Un errore giudiziario

Un errore giudiziario Un errore giudiziario insista, ; Non riEcco tutta la su<a de- Parma. C, or» 21. Per quanto monotona, l'udienza d'oggi ha richiamato egualmente una quantità ili persone La tribuna femminile 6 al completo. Molte signore in eleganti toilcttes vi assistono curiose di seguire le fasi della doiiorosa tragedia montanara. Alla porta delle Assise gli strilloni vendono le dispense del come Porcelli, nelle quali egli narra tutte le sue peripezie. Anche stamane egli è presente all'udieiii».. Slede vicino a noi, ed attentamente ascolta le deposizioni dei testi. Alle 9,30 entra la Corte. La prima teste è una vecchierolla grassona che s'impappina terribilmente. E' Briccoli E«rmeilinda. per quanto 11 presidente non riesce a strapparle una parola, cordo, non ricordo ! posi alone. Ilariuzzi Giovanni vuole parlare in italiano, ma è un affare sorio. Si comprendo solo ohe il Pietro Savina nel 1905 gli riferì c.ha Massimo Savina aveva infarto un colpo di tridente p.l piccolo Caprari. Monica Luigi sa che Enrico Savina, fratello dell'imputiate, per averglielo questo stesso raccontato, consigliò il Massimo, dopo il delitto, a fuggire in America. — Ma porche lo raccontò proprio a voi? esclama il presidente. — Non lo so. . I due fratelli dell'ucciso, Caprari Blandina e Oaiprari Emilio, vengano a deporre. — Come ■somiglia al povero Severino 1 — esclama la madre, che siede vicino all'avvocato Bocchialini, indicando la figlia. Da ragazza dice d'aver saputo anch'essa, per mezzo del Pietre Savina, della colpevolezza dell'imputato e dell'innocenza del Porcelli. Ricorda come il piccolo Emilio, figlio del Savina, che si trovava insieme al Caprari noi campo, dopo il colpo di tridente inferto dal padre, gli domandava : « Cosa hai fatto? > II Caprari Emilio invece sa che, un giorno vennero a diverbio due cugini Savina. Emma e Giacomo. Il Giacomo, incontrando il teste, senza preamboli, additò il Massimo quale autore del delitio. La voce si pnarse di queste, confessione e. giunse anche alle orecchie del l'imputato. Massimo Savina me fu scosso. Teneva in casa ancora il tridente. Di notte sotterrò il ferro omicida -in un fosso, ove fu poi ritrovato da certo Bonfnnti. Per richiesta dell'avv. Bocchia.li-ni viene ri chiamata, la Caprari Blandirla. Essa fa questa grave dichiarazione : «-Pochi minuti dopo il delitto, ritornavo, piangendo, nella 'località detta il »-Boscaiolo » a riprendere la mia vaccina, che avevo a.bbndona.ta al pascolo. Vidi altere. i-I Savina Massimo, che a. passi .celeri ed agitato teneva dn mano il cappello bianco dei mio povero fratello, n si recava a portairlo vicino al cadavere. E' vero, signori giurati, — esclama la Caprn.ri, — tutto ciò che bo detto: lo giuro su Dio che mi vede Bonfiglio Viola si trovava in un campo, ed udì un colpo di fuoile. Mezz'ora dopo ginn sere a. lui delle grida. Mentre accorreva per vtedere cosa era avvenuto, s'imbattè nel Porcol]!, che gli chiese: <■ Cosa è avvenuto?». «Non so». Ed -entrambi si diressero verso il posto del delitto. Vide il Oaiprari bocconi a terra. Rialzò la camicia e constatò tre ferite. Non orede che il Porcelli .abbia potuto uccidere il ragazzo. te.nto più che le ferite, secondo il suo modo di vedere, non potevano ossero prodotte da pallini, ma da un tridente Navanotti Antonia. — Quando venne ucciso il Caprari la teste si trovava in un camIX) vicino; le passò dinanzi il Savina, che in preda ad agitazione mormorava : a Po-ero me povero me... E' morto! ». Dopo le dicerie ohe corsero, si fece il concetto che il Savina era l'autore della morte del fanciullo. A questo punto avviene un vivace battibecco tua la toste e l'imputato. Egli afferma che essa e sua sorella un giorno le gettarono addosso un vaso pieno... non certe di profumi. — Bugiardo ! — esclama la teste; — era ac qua, e fu per puro caso, non avendovi visto. — Bastai — grida il presidente — non slete in una stalla a parlar casi! Zamibuìli Giulio è l'oste del paese. Da lui si recava Pietro Savina. Un giorno gli ebbe a raccontare di essere costrette a partire, perete perseguitato dallo zio Massimo, avendo raccontata la verità sul delitto Gapirari. La madre dell'ucciso fa ricordare ni teste di aver allora risposto al Pietro : « Perchè non l'hai detta in processo questa verità? ». « Perchè temevo assai. Non avevo giudizio, ero ragazzo, e lo zio Massimo mi aveva imposto il silenzio, penii far la fine di Severino Caprari »."eniga Roberto, maresciaiMo dei caiabinieri a Traversetolo, sequestrò il tridente. La moglie del Savina si.la-mentava d'aver perdute un tridente. La Madancui, che ne ere venuta in possesso, le raccontò di averne trovato uno in un fosso, e l'invitò ad antìnsio a vedere. Ma la Savina non si fece più vedere e nemmeno ne ripario. A MistraHi Giuseppe, una volta, non molto tempo dopo il d'ólitto. la mogilte di Luioi Savina ebbe a raccontare che chi aveva ucciso il foncitiSio era il cognato Massimo. « Dio mio — essa esclamò — parche patiaire? Si è taciuto fino ad era, si può continuare nel silenzio >•.Volpini Giovanni narra le paure di Pietro Savina, e fu il primo a svelare il mistero. Questi, reoatosi a casa del cognato suo, certo Fasal Lodovico, che era alle dipendenze del teste, si raccomandò a lui perchè gii trovasse dal lavoro, e possibilmente presso il Volpini.— Chiesi al Eassi — dice il teste — le regioni di quesie preghiere. « Non lo sapete? — ini rispose. Pietro ha accusato Maissimo Savino suo zio, di aver ucciso il Caprari, ed ha paura di fare la stessa Une del povero piccino ». ti'ianforini Pietro giudica impossibile che il PoreellM abbia potuto uccidere il Caprari, data la distanza ed il luogo ove il Porcelli ore a caccia. Pìzzotti Luigi conobbe Pietro Savina mentre lavorava ned fondo Volpini. — Mi raccontò — aggiunge il teste — che il Martino Savina era l'autore del dell'Ilo, e che si erri allontanato, temendo la vendetta dello zio e di fa-re la fine rieil Caprari Dopo questa testimonianza l'udienza è tolti.Udienza pomeridiana ■Ndl'l'udicnza pomeridiana la lunga stilata di testimoni coniitina. Cannetta Leonardo si trovò un giorno a Langhirano col Savina, e siccome parlarono del delitto, l'immutato ebbe a dirgli: «Ma co sa avete in paese contro di me : datemi ia prova che io sia l'autore dall'assassinio, e allora colpitemi». Mi convinsi così — dice il teste — che il Savina fosse innocente. Groppi Attilio si recò a Cerione subito dopo il delitto. — Per quanto i carabinieri affermassero trai tarsi di una fucilata, io non me ne conylnM mal. La mia opinione è che «I piccolo Caprari sia staio colpito da un tridente. l"a.s.si Carlo fa una descrizione assai minuta e piccante. — Pietro Savina — egli risponde — non mi disse mai nu'.la; i giovani difliciìmeme stanno con noi vècchi, e nemmeno ci fanno loro confidenti. 'L'n giorno mi domandò di poter andare a Parma, promettendomi di ritornare a casa dopo mezzogiorno, verso le ore 15, ina il Pietro non si fece ".edere che aita seta. Glrichiesi il pecche di tale ritardo. « Ho trovato il Porcelli — mi disse scusandosi -- e sona stato ria lui a pranzo. Il Porcelli mi ha pagato tutte le spese e mi ha promesso anche del noro ». Per quale ragiono oli-ri il denaro non seppi mai. Il teste viene messo a confronto col Porcelli— Non potevo — escloima il-conte — e con che scopo, aver promesso del denaro, quando il Savina Pietro, un anno prima della mia scarcerazione, aveva confessato il delitto dolio zio? Se parlai di qualche cosa in proposito al Savina, fu perchè dicesse tutta la verità, e non mi facesse più oltre soffrire. Il Savina Maissimo a questo punto irrompegiurando che un giorno a casa del Fessi aveva udito raccontare che il Porcelli, lusingando il nipote, gli aveva dato ad intendevo che era proprietario di case e cavalli, e che ■ili'occasione gli avrebbe fornito denaro. — Mn se è uscito dal carcere — esclama i[■..residente — straccialo come Giobbe! Il Porcelli, con un sorriso triste, rivolto agiurati, aggiunge: — E' doloroso, ma con quei pochi denari che ni rimanevano ho cercato di fare delle pun.lic-azioni per procl.iima.rfi lo. mia innocenza. Il pubblico commenta rumorosamente, tosto •tehitumatio all'ordine dal P. M. Si passa al testimoni a difesa. Bollitaci Battista e Cotti Vittorio definisco- no ^imputalo uomo violento, ma affezionato alla famiglia. Tocchi Giovanni dice che una volta il Savina si buscò molti schiaffi senza parlare; ed il teste Candellari che IMmputato non mise mai una mano addosso ai suoi figli. Ramazzotti Dante e Covatorta Ilario depongono essere stati presenti ad una lite tra i fratelli Massimo ed Enrico Savina. L'ing. Bertogalli, sindaco di Neviano. non ebbe mai od occuparsi dell'accusato; solo sa ciie è di carattere violeuto. — E il Porcelli è di carattere violento? — chiedeTavv. Ghidini. — Devo dire, la verità — dice il teste — e quindi sono costretto ad afflermare che la vita passata del Porcelli è riprovevole, ed a mio modesto avvisò credo che il carattere sia stato la causa aggravante dell'ciirore giudiziario. L'udienza è rimandata a domattina : l'orse in giornata avremo anche lo perizie mediche.

Luoghi citati: Langhirano, Neviano, Parma, Traversetolo