Un romanzo nazionalista

Un romanzo nazionalista CfrOflACflE IiETTEfrflftlE Un romanzo nazionalista Abbiamo sott'occhio la Patria lontana di Enrico Corradini. Viene dunque a tentare il nostro spirito uno fra i più delicati e complicati problemi che possano offrirsi alla critica. E' facile, è attraente, spesso è davvero piacevole a leggersi la prosa del Corradini; è estremamente difficile e penosa a giudicarsi, a collocarsi, a intendersi nella sua pienezza e nella sua intimità. Sentiamo quasi sempre che la sua concezione fu illuminata da un lampo di schietto e maschio vigore, che la-sua prima ispirazione fu accompagnata da un brivido di vera e commossa genialità; ma sentiamo anche assai spesso che quel lampo e quel fremito passarono troppo fugaci, che alla subitanea forza del concepire non corrispose la paziente energia dell'eseguire, che anzi, durante tutto il tempo dell'esecuzione, il Corradini si arrovellò a ritrovar dentro la sua memoria quel primo, laminoso, impetuoso fantasma, per ghermirlo tutto intero, per tradurlo tutto intero in parole; e non vi riuscì se non a sbalzi, in lucidi intervalli durante i quali l'immagine essenziale del libro gli rifulse innanzi per dileguare BUbito dopo. Se è vero che la coscienza della realtà raggiunta in paragone al sognoche si perseguiva e dolorosa per tutti glft artisti, grandi e piccoli, 10 credo ch'ella debba essere tragica addirittura per il Corradini. O forse io mi illudo, e trasferisco arbitrariamente nell'autore un'impressione molto oomuaie fra ì suoi lettori : quell'impressione che si riassume nelle consuetudinarie parole:' eppure c'era qualche cosa. C'era qualche coBa di più organico, di più compatto, di più vivo insomma che l'autore non aia riuscito a darci nel libro stampate:' Pare ch'egli abbia girato tutt'intecno al tema, senza trovar la via per giungere fino al suo cruore. OJGoaì ogni nuovo libro del Corradini suscita, in,;noi,un'aspettazione piena di simpatia e di rispetto: che il Corradini sia divenuto pari a se medesimo, ohe l'esecuzione sia degna dell'ispirazione, che lo scrittore di grande razza (tale egli è sicuramente nell'istinto se non» sempre nei risultati) appaia infine evidente anche al grosso dei lettori, a quelli che non saprebbero rintracciarne la forza e la purità attraverso le scorie. Con questo sentimento si legge la Patria lontana. E fin dalle prime pagine si comprende che non è dei soliti romajnzucci : il tono, pur non degenerando mai nel declamatorio, ha sempre alcunché di poetico; la narrazione è larga e sintetica; il disegno ed il ritmo del linguaggio rivelano un temperamento artistico, nobile e fiero, alieno dalle minuzie pedestri, dalle spiritosaggini volgari, dagli svolgimenti consueti. Si sente che il Corradini, per diria con'un termine soldatesco, non viene « dalla bassa forza » e che 11 suo libro, se si chiama romanzo, perchè non v'e altro nome che-si addica a un volume di prosa narrativa, non è però composto secondo il formulario convenzionale con cui si fabbricano i romanzi. Procede direttamente dallo spirito dell'autore, ed ha forme, procedimenti, mezzi tecnici che sono tutti suoi, perchè appartengono all'autore e non ad un genere letterario in voga che l'autore abbia passivamente accettato. Questa è la prima impressione, ed è la più sicura. Le altre vengono da un animo alti v.anfco perplesso. Cerchiamo innanzi tutto di renderci conto degli eventi che si svolgono nella Patria lontana. H protagonista, l'eroe (che in questo caso gli conviene il nome) è Piero Buondelmonti, grande scrittore e focoso apostolo dell'idea nazionale. Sconfortato « perchè poche sere prime aveva fatto in pubblico un discorso per esporre le sue dottrine politiche, e gli avversari di queste dottrine s'erano dati convegno nell'aula, gli avevano troncato la parola e l'avevano costretto ad andarsene con urli e fischi », Fiero Buondelmonti confessa la sua tristezza a una cara amica d'infanzia, a Giovanna, moglie del celebre chirurgo Axerio. E l'amica gli consiglia di distrarsi, venendo anche lui nel Brasile. Il professor Axerio è stato invitato a fare un corso straordinario di un anno nella facoltà di medicina di Rio de Janeiro, a Nulla è perduto, amico, e lei ritenterà la prova. Ma ora ha diritto di riposarsi. Venga con noi. Chi sa che non trovi laggiù l'ispirazione per fi suo capolavoro e per la sua rivincita ». Al capolavoro e alla rivincita pensa molto debolmente Piero Buondelmonti; ma pensa con ostinazione alla speranza di divenir l'amante di Giovanna. Con questo miraggio egli parte per Rio de Janeiro, e, dopo qualche schermaglia di passione e di esitazione, dopo qualche critico indugio, durante il quale la bella donna sembra perfin preferirgli ■ il futile e cinico Filippo Porrena, Piero Buondelmonti conquista la desiderata bellezza, e la conquista con un duplice sentimento di vittoriosa gioia; con la coscienza di ciò che valga la preda, con l'irosa soddisfazione di aver battuto quel rivale, il' marito professor Axerio, contro il quale s'appuntano l'odio, il disprezzo, la gelosia di Piero, non soltanto perchè egli « detiene * la bella donna, ma perchè è borghese, pacifista, umanitario e solennemente barbuto. Giovanna, fattasi, oltre che adultera, ribelle per il disgusto di una violenza coniugale cui ha dovuto soggiacere, fugge dal marito, e fila un tragico idillio col Buondelmonti. Finche l'Axerio non li stana, e ferisce gravemente il rivale, uccide la moglie. t , Qui siamo alla fine del settimo capitolo. Ne restano cinque, nei quali di Giovanna rimane appena appena la memoria e il professor Axerio è disparso. Piero Buondelmonti si volge ormai tutto alla sua idea nazionale; polemizza con un capoparte socialista, anzi sindacalista, riuscendo a trasformarlo in un patriotta, mentr'egli, rimanendo nazionalista, diviene sindacalista, lavora per infocare all'amor di patria quelle remote ed in parte, dimentiche colonie. Le notizie dall'Europa divengono frattanto di giorno in giorno più gravi; si minaccia la guerra ; la guerra scoppia. Non è detto contro chi; ma si capisce che è contro l'Austria (< Vedrai festoni d'isole lungo l'Italia, dove volò l'Aquila e passeggiò il Leone, le vedrai, se torneranno nostre dopo la guerra ! >). Piero Buondelmonti giova con la forza della sua parola e della sua fede a che s'impinguino le sottoscrizioni di soccorso per la patria lontana; e col suo esempio fa si che quattrocento giovani italo-brasiliani si arruolino fra i volontari sotto gli ordini del « figliuolo di Garibaldi >. Col viaggio di ritorno verso la guerra e la « patria lontana » si chiude il romanzo, che s'apriva con la ' navigazione verso la colonia remota e l'amor*. - Poiché in Pietro Buondelmonti Enrico Corradini ha messo non poco di sè medesimo, poiché l'autore della oc Patria lontana », oltre r.'ie romanziere e drammaturgo, è scrittore politico e vorrebb'essere quasi fondatore di una nuova scuola d'azione o d'un nuovo partito, non mancheranno quelli che crederanno lor diritto e dovere discutere questo libro nelle idee che il suo protagonista professa. Lo loderanno per simpatia al nazionalismo o per antipatia al nazionalismo 10 biasimeranno. A me, lo confesso umilmente, non riesco di comprendere il nazionalismo nè che cosa sia nè che voglia; ed a confortare la mia ottusità di mente ci sono mille e uno argomenti, fra i quali scelgo 11 più volgare: che, se nazionalismo è amor di patria, non è comprensibile che l'amor di patria possa divenire privilegio o prò gramma di un partito ad hoc e ancor me-no è comprensibile perchè mai abbiano sen-titd il bisogno di ribattezzarlo a quel bar-baro modo. Se poi il nazionalismo vuol con- trapporsi al socialismo, propugnando gl'in- teressi di tutto il paese di sopra e di là da- gl'interessi delle singole classi, il socialismo antipatriottico (dato che ce ne fosse ancora qualche residuo) avrebbe troppo buon giuoco rispondendo che, poiché sostiene i diritti del proletariato contro il possesso della borghesia, vuol dire che a parer suo quello vai meglio di questa e che la nazione dominata dai proletari sarà più libera, più grande, più felice che non sia mentr'è dominata dai borghesi. No: il nazionalismo non può essere il partito di coloro che amano la patria contro coloro che non l'amano. Poiché, sa così fosse, i nazionalisti dovrebbero considerare i non nazionalisti come traditori e parricidi e spie e gente degna di vitupero e di forca; e Piero Buondelmonti troverebbe per i fischiatori delle sue conferenze nazionaliste un appellativo più energico di quello che adopra; <r gli avversari di queste dottrine politiche ». Sono dottrine, dunque: formulario scientifico e programma pratico. Vi sono anime ingenue e rozze abbastanza — com'è Maurice Barrès tra i francesi ed Enrico Corradini.tra noi — per credere che un sentimento, sia pure il più istintivo e profondo qual'è l'amor di patria, non abbia diritto di manifestarsi se non è accompagnato da una scorta di filosofemi zoppicanti; Quasi parrebbe che il sentimento patriottico, semplice e nudo, temesse di sfigurare in cospetto dell'austero e ben paludato socialismo scientifico. Questa è la scoria teorica. Il programma pratico si dovrebbe discutere caso per caso. Giacché il nazionalismo ha pure un certo suo contenuto, e non si riduce a una minoranza di patri otti che credano indispensabile al loro lodevole patriottismouna certa dose di scarti filosofici. I nazionalisti hanno un loro peculiare programma d'azione col quale vorrebbero venire in soccorso alla patria. In Francia inclinano verso il militarismo, verso l'antisemitismo, verso il clericalismo. In Italia sono immuni da odii settari, e non si trovano d'accordo, se non erro, che su tre punti, dei quali il primo è eccellente: forte preparazione militare e navale; ma il secondo è già discutibile: lode delle cose nostre a detrimento delle straniere; e il terzo è pessimo addirittura: avversione contro la Triplice e rinf.ocolamento di rancori bellicosi contro l'Austria. Ma tutto ciò ha poco da vedere con la Patria lontana. Se per molti nazionalisti Enrico Corradini è il fondatore del partito, il caposcuola (e per alcuni si potrebbe anche dire ch'egli è « padre incorrotto di corrotti figli »), bisogna amplissimamente riconoscere che nel Corradini le chiacchiere teoriche e i cavilli storici sono un leggerissimo e caduco involucro, di là dal quale si sente battere, quasi direi si vedo battere un gran cuore gonfio di passione, d'orgoglio, di tenerezza, di dolore filiale. L'amore di Enrico Corradini per la patria ha un'intensità che qualche volta è lacerante, ha un abbandono che può diventar voluttuoso. Il nome stes^ so d'Italia gl'intiepidisoe e gli profuma la bocca come il nome d'una donna cara sospirato fra i baci. E non è passione di fresca data, accesa col consentimento della moda: il Corradini fremeva e gemeva del medesimo furore anche tredici o quattordici anni or sono, quando, dopo Abba Carina e la rovina di Crispi, parve davvero che fosse miglior patriotta colui che più apertamente disperasse della patria. Poiché in un'opera d'arte quelli che contano sono i sentimenti; e poiché — qualunque sia il valore della sua teoria nazionalista.— il sentimento patriottico del Corradini è pieno, veemente, eroicamente sincero, l'elemento essenziale per il capolavoro c'è. Ed io credo, se non è'troppo pericoloso azzardare un'ipotesi, che Enrico Corradini abbia concepito il suo romanzo proprio così. La Patria.lontana doveva essere l'Italia nella memoria, nel.cuore, nella fantasia degli emigrati nel Sud-America. Attorno a un leggerissimo schema di narrazione continuata il romanziere avrebbe descritto la vita dei nostri fratelli di laggiù. Alcuni hanno ancora nel cuore l'Italia ; altri l'han cancellata o vogliono cancellarla. Ma il momento catastrofico li accomuna. La guerra è scoppiata in Europa, travolgendo nel suo tumulto anche l'Italia. Piero Buondelmonti, che fino allora aveva atteso invano una parola d'ordine dal destino, impugna la fiaccola della patria, e trascina le colonie alla difesa d'Italia. Questo era il romanzo epico del Corradini, una specie di Eneide in prosa; e l'amore di Giovanna Axerio non doveva prendervi maggior posto che non abbia Didone nell'Eneide. Invece s'è manifestato uno strano fenomeno d'usura. Giovanna Axerio ha divorato la patria lontana; l'amore ha soffocato la guerra; l'adulterio ha ottenebrato l'eroismo. Di dodici capitoli sette almeno sono per Giovanna, cinque al più sono per la patria. Ciascuna delle due parti è troppo strozzata per vivere da sè ; è troppo essenziale ed abbondevole per potersi considerare come una cornice, o un fregio o un episodio. Da qualunque lato si guardi, il palazzo è pericolante: c'è una massa che strapiomba, c'è una sopra-struttura che minaccia sfacelo. H libro fa l'impressione di una lettera d'affari scritta da uno sbadato, che per pagine e pagine si dilunga in particolari interessanti di per sè, ma inconcludenti in rapporto all'argomento della lettera, e poi conclude e firma; e, firmato che ha, si ricorda che aveva pur qualcosa da dirci, e affastella alla' Paggio in un frettoloso poscritto pror prii quelle cose per le quali aveva cominciato a scrivere la lettera. Non dite che si tratta di una volgare uestione di proporzioni. 11 guaio è che onuna delle due parti influisco sull'altra urbandola e sconvolgendola. Corradini sene la patria, e ha pagine di bellissimo fervore; sente la donna, e ha tocchi delicati e forti quando parla di Giovanna. Ma, se avesse semplicemente narrato l'adulterio di casa Axerio, non avrebbe avuto bisogno di parteggiar così sfacciatamente per Piero Buondelmonti, nazionalista, contro il marito, colpevole d'essere liberale, borghese, pacifista, umanitario e barbuto (quella barba del professor Axerio è addirittura un'ossessione per il romanziere). Restano tratti di racconto stupendamente sintetici e drammatici; restano guizzi di passione magnificamente fuggiaschi. Ma il romanzo patriottico ha nociuto al romanzo d'amore, intorbidando l'umana realtà dei personaggi e l'umana equità del narratore. Mentre, d'altro canto, il romanzo d'amore ha nociuto al romanzo patriottico, riducendolo ai minami termini, strozzandolo in fasce. Morta Giovanna Axerio, Piero Buondelmonti ha tempo appena per qualche discussione teorica ,- , „ !e. Per 1ua,che conferenza di propaganda. E 1 ™m™™ 11™"™-*- ! Sud ì Dove sono il Brasilo e Rio de Janei- , _ £J*£ V&$» rapida visione panoramica dallt?,lto_. .E la 7.lfca_ tumultuosa di quelle ^1 E i popoli che s incrociano? E la fa mlflla, *faSlca dell immigrato! E laJazen- 'da? E il paesaggio meraviglioso e funestodell'interno? Non c'è nulla o quasi nulla di tutto questo. Pensate: da un lato la memoria, il sogno d'Italia; dall'altro la realtà del Brasile: fatica, fortuna, fame, figliuoli di donne straniere, flussi e riflussi di gente che arriva, di speranze che naufragano. Se tutto questo fosse concretato nell'arida e lucida o bellissima prosa di Corradini, avremmo un meraviglioso libro. Ma Corradini alla realtà vista e vissuta ha preferito i discorsi generici, a un'impressione, che pure avrebbe potuto, avrebbe dovuto darci, dei quartieri italiani in Rio preferisce una disputa, piuttosto vuota, anziché no, su socialismo, sindacalismo, borghesia, rivoluzione e guerra. Disputa che poteva bene svolgersi in Europa. Ed all'una e all'altra — alla disputa teorica e all'impressione vissuta — preferisce la solita passione adultera con finale tragico, che scoppia a Rio do Janeiro, come potrebbe scoppiare a Parigi. Così, invece del grande romanzo epico che aveva in mente, ci ha dato il sommario concentrato di un romanzo d'amore con appiccicatavi su una tesi patriottica. Si compiace di astratte generalità *(■<■, fner, A ~ 1™ J,\,<-„™„ f„*,V J_ll>» - GlsddnmsznrcBmzpcnmcmtTsgtà sfuependo la "diuturna fatica rlnll'rwsAr 1 la, siuggenao la, muturna fatica cieli esser- | vazione: e questa pigrizia rovina le qualità sue di scrittore. Malgrado parecchio pagine di bellissima prosa, malgrado un personagSS." ™"°i^^^m»"^ ~°_^2>x; lità e con forza, anche la Patria lontana è troppo inferiore a quelle che sembrano le possibilità di Enrico Corradini. G. A. Borgese Eroico Cobbadtni: La patria lontana. — Milano, Trevea, 1910.