La tirannia di Robespierre di Mario Bassi

La tirannia di RobespierreLa tirannia di Robespierre .nomodEena MariaWilliams non ò molto noto in Inghilterra, e da noi è quasi sconosciuto. Eppure ella ebbe verso la fine del secolo xviii certa fama di letterata; e i suoi scritti sulla rivoluzione francese sono tutt'altro che privi d'importanza, non fosse altro perchè, com'ella stessa osserva, sono le memorie di ima persona che ebbe parte negli avvenimenti che descrive: « Le mie note hanno almeno il valore di essere quelle di un testimonio oculare. Io ho visto ciò che è accaduto, e racconto ciò che ho visto ». All'ignoranza degli scritti storici della Williams che trattauo della Francia durante il Terrore, ha principalmente contribuito la eccezionale rarità delle duo edizioni inglesi di "essi, e la quasi assoluta mancanza di traduzioni. Ora lo storico Funck-Brentano, con felice pensiero, ce ne offre una traduzione in francese; e i quattro volumi della scrittrice inglese, dopo più di un secolo d'oblio, ricompaiono così, raccolti sotto il titolo, Le regne de Robespierre. Il libro presenta diversi lati d'interesse. Mite Williams era un'inglese, ed era una delle poche persone inglesi che giudicassero con simpatia la Rivoluzione. Fanatica della libertà, ella era convinta che l'89 avesse segnato l'aurora di un'era nuova per la Francia, e che il sole di quell'anno dovesse da Parigi raggiare luci di giustizia e di pace sul-mondo: « Anch'io — ella scrive a un'amica in Inghilterra — anch'io, quantunque straniera su questa terra di felicità, confondo la mia voce al concerto universale, e con tutto il cuore, con tutta l'anima, grido i all'unisono : a Viva, viva la Nazione ! ». Tanto più significativi quindi ci appaiono la violenza dei suoi attacchi contro i Giacobini in genere, e Robespierre in ispecie, e l'indignazione e l'orrore con cui mette in luce la tirannia brutalmente feroce del loro governo. Ancora, il libro è interessante perchè, l'autrice non tanto si dilunga sui grandi avvenimenti, dei quali noi abbiamo altre ampie e più autorevoli relazioni; ma piuttosto ci riferisce l'aneddoto, il fatterello del giorno, il particolare di secondaria importanza: notizie rare, che non rientrano di solito nella storia accademica, ma che a noi valgono per rompere le concrezioni letterarie della superficie, e penetrare addentro nello spirito degli individui e dei fatti. Quella della Williams, com'è naturale per ogni racconto di contemporaneo, non è storia: è cronaca disordinata spesso e sproporzionata nelle sue diverse parti; ma genuina, e tale da.darci visioni fresche e vive, tratti caratteristici, sfumature di colore: un buon contributo per la ricostruzione dell'ambiente e del tempo. Per la Williams, Massimiliano Robespierre è il tiranno, che, sorto dal tumulto rivoluzionario, violò e conculcò le libertà civili, assai più atrocemente di quanto non avesse fatto l'abbattuta monarchia; e che in un anno e mezzo di governo straziò la Francia e inondò di sangue Parigi per l'ambizione di conquistare il potere assoluto. E la scrittrice inglese ci dà una sua spiegazione del carattere violento e spietato del tiranno, spiegazione in parte abbastanza originale, e non priva certo di un fondo di verità. Il trionfante avvocato di Arras perseguitò specialmente e colpì con la sua rabbia sanguinaria gli uomini di lettere. E' noto che a chi lo supplicava per la grazia di Andrea Chénier, egli rudemente rispose che anche Platone bandiva i poeti dalla sua repubblica. A parte che Platone consigliava per essi l'esiglio e non la ghigliottina, la Williams acutamente osserva che riguardo ad essi in Robespierre il furore dell'oppressore appare esasporato nell'intimo da una livida gelosia di collega: egli odiava gli uomini illustri, spécialmente se letterati, assai meno per la loro resistenza al suo dispotismo, cho per l'ingegno loro, che aveva offuscato il suo. Curiosa considerazione, che c'invita a medi- tare e a fantasticare su un dramma oscuroche forse travaglio e sconvolse lo spirito del grande demagogo, uno di quei drammi che lunghi e muti si svolgono nel più profondo d'un cuore, c valgono a pervertire un carat- tere e a traviare una vita: chi potrebbe affermare, ma anche chi potrebbe negare cho il furore robespierriano di violenza nella ri- volta e nell'impero, non abbia avuto un'o- rigine prima nell'amaro disinganno di una ambizione letteraria infranta? Robespierre fu sempre punto dall'assillo di voler essere un grande oratore. Rimasto orfano giovi- netto, aveva potuto seguitare i suoi studi in grazia di una pensione concessagli dal ve- scovo di Arras; e si era segnalato per lasua intelligenza, e aveva conquistato parec-chi premi di letteratura. Esaltato dalle lodi dei suoi maestri, a sedici anni egli pensava di essere dotato, meglio che' d'ingegno, di • i t ii i l . *i_ _ • i " _ __ genio, e che lo attendevano strepitosi trion- fi; e i suoi amici lo incoraggiavano nella follìa di questo speranze. Andò a Parigi, e cominciò gli studi di diritto; ma ben pre- sto la realtà dei fatti dimostrò, prima ai suoi amici, poi a lui, che le loro non erano state che illusioni. Robespierre aveva pocatendenza per gli studi intrapresi, anzi per gli, studi in genere; e d'altra parte manca- va d'una volontà paziente e tenace, c ce- dette dinanzi alle prime difficoltà, rinun- ziando alla lotta, e abbandonandosi all'i- nerzia e ai facili piaceri della capitale. Il vescovo protettore lo considerò allora fallito come avvocato e come oratore; e pensandoche'non era il caso di spendere per lui altridenari, gli ordinò di tornare ad Arras, ovcavrebbe esercitato la sua professione in un ambiento più modesto, adatto alla sua me- diocrità. Cosi Robespierre fu costretto a ri- tornai-e, vinto, umiliato, deriso, nella citta-dina di provincia, nel mondo meschino ©pettegolo, egli che era partito trionfalmentealla conquista di Parigi. Questa fu per luisentiva; ma, nel suo segreto,' maturò pro-D ... ,'. », ,, ,6 ,. . r*. positi di vendetta, o un astiosità implacabi-le contro coloro che 1 avevano superato. Nel-la solitudine d'una cameretta d Arras, o porle vie senza tumulto, in qualche meriggiofu portato in alto dal caotico sconvolgimento rivoluzionario, in grazia di qualche obliquo intrigo e di quella sua magniloquenza retorica di demagogo settario, atta a stupire le masse, non rappresentò le legittime aspirazioni d'un popolo che scuote l'abiezione secolare e sorge a nuova vita : ribelle senza ideali, tiranno senza trono, sacerdote senza religione, fu l'espressione del malcontento sordido degli inetti e del livore dei falliti, e suscitò il fermento d'ogni passione disordinata, e affermò la sua ambizione violenta. Appena conquistato il dominio, si a- a o , e o a , prì la via alle sue vendette contro quei letterati nella cui schiera aveva sognato primeggiare, coll'imporre una legge che condannava a morte gli autori di ciò ch'egli chiamava « pubblicazioni sediziose »; e di questa logge si fece un'arma terribile contro tutti gli scrittori, presentando questi al popolo come nemici della libertà. Egli vietò la rappresentazione delle commedie e dei drammi classici, perchè in essi trovava personaggi che riflettevano quk«rató atteggiamento del suo carattere, n vizi suoi riprodotti e stigmatizzati; e pensò anche a vietare tutti gli spettacoli teatrali : gli applausi tributati alla poesia, gli parevano rubati ai suoi discorsi. E il suo furore, dagli uomini di lettore, si esteso a tutti coloro che avevano conquistato . fama nella filosofia, nelle arti, nelle scienze, nella politica. Così che noi possiamo ben dire che nulla sotto il suo governo fu più pericoloso dell'avere ingegno. Nel suo libro, la Williams ci descrive i martini di alcune illustri persone. Con molti particolari interessanti, clip ci ricorda, ad esempio, la fine della signora Roland, che fu sua buona amica. Anzi, la moglie dell'antico ministro è a lei che, dalla prigione, fece segretamente pervenire i suoi ultimi manoscritti; ma la Williams doveva poco dopo distruggerli, nel timore di una imminente perquisizione : se quelle carte, ch'ella ci dichiara che non contenevano altro che appunti letterari e memorie, fossero state scoperte in casa sua, ella non avrebbe evitato la ghigliottina, per il fatto solo che si trattava di scritti d'una condannata dal tribunale rivoluzionario, ch'ella aveva nascosti. La Williams potè ottenere il permesso di visitare la signora Roland, mentre era imprigionata nel carcere di Santa Pelagia. La trovò che leggeva Plutarco: superiore ad ogni accidente, serbava la sua serenità consueta; e nell'angusta cella, discorreva con una gaiezza e una vivacità immutate da quelle con cui aveva allietato, poco tempo prima, il suo bel salotto. Conscia della sorte che l'ai tendeva, durante il colloquio con la scrittri ce inglese non s'intenerì e commosse se non pronunziando il nome del marito e della figlia. Questa donna ammirevole, non colpe vole che di avere intelletto e cuore, comparì dinanzi al tribunale tutta vestita di bianco, coi capelli neri, bellissimi, disciolti sulle spalle; e stette in atto composto e se vero. Ài giudici rivoluzionari, canaglia per la maggior parte, dei bassifondi parigini, parlò con dignità e con dolcezza non scevra d'ironia. Sentendo la sentenza di morto, ella disse semplicemente: — Voi mi giudicate degna di dividere la sorte dei grandi uomini che avete assassinato: io cercherò di portare sul patibolo il coraggio ch'ossi hanno saputo dimostrare. Durante il tragitto tra la prigione e piazza della Rivoluzione — già della Concordia — ov'era rizzata- la ghigliottina, non solo ella apparve perfettamente tranquilla, ma a certo punto si mise persino a scherzare per rianimare un suo compagno di sventura, che non andava alla morte con eguale serenità. Poi, quando salì sul palco, ed ebbe la testa sotto la mannaia, levò gli occhi alla statua della Libertà, posta dinanzi alla ghigliottina, ed esclamò a voce alta e chiara,: — O Libertà, come t'hanno gabbata ! Ho detto che il libro della Williams è interessante in modo speciale per la sua parte aneddottica, dalla quale risultano atteggiamenti e spiriti caratteristici della società francese sotto il Terrore:, primi un disordine per cui erano possibili errori e sostituzioni tra carcerati o tra condannati a morte; e un disprezzo, che a noi paro straordinario e meraviglioso, della morte, il cui pericolo, continuamente sovrastante, e il cui spetta a !colo\ replicatesi ogni giorno, induravano i r ieuo1? 0 rendevano indifferenti i meno corag S10f' e ,UI1° sbocciare, tra tanto orrore di - malvagità brutale e di cinica depravazione, o'"1 b.el,.fior1'dl elette virtù, di teneri affetti l famigliari, di sacrifizi eroica. Un giovinetto e *} ,t,rova presento all'appello di coloro che o • de»b°n comparire dinanzi al Tribunale ri- voluzionario o sonte chiamare suo fratello, e cho 111 3ne]. momento si trova discosto, o o non può udirò il suo nome: in un attimo - e?" considera che la vita del fratello, padre - cl1. uumer.0Ea famiglia, vale più della paa Prla> e rispondo in luogo suo all'appello, e e ™ al Sfizio, ed e condannato, e il giorno e doP° sal° serenamente il patibolo. E atti - come <luesto> di sublime abnegazione, non i sono nemmeno rarl: PadrI e figli tentano - e empiono uguale sacrifizio per salvaro i a; oro cari- -1. ^u promulgata una leggo che obbligava i 1 mercanti, sotto pena di morte, ad esporre a su"a porta del loro negozio un cartello coi i prezzi delle merci. Un vinaio, costretto da Ilìrffoìlfi affavi nJ ., f f- -, J _ T> t ' • - u.rSerm ™ari ad assentarsi da Parigi, inca- a r;co " ugno di adempiere a questa prescri- e ^one: il figlio se ne dimenticò. Fu provato - 'che uon c'era da parte sua alcuna intenzione i di frode; ma i giudici sentenziarono, « in o coscienza », ch'egli era passibile di morte: aiin questa circostanza vollero giudicare l'in- r tenziono dal fatto compiuto, mentre di so- lito, giudicavano il fatto secondo lo inten- ziom ch'essi arbitrariamente e fantastica- mente S1'1 attribuivano. L'innocente si pre- P?rav» a subire la condanna, quando il mil nlstro di giustizia, informato del caso, scriso se alla Convenzione chiedendo la grazia pel o poveretto. La Convenzione, appena ricevuta i,1* lettera, passando sopra ogni formalità, c'voto 'a gra2ia- Un uffiziale fu incaricato di n portare l'ordine. Era l'ora del supplizio, o- ì-'uffisiale — egli stesso raccontò il fatto alla - n°stra autrice — uscendo dal palazzo delle - Tuileries, ove aveva sede la Convenzione, vi- © ^e lontano, in fondo alla piazza della Rivo-e,'UZIOne. 'a ghigliottina eretta e circondata i,"11"3; folla. Aveva fatto pochi passi cho vi- -i™ secondo individuo fu giustiziato. Un Un/. »™^én«,fn ..i;,„;t «.fiuni„ -i -1 ™ condannato saliva il patibolo; e il mes- -j so ansante per la corsa, non riuscì a gri- r;darc abbastanza forte per farsi sentire cheo sospendessero le esecuzioni. Il graziato era a iae e ei e oa- «|tD n0nd'annat°' nU,\U già legato alla panca, con la testa infilata nel pertugio dell'ordegno. Il grido di a gra- zia!» urlato dall'uffiziale e ripetuto da cento bocche lo fece sussultare come una frustata: il suo volto, pallido per l'emozione divenne cadaverico; poi, subito, s infiammò per un improvviso flusso di sangue — Grazia?! — rantolò, come inebetito dallo stupore. T' ffl * i v t_- -ì liumziale gli chiese il suo nome: egli lomormoro con voce strozzata. — Non siete voi. — disse l'uffiziale. E pri- a che l'infelice potesse comprendere, la nanriaia piombò con un colpo secco. Il caratteristico atteggiamento di spen- ierato o corrodente scetticismo, proprio di certi spiriti colti della società francese di questo tempo, ci è mirabilmente documen-1tato da una poesia riportata in parte dalla Williams, e completata da Funck-Brentano.- . . ' _ _. La poesia fu scritta da un giovinotto di ven- liquattr'anni, certo Nicolas Roland de Mont- jourdain, che la indirizzò alla moglie dal carcere, la notte che precedette la sua ese-dizione. Eccono qualche parte, che mi vien Poi, considerando la condanna che l'hacolpito, il giovinotto rivolge, agli amici del tempo lieto, questo saluto: fatto tradurre in verso: Se felice li ho fatta dieci, anni, non disperdere t'opera mia: dà un istante, ma. solo, aijli affanni, e al piacere l'età tua aiutia. Che, a sua volta, un novello amatore renda all'amica mia, che m'invila, aiorni di pace, notti d'amore; ed. io non rimpiango più la vita. Amici, per sempre io v'abbaiai addio piaceri., vita, di (/iota, qvslì, libertini, e vino buono, che oblìo non senza un poco di noia! Ma con me reco il mio passaporto: d.iman prendo la carrozza pubblica, e la mìa fronte serena, porto sotto la falce della Repubblica. 0 tristi e buoni compagni che amo, non lagrima-te le mie sfortune: sono, nel secolo in cui viviamo, un accidente troppo comune. Nel tumulto dell'orate trascorse, bevendo e schiamazzando in gran festa, amici, voi non m'avete forse fatto talvolta perder la testa? . Allorchè di Parigi, nel cuore mi si trascina, per una sentenza della. Patria, attraverso il, clamore duna moltitudine in demenza, che crede che la sua libertà s'affermi con la mia morte, questa che è mai altra cosa, in verità, d'una folla che perde la testa? Ma lo spirito della ribellione e l'ansia della libertà, soffocati nel popolo, salivano con l'impeto di una marea irrefrenabile. Profetizzato da quella Cecilia Renault, che pagò . n con la vita il bel gesto di presentarsi alla a casa di Robespierre, e di chiedere di lui. non per altro che <t per vedere com'era fatto un - tiranno », venne il giorno in cui la Conveni zione, con una violenta, disperata levata di i scudi, scosse il giogo. La Williams ha rac-1 colto le testimonianze di alcuni che figilaa Irono Robespierre, arrestato nell'anticame.! ra del Comitato di Salute Pubblica, dopo Il, 1 . -. r • * 1 fi _ 1 - j l'assalto al Palazzo Municipale. Col capo av - volto di bende, straziato dalla ferita infertal gli dal gendarme Meda, che gli aveva fra-, cassato la mascella con un colpo di pistola, n 'egli rimase per quattro ore disteso su di una tavola, immobile, gli occhi chiusi, come svenuto: non rispondeva alle parole di scherno e d'ira che gli rivolgevano quelli ch'erano intorno: solo, tratto tratto, con le dita nerjvosamente convulse si tormentava le coscio, e, quando si credeva non osservato, spalancava improvvisamente gli occhi e gettava rapidi fieri sguardi per la sala. Non ci fu bia!S0S™ di processo, perchè egli e i suoi ami ci el eran° statl dichiarati « fuori legge », e la n ò sentenza di motte fu chiesta dal loro antico ' amico Fouquier-Tinville. Il tramonto del 10 | termidoro s'accese su Parigi, sfolgorando di ' porpora e d'oro nel ciclo dal Valé'ien a Montmartre, immenso scenario alla càtàstrofe della tragedia cui i posteri diedero adeguatamente nome di « Terrore » ; e la testa di Robespierre rotolò mozza sullo stesso palco dove aveva sanguinato la testa di Luigi XVI. In una modesta, disadorna cameretta, lontano, inviato a combattere l'insurrezione della natia Corsica, un piccolo, magro tencntino di artiglieria, curvo su di un tavolo ingombro di carte geografiche e di volumi, meditava un libro sgualcito dal lungo uso: I Commentari di Cesare, in una traduzione tutta, nuova, con note critiche e militari di Laneelot. Turpin de Crissé, ristampa ta in Olanda nel 1787: e attraverso i vetri della finestra il vespro splendeva, come un'aurora. Mario Bassi. Le rkgnf. rie llobe.tpicrrc, par Maria-Heleke Williams — traduit pour la première fois de l'anglais par F. Ftj.ik-Brentiaso. — Paris, Arthème Fayard, a ' ed.. 1910. (Torino, Libreria F. Casanova e C.).