Fra roccie, caverne e tenebre

Fra roccie, caverne e tenebre Fra roccie, caverne e tenebre in una voragine immensa Due ore ne! cuore di Mont'Orso (Nostra corrispondenza particolare). Cantiere iti Mont'Orso, mtggi». [(pretso SnnniDO, pror. di Roma). Scoppiate le mine, il capo-operaio si a-'vanzò fra la polvere e il fumo, procedendo di qualche passo i suoi compagni di fatica. Ma una improvvisa sensazione, strana e prepotente, lo arrestò con un senso di ver-itigine e di angoscia. Alzò davanti a sé la i lampada: ma il tenue chiarore non giunse questa volta a sponderai sul nuovo fondo .dell'« avanzata» e s'andò invece sperdendo in una tenebra immensa. Da lontano, corneida un mondo misterioso, insoliti Iunghissi- mi echi risposero all'acciottolio delle ulti- rne pietre scheggiate dalla dinamite. ìMa. dopo alcuni minuti la spaventosa vi- sione fu completa. Completa anche, perchè Idove non giungeva, lo sforzo di quelle pu- pille avvezze a scrutar le più oscure viscere 1delle montagne, arrivava un'intima- intui zione ed un supremo sbalordimento. L'intuizione e lo sbalordimento delle coso eccezionali per le quali non basta lo misura dei nostri sensi. Eppure bisognava misurare, scrutare, de finire. E il tentativo fu preparato senz'altro, dopo il primo stupore, con le belle energie di questo cantiere piemontese. Proprio piemontese. Venne qua da Ivrea, per starne a capo, il geometra Emilio Ghi-, rardo. Venne da Biella a dirigere tecnica-|amenti di galleria il suo col- mente i tracciamenti di gali lega Aristide Mosca, ed ebbe in Riccardo Piatti un cordiale collaboratore. Venne di sotto lo Alpi tutto questo tenace entusiasmo che impone all'aspra montagna d'aprirsi alla nostra fretta vertiginosa. E fu uno dei numerosi operai piemontesi. (Giovanni Guglielmetti, capo-meccanico della perfora. jzione) che scese legato ad una fune entro terribile abisso. Scese lungamente, dan- do segno di sé col suono d'una cornetta, e il suono s'andò affievolendo fino a diventare impercettibile. E fu anche più impressionante il ritorno, allorché il corpo tirato su dai più robusti operai strisciava contro roccie e dirupi e il giovine ardito doveva far continua forza di mani e di piedi per mantenersene staccato quel tanto che bastasse all'ascesa. E così calarono nel baratro immenso, per tutta la lunghezza delle funi, questi mirabili uomini che dirigono i lavori. Per cinque giorni vi rimase molte ore quotidiane Aristide Mosca alla conquista di ogni possibile rilievo tecnico. E poi sùbito, senza scoraggiamenti, la perforazione fu avvinta a semicerchio in modo da rènder possibile il riempimento della voragine, la quale s'approfondisce quasi tutta sotto il piano della galleria. .per un'enorme larghezza. ni viaggio dantesco in ferrovia Oggi compio io pure l'interessante esplorazione. Mai avvenne che un ubisso incontrato nel perforare le montagne avesse cosi spaventose e incalcolabili proporzioni. Perciò lo spettacolo non ò di tutti i giorni. Mi ò inaspettato compagno ring. Menarti, delle ferrovie di Stato, un gentiluomo che portu assai simpaticamente il suo bel nome, e sperimenta con me, sulle falde degli antiappennini romani, l'ospitale cortesia subalpina. In mezzo a questa, reca la sua gaiezza veneziana il dottore Antonio Valente, che è riuscito a far di questo popoloso cantiere un mirabile- esempio di salubrità e di igiene. E si tratta ormai di un paese. Son qui seicento gli operai carichi di famiglia quasi tutti, cosi che sul declivio di Mont'Orso vivono costantemente più che un migliaio e mezzo di persone. . Ed è fervida la vita di questo cantiere, dove stoio instancabili i capi, gli operai, lo macchine, le fornaci. Fra pochi giorni, quando il ministro Sacchi, accompagnato da deputati e giornalisti, visiterà j lavori della "direttissima Roma-N'apoli, udrà quo |sta assicurazione dal direttore Gbirardo: — Per il mio «lotto», stia tranquillo: nel luglio 1011 tutto sarà pronto... Ma ciò nei potrà accertarsi egualmente in tutti pli altri punii della linea, si che l'idea che questa possa inaugurarsi fni quattro anni, andrà ruzzolando verso quell'immenso abisso cb'ò tolto colmo di dolci illusioni umane... Viceversa ben altro occorrerà per colmar questa non metaforica voragine verso là quale ci avviamo. E bisogna affrettarsi. Ci attende, all'imbocco della galleria, il lun go treno di vagoncini che porta gli onerai al lavoro. E qui, sul serio, c'è pericolo di perder la corsa. Ùin minuto di ritardo vuol ■ dire una multa per il macchinista. E il nwccninjsta „0n si fa coglierò in fallo, co tati quello che costi 1 Occorro prima parò .un poco di toilette speciale. L'abbandono di vari indumenti - j consueti ci rende più liberi; ti proteggono luna robusta tunica impermeabile, un paio : parte, sul carrello che segue immediata-i niente alla macchina cui volgiamo le spai- Jfàggg t^S™^^^ zato fin sulle orecchie: e ci accompagna |ima capace lampada. Cosi trasformati si Subito scompare il fioco chiarore dell'in- gtesso, dova s'addensano il fumo e la poi- [vere che una mirabile ventilazione respin gc dai luoghi di lavoro. E allora lo strano -'convoglio brilla tutto di fiammelle che non. o bastano pero a schiarir quelle cento e c<m-; . to ''P111'0 umane accoccolate sui carrelli. e Piu che.dei corpi si intravedono de le ora-i,jrt'- E- del rcst°. sembra piu naturale a i Pil'' naturale ohe mai, quando la galleria e diventa assai piti bassa, e più difficile ili o .passaggio. Infatti, nel l'eseguire il valico,, o prima si fa la parte inferiore dell apertu.-' ei™: P01> doDO averne puntellata la volta, le - 81 SCttva> sonl'a- l,Uil sP?Plc,.dJ secondo pia-, - I1n- Inf1rle si distru~~e il diaframma rima ìstl'' 111 ™e?.7.o e si ottiene allora 1 altezza; - completa della galleria è I, Y.cvc,(l\ 91",dove molte travi sostengono - Uittorti/il diaframma, dobbiamo piegarci fie 1110 stringere il mento fra le ginocchia. E questa deformazione della sn.gomH umana s'adatta sempre medio a.d un ambiente di eccezione. Chi sa (piali colpe Insognerebbe •>var sulla coscienza per ossero rvifflgiiratil da Dante in questa curiosa sfilata? La discesa a , e , -, -|sto «H» Plimo squadra che smetto di lavo- ' ;,,1,'e' No1 Procediamo ancora sopra un cai- A due chilometri e- mézzo dall'imboccatura il treno si arresta. L'aria è freschissima. Bolle d'acqua gorgogliano da ogni! parte. Gli operai scendono e cedono il po- o i o i . o - e u r e r e a o a i i e u e , i n a ne, , , o ri o : e e i i r à i i i l l e i rello. Ed eccoci sull'orlo dell'abisso. La frase ò vecchia, ma dopo averla applicata a chi sa quanti abissi metaforici edipotetici, sarebbe proprio ingiusto non riabilitarla qui innanzi a questa voragine la' cui vacuità sterminata è reale e tremenda.' E siamo proprio sull'orlo. Da principio — avanti che i nostri occhi s'adattino a vedere quanto più è possibile — la grandiosità del fenomeno ci pesa tutta sui polmoni. Proprio cosi. Par di avere addosso, sul. petto, l'incubo tii certi sogni opprimenti. Quando si sogna si hai l'impressione d'essere desti nella realtàr quando si è desti nella realtà spesso si finisce per credere di soguaie. Alla stessa maniera certi fiori freschi ci paiono così graziosi da pare? finti,' e certi fiori finti son cosi belli da parerci veri... Peraltro qui dinanzi all'abisso l'idea del sogno va presto... in liquidazione. Infatti si arriva ad un punto nel quale il sogno, desterebbe qualunque dormiente. E non o'ò verso, dunque: bisogna esser vigili e cauti, se non si voglia mandare la nostra persona n dormire per sempre chi su dove e non tutta insieme. La voragine è poco più alta della voltai della galleria, ma si inabissa sotto il suo piano, probabilmente lino al livello del mare. Quasi circolare, per quel'che si vede, è molto più estesa a sinistra che ti destra di chi guarda. Cioè, l'asse del traforo l'ha raggiunta un po' lateralmente. È dalla parte meno incavata lavorano udesso le agili perforatrici o scoppierà tra poco la dinamite. Senza girar la voragine con una curva, sarebbe impossibile dominarla utilmente per provvedere all'immune opera di riempimento. Rullano fremendo le sbarre d'aceiaic noi-, l'intaccare la durissima roccia, con tale impeto, che quando la^ robusta mano d'un operaio le afferra per renderne più precisa la direzione, tutto il corpo dell'uomo ne è agitato con violenza e pare strano che il' braccio non si spezzi e che il capo scosso brutalmente non si schianti dal tronco... Guglielmetti intanto prepara la nostra discesa. In verità, essa ò ora più agevole. Ormili e accertata la stabilità di un dirupo sul quale è possibile puntare una gigantesca scala legandola quassù, in alto, e ferCiauaola a forti pali d'acciaio contini profondamente nella roccia. Legata finn i.o fonilo con saldissima funi, la pesante scala viene spinta in basso nel vuoto e dopo un attimo il vtioto par chrt l'attragga con prepotente violenza.. Ma son quassù i più robusti operai a moderarne la. discosa, e piegano il corpo ali indietro e par che abbiano inchiodati i piedi al suolo si che non possuno scivolare d'un centimetro. Ormai non resta che qualche piuolj .lei la scala fuori dell'abisso: flncht' non si scopra il punto d'appoggio, essa viene mossa da questi ammirevoli lavoratori con iiu - jdeseriviliite sforzo. Ma nonostante questo sforzo che essa richiede durante la ricerca de! sostegno, mi dà l'idea) d'un cucchiaino da caffè che debba servirola.. più grande delle caldaie. La rischiosa manovra ò fatta con intelligente bravura e si compie con prontezza. La scala rimane legata obliquamente. Noi scendiamo. o o -inni alcune lampade ed una macchina foto i- grafica. ^ a i i. mestolo nella 1/ abisso Siamo cinque. Il direttore Gbirardo, il dottor Valente, il capo-meccunico Guglielmotti, l'ing. Manara ed io. Abbiamo con n-iscino delle stallatiti. Invece no," il minui-(scolo uomo riempirà questa culla in cui

Persone citate: Antonio Valente, Aristide Mosca, Emilio Ghi, Giovanni Guglielmetti, Guglielmetti, Guglielmotti, Manara, Riccardo Piatti, Sacchi

Luoghi citati: Biella, Ivrea, Roma