La parricida

La parricida La parricida p(Corte d'Assise di Torino) Il delitto alroce ed orrendo, che riempie 1 animo di sgomento e di terrore., è stato compiuto da una fanciulla non ancora ventenne: Teresa Martino. Ecco il fatto, che togliamo dalle carte processuali: II casello niiin. 27 t Nel 2S giugno 1900 il piccolo borgo di San- l'Ambrogio In circondario di Susa, veniva funestato da una tragedia domestica; il ca- sellante ferroviario Martino Lorenzo, che da molti anni prestava servizio al casello N. 27: in territorio di detto borgo, cadeva vittima di1 cinque pugnalato ad opera della figlia sua 'Teresa Martino, non ancora ventenne. Il gravissimo fatto desiò un'impressione enornie: la Teresa, tra l'universale esecrazione, si costituì tosto ai carabinieri di Avigliana, esponendo ad essi, e poi al magistrato inquirente, con lusso di particolari o di dettogli, come si era svolto il dramma. Sulla linea ferroviaria Torino-Modane a, circa due chilometri oltre la staziono di Sant'Ambrogio, trovasi il casello ferroviario N. 27 E' una esigua costruzione In muratura collocata, sul lato sinistro dell'unico binarlo, per chi procede in direzione di Modano. Consta di dtie piani e di due camerette per piano: la facciata è a circa tre metri dalla rotaia più prossima del binario. Nel centro della facciata si apre l'uscio d'ingresso cui si accede salendo due bassi gradini in pietra: entrando si trova di frónte la scaletta che ascende al piano superiore, a destra l'uscio della cucina, a sinistra l'uscio della camera da letto. Dne povere vite Lorenzo Martino, padre di dieci figli, fu poco fortunato nella riuscita di quésti. Uha delle figlio, la Teresa, fin da bambina si dimostrava discola, insofferente di os«i fienodatasi più tardi ai facili amori, era ormai per la sua condotta diventata nota ad Ognnn.°'uM a 17 ilnni ave™ già stretta, relazione stabile con certo Boero Emilio, uomo d'età quasi cinquantenne, ammogliato con prole, togliendo la quiete a quella famiglia. La sua relazione passò, come suol quasi sempre accadere, nel dominio del pubblico prima che [io avessero sentore i suoi genitori, i quali 1 appresero soltanto quando era troppo tardi 1 Nel febbraio 1009, rimosto vedovo il Boero, le relazioni si fecero più salde; quasi ogni domenica i due. amanti si trovavano assieme a Sant Ambrogio nell'osteria di Michele Isabello: gli appuntamenti si succedevano e venivano fissati con scambio di lettere amorose. Il padre era un buon uomo e. per quanto qualche volta bevesse di soverchio, non ebbe mai ad eccedere verso j figli e tanto meno ■ a_minacci_arh_ed a percuoterli. La madre era I dulia come un atroce maleficio, al suo amore follo e tormentoso, che nessuna forza al mondo sapeva toglierle. • Già nell'estate del 1908, quel magistrato si occupò della cosa: ma inutili rimasero i prudenti o scrii ammonimenti da lui dati alla ragazza, insensibile alle minacele di ricovero al « Buon Pastore •>; anzi, fatta più audace. do le relazioni della Teresa col Boero erano divenute addirittura infrenabili, e quasi quotidianamente si assentava per intere giornate/ rincasando a notte tarda, con la pretesa' di non volere più consegnare neanche la minima parte di quanto guadagnava. In questo ultimo incontro col pretore ia infelice madre ebbe a far leggere due lettere del Boero, elio potè sottrarre alla figlia, ed esse sono eloquentemente rivelatrici della tresca e non ammettono possibilità di negativa. Il suo amore La ragazza sapeva che nell'anzidetto giorno sua madre si sarebbe recata ad Avigliana per riferire al pretore intorno alla sua condotta e. provocare provvedimenti; glie lo aveva detto il padre la sera prima, dopo che inutilmente l'ebbe scongiurata di volerlo ascoltare. Cosi partiva da casa alla mattina del 27 giugno, munendosi dell'arma che da tre mest aveva acquistata a Torino, un pugnale a lama monotagliente, affllatissimo e di acciaio di buonissima tempra. Recatasi a Condove piano piano tra i campi, di là partiva col treno delle 9,30 per Sant'Antonino: dopo una visita a sua cognata Marianna, presso la quale si fermò a pranzo, ritornava nel pomeriggio a Condove. Di qui 6Ì dirigeva alla Chiusa in attesa di incontrarsi verso le 17, lungo la strada vecchia di Sant'Ambrogio, col suo amante. Ma non essendosi costui trovato nell'ora anzidetta, la Teresa ritornava sui suoi passi e giungeva alla sera in Sant'Ambrogio, ove, riunitasi con l'amante, cenava con lui alla Fiaschetteria Toscana e con lui andava poi a dormire in altro albergo. Si divìsero nel mattino del 28: Il Boero, all'ora sciita, si recava in fabbrica a lavorare, e la Martino andava da una sua sorella presso la quale si tratteneva tutta la mattina. Alle 13 rientrava anch'essa in fabbrica per uscirne <ille 17 e poscia si avviava verso la sua abitazione nel casello ferroviario N. 27. Pochi minuti innanzi, passando essa al casello N. 8, guardato dal casellante Giuseppe Quassora, gli chiese subito se, per avventura sapesse che la madre si fosse recata presso il pretore, come erale stato detto dal padre nel giorno precedente; parlò di una eventuale querela che i suol genitori avevano manifestato di sporgere contro il iBoern e. quando dal Quassora fu consigliata di comportarsi meglio ver=o il pndre e la madre, rispose con frase minacciosa e fiera: « Vado io a vedere un po'!... •. Il parricidio Cosi, giunta alla sua abitazione, la Teresa trovò il padre appoggiato alla barriera del riassaggio a livello e la madre in mezzo alle porta d'ingresso: giustamente rimproverala perla sua assenza, dal padre, che in via di correzione le diceva di tornare là dove era stata, l'iniqua e crudele ragazza, minacciata prima la madre, e posta senz'altro la mano hi tasca, inferiva al padre 6U0. che fece per trattenerla, cinque pugnalate coll'arma affllatisslma, impugnata con rapida mossa. Cadeva il povero vecchio crivellato di ferite e poco dopo spirava, lasciando cadere una mazza di ferro che, negli estremi sforzi dell'agonia, aveva brandito a 6ua difesa... La parricida cinicamente si allontanava giù pei campi fra le messi tutte d'oro, nella, quieta sera d'estate... fredda, altera, compassata come ■ nei ~ ---- . ... „„_ mi H. I condolili .che; aL_VO?to_^Ua,0v „on dissi mai se avesse compiuta una missione. F, con la stessa calma, senza mal scomporsi, come se nulla fosse avvenuto, si incamminava verso Sant'Ambrogio, ordinava una carrozza e, salutando le amiche che incontrava per istrada, si faceva accompagnare ad Avigllana, ove si costituiva al reali carabinieri, dal quali si fece curare alla meglio per una ferita 60tto l'ascella, procuratasi da se stessa nella voluttà del delitto! L'autopsia praticata nel giorno successivo, stabiliva che il Martino Lorenzo era morto in seguito all'emorragia causata dalle ferite riportate, une delle quali aveva reciso la vena ca arteria ascellare. ]! giorno dopo la Teresa fu condotta ali ospedale perchà II malo all'ascella richiedeva cure più urgenti- " Ho ucciso mio padre !., Quando l'interrogarono essa giaceva in un letto pallida e sorridente, piantonata da un milite dei reali carabinieri. « Sono Martino Teresa — essa dirse —-e -ca nosco il motivo del mio arresto... Ho ucciso mio padre! Dichiaro però o mia ..discolpa che.lo non volevo ucciderlo, ma semplicemente colpirlo per liberarmi da lui che mi aveva afferrato per pér- %m?d\." tranquilla, con precisione di dati e di tnM ha narrato la sua piccola vita ed il suo olle amore Essa disse tutte le lotici continui litigi che torturarono la sua povera^sa, d'ie il suo amore con l'uomo che le aveva folt? là pace e l'affetto del suol, e (Ite»> anco» la sua noia, il suo disgusto per colui che la tormentava con le sue insistenze. la sua mente malata ebbe forse qualche. \oltaLun barhìme di riflessione ma il fascino che <m di lei esercitò sempre l'abitudine del piacere le aveva tolto la forza di ribellatisi... ,p nw munito ella volesse persuaderò se stessaehciò noi? fosse, ogni giorno vi "rnaneva PU, avvinta, pazientc'c beata di quel giogo ma- leE=°4 infatti narrò ancora al giudice accorso ^of maglia contrassi .quella relazione perché Emilio non ini lasciava maulart ai appunto comperai mio padre. Con quell'arma io avevo intenzione di uccidere soltanto il Boero! Per sfuggire alle sue persecuzioni dissi a mio padre the mi cercasse un posto da cameriera ed egli infatti riuscì a farmi accettare come infermiera alla Maternità di Torino. Rimasi tre mesi al servizio di quell'ospedale, durante i quali il Boero venne tre volte a trovarmi fa- - onde otto- fabbrica Bosio. cosi che non avessi più ad incontrarmi col Boero. Ricominciò costui a perseguitarmi dandomi degli anpiintnmentl ai quali rare volte intervenivo. Finalmente nella domenica del 27 giugno, verso le ore. 8.30 uscii di casa. Ero vestita da festa ed avevo messo in tasca il pugnaletto di cui ho parlato; quest'arma l'avevo comperata a Torino una quindicina di giorni dopo che ero ritornata alla fabbrica Bosio. Mi recai subito a Condove, dove presi il treno delle 0.30 e discesi a Sant'Antonino a visitare mia cognata Marianna, pranzai in casa sua e verso le 14,30 ripartii col treno discendendo a Condove. Mi recai poi alla Chiusa, dove assistetti al ballo pubblico. Avevo appuntamento col Boero nelle ore 17 lungo la strada vecchia di Sant'Ambrogio; verso tale oro mi recai al punto indi cato ad attenderlo, ma non avendolo visto comparire ritornai alla Chiusa ove mi fermai fino alle ore- 20 facendo a ouell'ora ritorno :\ Sant Ambrogio. Ivi giunta mi recai in casa di mia sorella, ma uscii subito in cerca del Boero col quale rimasi assieme fino al mattino. Le mie ricerche insistenti per rintracciarlo non avevano però altro scopo che di avvertirlo della visita di mia madre al pretore d'Aviglinna e dei provvedimenti che si volevano prendere a mio riguardo ». La sua difesa « Nel pomeriggio mi recai al lavoro, alle ore 17 uscii e da sola mi incamminai lungo la strada ferrata per fare ritorno a casa. Sull'uscio di casa trovai mio padre e mia madre che discorrevano; mia madre stava sul vano dell'uscio e mio padre in manica di camicia le stava di fronte appoggiato alla barriera. Egli si fece serio e senza muoversi, volgendo appena gli occhi verso di me mi chiese da dove venissi. « Io mi fermai... «Vengo da Avigliana», risposi. Ma egli, indicandomi col gesto la strada che io avevo percorsa, gridò: «Ritorna dove sei stata sino ad ora, e fatti dare un biglietto dal pretore di Avigliana, altrimenti non ritorni in casa». «Datemi la mia roba ed io me ne andrò», risposi. Nel contempo feci l'atto di entrare, ma mia madre mi respinse; mio padre mi afferrò allora per di dietro, facendomi fare due o tre giri su me stessa, colpendomi nello stesso tempo con due pugni al capo. Allora, per liberarmi, nella tema che egli continuasse a percuotermi, sotto un impeto di rabbia cacciai là mano destra nella tasca dove tenevo il pugnale, lo afferrai... con la sinistra impugnai il fodero al disopra degli abiti mentre ancora l'arma era nella tasca... quindi estrassi violentemente l'arma sguainata e. passando il mio braccio destro sotto il sinistro, menai un colpo a mio padre, che trovava*! dietro di me e mi teneva per il collo; quindi mi voltai e, senza sapere come, Io colpii tante, tante volte! Frattanto la mamma mi aveva afferrata alle spalle, e mio padre raccoglieva una grossa chiave di ferro; mia madre gridava: «Dallo, dalle, che io la tengo ferma!»; ma a mio padre mancarono lo forze, lasciò cadere il braccio destro... e la pesante chiave cadde a terra. Al; lora mi svincolai eia mia madre e mi diedi alla fuga attraverso I campi, dirigendomi a Sant'Ambrogio. Quando fui nella strada provinciale, mi accorsi di essere ferita sotto l'ascella sinistra. Siccome nè mio padre nò mia madre avevano alcuna arma fra lo mani, ritengo di essermi ferita da me stessa colpendo mio padre. A Sant'Ambrogio noleggiai una vettura e mi feci condurre ad Avigliana, dove immediatamente andai a costituirmi, io vidi, si, mentre fuggivo, mio padre cadere a. terra, ma non credevo di averlo ucciso. Sono pentita di quanto ho fatto ma non era mia intenzione di fagli tanto male!.,. ». Un idillio All'ospedale, ove Teresa rimaso cinque giorni in cuia per la ferita procuratasi durante la lotta col padre, nelle monotone ed afose giornate dì luglio, fra il silenzio delle lunzhe corsio bianche, nell'assopimento dei sensi e dei ricordi funesti, a lei. che nell'animo nessuna traccia eia rimasta del suo delitto, sorrise invece un nuovo amore che la bontà e la tenerezza d'un uomo avevano fatto nascere. Innanzi alla porta, poco discosto da lei. un carabiniere alto, bruno... la vigilava continuamente. Cosi egli incontrò per la puma volta i suoi cechi. Quando però tutto all'intorno era tranquillo... e di fuori cantava la cicala e tutti i suoni della vita tacevano... ed una pac-3. una serenità mistica .si diffondeva nei quieti meriggi... il povero carabiniere, deposto il fucile in un angolo, s'avvicinava rispettosamente a lei susnrrandole parole di conforto. Dopo due giorni si volevano bene. Ogni giorno egli aveva una parola buona, un pensiero gentile, un ammonimento fraterno... Ella sorrideva come una bambina a quell'Idillio cho le riempiva l'anima di tanta tenerezza!... Ma intanto i giorni passavano ed il medico l'avverti che sarebbe stata condotta alle carceri. L'ultima sera anch'essa non sorrideva più... lo chiamò per l'ultimo saluto: sul tavolo vicino c'era mia medaglia, egli la. volle: fu quello il patto d'eterna fedeltà. In prigione non io dimenticò: ecco la lettera che potè scrivergli: «Dalle carceri giudiziarie di Susa, 6 luglio 1909. « Amato Filippo, « Vengo con queste mìe poche righe ner faide sapere delle mìe notizie. Grazie a Di:> non mi manca niente per il vitto, ma solo sono spersa di lui di non poterlo rivedere, non poterle dire più una parola; sono proprio disconsolata, passo giorni lunghissimi e. notti che non finiscono mai! Senta: se per caso avesse da venire a Susa lo prego che non manchi di venirmi a ritrovare: io mi sono informata che se Hi fa fare il biglietto, in qualunque giorno può venirmi a ritrovare. Lo prego che non dimentichi il giorno che mi ha fatto 11 giuramento, che io non mi dimenticherò giammai per tutto la mia vita. Tengo sempre il suo caro ricordo in mano, non posso giammai rilasciarlo, spero che anche lui faccia co*!! Non mi resta che a salutarlo di vivo cuore colla speranza di rivederlo presto. « Filippo, se per caso incontrasse il mio fratello soldato lo prego di salutarmelo da parte mia e. di dirle che mi venga a ritrovare anche lui. Dunque addio; lo lascio con la penna, ma non nial col mio povero cuore. Addio, sono e sarò per sempre la sua Martino Teresa ». La premeditazione La sentenza della Sezione d'accusa nella sua motivazione ha creduto di ritenere la quantica della premeditazione, a indarno l'imputata vuol tar credere che quel pugnale tosse destinato a. togliere la vita al iBoero e rettamente la. Camera di consiglio fece giustizia di simile affermazione; troppo stretto era il vincolo che univa i due amanti; la corrispondenza epistolare ed i continui appuntamenti dimostrano poi il completo accordo. A prescindere dunque dalle stesse contraddizioni in cui cadde là Teresa, la quale prima ha detto cho voleva uccidere il Boero perchè troppo molesto ed importuno, poscia disse che voleva sopprimerlo se non l'avesse sposata: egli è certissimo che il pugnale non era stato acquistato dall'imputato per sbarazzarsi dell'amante. Sono invero i rimproveri paterni e più che tutto lo lagnanze fatte al pretore che armarono il braccio di costei; fu l'ultima visita fatta dalla madre il 27 giugno al magistrato, visita a lei ben nota che destò la determinazione finale. La freddezza del contegno dopo il delitto è caratteristica; aveva spento appena da pochi minuti il padre che ai conoscenti che incóntro disse tutta tranquilla: « Ne ho salassato uno! ». La ragazza che la condusse poco tempo dopo ad Avigliana, ove si costituiva ai carabinieri, la descrive nè commossa, nè inquieta; il pretore Villa seppe dalla sorella, dell'imputata (e costei lo ammise) che nel pomeriggio del 28 giugno, alcune ore prima, del delitto le chiese un po' d'olio per ungere un cacciavite, mentre unse il pugnale. Con che è dimostrato che la Teresa Martino, giovane depravata e vana, insofferente di freni e della sorveglianza dei genitori, nei rimproveri ricevuti da essi e nel periodo di provvedimenti di rigore, medii'i l'intento della strage, la vagliò, vi perversò ron calma e freddezza fino alla consumazione. » Essa comparirà innanzi ai giurati della nostra Corte d'Assise il 14 corrente aprile. Sarà assistita dal periti professori Tirelli e Ostorero. SaWt difesa dall'avv. Roccarino. a£cnAfaalrtccapava2;te&totniggcmgAIfaugefgczNdtcmdnlTrgvrIadllci1e