I figli del diavolo di Virginio Gayda

I figli del diavolo I figli del diavolo l(Katra corrispondenza particolare) Montar, marzo Aucho, a Mostar ho scoperto una colonia mtd. - ... v .-l'i..! di uu CWIJLI liuti ^uiuuin 1 dì zingari. E dove mai non si trova questaj cstrana specie umana, non ancora bene clas- sificata, che vive e germoglia fra i sassi e ™non ha mai ne una patria" ne il ventre sa- ' dno! fili ungheresi, clic ne custodiscono tmolti nel loro paese, dicono che essi sono i mlontani discendenti di certi calunniatori di.<,8. Gregorio e dei suoi buoni costumi, ma i contadini, che non conoscono la storia della chiesa, lassciano in pace i santi e li chiamano senz'altro i figli del diavolo — ciò cho uno bene spiegare perchè si trovano da per tatto. Però è un diavolo gaio: non fa paura. "r.0 pratiche strane 3 lo avventure che si raccontano di lui non bastano ad oscurare con un'ombra di mistero le suo cosi dotto caso. Forse perche esse sono troppo piccole e .semplici per poter chiudere qualche mistero. Non riescono già. neppure a contenere tutti i membri della famiglia che l'ha costrutta con le sue mani, senza spesa, e ne perciò la legittima proprietaria. Infatti nei « quartieri » tzigani, con nuvolo o scr'ono. si vive sempre all'aperto. E non v'o nulla ili più curioso c pittoresco. Pare cho ci sia sempre festa. Là, fra le rovine antiobe e le nuove immondizie, una turba fantastica di gente, vestita a cento colori vivaci, si agita e strepita tutto il giorno. File di uomini gravi, con il petto nudo o il viso nero, Betìuti a terra sulle gambe incrociate, battono assordanti dentro le peulolc di rame, corno una terribile banda di tamburini che dia concerto giuoctiuo nel fango con le vano cani. Le donne vanno c vengono. in ginocchio disperatamente sul fuoco cliejcfliina e muore sotto i minuscoli pentolini j ndella famiglia: intrecciano di corsa, criiijnuna rapidità vertiginosa, lunghi fili di lauaicolorata, fissati alla sommità di un bastone j pgf—svvjsJB.B„cllnmbcgcssitUiBimbi nudi mio nidiate di «ono: soffiano tpiantala a terra: sciorinano al sole gli ultimi residui dcl loro a corrodo », tutti a brandelli conio glorioso baudiero di vecchi reggimenti. Bruno bambine dagli occhi di fuoco, in vestaglie d'arlecchino verdi, azzurre, arancio, dove i buchi e gli strappi fanno una manifesta concorrenza, ai colori, saltano a piedi nudi fra i sassi o cantano, accompagnandosi alla musica indiavolata dei loro compagni che misurano la forza dei polmoni e dei pugni nei pifferi e nei tamburelli, allegri con la loro gran cintura rossa rianimante che stringo gli azzurri pantaloni larghissimi a campanai A torno taciturni vecchi pezzenti segnano il tempo dello danzo con il gesto ritmico dei loro trincetti che aguzzano manici di scopa e cucchiai di legno. Le vecchie delle magio, rugose e legnose, accovacciate in qualche canto su piccole stuoie, con la breve pipa di terra cotta nera in bocca e le lunghissime unghie tinte in rosso, preparano i loro giuochi con le pietre e le carte: mentre, sulla soglia di qualche capanna solitaria, bellissimo selvaggio giovinette ricciute, vestite di rasi e di broccati stinti gialli e rossi, con le calzo violetto di seta, le collane di vetro e le medagliette d'oro incollate sulla fronte e sulle guaneic, aspettano come superbe regine gli ignoti amanti che verrauno ai loro convegni. ■ 'rutto ciò in un « quartiere » di venti o trenta casette, fatte al tMtvmlt con la terrai 10 pietre, i cocci vecchi del luogo e le latto di petrolio arrugginite e i legni marci raccolti per le strade: con un solo buco di porta, senza finestre, che illumina l'interno, dove si dorme su uno strame di paglia e si siede su qualche montagnola barcollante di vecchi mattoni ammuffiti. Un'acqua grigiastra, che corre cantarellando fra i sassi, raccoglie, quando può, le immondizie di ogni specie che sono lanciate per le porte: il vento, quando c'è, disperde le esalazioni di quelle cho rimangono. I forestieri, che passano di qui, fuggono inorriditi, senza guardare, mentre gli zingari chc difendono le loro capanno, anche senza sapere chc puro 11 medio evo ò vissuto - - come dico Taino --• su un fumirr, vi dipingono ogni anno sul muro di fronte alla strada la figura del diavolo, grande al naturale, per tenerlo lontano, per quanto ci sia già quasi sempre una palizzata di legno che chiude tutto a torno, come una fortezza, il loro villaggio. Ma con questo eterno bazar, vivace e rumoroso, che non ha neppure rispetto per la quiete così cara ai turchi, loro vicini, gli tzigani si sono conservati in Oriente la più. curiosa e pittoresca razza. Si distinguono subito per certi loro speciali caratteri chc li tradiscono senza errore. Vivono un po' a spese di tutte le razze, ma non si sono assolutamente fusi con nessuna. Vagabondano per tutta l'Europa, in Spagna e in Russia, in Iluruciiiac in Germania, ma serbano intatto ed eguali le più curiose e vive caratteristiche della loro stirpo, che ha qui nei Balcani il suo nucleo più forte e genuino. Il tempo e la pressione di dieci diverse civiltà non li hanno trasformati. Tutti i barbari popoli nomadi che, nella lenta vicenda storica, sono scesi dall'Asia o dal settentrione nei Balcani, come fatalmente trascinati da uno stesso inconscio istinto misterioso verso il sole più dolce e le terre pili fiorite del Mediterraneo, si sono soverchiati e in parte già fusi. Gli Unni, che hanno traversato il Volga, e i Goti che sono scosi dal Danubio, i mongoli, gli slavi e i turchi — le razze che son venute nei Balcani nelle più recenti epoche storiche a popolare le. vecchie rovine elleniche e romane — hanno perduto molta della loro individualità caotica e, amalgamandosi, si sono ridotti in poche espressioni semplici. L'evoluzione etnica dei Balcani di questi ultimi secoli si può tutta riassumere, mi sembra, in una progressiva cristallizzazione dei suoi dieci popoli a torno tre poli ben distinti: l'ellenismo, lo slavismo e l'islamismo. 1 bulgari si sono slavizzati come più tardi molti macedoni, serbi o ellenici, sono stati trasformati dallo spirito mussulmano. Male piccole tribù zingare si sono salvate da questa generale trasformazione etnica. Nessuna civiltà li ha raggiunti. Nelle loro vagabonde corse nomadi sono passati troppo rapidamente, fra troppi diversi popoli, per poter veramente sentire la pressione di alcunoE così, ancora profondamente barbari, senza, una vera virtù propria di resistenza, fra lo agonie nazionali di popoli assai più forti di essi, sono rimasti quelli cho erano il primo giorno chc vennero: una strana razza maravigliosamente bella e selvaggia,— forse discesa dagli altipiani dcll'Hindostan, come sembra dirci il suo color bronzeo della pellec la lingua bizzarra così simile al sanscrito— eternamente ribelle e affamata, che vasenza riposo di paese in paese, spinta daun inquieto desiderio uostalgico di cemprouuovi cicli, portando il auo. niaianconico sc mania, più di spi" secoli or sono, la dichiara a caccia dal suo territorio: più tardi Federico Guglielmo ordina elio gli zingari maschi c femmine siano . . . w coperta de. diversi metalli ,s.anS:"",os? persecuzioni dell Eu- ™Pa cnttollca fanatica non sono bastate a d»tr«gg«la o piegarla. E* passata tra il tetT0. 0 !j f"oco *eìì™ perdersi. La Ger man>a>.Pu« di <,rad,trice dcl 1 jclduca Giuseppe ha ancora tentato di rigej nerarli : li ha messi fra i suoi contadini, jnolìc campagne, ha dato loro belle case cu im°dc e fertili terre da coltivare, ha ap j preso la loro lingua per educarli, li ha ac- greto, come quei misteriosi kabiri nomadi, Tfabbri perfetti, cui i greci attribuivano là f—: i- j--- j-- • s. ... mcqmmcoscqpuzsenz altro mandati ala torca, non appena „vnmtiÌTin 1= tv„.,n ■ i i Cvaionino Ja irontiora prussiana: la conteai„j; t>„,1c,. f„ t„ -, .,. • • r qsti a L,™ T " gh """T C «"*ro oln f f °' sepand0 SU,adn, ,1 li ■ ? C°" ° T° °i aJorocjfci, rS?n r,manS0110' seJB«ltfno 1 p•boi!d'™'^al sParg°no ancora per i paesi ^BiW -, "lf ■''0,-PnOVa!'1 'a VCnt,a de!-!a «.Bibbia: ctie più si Mhcc la un noDuln. nm „...„ „,.„„„„ '• . i'"iJul>l> P'« zcsso cresce e iiicriarantisce. v(„ - 8 i i ? zloro v!?, I c,,,ftn,L'",c> W™. »t»«»che»»; ULloro vita,ono1 vagabondaggio.La stanehezza n,-nr a.° con,ln™.sol° V,and0 ,sl ,fer- cmano. Allora perdono in un baleno la loro,^bellona vivace. sGoriscc-no, si corrompono c ,,compaiono. Ipiccoh villaggi tz.gam, che sor- Lg no giàqua e la in Ungheria e per■tutte lo ccittà balcaniche dalla Serbia alla. Turchia, Bsognano tutti fatalmente 1 agonia delle tribù sedentarie che li abitano. Ce qualche cosa pin loro di misterioso e di invincibile, che li dtrascina sempre, pm forte di ogni volontà. ;]Un secolo e mezzo fa Maria Teresa vollejdimmobilizzarli con la violenza nel Banato.j m» dopo dieci anni di fatica dovette nnun- f «"are al impresa confessandone il fallinion- ■M to. Pochi anni or sono, in 1 ransilvau.a, 1 ar- le a n o e o o i o i , i i i l i e o o o l o e a . a ù. o c a o , ei o. i ial e o e re o i loe io elmei io. di ti e ea de aer o. nra ti iza se me le carezzati ed aiutati con una infinita dolcezza, sognando di elevarli. L'opera era generosa e mito: pareva cho gli zingari vi si piegassero. Ma un giorno improvvisamente essi disertarono le loro belle case, scomparvero o non tornarono più. E' inutile. Questa gente asiatica, come lutti i popoli nomadi, non ha ancora alcun! senso e desiderio di quella proprietà fon- Vdiaria che gli uomini moderni invece ago-1 gitano e si contrastano a sangue: non ò'cfatta por lo fatiche gravi e regolari della•lerra: non sa regolarsi e amministrarsi e! rdisciplinare i suoi bisogni. Talvolta, nei vii- laggi ungheresi, brucia senza scopo le porto c le finestre dello sue case e si tortura poi d'inverno per il freddo terribile, fin che qualche pietoso non viene in soccorso. In ' veco nelle sue corse avventurose all'aperto si sento regina. Soffre un'atroce miseria, non si sfama quasi mai, ma è libera di se stessa. 11 suo piacerò è tutto, solo, nella altra gioia di* ciidenza. Qualcuno, chc conosce bene la sua lingua, ha osservato questo fatto cu- dangolo sicuro orizzontali, obliqui, in croce, i crini di cavallo, fuscelli di paglia, semi in numero vario, brandelli di tela colorata che si appendono ai rami, figure segnate con il carbone sui muri. Il primo gruppo che!passa per una via nuova ' lascia nei ero-'cevia, fra gli alberi nei cespugli oneste mi I L?"-™1' neVcesPV,'> 1uest? ml-![ 'liberta Per questo non può assolutamente confoiidersi con 1 ebreo balcanico, cui qual- cune- ha voluto paragonarlo. L ebreo c pa- riente, si piega e si avvilisce, ma nou può fivere senza quelli che lo ingiuriano: ama, quando vi trova il suo interesse, la vita ì lacida e immobile della casa, conosce il [valore della proprietà, è costante ed ha nei -uoi guadagni un compenso alle suo feroci ooiseeuzioni. Lo zingaro c invoco un eterno'nbelle e fa da se. Non conosce il piacere di una rivincita allo sue sofferenze. Non haie altro compenso che la sua in- . rioso: che essa non ha nessuna parola che, giunchi uu sentimento di gioia. Del resto Ilo zingaro non sente neppure i bisogni della vila. C'è una canzone tzigana cho dice : I « Ah! se fossi signore! Vorrei mangiare] tutti i giorni del grasso fino, bere dell'oro ! fuso e addormentarmi la sera sulla paglia fresca «. Con questa canzone cho canta i suoi desideri lo zingaro riesce sempre a vi- vere Fa dei viaggi interminabili. Vi sono zin- „o^; „i„ i,„ , • ,• . tl gari che hanno attraversato a piedi tutta ' ,uro|,!i". M.a, dl sollto vagabondano solo' nelle stagioni buone o tornano a raccogliersi: ogni anno nello stesso luogo, per passar l'inverno. Vivono in tribù assai numerose,' talvolta con un perfetto regimo comunista' rcgolato dal voivoda, il capo: però, quando partono per i loro viaggi si dividono sempre1 in piccoli gruppi, perchè tutti insieme non: potrebbero trovar da mangiare. Conoscono a meraviglia i paesi e seguono sempre, ^ za errore, con una precisione geometrica fflijcf„ ■ „.'„:„• tv s. ,..'»,! i stessi cammini. Hanno per essi dei piccoli ... . , * , . x segni che li guidano e non talliscono mai. l-ono bastoncini di legno, posati in qualche steriose traccie che indicano il cammino e fanno avvisi e allarmi, e i gruppi che seguono, anche dopo molto tempo, si guidano cesi per interi paesi su queste piccole orme, senza incertezze, como ■ i solitari cavalieri nomadi che si orientano nella steppa, seguendo gli infiniti segni misteriosi delle erbe e delle pietre. C'è tutto un linguaggio complicatissimo e preciso. Conoscerlo intero significa per uno zingaro conoscere tutti i paesi. Ma questo è un privilegio di pochi. Vi sono molti gradi di segni. Qualcuno indica solo la direzione dei maggiori cammini por le carovane nomadi ed è comune a tutti gli zingari dell'Europa centralo, dalla Turchia alla Polonia: altri sono speciali di ciascuna tribù: altri ancora appartengono solamente ai capi ; di più ogni gregario ha le sue marche particolari che usa quando va solo o si è perduto. I segni generali di passaggio sono sacri: nessuno può toccarli. Per li traditore chc li smuove e svia così il cani mino dei compagni c'è la pena di morte sicura. Gli zingari li imparano, durante i lunghi riposi dell'inverno, dai loro voivoda che li istruiscono in questa occulta scienza del l'orientamento. E così vanno alla ventura sui loro eavalli stanchi, elio frustano senza pietà. Vivono un po' di rapina. In Transilvania attaccarono un giorno un intero villaggio. Nella stagione buona danno la caccia agli uccelli e allora, prima di tendere le reti, gettano spesso in un cespuglio per il buon augurio alla divinità della caccia un u dono », che nei Carpazi è un disco di legno dov'è intagliata qualche figura di uccello. Se qualche compagno cade, lungo il cani-o, Imino, morto, lo seppelliscono nei boschi, va|sotto gli alberi, malediscono Dio, salgono da su certe montagne a versare in espiazione ro|del trasporto qualche goccia di latte d'ac-jSiua c riprendono subito, senza lacrime, la via, Compaiono invariabilmente in tutti i villaggi bulgari e turchi con i loro vecchi orsi sciancati e lo melanconiche scimmia senza pelo, che fanno ballare a suono di tamburo e di bastone, trafficano di cavalli, TSS&n ìor\c&s\e™?ie di rarae.c 1 ferri f' Z?Jj° C°n mc ^arie erbe e ì ricami, la loro bellezza, e ì ricami, quando l'hanno, e le loro fantasie sui demoni e sul destino del prossimo. Questa magia degli zingari, che ricorda quella così fantastica degli antichi egiziani, e una scienza preziosa e complicatissima che ha questa superiorità sullo scienze moderne: può far vivere tutta una famiglia. Però è un privilegio di pochi. Secondo la credenza zingara i segni dei demoni del male possono „, Ciseie scoperti solo da certi favoriti: da i„„„„i; :i . c ,• , - ,• j qwog11 che o il nono figlio maschio di madre *he »°u ha ^ato alcuna figlia femmina o da chi è la settima figlia di madre senza aIc«11 ™»eW°- C'è poi tutto un co.,.- piatissimo albero geneo ògicò dei diversi ^iriH, che creano U le malattie e «*o lc d0""° magiche conoscono a perfe • . ... r i_- zione c vincono con certo misteriose e biz- i i • , zarre pratiche, cho ricordauo ì pm paurosi L strani riti delle tribù selvaggie a Ma in fom]o a (a dc] niale c'Ò per gli zingari tutto lu spirito della loro,^ifrovi Es8f veramente non hanno auc ,,„.., m& fc(1(, g sfu a|lchc jn uesto - Llrotol.no bj spirftuale degli uomini, o como A Bono ^fajttà a tuWo f0 nccesaità Bfcoriche. Ma un conc(,tto dj un Dio mA\. ù ; mmo ]]o de|le t,.ibù inclialic chc a pe°cguita „\{ uomini o crea tutti gli esseri i dd ^ale domina la loro vita_ E ,&b ccrta. . ;]ncnt<! csso e„0 che ha creato ]e lovo piu ejdiaboHcbc G selvaggie superstizioni. Tutto .j to ò esSGre g*rioio.11Iii ò aT,che pro- foTldamente triste. Da quando gli zingari, - ■Mjtl„ u )in).l de| turcnii hni)no lasciato - la Valachia, dove avevano lungamente di¬ a , a a a a è a o a e o a - i e - i e o,,, o , à . c i . u o , o ¬ morato, cercando un rifugio verso il nord, sono entrati in paesi cristiani. Non avevano religione, erano barbari, andavano vagabondi e affamati senza una mèta: e sono così passali, trascinando la loro miseria, lungo i conventi, sotto i campanili delle; chiese cristiano. Ma oggi, dopo sei secoli, j rimangono immutati. Le parole di perdono e di fede che si dicono nei luoghi della preglnora non sono state per loro. La Chiosa li ha chiamati traditori, mentre essi erano semplicemente barbari, cacciati qua e là da tutti i popoli, come una mandra selvatica: i principi cattolici li hanno fucilati e mandati alla forca: tutti noi li abbiamo guardati con paura c con odio, lasciandoli indifferenti al loro triste destino, senza pensare che proprio fra noi. nelle nostro stesse campagne, essi sono un popolo più degno e doloroso di quelli che cerchiamo con tanto fervore oltre gli oceani, per la nostra propaganda di religione o di civiltà. Perche fin'ora non si è fatto assolutamente nulla per essi. Qua e là la Chiesa li ha già battezzati per lo sue convenienze, ma non ha loro insegnato nulla. Ciò che avviene sopra tutto nei Balcani c veramente sconsolante. Qui i preti cattolici si disputano con gli ortodossi il dominio degli zingari : per sollevarli, rna solo per averli trionfalmente come " numero > nei loro censinienti di confessione. E gli zingari ne approfittano scaltri: fanno battezzare tre o quattro volte, in differenti villaggi, i loro figliuoli, per goderne certi piccoli premi, e continuano a credere che il Cristo di cui odono la gente parlare viva ancora... Così dura la tristo e fosca leggenda dei figli del diavolo. Ma è malinconica per il popolo che l'ha creata. I figli dcl diavolo aspettano da Fei secoli l'opera di qualcuno che li aiuti ad ascendere. Virginio Gayda. i

Persone citate: Federico Guglielmo, Goti, Maria Teresa