DUE SPAVENTI

DUE SPAVENTI DUE SPAVENTI ovella di EdoardoCaanra co ^ alia Vernca, pressò Lombriascodove viveva ritiratamente, vigilando le fac cende campestri di tre o quattro contadini Non essendo occupato, potevo partir su bit se non ch„ era una stagiouaccia inco; • -, , stante, bisbetica, ora primaverile, ora autun, naie; in cui si passava dal vento piovoso aj nevischio, da questo alla gragnuola. . La mattina di lunedì, 2 maggio, fui proVerso mio am mi scrisse > la fine d'aprile dell'anno 1836, iico e fratello d'armi Paolo Gagliarda tenergli un po' ddi e bcnclìe i! tempo foss so "impazienza, . chiuso, chiusa la gola del Moncenisio. c l falde delle Alpi biancheggianti di neve, fec attaocare montai nel mio legnetto e uscii d, C1U'H- . . ; Nel viaggio uno a Carignano, non mi ac1 cadde nulla di particolare. A Carignann m fermai più del solito per dar riposo al ca , . , r - » L> ; vallo> elio le strade erano guaste e faticose E ripartii. j II tempo si era andato sempre più tab buiando; balenava e brontolava. Venner , . ' . , , ., ,. , Pccl" goccioloni, e subito dietro una piog già che in un momento diventò diluvio. I mantice del legnetto e la mia coperta d«"«pò mi riparavano molto bene, il cavall . r . . , „j trottava come niente fesse, eppure andavo avanti mal volentieri. Il rimbombo del tuo no mi urta i nervi, promuove in me inquie «™ .<■«»« ,-a, arcr siono d istinto. Invece il rimbombo delle ar tiglicrie, in guerra, ha sempre raddoppiat il mio spirito marziale e infusa la volont «« assalir« braveggiando il nemico; in pace , - ,■ , , ,• ■ • • e a.uando c seg«" dl salul° e dl 81012' ml f provare un misto di desiderio e di malinco nia, un senso di nostalgia bellicosa. Andav l- i —- v • i avanti contro voglia; e come ì lampi a zig """'r }«>nais cu peur zi??, sinuosi, ramificati, diffusi, ora bianchissimi, ora rosseggiante si riflettevano nella strada già allagata e mi accecavano; comlo strepito orrendo echeggiava nelle nuvolbasse e mi assordava: maledicevo il momento in cui mi ero messo in cammino, e mormoravo tra i denti, a mo' di giaculatoria, lfamosa frase del maréchal Ney: « Je voudrais bieii. savoir quel est le Jean-f... qui diDi reponte una scintilla immane, nn globo di fuoco, scoccò da nube a nube, turbinveementissimo a mezz'aria, esplose dentrun albero che s'alzava con maestosa chioma destra della strada, e lo guastò da cima fondo. In quel subito vidi tutto color di sanguemi credetti incenerito, annientato ; e, senzsapere quel che facevo, menai una violent frustata al cavallo estorrefatto. La pover ; bestia s'impennò, voltò corvettando e salta i j ■ • i • • j. ,. , Recando in un viale a sinistra, andò a da dl cozzo in un portone serrato, ! Smontai: ma ero così abbacinato, oosì in ; trenato, che invece di picchiare e chieder diedi a strigar* le guide, che mero lasciato scappar di mano. In quella che mi affannavo, tremandconvulsamente, il portone si spalancò, un ccntadinotto tirò sotto il portico il cavalle il legnetto ; un uomo attempato, in mozz I ''vrea> mi porse un ombrello aperto, dicend ! piemurosamento: — Entri, entri. Gesù e Maria, ero all'ul I . ■ 1 * 'timo P-lan0 6 h° Vlsto tutto ' Sono 10 che h *vvertlto monsu e madama. Venga, venga ! Vu(,'° appoggiarsi al mio braccio? Pasu i uassi... passi,. Così dicendo, stava lì, senza avvedersi chm'impediva il passo. Alla fine se ne accorsesi mosse, e io gli andai dietro. Traversato un cortile, che in quell'ora i -u" ' \ 'iVr—IT ~T" ""5~ V1burrasca' arrlvamn>o alla porta di casa. Io o r padrone e la padrona mi aspettavano rittsulla soglia. Lui, era alto, asciutto, con uncapigliatura di splendida candidezza, chfaceva parere più bronzina la faccia rasa rugosa. Lei anzi piccola che no, e un popingue, aveva conservato essa pure molti capelli, e due folte ciocche castagne tiratindietro, le ornavano la faccia pallidettaove traspariva una bellezza passata, sfioritama non ancora senile. Tutti e due portavano il bruno grave, e la loro presenza dmostrava una dignità riposata, un po' malinconica, che moveva a venerazione insieme a simpatia. Non si perdettero in parole di complmento, mi condussero in un salotto vicinmi fecero sedere dinanzi al caminetto, prendere una buona fiammata e una tazzdi caffè. Io dissi il mio nome, il vecchio sgnore mi disse il suo: Pietro Francesco Gindri. Si parlò del più e del meno. Tanto marito che la moglie mostravano quell'ubana disinvoltura di modi che è propria dele persone sfranchite nel conversare cotutti. L'uno amava la pittura, l'altra musica. Di faccia al caminetto vi era upianoforte; e alle pareti, come tappezzeriun chiaroscuro in cui erano figurate le quatro stagioni: un vecchierello tutto intirizito, con le braccia ficcate fino ai gomiti iun gran manicotto, simboleggiava l'Inveno; una vispa forosetta, emergente da unrigogliosa fioritura, la Primavera; l'Estatera un adulto seminudo che percoteva biade con coreggiato; l'Autunno una venditrice di frutta con una pezzuòla annodata intorno al capo e un po' di sciallucciIl signor Gindri mi disse che quella teleseguita sul luogo, era opera di Antonio Amaretti, da Pancalieri, un giovane che atendeva con molto profitto alle bellezze del'arto e agH studi che si competono a uartista giudizioso. S'avvicinava intanto l'oscurità della note ; la pioggia continuava alla dirotta, scrsciando più rovinosamente che mai. Il padrone chiamò il servitore perchè acenciose il lume, poi si rivolse a me: — Come si fa a viaggiare con questo tempaccio? Il diavolo non andrebbe per unmma. E la padrona con una gentilezza che venva direttamente dall'animo: — Faccia della necessità virtù, e per questa sera accetti di stare con noi. E poiché rimanevo sospeso, non per dubbio ma così por cerimonia, il signore rprese: — Parlo sul serio, sa. Sono pratico delstrade: a quest'ora devono essere assolutaniente impraticabili. Le acque dei fossi rigurgitano e allagano. E poi. e poi.... Badiamo di non fare qualche imprudenza. Si cenò in una stanza dipinta tutta a fresco, rappresentante un pergolato fatto dpampini, ricco d'uva, sparso di augellettvariopinti che rallegravano l'occhio. Perla cena non fu lieta. Il contegno dei due ospiti verso di me continuava ad essere corret•wiwn», in* a momenti vede*» divoMÀse pi ' intensa, più cupa quella malinconia che qua si sempre stava sul volto del marito; ve devo la moglie abbassare mollemente la te¬ - - o à , a - o - e e a t sta e rimanere come assorta in un pensiero nascosto, famigliar© alla mente e più forte sii quella che la mia presenza. Poi si cambiavano, sorridevano a fior di labbra e riprendevano il discorso. Da questo e da altro cose che vedevo e sentivo, cominciavo a comprendere che i signori Gindri vivevano tutto l'anno in quei luogo appartato o solitario. Essi dovevano avero idee e opinioni particolari, ben radicate nel cervello, modi di operare' divenuti per lungo uso ordinari e abituali: mi proposi quindi di non contraddirli, di fare il possibile per non riuscire noioso n importuno, per non recar loro il minimo incomodo. Dopo cena si tornò nel salotto delle quattro Stagioni, dinanzi al caminetto. Qui bisognava indovinare cerne i coniugi usassero passare la serata: se giocando, se sonando, se leggendo. Mentre stavo facondo qualche congottura, la signora. Gindri disse: — Oggi è giorno di posta. Fortuna che è arrivata prima del solito, se no ci mancherebbe la Gazzetta Piemontese. — Sarebbe un inconveniente — mormorò il signor Gindri ; e soggiunse volgendosi a me: — La gazzetta è una gran bella invenzione. Siamo qui. lontani dalla città, quasi segregati dal genere umano, oppuro ogni giorno corrispondiamo in certo modo con tilt, ti i popoli della terra! — Penso anch'io cosi — risposi. — La sera, dopo passeggiato, me ne vado al caffè. Lì, combino tre o quattro amici, leggiamo le gazzette, poi c'ingolfiamo nella politica: e ognuno. secondo la propria opinione, ordina eserciti, allestisce navigli, apro arsenali, sottoscrive alleanze o bandisce asprissimeò o a a , a a a ¬ r e i o n o a o o , , e , , i l i a e e ' e , , e o, e a il rn a n a, n a e e ao. a, tln toguerre. Il signor Gindri aveva già prèso e spiegatoun foglio che stava sul caminetto, vicino allume; e la signora s'era rigirata sul suo seg-giolone e spingeva innanzi la lacci», oomechi si dispone a sentir cosa che assai gHprema. — Permetto? — mi domandò ancora ilvecchio signore accomodandosi gli occhiali,— Si figuri! —esclamai. — Anzi, mi i&un favore. E così egli cominciò a leggere, tralascian-do certi passi, fermandosi su certi altri: — Duuoue vediamo uu po': America Set-tentricnalè. (Dai fogli di- Nuora York del24 marzo). Il generale Gnincs ha fatto il te-guentr. accomodamento con gl'indiani dellaFlorida: — Gl'indiani ed i loro capi si ri-tireranno al di là di Wildocooclui.... Mene rallegro moltissimo. Impero ot tornano.Niente. Grecia. Leggessi nella Gazzetta:d'Au-gusta: « Scrivono da Larissa che le truppeturche quivi concentrate comincerannoquanto prima le loro operazioni contro Icbande dei malandrini... E va bene, faccia-no pure. Una lettera da Lamia, in da'ti del-?'ll di marzo, parla di un combattimentoaccaduto coi clefti.... Devo leggere? No, eh ?Tiriamo via. Impero Busso. Niente d'impor-tanto. Alemagna, Berlino. 15 aprile. Dap-pertutto si attende a piantar fabbriche dizucchero di barbabietole... Oh gioia ! GranBretagna. Londra 22 aprile. Nessuna nuovapolitica è corsa stamattina alla Borsa..Uhm! Portogallo... Spagna... Francia... No-tizie d'Algeri. Il Mouiteur stampa un lun-ghissimo ragguaglio del generale Rossa tei almaresciallo Clauzel sulla recente spedizionedi Medeah... Ah, ah ! — s'intorruppe, per-corse con l'occhio tutta la pagina e ripre-se: — Insomma i cabaili combattono da e-roi, ma che vale? Oh, oh! Dicesi dagli arabche Abd ci Kailer, abbandonato dai suoisi è ritirato verso Marocco. Possibile? Ehmsarà un inganno militare, uno stratagemmaNotizie posteriori. Vediamo le notizie posteriori... 2 maggio, 11 aniim-. Il corriere deMoncenisio di questa mattina è tuttavia inritardo... Al solito. Oggi perdura il freddo..Infatti! // Journal de Paris reca, che il 21Iriarte con un battaglione sostenuto dal presidio di Pamplnna, assalì i cartisti trincerata Balascoin... Se la facessero finita? E quiNon avevo veduto ! Il dissapore fra Mendizabal ed Isturitz finì con un ditello alla pistola: niun, dei combattenti rimase ferito: es»i si separarono a mediazione dei padrinima più nemici che mai. Bella riuscita!... SuaMaestà l'arciduchessa di Parma, è arrivata i28 aprile a Milano da Piacenza, scendendo qui: Teatro Carignano... BaUcol suo seguito all'I, li. palazzo di CorteAmen! Interno. Genova, 27 aprile. Notizimarittime. Notizie commerciali. Qursto nou fa per noi. Torino. Osservazioni metereologiche... Annunzi — Avvisi... Spettacoli... — Appunto — disse la signora; — chcosa si rappresenta al Carignano? Sofia di Mosco via; composto c diretto daCoreografo Monticini. Teatro D'AugenncsCompagnia Drammatica al servizio eli S. SR. M. La Fiera. Circo Sales (allo oro 5.30)Esercizi di cavallerizza eseguiti dalla Compagnia Guillaume. Domandai alla signora se le piacesse il teatro. Ella si scosse un poco, a guisa di chi colto da un'interrogazione imbarazzante, poaccennò di sì, e stette a capo basso, quasla sua anima, sollevata un momento, ricadesse ad un tratto in un abbandono estremo— Se le piaceva il teatro? — esclamò isignor Gindri. — Altro! L'opera seria, l'opera buffa, l'opcra-ballo, il dramma, la commedia... Ma poi e venuta la tragedia, la catastrofe. E addio ! Un lungo silenzio'successe a questo paroleMarito e moglie guardavano fìsso fisso ifuoco, immobili come due sitatile. Io pensa vo : c Ivo: — O mi diranno ciò clic fu questa catam- strofe, e mostrerò di condolermi; o non ma-1 diranno niente, e Io rispetterò il loro ge ! greto. i- i Non mi dissero niente. A uu punto il ma rito piglio le mollo come per rattizzare oe- ravviare il fuoco: tramestò la cenere, scom - pigliò tizzi e carboni, e riprese, riponendo- ! lo strumento al sur» posto: — Mutiamo dii- scorso, parliamo d'altro. Adesso rileggerò la j gazzetta, la spedizione di Tencah, di Mee deah... Tanto per far tardi. Poi voltandosa- meno afflitto, meno crucciato, e con una - specie di rammarico d'aver parlato in que- ; tono e in quel modo, mi disse: — Ma Jei de I v'essere stracco morto? Senza complimenti..- ; E la moglie con una voce ancora un poi alterata, ma quanto mai si può immaginarti]dolce e persuasiva: ò i — Senta: so mai la camera e pronta... - : Accettai volentieri quell'offerta opportu-, na e cordiale : dal canto mio avevo sonno, ù nrobabilmente éal canto loro i miei osnit | non vedovano l'ora di rimaner di nuovo soli a pascersi di malinconia. La signora scasse un campanello e al ser* vitore cho entrò, disse: — Giacomo, accompagnate questo signore alla camera giall». Ci augurammo scambievo?menite la buona sera e la buona notte, e ci separammo. Giacomo mi fece lumo su per una scala di pietra, fino al primo pianerottolo, m'Introdusse nella camera che mi era destinatae disse : — La sua sacca da viaggio è già lì sulsofà. So ha bisogno di qualche altra cosa?...— Grazie, non ho bisogno di nulla. — Oggi ha passato un brutto quarto d'ora. Si ha un bel diro. Uno può aver più co-raggio di Napoleone, ma, cospetto ! col fui-mine non si scherza. Basta, il dormire le fa.rà bene... Mi comanda? — Andate pure. Il servitore mi porse il candeliere e se neandò. La camera gialla era molto grande e sfogata, parata con carta canarina, simile nel colore alla stoffa un po' sbiadita che sopra-stava alle finestre, al letto e ricopriva i mo-bili. Questi erano tutti di mogano, di eia»' sico disegno, eccetto una consolle alla roeo-cò, sopra la quale stava uno specchio con lav luco tutt'un pezzo e la cornice a fogliami. Cavai dalla sacca la biancheria da notte,posai sul comodino, accanto all'orologio e all'anello, il tomo decimo di Lo spettatore Ita-J liana, mi spogliai od entrai in letto. Siccome per solito non posso addormentarmi senza scorrere qualche pagina, presi ilvolume, lo aprii a caso, trovai un articolo intitolato Filosofia, e lessi quanto segue: « Mercè della filosofia, i vampiri sono iti fuori di moda. Perche dir non postiamo lostesso degli spettri e delle fantasimef Tut-I tavia, se. la fede alle apparizioni non è an-[cora marta del tutto, essa almeno piti non: } 'pive che nelle menti ristrette e nel volgo pu- j sdlanime e rozzo. | Nel Uhm di Flegone, liberto dell'impera- tare Adriano, in mezzo a mille, racconti da \ veglia, trovasi la seguente storiella ch'ei di- [ ee avvenuta in Ipate, città di Tessaglia. E' dessa una delle poche, favole di questo gene-,re, trasmesseci dagli antichi, che molto si rassomigli alle superstiziose invenzioni ma* i derne. Filinnione, unica figlia di Demostrato e, di \ Carilo, morì in età da marito-, gl'incanto* i«6't7* suoi genitori fecero seppellire insieme coi suo cadavere gli ornamenti e gli arredi che la fanciulla aveva avuto più earimentre viveva. Alcun tempo dopo ch'ella, fu morta, j »'•' giovane signore, per nome Macate, venne \ ospite'in casa di Demostrato, ch'era suo ami-\ co. Una sera, essendo Macate in sua camera) ] Filinnione, di cui questi non sapeva la mor- | te, gli apparisce, gli dichiara il suo nome,c.e lo induce con mille vezzi a corrisponderle.. Macate in pegno di affetto, regala a Filin-ì'iione una coppa d'oro, c si lascia trarre di '* dito un anello di ferro che usava portare j Filinnione dal canto suo, gli fa dono del suo 1 monile e di un anello d'oro; indi prima del*\l'aurora sen parte. ' La notte seguente, ella ritorna all'ora mc- desima. Nel frattempo che stavano insieme, Carilo mandò una vecchia fantesca nella j stanza di Macate onde vedere ciò eh'egli fa ! cesse. Questa donna tornò indietro ben pre-ìtto, tutta smarrita, a dire alla sua padrona ] che Filinnione trovavate con Macate in, ra-J giovamenti. La trattarono qual visionaria, ' ma siccome ella persisteva in accertare che \ quanto diceva era il vero, giunto che fu il {mattino; Carità andò dal suo ospite e gli chiese se la fantesca non Favesse tratta in ^ errore. Macate confessò che la vecchia non:ai'cwa- mentito, narrò tutte le circostanze di [quanto gli era accaduto, e mostrò il monile ! e l'anello d'oro, che la madre riconobbe per quei di sua figlia. Questa vista ridestò nel \suo animo il dolore d'averla perduta-, ella I gettò spaventevoli grida, e supplicò Macate idi avvertirla quando la sua fanciulla ritor\ nasse : il che egli. fece. Il padre e la madre la videro, e le corsero incontro per abbrac ! ciarla. Ma Filinnione, abbassando gli occhi. \ con mestissimo sembiante lor disse : « O paìdre mio.' O madre mia! Voi distruggete la \mia felicità coll'impedirmi, mediante Vin~ [tempestiva rostro presenza, di vivere toltati\to tre giorni, insieme col vostro ospite, nella l -paterna magione, e di avervi qualche dolo \cezza, senza in nulla turbarvi. La vostra cu¬riosità vi riuscirà funesta, perche io meli ritorno all'asilo della morte, c voi mi piangerete non meno ai quanto faceste quando fui posta sotterra per la prima volta. Ma io vi ammonisco che non son qui venuta senza il volere de' numi ». Dette, queste parole, eh la calde morta, e il suo corpo venne esposto o\sopra di un letto, agli occhi di tutta la gen-1 te di casa e! l . . . è i e i Si andò poscia a. visitare il sepolcro di Filinnione e non vi si rinvenne il. suo cadavere; tran vi solamente l'anello e. la coppa d'oro che Macate le aveva regalato. Macate, piai di vergogna per aver dormito con uno spettro, di propria mano si uccise. Riesce inutile il far commenti sopra l'assurdità di questa favo/a b. Chiusi il volume, tenendovi dentro l'indice por segno, e volli meditare un poco sulla credenza nelle apparizioni dei morti, credenza di tutti i tempi, comune a tutti i popoli. Che mai può essere? Una prova dell'insanabile debolezza della mente umana ? Un argomento confermativo dell'immortalità dell'anima? Quante volte non ini sono affaticato a rintracciare nella memoria l'origino di corte impressioni sottilissime e misteriose avute Dio sa quando, forse in un'altra vita! Quante volte non no desiderato con tutte le potenze del cuore di rivedermi dinanzi, sia pure per oochi istanti l'immagine di qualcuno dei miei poveri morti! Intanto, a poco a poco, la sconnessione delle idee divenne confusione; i sensi si assopirono ; perdetti ogni volontà, ogni intenzione. Nel dormiveglia mi parve ancora dì dover fare qualche cosa, ma non seppi più che... Passò un'ora, forse due, torso' tre. D'improvviso mi scossi, spalancai gli occhi, feci quasi un balzo sul letto. Non era più solo. Alla luce tremula e impura della candela fungosa vedeva uua fanciulla, vestita da ballo con eleganza congiunta a semplicità, cho si moveva por la camera senza fare il più piccolo rumore ; e ogni poco si fermava a guardarsi nello specchio ch'era sopra la consolle, corco vagheggiasse la sua beHer.zt», l->. sua acconciatura, il suo abbigliamento. Chi poteva essere? Una povera pazza? Una sonnambula? Non volevi credere a quello che vedtfHfe <» stavo li seuza batter occhio