L'elogio della forchetta di Gino Pestelli

L'elogio della forchetta L'elogio della forchetta H primo invito ad un desinare di soggezione sta alla esistenza di molti uomini dabbene come la pubertà Bta all'adolescenza: è uno scoglio scabroso. Pochi lo superano senza rimetterci un pizzico di amor proprio, qualche simpatia di bella signora, e quasi ntutta la considerazione dell'amico più chic, pwiziato fin dalla nascita ai misteri del per- sfefeto commensale, seppure non ci va di mez- gzo un vestito nuovo e immacolato. ! pldgidA tavola con persone di riguardo non si npiantano, generalmente, i fomiti a destra e t' 6»"»™™™, i gomin aera» ^ a sinistra del piatto, ne tantomeno tutti de due dalla medesima parte; non si ficca dnessuna cocca della salvietta tra il collo e il vcolletto; non si sminuzzola il pane di cui va p"fatto quanto più è possibile a miccino; non n^ * * " .. si augura il buon appetito agli ospiti; non cbì soffia sulla cucchiaiata di minestra trop- d., . , , -i- ■ « po calda; si deve bere a piccoli sorsi; tran- ptumare il euscio del eia ingollato uovo à la n, , . 5 . °.. , „coque; tener lontano ogni dito dalla ribello rcoscia di pollo troppo secca, o dalla mela ntroppo tonda, che non vuol lasciarsi sbuc- dciare; accomodare in stabile equilibrio e in gbell'incrocio le posate sul piatto; risparmia- s. .«r .,r ., r re al pesce più coraceo il sacrilego contatto ddel coltello. Questa le regole elementarissime tdel mangiare tra gente educata, unicamente riferite all'atto bruto ed essenziale del trat- itamento dei cibi e del servizio della bocca, mMa il commensale davvero compito devo poi cavere una infinità di altri minuti riguardi, gche interessano per così dire il lato orna- lmentale, la cornice, lo sfondo stesso del quadro por cui il Galateo si rimette al buon agusto, .Us delicatezza alla intelligenza del- m1 invitalo, | attosto che alla lettera delle vnorme eoodifieate rnorme cooaincaw. ^ ., .. CEco chi rido di scnerno, con 1 aria di ovoler dire: — ".'utte sciocchezze, tutte stu- ppide storie inventate dai perditempo, dagli ttnobs, dai inalati di stomaco !... gNiento affatto : lo sociologia, la statistica., cla storia della civiltà, l'indagine economica capplicata alla evoluzione delle spese private te del costume, convengono tutto quante con vcommovente semplicità a dimostrare che pl'uomo, che sa infilare sul piatto d'un col- lpo solo e leggiero la lama del coltello tra di due denti centrali della forchetta, facendo trimaner questa sdraiata sul fianco e impe- tdendo al coltello di cadere; l'uomo, che con sspontaneità e sicurezza sa osservare lo più psottili e raffinate normedianzi enumerate, è un essere superiore, il portato di una tra- asedia secolare dei costumi e dell'economia u- n„ . • „ j,- „_•.„,-„ i-f mana, 1 assertore vittorioso di epica tot- pta sostenuta a traverso i secoli dallo spirito qcontro il corpo, dalla igiene contro la sporci- Fsia, dalla forchetta contro le dita... .silII Galateo spremuto da italici torchi nel- cl'anno 1544 dell'era volgare, aveva porfet- itemente ragione: « Non sta bene grattarsi quando si è a tavola. Occorre anche, in tale circostanza, astenersi il più che è possibile dal sputare ; ma se poi non se ne può fare a meno, si sputi in una maniera gentile... » Non si deve nemmeno ingoiare la carne con troppa voracità, così da provocare il singhiozzo... e l'affanno, altrimenti si perde il respiro e si è costretti a sbuffare, causan- do noia e disgusto a tutta la compagnia ». E aveva ragione anche il signor Tallemant di muovere le sue rimostranze al cancelliere —Ségnier, il quale strappava la carne con le ■ mani e si lavava le medesime nella salsa, con i tal grazia da far male al cuore; mentre è doveroso riconoscere che soltanto un prepo- tente tiranno della forza di Enrico III po-1 tava emanare un'ordinanza speciale per far sapere che i Sua Maestà vuole che a tavola ci si tenga un po' discosti da lui, affinchè la j Maestà stessa non resti pigiata da ogni par- ; te, e nessuno si appoggi alla sua poltrona, j salvo il capitano delle guardie... ». Che raz-|za di pretesa era mai questa, se un Arciduca d'Alsazia, molti anni appresso, osava appena raccomandare ad ufficiali e cadetti, o' spiti Buoi, di non comparire alla sua tavola definitivamente ubbriac'ii, di non scaraventare gli ossi proprio nel olezzo della mensa, di non soffiarsi il naso alla tovaglia, di non ! riempirsi al punto di cader dalla seggiola, ' così come si legge in regolare ordinanza del|1642 ? Quelli ufficiali e cadetti, infine, non !facevano che seguire l'abitudine del loro itempo, variata tutto al più da un tantino ! di vivacità militaresca: nonostante la loro buona volontà e garbata educazione, i poveretti non avevano per mangiare mezzi più decenti di quelli consentiti ai mercenari al soldo di Attila. E se, a desinare finito, le mani di un qualunque cancelliere Ségnier potevano resultare meno rassicuranti di quelle del più rozzo Gallo mangi ante un secolo innanzi l'èra volgare, ciò è unicamente imputabile ai progressi della culinaria manipolatrice di sempre più complicati intingoli. Oh, le povere mani bianche al servizio dei commensali del signor Louvois, del conte di Foix, e di Luigi XIV ! Esse dovevano diguazzare, e a più riprese arrossire — durante un solo pranzo — in ottanta o più porzioni successive spettanti a ciascuno nel giro doi così detti servizi, che non erano mai mono di due, e potevano arrivare al numero di sei: quaranta portate di < principi », quaranta di arrosti e insalata, poi i piatti di manicaretti freddi e caldi, infine quelli del deucrt. Tanta roba per un desinare solo voleva dire: « mangiar la propria fortuna », e quel che peggio, con le mani soltanto ! Samuel Bernard spendeva 429,000 franchi all'anno per i suoi pranzi, e il gran Condé potè accumulare un debito di più di due milioni di lire coi fornitori di viveri. Peraltro, fino a che non venne in uso duella umile macchina semplice che è la forchetta, i commensali — tanto ricchi che poveri, ostrogoti o cristiani — si equivalsero ip sudiceria, per quanto si fossero evi- è i ne lanciatogli dal compagno più vicino , passa ad altri dopo aver dato i morsi con- sentitegli dal turno, il cittadino romano ha - già imparato a sedersi ad una tavola rico ! perta luppate nel corso dei secoli buone intenzioni di etichetta. Sono meschini conati di miglior costume nella chiusa della animalità irredenta: se il barbaro descritto da Posidionus afferra a piene mani il pezzo di car- e lo | I con una ti-m™!,'» i i .'una lavagna e inuruioia le mani, i nell'unico recipiente del cibo comune, si-I e tuato nel centro della tavola ^«a- ln ^ «nei cenuro ae la tavola stessa, la gran . i dama del loOO introduce la consuetudine!a del « allor laver, « avant , e « après ., con- jl vintissima che « bisogna lavarsi le mani ala presenza gli uni degli altri, quando anche n non ve ne fosse necessità Doichè ouelli con ... ue^ssiia, poicne quelli con n cui si dovrà metterò le mani nel vassoio non - dubitino della nettezza di esse »• 1« Torcono v jt ,. ' persone - per bene del diciassettesimo secolo si tengo- a no alle costole un servitore incaricato di „o„ .. ,, " . . luca"c"° alo raccattare, volta a volta, i rimasugli di car-i a ne, gli ossi e le buccio, che esse lascian ca- ! - dere in terra durante il pranzo; il Montai- > n gne, finalmente, prova sincero pentimento - se gli accade di « s'en lécher ou s'en mor- , 6, , . fler ou seQ o dro les doigts » pel viziaccio di mangiare e troppo in fretta... te Eppure, nonostante così delicato scrupolo, - il signor De Montaigne dovette, quale com- , mensale, assomigliare assai più al soldatac- i ciò delle invasioni barbariche che al bor- , ghese della Rivoluzione, ormai redento dal- - la forchetta. l Costei non attese, intendiamoci, il buonn appetito della » donna cannone » (al secolo; - madame di Stael), ne quello di Marat, per-e venire al mondo. Dante possedette una spe-1 rin rii fnì-r.l,»f+o , j„» i. j . Cle m "renetta a due 0 fcre dentj) ancora i oggi religiosamente conservata in un'urna - per la più gran gioia dei forestieri che visi- :. i tano il tugurio classificato « Casa dell'Ali- ' ghieri ». Non è nemmeno d'oro quella for- , chetta dai pochi denti arrugginiti e il mania cuccio di rozzo legno tarlato ! Ma c'è lì prone to un fiorentino custode, che mostrando- n vela vi avverte, bonariamente: « Non è e proprio degna di un grand'uomo come quel- lo... io so che n'ho delle più belle nella mi a dispensa... ma l'è stata la forchetta di Dan- o te. e basta questo a farla un gioiello... Tut- '- ti gl inglesi cho vengono, mi domandano n se la à pu6 comprarei e la si figuri se ù pagherebbero cara !... ». !è Forchette, del resto, ne aveva possedute !- anche Bisanzio, perchè se la loro origine - non si perde proprio « nella notte del tem- i f f utu u. iiuuue ut.i tcui - po », conviene pensare che si confonda con o quella della forca, strumento antichissimo... - Fatto sta che Bonifacio Vili (1295) ne poe .sedette quattro, tutte d'oro; Carlo V, tre- ila- Regina Clemenza d'Ungheria, una; il l- cancelliere Duprat, un'altra, e questa volta t- insieme a ventiquattro cucchiai. L'unico dì. si fetto di queste privilegiate forchette consie steva no1 rachitismo del manico e nell'ecceae s^vo attaccamento all'astuccio: veri embrioe n* ° girini di forchetta, destinati a far bella figura sulle mense dei ricchissimi piò che a e servire la mano dei commensali. La prima il ed ancor limitata diffusione, in Francia, di e forchette meno pigro e meglio afferrabili, n- 'enne soltanto nella seconda metà del di ciasettesimo secolo, grazie al ridicolo crit stianamente sopportato da Tommaso Coryat e — dotto il furcifer, — che aveva portato il e ■ piccolo utensile dall'Italia. n i ^ allora, la forchetta, un po' di ferro e è un P0' d'argento, ora di stagno e ora di leo- gno» incominciò la sua conquista del mondo, o-1 lentamente, silenziosamente, con due denr *l» con ^re, con quattro, tra il cucchiaio e a coltello riabilitati, ficcandosi dapprima, a j timidamente, nella costoletta e nel ragout, r- ; Pf1 con crescente disinvoltura anche nelle a, j vivande meno resistenti, infine, con grazia z-|tutta femminile, nella frutta fresca e nella upoa na, bocca di dama. Ancella e regina della men sa, milioni di mani da lei redente la benedicono: a quei generosi che san trattarla con arto, senza sporcarla oltre la punta dei suoi radi denti, riconciliandola col coltello sul piatto vuoto, essa propizia il sorriso del n ! ^a be'ia commensale ; agli altri, rozzi o inea, ' sperti o scettici, che non vorrebbero tenerla el|in giusto conto, infligge il martirio di rumon !rose manovre, di goffi impacci, di atroci lotro ite con la tovaglia, l'abito e il piatto: del rino ! dicolo, insomma, ro eù al le er di ete anei di iuiù el ai ro », ti lli re rol00 an di . so la he ei- La sua vendetta è santa ; le conseguenze di essa sono talvolta disastrose. Un poeta, che non è ancora morto, ma che ha già imparato a mangiare e sopratutto a parlare in punta di forchetta, non può fare a meno di arrossire — dopo tanti anni — al ricordo della tragica avventura che lo colse giovanetto alla mensa di un ricco castellano dell'Umbria. Timido e impacciato sotto il vigi'e sguardo paterno, il piccolo commen3dle riserbato alle Muse so l'era cavata discretamente fino al momento in cui avevano {•ertato in tavola gli uccellini allo spiedo; uri allora sorse a sgomentarlo un problema atrrce: dove mettere i capi abbrustoliti che non gli piacevano? Pensò, titubò, gettò disperate occhiate interrogativo al genitore o lini pei conciliare il proprio gusto col precetto di non lasciar mai nulla nel piatto, cacciando una ad una le povere teste nell'unici taschino della « marinara » nuova. Si credette salvo, il piccino; ma come dimenticò di scaricare in separata sede la misera tasca, e la blouse andò inavvertitamente a svernare in un baule di famiglia, cosi, sei mesi dojvo, quando tornò in servizio, fu trovata in uno stato deplorevole, unta e bisunta per l'avvenuto schiacciamento dei cap' dal becco fine, ormai irriconoscibili. L'e nigma fu presto risolto; passarono gli scapaccioni e andò perduta la marinara; ma al poeta restarono il disonore ed una osti nata avversione per gli uccellini arrosto. Gino Pestelli

Persone citate: Bonifacio Vili, Carlo V, De Montaigne, Duprat, Enrico Iii, Gallo, Luigi Xiv, Samuel Bernard

Luoghi citati: Alsazia, Francia, Italia, Umbria, Ungheria