Il discorso dell'on. Luzzatti

Il discorso dell'on. Luzzatti Il discorso dell'on. Luzzatti all'Italia, dinanzi la Maestà del Re, avvivaìrice delle più gloriose memorie. Il sito e l'idea emigrato da questa terra. £, perCj0 che il nostro immortale estinto rlvive ogni cU più nell'anima del popolo, il qua- in i ini sosnli-a come al Nume ignoto, negli 10 a.lul sosp.1 °, 1 f,l " onM delusioni nascarsi successi e nelle frequenti delusioni na zionali. più lo si interroga, più alto risponde! fc. ^ cròsce il dolore della sua morte, quando, ' d , col maggiori uomini di Stato 'lU,l=ouauuu'^ . „niu.-,uia fon¬ contemporanei, la storia, pei uimeisaie co., senso, attesta che tutti li sovrasta. Questa fortuna toccata a Camillo Cavour costituisce il nostro orgoglio; è un patrimo| di riccnezza politica, che non si sperae. , „„„ „„ „onn. I grandi uomini di Stato formano un cena colo di eletti, sottile di numero e, come ì grandi poeti, incapace di allargarsi; tanto più cne la loro grandezza deve riscontrarsi e coinclderc coi maggiori avvenimenti della vita , . ,., rt„,,, „„„ „t a „r,-i natria ria pubblica. Ogni giorno non vi è una patria da creare e le virtù di questi statisti straordinari ; male si accomodano agli ambienti tiepidi e ; comuni ! ' . .. i "ra giganti I Anche per gli uomini di Stato molti sono |t chiamalii pochissimi gli eletti. 1 segni immortali che li distinguono appalo- Egli dice: InLa preghiera adorante in profondo silenzio Uforse sola si addirebbe a questo tempio sacro, tMa poiché 1 concittadini di Cavour deside-|crano che di lui si parli, nessun luogo può ap- j ( urparire più degno di Torino e di questa storica aula, il campo delle sue gesta. Qui, con effetto universale, risuonò la sua parola che, come quella di Vittorio Emanuele II. di Mazzini, di Garibalai. aveva la virtù di echeggiare in tutte le parti della terra, dove erano popoli oppressi da redimerei Lo storico della antica Eliade soleva dire che la patria è l'anima vivente dei ciltadtnt, è quella parte preziosa del loro cuore che essi ereditano dal cuore degli antenati. E soggiungeva che nè ad Atene, nè a Sparta, nè a Megara, ma a Delfo, i Greci trovavano illesa e fiammante l'Idea ellenica, privilegiata dugli Dei. Cosi nè a Venezia, nè a Milano, nè a Firenze, nè a Napoli, nè a Palermo, o nella stessa Roma, gntaliani si sentono più effusi e congiunti nelle sante comunioni nazionali che a Tonno. Qui, nell'eroico decennio si ospitarono gli esuli di tutta Italia, accorsi a narrare i loro dolori e le loro speranze al redentore popolo subalpino, che ne ebbe pietà fraterna e suprema, giurando a quei magnanimi la vittoriosa riscossa. Qui Vittorio Emanuele II e Camillo Cavour compirono gli atti liberatori, ognuno del quali è degno di poema e di storiai Manca ancora un libro, che dia al nostro statista la parte essenzialissima che gli spetta nella storia universale del nostro tempo. I contemporanei di un uomo di Stato veramente sommo traggono quotidiani benenzU dalle sue opere, si abituano a vivere in confidenza con lui. si alzano sino a lui. Ma quando ei scompare quasi per esaurimento e contradizione della natura stanca di generare tali grandezze, pullula la schiatta degli uomini politici necessariamente minori, 1 quali danno con la loro statura mediocre il metro per misurare l'altezza del gigante, troppo presto i ! ni„r.,„H rintriielmo Gladstone '? a ^ ^l, waaston* Leone Gambetta : cono tfmnmidntp,daevlV^tntippno nelle difficoltà giudicate insuperabili e felicemente vinte al fine di redìmere un popolo dalla servitù o di trarlo dall'abisso anche se.redento, di farlo grandeggiare quando sia U-!Pero e prospero, fra il consenso universale. prospero, che a loro attribuisce il merito degli epici 1i nalzumenti. l'alt furono ai nostri giorni Robert Peel, Adolfo Thiers, Frère-Orban, che i Belgi diil loro Cavour (dimenticando che i sin dal 1831 avevano conquistata la loro indi : pendenza nazionale), Ottone di Bismarck e il ' . • _ inastro ene ogsl commemoriamo. j Non oserò paragonare fra loro dei giganti! Certo appaiono ogni di più insigni e meravi gitesi, per diversi pregi, il Disraeli e il Gladsto ne, l'uno demoniaco e conquistatore, l'altro an • pacifico; resteranno nella storia dio- ■ srm"«ra a rappresentarvi 1 associazione dell mi i perio con la libertà. Disraeli esprime il dominio !di tutti i mari e di tutu l continenti, modellato 1 sugli antichi romani; Gladstone la liberta e la - r Creata di ogni fonna di oppressione. Majro varano un popolo educato a grandi cose da I secolari reggimenti di libertà parlamentare. Ed è meno difficile essere Robert Peel, Gladstone. ' Disraeli in Inghilterra che in qualsiasi altro ! stato civile: chi domina la tribuna della Camera dei Comuni, domina su gran parte del mondo Il Thiers ed il Gambetta sono l'espressione più condensata dell'amore della Francia al 'fluale scaldarono il grande ingegno e la fede inesauribile. Trovarono nel 1870 il loro paese nel fondo dell'abisso e, fidando nell'eterna gioventù di un popolo meraviglioso nelle sue resurrezioni, lo trassero in salvo. Rimangono in questo colossale paragone Camillo Cavour e Ottone Bismarck. Un grande storico tedesco, il Treiscke, quarantanni or sono cosi ragionava nella Vita di Cavour. - Noi lasciamo all'avvenire il decidere a!°W debba essere il preferite, se il fondatore : dello Stato italiano o il fondatore dello Stato tedesco. E' una sentenza, la quale non può sol ,Ptic;ire che ]e voglie d'un preteso profeta o la ìvanità dell'emulazione nazionale ». j Non vorremmo parere di solleticare da questo ] posto la vanità nazionale proclamando la pre'ininenia di Cavour, ma non ei paiono parago- Inabili con quelle del Bismarck le difficoltà con Uro le quali dovetto cimentarsi lo statista ita, liano. La Germania era già redenta dalla Riforma, da Kant, da Goethe, da Schiller, dalla guerra nazionale contro Napoleone I e la Francia, ri- temprata dall'idealità morale e religiosa prima |cne daUa poUfica( senza stranleri ln casa_ j L.Italta dlvisa> avvllila dalla doppia tlrannide ( umana e divina, colle migliori Provincie" signoreggiate dallo straniero. La Prussia egemonica, con 1S milioni di abitanti, con un esercito formidabile, da lungo tempo preparato all'ora, del riscatto. Parallela storico Il piccolo Piemonte, miracolosamente audace e forte, ma sempre piccolo, Bastavano i tedeschi a liberare la Germania, mentre il diplomatico piemontese doveva ottenere l'aiuto materiale della Francia per redimere la patria senza menomarne l'autonomia e il prestigio. Il Cancelliere tedesco, acquistata la fiducia dei suo Re. aveva sottomano l'esercito disciplinato dal MoltHe; Il ministro italiano doveva tener conto di forze preziose, ma autonome e parallele. ,.^hU?tVOlt€ I10n sD^'mò di angoscia l'animo degli italiani temendo che l'urto dei due grandi astri del nostro risorgimento nazionale, Cavour e Garibeldi, non mandasse in frantumi il giovane edificio della patria? Ma li trattenne nella loro orbita l'influenza sovrana e magnetica di Vittorio Emanuele III ^ Garibaldi e Cavour! Le due più belle e fiere teste di redentori di popoli che abbia illuminate il sole d'Italia dopo gli antichi romani- due teste consolari, che si piegavano, nobilitandosi innanzi alla maestà del gran Re. perchè sapevano in tal guisa di rendere omaggio alla patria. Cavour per vincere doveva creare un nuovo diritto pubblico europeo, risolvere il problema universale del papato e primo insorgere colle sue audacie contro una diplomazìa vecchia e sospettosa, che dal 1815 studiava il modo, per fortuna nostra impossibile, di spegnere le anime dei popoli liberi. L'unità germanica si compiva dopo l'esempio felice dell'unità italiana, dopo che Cavour aveva aperta la via. E, nonostante i grandi mezzi dei quali disponeva il cancelliere tedesco e i piccoli adoperati da Cavour, il primo non ha costitutto l'unità politica distruggendo sette Siati e insieme fondendoli come si è fatto in Italia. A tutto questo si aggiunga il metodo essenzialmente diverso che ha costituito le maggiori difficoltà di Cavour, il suo opus magnani; l'Italia si è fatta con la libertà, la Germana con l'aiuorifà. Bismarck ha esercitato in modo eccelso la dittatura trasmessagli dal suo Re e Imperatore; Cavour, ministro responsabile dinanzi al Parlamento di un Re costituzionale proclamato dai plebisciti, esercitò, lottando e vincendo per tutta la sua vita, la dittatura nazionale della persuasione. II Bismarck ha il Parlamento per sindacato, il Cavour per giudice e arbitro. Sono note le sue massime: è uopo che l'Italia si faccia colla libertà, altrimenti si deve rinunciare a farla. .Ei che dalla stampa era stato tanto offeso e combattuto la voleva libera, ne difese le prerogative; sul letto di morte mormorava a proposito del regime eccezionale di Napoli: Ognuno sa governare collo stato d'assedio. Voleva il maggior discentramento; assisteva con entusiasmo pieno di speranze agli studi sulle regioni iniziati da Farini e da Minghetti per incarico suo; l'unità politica non doveva do e.sormrim„ri -!^™^,^..^^^^^,^11.6 ^z.oni < , e l ! o- o o a oa d e. o ael e al e e oeaadi e e o la o eo- delle vocazioni molteplici nelle diverse famiglie Italiane, mirabile varietà di note fuse in potente armonia Par di assistere ad un idillio amministrativo seguito poi, dopo la morte di Cavour, dallo tristezze dell'accentramento burocratico, dal quale non si seppe ancora liberarsi. Gènio universale Precursore del risorgimento nazionale, fin dal 1832 si presagiva ministro del Re d'Italia. Economista sommo, ministro di finanza, emulo di Peel, di Gladstone. di Thiers, di Frere-Orban, senza poter attingere alle riserve inesauribili delle quali disponevano i suoi colleghi stranieri; amministratore universale, che aveva diretto quasi tutti 1 Ministeri lasciandovi le tracce dell'ingegno sovrano; oratore all'inglese, semplice, persuasivo e formidabile, il quale si imponeva colla evidenza delle ragioni irresistibili; negoziatore di trattati di alleanza, di pace, di commercio, di navigazione, che offrono agli studi politici ed economici una materia inesauribile di meditazioni e un modello insuperabile d sagacia; aggiungasi l'agronomo, il pubblicista, 11 giornalista e sovratutto uno dei principali fondatori dell'Italia nuova Molte ani me grandi sono in quell'anima sola e nell'ammirarla siamo colti dalle vertigini delle inac cessibili altezze. Egli riepiloga e condensa tutto il senno politico, che da Dante, da Nicolò Machiavelli insino a lui s'era invano prodigato per costituire l'unità della patria I Ma del poliedro mirabile di questa vita, di cu: ogni atto meriterebbe una particolare illustrazione ed esaurirebbe l'ingegno dei più competenti, mi sia lecito tratteggiare per cenni le sue idee sulla libertà politica, sulla libertà religiosa, sulla libertà economica e sulla questione sociale. Camillo Cavour, anche più e meglio di Cesare Balbo, si adoperò a trasferire in Italia il principio della libertà politica, modellato sullo siile degli anglo-sassoni. Per questa stirpe privile giata, come per Camillo Cavour, la libertà po litica è necessaria al fine di esplicare lo idee o i sentimenti fiammeggianti nelle nostre anime; è un bisogno ideale per lo spirito come pel nostro risico l'arif ai rw.i* a*»> ftw/wla èfs di propaganda e di geniale espansione. Il che1 se e e e l a è ben diverso dalla libertà non contenuta da freni morali spontanei, la quale, più che a esprimere le proprie opinioni, intende gd assalire quelle dogli avversari e segnatamente ad abbattere lo Stato; lotta che troppo spesso finisce nel sangue invece che rifecondarsi nell'educazione civile. Per gli anglo-sassoni e per Cavour la liberta politica è il baluardo delle possenti individualità e responsabilità; per te democrazie giacobine, e per quelle che ad esse si accostano, fu sovente lo strumento di aggressione dell'altrui libertà. La libertà religiosa Colla libertà politica Camillo Cavour collegava quella religiosa; la quale a chi sottilmente investighi la cosa, è il saggio e l'epilogo di tutte te altre forme di libertà; ond'ei fin dal 1S maggio 18-58 scriveva nel Risorgimento un articolo sulla necessità di dichiarare nella legge fondamentale la libertà di coscienza e di culto- E anche quando aveva immaginato di venire a Roma con accordi tra Italia e il Papato, che sperava spontaneamente accettasse la fine del potere temporale, e dalle trattative con Roma del liCO e dei primi mesi del 1861, trasfuse poi in gran parte nella legge del 13 maggio 1871, trasse la celebre formula. «Libera Chiesa in libero Stato », ei non dimenticò mai la libertà delle altre Chiese, uè la necessità di contenerle tutte nella cerchia dello 'Stato sovrano. Il quale, a ognuna dì esse, nei loro contatti indispensabili col diritto pubblico e col diritto civile, doveva consentire i mezzi e gli strumenti idonei a una spontanea esplicazione ea a una sana vitalità. E ho potuto dimostrare in un recente lavoro che non vi è antagonismo fra queste due formule : « Libera Chiesa in libero Stato » ; «Libere religioni in S«ato sovrano». Infatti fra te proposte di Pantaleoni negoziatore per conto di Cavour con la Santo Sede, vi era quella per l'immunità dei beni conferiti al Pontefice da ogni azione politica del Governo italiano. Al che Cavour rispondeva : « Approvo la esenzione dalle tasse, ma bisogna ottenere delle spiegazioni rispetto alla immunità da ogni azione politica del Governo. Non si potrebbe permettere che tale territorio divenisse l'asilo dei delinquenti, se fosse sottratto alle misure di polizia, giustizia e igiene». Aggiungasi che Pantaleoni, avendo proposto una disposizione che dichiarava libero l'insegnamento universitario, attribuendo al vescovo il dirit'to di censura per l'istruzione religiosa, Cavour rispondeva: «Bisogna rifiutare al vescovo ogni diritto di censura sull'insegnamento dato dall'amministrazione civile; il clero potrà dedicarsi all'istruzione religiosa e teologica nei seminari e nelle chiese dove il potere civile si asterrà da ogni ingerenza, ma nello stesso tempo il vescovo si asterrà da ogni ingerenza nella scuola e nella Università anche per quanto riguarda le cattedre di religione e di teologia. E Cavour voleva affermare le disposizioni delle leggi civili nella creazione e nei modi di esistenza degli istituti ecclesiastici e nelle alienazioni dei loro beni. Queste idee, come l'illustre professore Rufflni si propone ora di dimostrare e già balenano da un primo studio prezioso, Cavour traeva più che dagli inglesi e dal movimento suscitato dal La Mennais. dai ginevrini, poiché Ginevra, l'Atene d'Europa, fu ed è uno dei più vividi centri donde si irradiano le scintille della libertà religiosa: anch'essa era considerata da Cavour non come un mezzo di inquietare i culti, ma di purificarti nello spontaneità della feae, la quale quando paga il suo Dio è più sincera che quando lo fa p.igare dallo Stato, oioè. dai contribuenti che spesso non ci credono. Libertà economica gprbdsdgcinnnBcqclscslsdrcrtzffpgsomafSlsspsdguligsldeopdvacRispetto alla libertà economica, mi sono chiesto più volte, ove Cavour avesse vissuto dopo il 1870, quando il principe di Bismarck nel 1879 dal libero cambio si converti alla protezione assieme al Governo repubblicano della Francia, traendo nelle sue spire quasi tutto! il resto dell'Europa, se avrebbe resistito, come Gladstone e Frère Orbau. o piegato alla nuovacorrente almeno per necessità di difesa. Man- cano qui il tempo e l'opportunità per una sif- fatta Indagine Ma non è difficile presagire che sarebbe ri- inasto fedele alla libertà economica nello scam-1 bio internazionale delle merci e avrebbe pie-1 gate a opportune integrazioni dello Stato nel : campo del lavoro, seguendo le stesse evolu-! zioni del pensiero di Gladstone. come si trae | anche dalle sue fatidiche pagine sulla trasfor- inazione obbligatoria della grande proprietà j nella piccola coltura in Irlanda. |Infetti Cavour si poaa a c^sax*. audace e- sereno, quale sia 11 principio razionale da se¬ guirsi nei casi di conflit'te tra il diritto di prò prietà. su cui riposa l'ordine sociale, e il diritto ai mezza di sussistenza, che non poirebbesi rifiutare a nessun uomo vivente. E giunge alla conclusione che non vi è un diritto al lavoro, ma un dovere sociale alla sussistenza. Da una parte il diritto di proprietà individuale, base salda della famiglia e del progresso degli umani sodalizi; daU'ail'tra il principio non meno rispettabile della solidarietà, in nome del quale gli agiati hanno l'obbligo non solo morale, ma giuridico, di assistere i nulilatenonti. Più tardi, nel 1831, il principe di Bismarck, muovendo dalla stessa dottrina, faceva scendere dal principio della carità legale quello della previdenza legale, quando concepì i disegni ciclopici di conglobare tutti coloro che lavorano in Germania ('tedeschi o stranieri) in sodalizi obbligatori, i quali assicurano un sussidio agli operai malati, le pensioni od mutilati, a v-.-cchi e agili inabili al lavoro. E quantunque il conte di Cavour avesse fissato principalmente il suo pensiero sul riscatto d'Italia non dimenticò mai negli anni in cui resse lo Stato i lavoranti. Promuoveva le Casse di risparmio e le Società di mutuo soccorso, queste scuole primarie della previdenza popolare. Aveva fatto votare dal Parlamento piemontese la Cassa nazionale per gli operai vecchi, che poi lui morto fu dimenticata e soltanto nel 1S97 avemmo la fortuna di costituire su larghe e salde basi. Quel seguace della libertà economica non si peritava di èsserle infedele quando l'infedeltà gli pareva necessaria al bene del popolo e, resistendo ai rimproveri degli economisti puri, ordinava per la gente di mare la Cassa di mutuo soccorso obbligatorio costringendo gli armatori a versare una parte del contributo a favore dei marinai, preferiva l'esercizio di Stato nelle ferrovie. Le questioni sociali E non sol'tanto quale pubblicista, ma quando la sua parola aveva l'autorità di un atto al sommo potere accoppiando la somma responsabilità, fu udito ripetere questa sentenza semplice e forte, che tutti gli italiani dovrebbero scolpire nel loro cuore: «L'eguaglianza dei diri'tti politici non farà mai cessare l'ineguaglianza delle condizioni. Perciò non vi ha che un mezzo di prevenire il socialismo ed è che le classi superiori si consacrino al bene delle inferiori, se no la guerra sociale è inevitabile ». Gli è che a quel sociologo «pugnavano egualmente le dottrine volgari dell'anarchia sociale e 1 dotti cinismi di frolle borghesie, le quali non sanno fidarsi che sulla l'orza del Governo, plebi dorate, ma plebi anche esse. Scoppiato lo sciopero dei fornai a Torino offeriva il suo arbitrato, lui che aveva composto ben altri dissidi nel mondo. Si allietava di alzar fra i due campi contendenti del lavoro e del capitale una tenda di pace. Già aveva ricevuto il Comitato dei padroni e fu colto dalla malattia che lo trasse a morte, quando stava per ricevere i rappresentanti degli operai. A lui quasti dissidi fra il lavoro e il capitale parevano più gravi di quelli fra le nazioni. Forse io m'inganno, ma temo forte che nel problemi sociali, come i.el diritto pubblico in ternazionale, fra tanti apparenti progressi, sisia determinata una reazione. Forse l'amorerumoroso, teatrale, politico a vantaggio delleclassi meno agiate cresce in ragione direttaa misura che'scema l'amore verace, pudico, evangelico, quello che non sta al sommo della bocca, ma nel fondo dei cuori. Ora, ad asciugare le lagrime dei sofferenti,a dilatare le loro anime con un lespiro diconforto, un sorriso di bontà sincera e ope-rante varrà sempremeglio di tutte te lettera-ture del socialismo e dell'economia politica!Lo scrittore tedesco che ricordammo sin daprincipio, della Lo scrittore tedesco che ricordammo sin darincipio, dice che, visti l guai inevitabiliella nuova Italia. Cavour è morto a tempo... i- .„„ „mw„ v^i ,.. .ih»in„m„ „«„ Jn_! ?" la ,sua OloHa. ì,o\ ci ribelliamo alla sen-*028 dl ?ne*10 famos° fa«J °-,Se dopo ;iver Proclamato Roma capUale d Italia, avesse po- tut0 acompagnarvi il gran Re, se invece d'in- travedere, come Mose, la terra promessa, l'a- vessa ™SErtunta, le sue parole e le sue opere1 si sarebbero improntate di romana grandezza.1 come con romana grandezza predisse nel 1861 : il modo col quale l'Italia sarebbe andata e ri-! inasta nella sua capitale, risolvendo il plft | formidabile problema della storia. Machiavelli ha dichiarato che le istituzion j por purificarsi devono tornare alle loro ori |Pini, e poiché la nostra guida politica ci è-mattisi^ «uande >» a*er* n feàKgno. 'SuUtt l o i a à i i a i o l o i e e e . a , a e o a à u , eiael n noi per ringiovanire lo Stato, dobbiamo te* nare a Cavour. Tornare a Cavour significa, per il Governo come per la nazione, aver fede schietta, aperta nella libertà politica e religiose, orrore sìncero, manifesto della vlolem za, delle cospirazioni e degU «rvolgimea: ti bui. Torniamo a Cavour! Tornare a Cavuor vuol dire difendere l'ordine nella libertà, promuovere il progresso indefinito. Insofferente della reazione e della rivoluzione. Tornare a Cavour significa professare un culto di uomini liberi, tanto più fermo e leale quanto meno servile, per questa dinastia di Savoia senza la quale nè le fatidiche audacie di Mazzini, nè il senno di Cavour, nè la spada di Garibaldi, né gli eserciti della Francia alleali al nostri, avrebbero bastato a darci una patria libera e una. Questa Dinastia, consacrata d'ai plebisciti, è ancora il labaro dello nostre fortune, la salda base su cui possono poggiare i Parlamenti più audaci per risolvere 1 grandi problemi morali e sociali del nostro tempo. Tornando a Cavour non si rinunzia a. nessun alto ideate per l'avvenire e per la magnifica grandezza della patria nostra; si intende anzi a tesoreggiarlo e custodirlo come un sacro deposito, contempcrandolo con quel senno antivedente e con quella prudenza dignitosa che il grande Re e il grande ministro adoperarono, .quando sui campi di Novara, dove ogni cosa pareva perduta tranne l'onore, raccolsero il lacero e insanguinato vessillo delia patria e di dolere in dolore, di prova in prova, lo portarono a sventolare radioso nell'eterno Cani< pidoglio. Calorosi applausi scoppiano all'accenno che fa l'oratore all'opera di Garibaldi e Cavour, irradiata dal! influenza pacificatrice di Vittorio Enuinuele II; e all'esposizione delle idee, che sulle questioni sociali aveva il Cavour. Un'ovazione lunga, calorosissima, accoglie lu perorazione dell'on. Luzzutti, che è costretto ad alzarsi e ringraziare l'uditorio plaudente. Ultimo parla il Sindaco di Roma, Ernesto Nathan, il quale dice: lì discorso di Nathan Roma non poteva uè doveva mancare in questa giubilare commemorazione resa più solenne dalla presenza di colui il quale immedesimandosene più di ogni altro, rappresenta il pensiero della coscienza nazionale e dell'avvenire presciente con geniale iniziativa, capo di un grande popolo ebbe l'ardimento di contrapporre la cooperazione alla concorrenza, la pace alla guerra: nella gara della produzione e dello scambio internazionale. Assorta a centro della vita italiana, memore del passato della ildbsrazione sua dai ceppi e dalle pastoie di tramontato dominio, ricordando le aspirazioni compresse e soffocate, le mura morali e materiali cinte intorno alla sua libera espansione, non può non recarsi a porgere tributo di reverente gratitudine al grande che al suo riscatto dedicò opera, Ingegno, completa rinunzia della personalità propria all'altissimo pubblico ufficio, a chi per fede invitta trasse il Parlamento subalpino pressoché 50 anni or sono, a proclamazione dell'attuale essere suo. E maggiore obbligo di fraterna solidarietà, nella comune afferma, zione ci incombe dalla nobile città donde si diparte. Roma ricorda ! essa nella nuova gloriosa veste è grande perchè Torino lo fu, e dall'alto stato volonterosa abdicò in nome del patrio bene: scese per salire. Dopo le eloquenti esaurienti rievocazioni oggi sentite, sarebbe vano intrattenervi sulla figura di Camillo Cavour, figura bonaria, armonizzante coll'altra del monarca che fedelmente servì, simbolo della bontà primogenita della forza, nel 'trattegiu^ne la vita; il carattere, l'ingegno, la fede, non è possibile dissociare la persona sua da altre a lui stretta» mente colleg'àté per 'armonie, contrasti: unità di intenti nelle vicende in cui ebbe si gran parte. Nella varietà dei temperamenti raccolti intorno ad un medesimo disegno traverso le patrie lotte, emergono figure principali intrecciate nella trama della terza Italia l'apostolo, il guerriero, lo statista ed il Re; quadrilatero inespugnabile, che seppe trionfare sulle forze varie, formidabili apparentemente invincibili contro di esse schierate. E la storia serena, sublimata dalle passioni che ancora si scuotono per versioni visuali e famigli-ari di attori nella grande scena, riconoscerà i meriti di quei grandi; il loro contributo ali opera comune alla stregua della verità, e a diversità di attitudine sortite da natura; rintraccerà le lotte, le avversioni, le recriminazioni sparse iti ogni pagina della cronistoria contemporanea. Fra Giuseppe Mazzini e Camillo Cavour in un col puro amor patrio colla volontà inflessibi.e; colla abnegazione e la potenza dell'ingegno constaterà un divario radicale di mentalità visiva: quegli classificherà lungimirante questo collo sguardo fìsso nel presente; l'uno nella chiara perspicacia degli eventi immediata e vicini concentra il -giudizio e l'opera sua, 1 altro nella nitida precezicne dei più lontani fati ad essi consacra l'essere; l'instancabile azione; l'anima; entrambi lottano per annichilire l'opera altrui convinti che debba condurre a perdizione impresa comune E la storia riconoscerà come senza l'audacia temperata di Giuseppe Garibaldi e la temperanza audace di Vittorio Emanuele, la mirabile fusione di forze per diverse vie convergenti ad unico intento non operatasi rigettando in balìa di un ignoto avvenire le patrie sorti. Sul Gianicolo. teatro di eroiche sue gesta, sorgo maestosa la figura di Giuseppe Garibaldi; rimpetto al palazzo di giustizia quasi a presiederne l'equo corso veglia quella di Camillo Cavour; tra breve sul coille capitolino nel centro del monumento alla terza Italia torregerà la statua di Vittorio Emanuele, il re galantuomo. 'La seguirà dappresso in degno luogo l'apoteosi della rivoluzione italiana nella persona di Giuseppe Mazzini. Cosi nel santuario dei fa'ti nostri, del genio latina, nella città eterna si riassumerà nella persona dei massimi fattori la storia della risurrezione patria simbolo dei suoi destini fra le genti incitamento ora e sempre a mantenere e ravvivare, purificare quella fede patriottica senza la quale non esiste nazione, Dia un aggregato di individui e di classi lottanti fra loro per la supremazia dei poteri, por la soddisfazione, degli appetiti, per il brutto i- una patria rigenerata deve irradiarsi quell'alto e nobile insegnamento; alla capitale in pellegrinaggio votivo devono convenire le iiutvo generazioni per seguire il beneficò impulso; ma alia loro volta i romani nella persona del loro rappresentante popolare, come ieri erano a Palermo: cosi oggi sono fra voi in questa città satura di gloriosa tradizioni e reverenti depongono l'omaggio della loro imperitura riconoscenza al grande e glorioso cittadino ohe collo gloriose tradizioni d'Italia e.di Torino si e immedesimato. Quando, tra altri grandi applausi, finisce si idi parlare il Sindaco di Roma, l'on. Teofìlo e; fiossi, invita il Re a voler onorare della sua e presenza lo scoprimento della lapide, che in a : memoria di Cavour, il Comitato ha fatta o, ! murare sullo scalone dell'antico Senato, li, La lapide commemorativa Il Re, il Duca, i Ministri, scendono fino al primo grande repiano dello scalone, su cui di:Si trova la lapide: che, il velario, cadendo, e-ilascia scoperta, mentre nell'aria vibrano te a--commoventi note dell'Inno di Mameli, ! E' un pregevolissimo lavoro del Biscarra. a! La lapide, di cui abbiamo già dato la ea! i-u lapiae, ai eia uuohuikj già iuiio ia eli j Pipate. dettata da Tommaso Villa, reca in o lnJ?» ^J^^^S^ n_;sima. espressiva testa in bronzo di Camillo n-jCavour er| Il Re si felicita della bella opera d'arte col o-.Biscarra presentatogli dal Sindaco Rossi; n- quindi scende nell'ampio vestibolo, in cui a- sono già state fatte avanzare le carrozze. eJ Mentre la Banda Municipale intona la a. «Marcia Reale», il Re, scortato da cara, 61 Din e.i a cavallo ritorna a * Reggia, ri-i l* P'^ Caste lo- ^nt' ^te^to il so. ftl.S^^^rtT^SS^i * '£w_e.di:toe; letto femminili, presenta uno spettacolo i grandioso, magnifico. ni," Subito dopo il Rè iascteno il Pa'azzo Ma i- jdama anche il Duca d'Aosta le rannreseni è;tanze della Camera e del Seùskl*>« la tòlèf Utt:diali *«vit*0-