ma l'antica drammatica storia di Praga non rivive più in questi vagabondi pellegrinaggi, dietro i buoni vecchi sonnolenti, a traverso i palazzi ducali. Lo pali© di cannone degli eserciti tedeschi e gli incendi dei rivoluzionari czechi no hanno distrutto quasi ogni segno. L'ottava meraviglia » di cui parlano i libri è scomparsa. Nei palazzi depredati le etanzo sono vuote: sui muri, screpolati dai colpi di cannone, hanno messo degli intonachi nuovi: gli affreschi e i vetri istoriati sono andati in frantumi sotto i colpi di 'lancia degli invasori. Tutto ora è muto e freddo. Puro qwalche cosa di indefinibile » di strano c rimasto a Praga che penetra {nell'anima lentamente, corno una larga mugica lontana, o risuscita in ima nostalgia dolce e romantica l'antichità leroiica che non è più. E' un paesaggio un po' fantastico: fatto di pietre e di impalpabile. Non bisogna andare a cercarlo : esso appare qua ib là all'improvviso, in certi momenti di solitudine e di silenzio, in certe ore e in certe luci, quando si va vagabondi, senza una mèta, per le piccole strade tortuoso dei vecchi quartieri. Allora dalla nera archifcetjtura gotica superstite si scioglie uno spirito ìvivo che parla d'altri tempi e d'altre cose. In alto, sugli angoli delle case, i santi di pietra vegliano e pregano. Una lampada, accesa sotto una croce, stende il suo arcuato braccio di ferro su una fontana di marmo vuota. Sopra una porticina, socchruea su un corridoio nero, un affresco fumoso ricorda jqualche maestro di una corporazione scomiparsa da trecento anni. A torno la 6oglta, levigata dal tempo, germoglia un poco d'erba. Si direbbe che più nessuno passi di qui. Le casette irregolari alte e nane, strette coirne toni, con l'aguzzo tetto spiovente è le finestre e feritoia, o basse e quadre, incorojnate di piccoli archi e di cupoletto come epa cuffia, che sporgono sulla via i loro ■avancorpi tutti istoriati a colorì, mon sembrano forse due schiere di vecchie comari, 'Allineate curiose, col ventre sporgente, sulla strada per aspettar qualcuno? Ma i vicoli scuri, stretti, tortuosi che passano sotto le gallerie eono vuoti. SoJd un guerriero di pietra monta la guardia, a fianco di un vecchio arco nero che ha l'aria paterna di un grande camino. La muffa gli infiora La corazza.: da) camino stilla una goccia d'acqua putrida. Sotto gli archi la luce muore: c'è un, odore di cantina e di acque morte. Pan- di (discendere in un vecchio sepolcro. Le case soglio tutte buie. Solo1 per le scale, sotto le imagini dei santi, ardono tutto il giorno piccole lucerna votive. A, Praga ci sono molti santi. Li hia/n messi un po' da per tutto: sul la porta delle oase come un buon guardia p.o; in fila, sugli spigoli dei palazzi, con il jlibro delle preghiere in mano; fin sui «etti ,a meditare fra i comignoli. Ne hanno popò lato anche tutto um ponte. Là, fra la gente che va e viene, si rizzano sulle colonne dei parapetti vescovi solenni co!n la nutria e il bastone pastorale, barbuti frati che tendono imploranti le braccia al cielo, Cristi croci fissi, minuscoli ailltari con il sole e le stelle d'oro. Pare la via d'un santuario. Ma è la strada che conduce, sulla Moldava, alla citila ded re. Il fiume la divide dalla vecchia città dei mercanti. La regalità viveva sola to sdegnosa 6ullia montagna. Ora ha lasciato ivuoti i suoi palazzi immensi, fasciati di xmiraglioni alti e quadri e corazzati di massicoie torri rotonde. Gli altissimi campanili [gotici delle sue chiese, piantate sul monte Icome gigantesche lancio di sentinelle ciclo ; piche, vegliano l'e solitarie tombe dei re ;D'al ponto dei santi, nella grigia lontananza nebbiosa, quella solenne immobilità aerea ideila pietra, quell'ascensione delle dieci gu igllie puntato contro il ciclo si fondono in iun solo paesaggio dolomitico. E" l'immenso {Sepolcro che custodisce la storia e la trago • uda della Boemia. ! Vi si sale per vie silenziose, fra i palazzi idi vecchi principi boemi, freddi e gravi, dieìcorati di stemmi, con le finestre e i grand : portoni chiusi come so fossero tutti disabi 'tati. In fondo agli atri, dietro gli alti cancelli di ferro battuto, appaiono a tratti im ;nionsi cortili vuoti, lembi di giardini intri stiri nella malinconia di quella grigia soli indine. C'è come una quiete religiosa di •cose morte. All'ombra della sua cattedrale ! sulla collina la città dei re riposa in pace ÌQui i principi, nel fiorire della Boemia, han [no edificato per molti secoli palazzi, torti caserme, chiese, conventi e li hanno popò flati con la loro gente. Ora tutto sembra luti'ini mensa fortezza abbandonata. Ci son sterminati cortili vuoti, chiusi da altissime muraglie nere, traforate di finestroni uguali ; quadri, simmetriche, liscie come enormi bastioni. Il sole non vi penetra- quasi mai. E una profondità buia e tragica. Dal lembo quadrato di ciclo pendono campanili e torri Le sottili guglie vertiginose della cattedrale gotica, i suoi -acuti archi traforati che sai gono c scendono l'agile selva delle piccole cuspidi, rigano, tagliano, saettano il cieli come le antenne di un gigante vascello fan lasma, Un'ampia foutana marmorea, che apro la sua conca vuota sotto via gruppo estatico di statue, sembra ayer perduto 1 sua canzono nella muta immobilità oppiniente del paesaggio. Brevi gallerie arcuate sbarrato da porto di ferro, guidano a tra verso i palazzi ad altri immensi cortili. 'l'or tul'esasci crchchgtrgncotaPnlorigsacachvdpvlastcrpspvePqptaeccaarlaGdOvccpLlBlsrtdpEqccr6eeuIltdsafsèkzmtaphB a a o i i e tuosi vicoli, selciati da grosse pietre, fra cui l'erba cresce, ginano attorno lo chiese, passano satto gli archi, sfiorano lo mura-, ridiscendono verso le pdrfce delle to'~ri. Per i viottoli non passa alcuno. A torno d sepolcri hanno lasciato una corona di silenzio che li divido dal mondo. Solo qua e là, qualche sentinella che monta la guardia va su e giù, con passo cadenzato; qualche frate -attraversa lento i cortùld o scompare per le galterie. Ti|tto tace per non turbare il sonno dei re. Ed ogni ora, alla torre di un convento, una campana invisibile batte lenta il sagno della preghiera» #** A Praga oi son'o molti di questi conventi. Per ogni via, nei vecchi quartieri, essi levano le malinconiche mura senza finestre dei loro palazzi. Ora sono tutti monumenti storici. E da essi verameato è cominciata la grande storia boema. E' più antico, che risale al decimo secolo, oggi trasformato in caserma, sorge nella città dei re. Le moinache benedettine, cui ora dedicato, vi stavano bene perchè centoventinove villaggi dovevano pagare al convento decimo e imposte. In quei secoli, in Boemia, i frati vivevano contenti: forse anche troppo. La gente lasciava volentieri il mondo per un monastero, dove si riposava al sicuro, senza sacrifici, in compenso di un po' di fede. E per questo le chiese erano tutte piene e presperavano. La cattedrale da sola dava da vivere a più di trecento preti. Il vescovato di Praga percepiva pei- sè solo la rendita di quattrocento villaggi. La clausura non era per nulla intollerabile. Ogni prete, raccontano le cronache, aveva Uberamente donne e bambini. Si dice pure di u»i monaco che comperò a Praga un palazzotto intero per custodirvi una sua concubina. I pingui frati allegri non avevano -molti scrupoli. C'era anche chi li .accusava di mescolarsi in misteriosi assassini e di guidare intere bande di ladri e di grassatori notturni. Ma questi erano sembra, frati tedeschi. moMaoi czechi vivevano più in povertà. Già allora c'era usua lotta fra czechi e tedeschi. Essa scoppia dapprima nella dottrina. A Oxford, un pensatore asceta, che si chiamava Giovanna Wikliff, combatteva una fi-ora crociata per la Chiesa cattolica, che minacciava di perdersi, secondo lui, perchè il Papa e il clero accumulavano troppa ricchezza, L'insegnamento, portato da qualche discepolo czeco, si propaga in un baleno per la Boemia» Il clero czeco lo traduce nella sua lingua: lo commenta nelle università: k> spiega al popolo dai pulpiti. I tedeschi natui ralmente lo avversano. La Chiesa si divide tutta in due campi nemici. Mentre i dottori disputano nelle scuole, i piccoli parroci cam pagnuold cominciano ad agitare i contadina. E' già un albore di lòtta nazionale. Tutta questa propaganda di preti che in realtà sta contro i tedeschi, è fatta ita lingua czeca, che da allora comincia ad espandersi. Il clero czeco, che si era formato più tardi ed era 6otto i tedeschi dominatori, anelava a salire ed a emanciparsi: ma nel suo movimento ecclesiastico palpitava già l'oscura anima di un risvegliò popolare. La lotta aperta comincia nell'università. I professori tedeschi condannano e bruciano le proposizioni eretiche di 'Wikliff, ma i partigiani czechi premono sul re che riduce i diritti di voto dei loro avversari. Per protesta cinquemila malestri e studenti teutoni abbandonano Praga e vanno a Lipsia, dove fondano una nuova Università. In realtà essi si ritirano di fronte a Giovanni Huss, che è l'apostolo boemo dell'insegnamento di Wi kliff, ma è anche il precursore dell'idea na zioniale czeca. Huss è l'eroe spiritivale boemo. Il movimento slavo della Boemia contro i tedeschi, che, dopo tanti secoli, divide ancora oggi le due razze in uno dei più profondi e giganteschi conflitti dell'Austria, ha il suo precursore in lui. Egli fu per la Boemia ciò che Lutero è stato per la Germa¬ dpbcCiscvcpnsptopmugdalpatmuPpdsvr > e i . a a , nia. Quando, bandito dal vescovo e dal Papa, andava per lo campagne, predicando a cielo aperto, come un antico apostolo, egli aveva veramente dietro di sè tutto il popolo czeco: la grande nobiltà che guardava con desiderio ai beni temporali della Chiesa, la piccola nobiltà e gli artigiani gelosi dei borghesi tedeschi più ricchi, tutto il clero cho sognava di conquistare il posto della Chiesa tedesca. Oggi i termini della lotta si sono un poco invertiti. Ma era forse necessario che Huss spirasse sul rogo perchè la sua verità di fuoco o di sangue si facesse strada. A Praga un vecchio guardiano del rad?iice, il bel Municipio gotico, fa vedere con un po' di compiacenza le finestre da cu» gli insorti hussiti, nel 1419, hanno gettato sulla piazza, perchè si infilassero sullo lancie dei ribelli che vi passavano, il eindaco e sette consiglieri cattolici, molto amici dei tedeschi. Il volò — o gii czechi se ne sono spesso serviti, anche più tardi, quando non bastava più la diplomazia per risolvere certe questioni politiche un po' difficili — ha inaugurato la famosa guerra hussita dei quattordici anni. Le banr de degli artigiani o dei contadini, addestrati alle armi dal vecchio cieco cavaliere Zizka, l'hanno interpretato come il segnale buono per invadere il paese, predicar lo sterminio, assaltare c distruggerò le case t- i conventi tedeschi, crivellando di colpi i fuggiaschi e mandandoli al rogo, in memoria di Huss. Fu una crociata feroce. Il quartiere tedesco di Praga, così popolato che contava da solo per una vera città, perdette tutti li suoi abitanti e per molto tempo rimase vuoto e disabitato. Allora potè sembrare che i tedeschi foe sero per sempre scomparsi dalla Boemia. In vece essi sono tornati con i cannoni e vi sono rimasti : anzi tanto da padroni che per due secoli non si seppe quasi più che cosa fossero gli czechi. La storia della Boemia è tutta illuminata della luce tragica di questi violenti tramonti e di queste aurore che ritornano. Col tempo infatti anche gli czechi sonò ri tornati ed hanno ripreso la guerra. Aprite oggi un giornale austriaco : è tutto pieno di cose czeche. Informatevi di urna crisi ministeriale : c'è sempre la- mano degli czechi, Andate a Vienna ad un'adunanza dei comitati tedeschi: vi sentirete parlare di un pericolo di invasione czeca. L'invasione intanto c'è già a Praga. Da quando si scende alla stazione si sente sodo più parlare czeco. Tutta la carta pubblica stampata, dai biglietti dei tram ai manifesti provinciali, è scritta in czeco. Cubitali insegne di negozi, in lingua czeca, nei quartieri commerciali, coprono con poca venerazione gli affreschi e i bassorilievi polverosi delle vecchie case superstiti. Sullo nuove case di architettura czeca stanno dipinte scene della storia boema-. E' un nazionalismo esplodente: sembra una propaganda intensiva all'americana. Ed è quella che ridesta lo straniero vagabondo dalle sue contemplazioni, un po' troppo romantiche, fra le statue dei 6antli che pregano. Virginio Gayda,

Persone citate: Giovanna Wikliff, Giovanni Huss, Grande Camino, Virginio Gayda