GLI ULTIMI RIFUGI III. Le case della miseria di Virginio Gayda

GLI ULTIMI RIFUGI III. Le case della miseria GLI ULTIMI RIFUGI III. Le case della miseria ottracorrsponenzaparcolare). Vienna 26petto E una foll t Vienna, 26. Se un vagabondo disoccupato del grande esercito della miseria riesce a trovare lavoro e alla sera, dopo elio si è sfamato, ha ancora qualche centesimo, lascia il bosco o il canale, diserta tacitamente la sua compagnia o ceroa altrove un migliore rifugio. All'ora consueta, la sera, non compare più nel suo club. I compagni lo attendono invano, qualche giorno: ma non lo cercano. Se non lo vedono tornare, pensano senza ' turbarsi, nella impassibilità della loro miseria, che gli è toccata una improvvisa fortuna o qualohe disgrazia e lo abbandonano all'oblìo. E anche quello che è stato favorito dall'improvvisa fortuna dimentica subito i suoi antichi compagni, elio dormono sulle i pietre e non sanno sempre che cosa man- j giare, sale più sù, ritorna nella « società »| ed entra nell'altro sterminato esercito di gente un po' meno' affamata che popola iìgrandi Hotel» dei Masscnquartiere. A Vien- j na ci sono molte di queste strane locande j della miseria. Ebso aprono le loro .piccole porte, senza insegne, nello vie stretto e tortuoso dei quartieri eccentrici : sopratutto nella cosidetta Leopoldstadt, il quartiere dell'est di Vionna, anche più desolato e tri-1 sto di quello dell'est di Londra. Qui si tro- vano le caso più scure, i vicoli più angusti e la più tragica miseria della capitale. E' il regno senza luce della povera gente In tutte le grandi metropoli, dove si accumulano tante misorie e tante ricchezze, vi è sempre questa caratteristica scomposizione della società e delle sue case, che si dividono in diverse sezioni nettamente distìnte, come se fossero separate da un'invisibile barriera insuperabile. La pressione della vita economica o sociale vi cristallizza e divide le diverse stratificazioni sociali. Ogni classe ha la sua zona di città e la sua fisionomia. Neppure la caotica vita industriale moderna, che amalgama tanti disperati elomenti sociali, riesco a deviare questa ferrea legge naturale che allinea nel quadro di una stessa città, l'uno vicino all'altro, senza confonderli, i vari gruppi sociali, divisi come lo stratificazioni geologiche di diverse età e di diverse nature. La Leopoldstadt raccoglie, a Vienna, tutti gli infiniti detriti umani senza nome, che sono caduti o rimasti al fondo. E' la patria di molta gento sperduta che non ha casa, ma la cerca ed è per questo anche la patria naturale di quei desolati alberghi dei poveri, che sono una caratteristica della grande metropoli viennese e danno gli ultimi rifugi alla massa di miserabili che, in una città di un milione e mezzo d'uomini, non hanno più nulla e cercano ancora disperatamente di salvarsi, prima di scomparire. Gli alberghi dei poveri sono piccoli alloggi di poche stanze vuote. Passando per i cento vicoli muti della Leopoldstadt, dove il sole non penetra mai ad asciugare il fango nerastro e nauseabondo che dilaga fra il selciato sconnesso e le vecchie caso screpolate o grigie, con le piccole finestre sempre chiuso e le porticine barcollanti, senza botteghe, sembrano vecchi edifici disertati e condannati alla demolizione, nessuno li può sospettare. Ma alla sera, quando sulle porte basse e negli angoli buj delle scale s'accendono piccole fiamme fumose di petrolio, lo strade silenziose si animano, si popolano di gente affumicata che viene a coppie, a gruppi, a stormi, con un passo strano e qualche cosa di irreale e di pauroso nel profilo nero cho fa pensare a fantastiche colonie di animali notturni, usciti dalle rovine. E allora le piccolo stanze nude degli a alberghi » si riempiono di una folla inverosimile. Quella gente nera, che ò entrata prima dell'alba nelle fonderie e si è perduta nel fumo, a torno lo caldaie, che è scesa sotto le strade a spurgare i canali o è rimasta tutto il giorno nelle cave sotterranee di terra e di pietre, entra in colonne serrate nello piccole porte dei suoi rifugi, scomparo su per la scaletta rovinata e buia, si stringe compatta a torno il guardiano per avere il suo posto da dormire, mentre il fischio lontano delle officino che chiama le squadro notturno al lavoro li insegue fin là, con una visione di alto carminerò tetre che lanciano nella notte funeree nuvolo immense di fumo, illuminate dal fuoco. Il giallo barbuto proprietario ebreo, venuto dalla Galizia, li aspetta sulla porta, con la sua grande borsa di pelle sdruscita a tracolla. Si fa pagare in contanti all'entrata e non concedo credito. Ha una tariffa fissa e graduata secondo i posti. U n letto intero, che rappresenta però un lusso eccezionale, costa di Bolito 70 o 80 centesimi per notte: invece la sola metà di un letto da dividersi, come si usa correntemente a Vienna, in questo povero mondo nero, con uno sconosciuto compagno costa solo 50 o 60 centesimi. Ma, limitando le proprie esigenze, si può passare la notte nell'albergo con molto meno. Si prende semplicemente un « poeto s nella stanza, sul pavimento, e lo sì paga 30 centesimi. Cosi i locali sono sfruttati bene: in poche stanze può alloggiare tutto un reggimento. Bisogna aver visto di notte qualcuno di questi Arbeiters-koteli per poter conoscere certe tragiche risorse della miseria. Tutti gli inquilini dormono insieme promiscuamente. Entrando un'aria calda, fetida e grave di tabacco, di petrolio, e di rifiuti decomposti soffoca il respiro. L'atmosfera è opaca di fumo e di pulviscolo. Una piccola lampada a petrolio, fissata su una parete, illumina nella penombra scene selvaggie e terribili. A torno i quattro muri si allineano piccoli letti irregolari e sgangherati di ferro e di legno, come in una piccola corsìa di ospedale improvvisato : ma nel mezzo della stanza sono sparsi disordinatamente a terra vecohi materassi sventrati, grandi sacchi rozzi imbottiti di paglia e di foglio, incavati e compressi dal lungo uso, coperte a brandelli ripiegate a cuscino, lunghi cassoni stretti, ripieni di stracci, dove qualcuno si allunga e sprofonda Benza potersi più muovere, cóme in una cassa da morto. E da per tutto corpi umani. Uomini ancora vestiti, con la House azzurra e grassa di operaio e gli alti stivali fangosi, allungati da signori su un letto, e vecchi quasi ignudi che dividono il loro adruseito divano, senza coperte, con una sconosciuta giovinetta sola : ragazzi, seduti per terra, in cerchio, sulle gambe incrociate, che rosicchiano, ai piedi di un letto già occupato, un po' di pano e donne, con il grande fazzoletto in testa come lo contadine, che mangiano avidamente una minestra da una scodella di latta, fra un gruppo d'uomini che fumano e parlano, distesi a terra coi piedi nudi su qualche materasso : e ancora corpi di uomini e di donne aggrovigliati e contorti sotto i letti, rovesciati nei cassoni, seduti a terra contro i muri por» .la tesjft piegata, «ul cCsccVssssctscsvspcgscglvltmcsfpqbbmcmccucfallggo«adtvcqdsvlbhcvtcSplpgnlgovveulgnbdVd esercito di scarpe sfondate e di pentole sulla petto. E una folla terribile. Fa pensare a una massa di gente aggredita all'improvviso e massacrata. E' un immenso carnaio umano che pullula e si muove nell'oscurità in una esotica e fantastica vegetazione grigia di giacche lacere che penzolano lo loro braccia vuote sulle oorde tirato dei muri, da vestiti che si accumulano sui chiodi del muro, come gonfi trofei di bandiere squarciate, di canestri e di ordigni schierati con un porta, come nel bazar di un robivecchio, Si può rimanere là e dormirò solo per disperazione. I lotti e i materassi, invasi da sterminate colonie di insetti, lordi e nauseabondi di escrementi e di graeso, non poti- sono darò riposo che ai miserabili sfiniti dal sonno. Gli ebrei galiziani fanno economia, Mutano lo lenzuola nei lotti solo una volta al mese. I clienti, cho dormono spesso vestiti, senza togliersi noppure le scarpe, vi portano ogni giorno il fango e la polvere della strada e li lasciano ai successori con per un catino d'acqua e un pezzo di sapone col diritto di asciugarsi in un grande strac ciò comune. Spesso, la sera, si trova ancora il materasso caldo, occupato nel giorno da una loro orma personalo di sudiciume. Questa gente non si lava quasi mai. La pulizia, negli alberghi dei poveri, è un lusso: costa ed ha una tariffa fissa: quattro centesimi qualche operaio che lavora nelle squadre notturne o da povere donne del piacere che vanno a cercare di notte, nei giardini, i loro ignoti amanti. Questa ininterrotta continuità nell'uso dei letti fa l'aria delle stanze irrespirabile. D'inverno per intere settimane in corridoi dove dormono, fumano e mangiano trenta uomini, non si possono inai aprire le finestre. Il tanfo diviene soffocante. Neppure gli inquilini dell'albergo riescono più a sopportarlo. Allora escono dalla casa, vanno vagabondando per le strado ore ed ore, fin che a notte tarda la stanchezza li annienta e li fa cadere, al ritorno, addormentati, anche là, in un sonno grave e insensibile come una morte. Ma c'è qualche cosa di anche più tragico o triste. In qualche hotel di ordine inferiore, dove si pagano solo venti centesimi di entrata per notte, non esistono neppure i materassi. C'è solo un gran mucchio vermicolante di stracci, di carta, di foglie e di lana oleosa che si sparge la sera, come uno strame di paglia nelle stallo, sul pavimento delle stanze completamente vuote, e chi viene a dormire si stende semplicemente su questa imbottitura. Di giorno, quando l'albergo si spopola, si raccoglie con una scopa il gran materasso mobile in un angolo, o il servizio delle stanze è senz'altro compiuto. Qui la gente dorme aggrovigliata, tutta vestita, a bocconi sul pavimento, con le braccia incrociate Botto la testa, corno cuscino. Chi arriva tardi, per raggiungere il suo posto, dove nell'oscurità scavalcare i corpi dei compagni, urtando coi piedi nelle toste e incespicando nelle gambe degli addormentati. Vi sono sempre confusi uomini, donno, bambini. Questa orribile promiscuità dei sessi, senza barriere, è una caratteristica tipica degli alberghi dei poveri: non solo nelle stanze, ma anche nei letti. Si vede molto spesso un oporaio dormire su uno stesso divano con qualche donna che gli ò sconosciu ta: una triste, muta coppia di una notte, non chiamata dall'amore, ma unita da una stessa miseria e da una stessa disperata stan chezza. Un letto intero costa troppo. I clien ti dogli alberghi dei poveri non possono quasi mai pagarsi un tal lusso. Di solito essi cercano un compagno, per dividerne la spesa e si uniscono in società con il primo che viene. Così si compongono alla ventura queste coppie senza nozze. Allora, dopo che il padrone dell'albergo ha passato in rassegna con la lanterna in mano i suoi inquilini, ingiuriandoli con quel caratteristico gergo mescolato di dialetto viennese che crea fra i cittadini della Leopoldstadt una vera lingua propria, quando si chiude la porta della strada, perchè nessuno entri od esca inav vortito e si spegne nello stanze la piccola lampada a petrolio, avvengono nell'oscurità dei drammi orribili. Quella folla non dorme. La stanza si riempio di susurri che chiamano, di risa soffocate, di lamenti, di scricchiolii di passi. Giovinette che hanno fame scivolano con passo leggiero tra i corpi degli uomini addormentati, cercando qualche invisibile amante: vecchi operai, brancolando nel buio, tentano un muto ab braccio con la loro vicina cho dorme: uo mini ubbriacati dall'alcool chiamano osceni con voce rauca: mentre, sotto un letto, una madre canta pianissimo una malanconica cantilena al suo bambino che piango, soffocato dal tanfo e torturato dagli insetti, e una voce di operaio, impazzito dalla stanchezza, grida nel sonno come in un delirio. E' una notte macabra cho fa perdere la fede nel valore dell'umanità. Perchè questi alberghi dei poveri sono ancora tutti popolati di operai, di gente che destandosi all'alba va a lavorare. Non sono ritrovi di vagabondi e di delinquenti. H proprietario giallo che scruta all'entrata, con i piccoli occhi duri, i suoi clienti, vuole che le loro « carte » siano sempre in ordine, per non aver da fare con la Polizia e respinge quan do può i nuovi venuti che non conosce. Tutta la folla che frequenta il suo albergo è vecchia cliente, gente che da anni non ha conosciuto un altro rifugio per dormirò. E questa è la più fosca e sanguinosa tragedia sociale cho si leva gigante e pure ignota sullo sfondo della gaia, elegante, superba vita di una ricca metropoli di quasi duo milioni d'uomini. La gente che dorme negli alberghi dei poveri è gente che lavora e non ha una casa. Vi è tra essa qualche mendicante di professione, qualche vagabondo che vive di occulte risorse, qualche franke Batter, la donna perduta che non è soggetta a controllo e viene a nascondersi qui con gli Skiziis, i suoi sinistri protettori: ma la più parte sono manovali, vecchi che s'affaticano lungo le strade con i picconi o scendono a pulire i condotti delle strado, donne che salgono e discendono tutto il giorno per lo imnalcature dei muratori portando sulle spalle la calce e i mattoni, giovinette di campagna apprendiste nelle fabbriche, operai di officina rimasti senza lavoro, ragazzi che vanno già a torno il fuoco : tutta gente che vive alla giornata con un salario di fame e, dopo che ha mangiato, non può più avere una ca?a sua. Perchè a Vionna la casa è un lusso. Vienna è una città fatta solo per i signori. La vita vi è difficile: la povera gente non può resistervi e cade al fondo. Il problema della casa non è che un'espressione del nuovo gigantesco problema sociale di Vienna e delle altre città austriache, creato d*41a grande industria che è agli albori e da a a o n a a , n a - l , a i e n a a , a i e e e i o , e o i i i o o u a l . . i tutta la feroca, egoistica politica dei signori feudali. Nelle campagne, dove c'è ancora assai diffusa la piccola industria artigiana, dovo si ritrova quasi con gli stessi lineamenti del Medio Evo la stretta famigliare associazione del maestro con i suoi lp.voranti, non si conosce ancora questo problema. L'operaio vive con il padrone cho lavora anch'egli: mangia e dorme con lui, nella sua casa. Ma la grande industria nuova della città ha fatalmente spezzato il quadro di questa idillica, pacifica vita delle campagne, ha separato i lavoratori dal loro padrone ed ha creato, con il vasto problema della vita sociale operaia, ancho il problema delle case. L'urbanismo, chiamato dalla grande industria, l'ha subito ingigantito. La fabbrica ha creato una tragica disoccupazione dei lavoratori a mano. Eserciti di disoccupati vengono dalla campagna in città a brevi tappo, senza uenaro, passando la notte nelle piccole V'erpfleysstationen dei villaggi, che danno ai viandanti in cerca di lavoro otto o dieci letti gratuiti, e premono con una concorrenza della fame sulle masse operaio inferiori, riducendo il loro salario. E' l'eterno quadro dolorante cho ha, per isfondo. la grande industria nei suoi albori. Tutta la vita è terrribilmonte cara. L'ostinata politica protezionista degli agrari, che dominano sovrani in Austria e non conoscono ancora le pressioni del mondo industriale e delle organizzazioni operaie, fa sempro più difficile il vettovagliamento dell'esercito lavoratore. Dopo cho s'è sfamato, un operaio inferiore, con il suo basso salario e i fitti altissimi, non può più avere una casa sua. Così si crea la gran miseria di Vienna. Charles Booth, nelle sue vaste rassegne documentate, ha rivelato lo spaventoso gtdfiugampèmvdtmnt«ttzVtpnrqsmlbpdqdasdcdramma cotidiano e occulto della povertà; ginglese, dei lavoratori dell'est di Londra, pma esso non eguaglia ancora quello più san- Jguinoso e ignorato di' Vienna. Qui c'è tal- : ivolta qualche cosa cho sembra alla càrnefi-jccina. Il censimento del 1900 ha dimostrato !uche vi sono, a Vienna, 165 mila uomini che!Habitano abitualmente in più di sei per stan- nza; 170,000 viennesi (il 12 por cento della|. popolazione totale) non ha un buco e nep-impuro un letto suo. Nei peggiori quartieri j1a Ottakring, o nella Brigittenau, le più nu- ■ Sele stanze in cantina, senza luce e senz'aria, :ccostano da 25 a 30 corone il mese. Non tutte |cle famiglie operaie possono pagarle. Se allo- i dra, fuggendo la folla promiscua dei ifa*-;usenhotels, vogliono avere una casa propria fdevono compensarne la spesa con cento pio-1utose risorse. icCosì sono venute, nel mondo proletario jrviennese, certo curiose consuetudini cho la!lPolizia perseguita e condanna, ma che la:nmiseria vivifica e moltiplica. Talvolta gli o-'mperai si uniscono in società per dormire in j Duna camera. In questi piccoli elubs di so-16lito v'è un uomo, con la sua famiglia, chesaffitta regolarmente una stanza e ne cedei"noi diverse parti a compagni, spesso a inte- ì ure famiglie, che vi portano anche i loro po->Pchi mobili. Così in una sola stanza si tro- ! vano talvolta tre o quattro alloggi distinti, lcon una ventina di persone che° uniscono i Sloro stracci e la loro miseria. Ma i più po- j sveri non hanno neppure un letto e cercano *semplicemente l'ospitalità di un'altra fami-l glia povera. Questo uso ha originato l'istituzione, cho ogni operaio viennese conosce, del Dettgehcr. Il Bettgeher è colui cho affitta in una casa semplicemente un letto o un mezzo letto, dividendolo con un compagno o una compagna sconosciuti, come nogli alberghi dei poveri. Egli ha diritti rigidamente limitati. Entrando nella stanza non può occupare che la parte di letto che gli è assegnata : di là non può muoversi : là mangia, dorme, lavora. I suoi ordigni di lavoro, i suoi abiti, il piccolo sacco del corredo devono anch'essi riposare sul letto. Tutta la sua abitazione si riduce a quei due metri quadrati di superficie : il suo regno non va più in là. I letti, serrati naturalmente in una sola stanza insieme a quelli dei « padroni », si affittano e si pagano per settimana e costano di solito per un posto intero due corono (più di due lire) : per mezzo posto una corona e venti centesimi. A Vienna ci sono 147,000 di questi Bettgeher: Ma per le famiglie operaie essi rappresentano una vera fortuna, perchè le aiutano a pagare una parte delle loro spese settimanali. Tutte le case operaie ne sono piene. Durante la cosidetta « stagione » d'inverno, quando la ricerca è intensa, «hi ha una stanza s'improvvisa locandiere. Si fanno dormire i bambini su qualche straccio, sotto il letto, per guadagnare spazio, si mettono su brando, casse, vecchi materassi, sdruscite poltrone sventrate presi dai rigattieri, e si dà alloggio a chi viene. Anche le cucine, quando ci sono, si trasformano di notte* in dormitori e si popolano in un attimo. Ogni angolo è occupato. In piccoli anditi scuri, senza finestra, furono trovate a dormire fin dicci persone. Ma se scoppia un'epidemia le case si riempiono di morti. Intere compa- gn™ di Bettgeher sono decimate. La morte li prendo tutti insieme, come erano uniti nelJa l°ro miseria. Le più micidiali malattie infettive distruggono i superstiti. I bimbi cadono Por * primi. In una casa operaia c'è una donna impazzita che piange sempro. Ha avuto quattordici figli e li ha visti monre tutti. . Pure neNe stanze dei Bettgeher si dorme m quiete, tutti insieme, senza conoscersi: 1 padroni » e inquilini, uomini, donne e raSa^zi- Talvolta qualche giovane operaia, ancora senza paga, per non dormire all'aperto, cerca un Bettgeher che la prenda con sè : diviene una sua amante _ temporanea; per una settimana gli appartiene e gli rimane fedele: poi passa stanca, triste a un altro uomo sconosciuto che la voglia, in_ un'altra casa, cercando solo un po' di quiete e di riposo. I Bettgeher e i_« padroni 1 guardano luest' amori impassibili. L'altra gente non ne. sa nulla. Nessuno ne parla. Sono drammi_così lontani! Avvengono di notte, nel DUi°j per vie silenziose dove non c'è luce 6 non va gente, in quartieri che non si conoscono neppure, tanto sono remoti, dove non " sono c^ffè nè teatri. Appartengono a un'altra vita e a un'altra società. Se si scoProno una v0'ta dimenticano subito, ^e 0836 della miseria chiudono tutte in loro sempre queste tragedie. E c'è così bisoSno> anche a Vienna, di ignorare certe mise"e. umane per poter vantare i prodigi dei *a civiltà I... Virginio Gayda.

Persone citate: Benza, Botto, Charles Booth