L'ultima opera di D'Annunzio

L'ultima opera di D'Annunzio CRONACHE) LETTERARIE) L'ultima opera di D'Annunzio «Forse che sì forse che no », così gravoso alla lettura che pochi, oltre gli spirLi addestrati alla fatica di archivio o di biblioteca, riusciranno a varcare la centesima pa- I cej frh<t gina, è in compenso un libro molto piace- tovole alla meditazione. Se si ha Iona abba- trstanza da giungere al tonnine, si rimane nun paio d'ore a riflettere sulla materia e sul- rel'anima dell'enigmatica creazione. E. poiché ule Sfingi possono essere terribili, ma non so- 10no mai noiose, bisogna restar grati a Ga- s'briele d'Annunzio delle poche ore di agita- nta curiosità, con cui il suo romanzo ci ripa- " ga delle molte oro di indicibile fastidio, du- mrante le quali pagina per pagina losfogliam- miri, capitolo por capitolo lo espugnammo. ! vQuale l'ispirazione centrale dalla quale coprese questa volta lo mosse il poeta? DVè 1°il tronró da cui germogliarono i rami, le fo- seglie e i fiori su cui crebbero i personaggi, mi fatti e .0 immagini in così fitto'vi.uppo^da nnascondere a qualunque occhio profano la nloro origine comune? La_ Intona leltura.come ta.1 buon giudizio di un Aro non e possibile ra chinon abbia versatilitàl sufficiente da. col- mlocarsi al punto di vista dell'autore e guar- suriare il mondo con gli occhi suoi. Ma per ri- chciiissinia per l'ultimo romanzo di Cabriolè lod'Annunzio. ,1 Forse ohe sì forse che no » hnon appartiene a quella categoria di capo- vlavori, davanti ai quali il lettore commosso pesclama: « Se avessi tanto genio, svrei vo- Fluto, avrei saputo scrivere un'opera simile danch'io » ; e nemmeno appartiene a quella dcategoria di opere sbagliato, davanti allo quali r-i dico: « Anch'io se fossi un artista, davi-ei potuto commettere lo stesso errore. E' e una cosa sui generis, che suscita una curio- ssita piuttosto rara: com'è nata? Con quale csentimento s'è messo lo scrittore a tavolino? pCon quale convinzione se n'è tolto? gPerciò tutti gli atteggiamenti di giudizio tedivengono comodi, fuorché un vero atteggia- l'mento critico. C'è un incesto? Ci sono molto pscene di libidinoso furore? Si dirà che il iromanzo è un'infamia. Ma le approvazioni ce Io riprovazioni morali, quantunque molto drispettàbili per altre ragioni, lasciano indif- mferente il coro delle Muse. Ci sono, come td'Annunzio medesimo ha annunziato, due- cromanzo è stupendamente scritto, quasi che I1» qualità di un'opera d'arte consistesse nel- cla maggiore 0 minor copia di vocaboli e non: Ipiuttosto nella chiarezza .li ciò che il poeta mha visto e nella precisione con cui lo ha tespresso. Chi bada all'aeroplano e all'au- ntomobile dirà se d'Annunzio abbia sentito cla. vita moderna, la macchina e cosi via nel. mvero modo in cui rjueste ed- altre cosiffatte- zci.se andrebbero sentite. Chi cerca paesaggi eo quadri plastici, ci racconterà che non mai p6 e divertito corno alla lettura di Forse che. asi forse che. no, perchè nessun libro antico mo moderno ne sovrabbonda come questo j. Lchi chiede eventi e sentimenti, dirà che que-ista romanzo è noioso, appunto perchè vi so-jlvrabbondauo le descrizioni. Anch'io 1 ho det-j misvraobondano le descrizioni.^ Anca 10 I ;>» net-, mto, ma senza dare alla mia noia altra ini-; Vportanza da quella che darci ad una cattiva'sdigestione. Non è detto ancora se la colpa; l„• !_1 ,"~ « J«l sia del mio stomaco o del cuoco. Lasceremo dunque queste perentorie glo-j prificazioni e queste sommarie condanne chej rebbero giustificare l'autico verso : a La sfogo personale, solo quando non 0 ne arbi- itiaria nè meccanica, la critica diviene de- tparrebbero «luf ^MtTT'' \TJ cntujue est factle et lari « difficile ». bolo. cquando non e un oziosa dilettazione o uno| at„ I"gna dell arte 0 dimoile come 1 arte, ii .1 suo; mcompito non muta per mutare d'oggetto, j nconsistendo sempre nel risalire dai suite- )mi 'Aio radici del bello o del brutto; e, no- spcrte lo caiise, nel interpretarne gli effetti, vQuale 1 anima della più recente creazione rdannunziana? Ed m che modo quest animaI vs'è rivelata in quelle determinate forme? .tLa favola e i personaggi | dCerchiamo di stringere più da presso il mistero. Molti amplissimi riassunti furono già pubblicati del romanzo, ma i riassunti, fors'anche per la loro ampiezza, non erano meno oscuri del romanzo. Ecco, scarnita fino allo scheletro, l'aziono. Tolte alcune insignificanti comparse mondane e qualche poliziotto ancor più insignificante di quelle, i personaggi si riducono a sei : Paolo Tarsis, esploratore, automobilista, aviatore, e Giulio Cambiaso, suo compagno di gesta, da un lato; lo tre sorelle e il fratello Lunati dal- ,terfqlepmqnll'altro. Delle tre sorelle, Isabella, vedova di'gMarcello Inghirami, è ricca; le altre due., dVana e. Lunella, solo e povere, vivono alle.dspese della maggiore; ed a carico d'Isabella pvive anche il fratello adolescente, Aldo. Ma dal novero dei personaggi attivi possiamo già cancellarne due: Giulio Cambiaso e Lu nella Lunati; poiché l'una. ancora bambin occupa molte pagine del romanzo nell'ascol tar ninne-nanne e nel cullar la sua bambol di porcellana ; e l'altro appare, quasi sul ! principio, all'aerodromo di Montichiari, solo per vincere nel cielo e per giacere sfra-! bero degenerata. Tracce di pervertimento]~notiamo già nel padre, che i lettori del ro-1 manzo conoscono solo per sentita dire: «o-| mo di bestiale egoismo, che ha dissipato il!Restano dunque quattro: tre Lunati ed un Tarsis: e fra questi quattro personaggi. si svolge il dramma. I Lunati appartengonoivad una famiglia cho gli alienisti chiamorob- patrimonio famigliare, ed ha sposato in so- conde nozze una sozza concubina, cui le fi- gliastre chiamano lo Sciacallo. E sintomi di futura degenerazione si notano anche nella1piccola Lunella, così morbosamente sensibile e malinconica, che perfin le sorelle la riconoscono a loro somigliante e le vaticinano fu- j nesta la vita. Aldo è effeminato c lubrico j come un Ermafrodito, e languisce sotto l'in-' cubo di una passione incestuosa ; è già stato l'amanto della sorella Isabella, e non sa dimen< :'?;".rne i baci. Il furore sensuale lo trascina fino alla soglia del delitto ; e, sc non glielo vietasse una fortuita combinazione che non senza ribrezzo chiameremmo provvidenziale, porterebbe a compimento il proposito di assassinare con la pii- - vigliacca astuzia il suo fortunato rivale amante d'Isabella, Paolo Tarsis. Le qualità morali d'Isabella non sono ancora definite riall'in- I cesto con Aldo: oltre ad avere iniziato il [fratello nei misteri della lussuria criminosa, | ha avuto prima di Paolo Tarsis almeno due; <t fidanzati onorari »; aborrisce il padre, e tormenta con lo spettacolo del suo amore trionfante la sorella Vana. Le sue colpe so- no prive anche di quella grandezza, e, vor- rei dire, purità, in cui potrebbe sublimarle una sincerità folle. E' vero che, quando Pao- 10 Tfrsis ha avuto contezza deli incesto, ella s' giustifica con la piacevole alterigia cho non è insolita ai criminali dannunziani: " La colpa di cui mi accusato, io l'ho coni- messa; e vorrei non discolparmi. L'ho coni- messa per amore dell'amore, perchè non è vero che la perfezione dell'amore sia nella congiunzione di due... L'amore, come tutte 1° potenze divine, non si esalta varamento se non nella trinità ». E' vero che nell'ulti- mo delirio confessa al medico, gloriandose- ne. i, vituperio; ma è strano che quest'eroi- na quand'era ancora sana di monte abbia taciuto: più strano ancora che per il mise- rovole desiderio di non offendere le convc- menze social,, faccia passar da fidanzati, suoi amanti; addirittura incomprensibile che derida 1 ipotesi di un matrimonio con lo Tngliirami, secondo il quale olla dovrob- he, contraendo nuovo nozze, rinunciare al vistoso patrimonio vedovile. Anzi, a questo proposito, l'eroina Isabella, che, simile a Fedra, «sovverto antiche leggi ». si abban- dona a spiritosaggini di dubbia lega, degne di una qualsivoglia baldracca. _ Isabella finisce pazza; Vana finisco suioi- da. Questa fanciulla, nevrotica, musicomane- e megalomane, fermamente persuasa d'es- irità e un cumulo di croi- sere un giglio di pur cho forzo inespresse, è invoco, checché he pensi il d'Annunzio, di tale abbieztonc, da gareggiare con la sorella maggiore 0 coi fra- tello minore. La sua passiono dominante è l'inquietudine della vergine desiderosa di passare a miglior condizione; l'uomo, verso il quale ella ha diretto l'ardore della sua cupidigia, è proprio Paolo Tarsis. l'amante della sorella. Poiché Isabella è così liberal- mente persuasa della bellezza di un erotica trinità, fa pena assistere all'ostinazione con cui rifiuta alla sorella almeno la metà di Isabella 0 ne medita la perdizione, sgrauoc- chiare i pasticcini e sfoggiare le toelette che Isabella le dona. Ne gli eroi nò le. eroine mangiano volentieri il pano dei loro mor- tali nemici, tanto più qiiando le eroine han- no la divina sensibilità musicale di Vana. che, cantaudo o sonando, potrebbe senza molta fatica recuperare la sua indiponden- za e la sua dignità. Lasciamo lì. Ma gli eroi e le eroine, anche quando accettino il com- promesso di una vita da parassiti, serbano almeno tanto di pudore che vieti un igno- minioso tradimento contro chi li mantiene, Lotteranno magari selvaggiamente contro il benefattore, attingendo nuove forzo per l'urto dalla bevanda e dal cibo gratuiti; ma non scenderanno fino alla denunzia. E solo la sorella, ma il tratcllo, che fino a quel ma non scenderanno uno alla denunzia. E Vana giunge fino alla denunzia; e tenta di straniare Paolo ria Isabella, rivelandogli l'incesto, e compromettendo in tal modo non l_ 11_ •, . 1 ,t , r . punto ella diceva, e mostrava di amar te'ne- ranieut ingegnere marittimo e celeste. Le sue mol- teplici virtù debbono, senz'aleuti dubbio, .ln <l»^o covo di vipere c venuto ad in- ciamparo .1 formidabile eroe Paolo Tarsis: aviatore, corridore, esploratoreL guerriero, "-"!'"1" V1"" «iuoo«., muoverci a riverenza: molte glorie sue cn- nosciamo solo dalle suo labbra"o dalla pam- )a dell'autore, ma ad altre assistiamo di per- sona. Fin da principio lo vediamo due volto vincere alle gare di Brescia; al termine del romanzo lo vediamo trionfatore di una prò- va chc Blériot non ha ancora sognata: la traversata a volo del mar Tirreno, fra Ai- dea imi Lazio^eja costa sarda. Salvo questi , . n . ... . .... ». trionfi scientifici e sportivi, la sua condottae veramente mediocre, durante l'azione del romanzo. Egli soggiace al lascino della suafunesta amante con la viltà di un qt.alun- que eroe dannunziano, i suoi lampi di rivol-a cedendo spenti alla prima profferta del- la femmina, che danza come Basiliola e siesibisce come Ippolita. Ma non importa : si può essere padroni degli uomini e degli eie menti e schiavi di una sottana profumata, e qualunque forza eroica può durante un an-no assonnarsi. In quest'anno dl stravi*Pao- lo larsis e completamente passivo. Allag-'guato m0rtale di Aldo sfugge per caso";"alla, denunzia di Vana reagisce con un accesso.di furor sadico che servirà t, "condirgli "di più acre sap0rc la prossima orgia. Venuta! ! ' ts*-'amante la sferzò imnr.v-]~™0"^ 1 trascinare da due pregiudicati a pubbliche| t| Di Aldo non sappiamo più nulla.!Ma°Paolo Tarsis, l'eroe, che finora non ere- be]la) che non pu5 diraenticaro la lurida . o]a con cui i'anlanto )a sferzò. improv-ivisamento impazzisce. Impazzisce, nel modo , le convieno fautasficaudo di ossero dav- dovamo amaBS0 d'immortale amore quella femmJna pensa anch'egli al suicidio, pv.r- che sia bello e grande; e scioglie dai ceppi1-' j ch'egli non j raventar]C) ' l'aeroplano, e vola verso occidente, deside-roso di cariere, nuovo Icaro, nel mar Tirre-Ino. Se non che il motore funziona meglioabbia supposto, e, invece di sca-nell'oceano, lo depone in Sarde-sua. Non c'è cho fare: i fati comandano chel'eroe viva e. vinca. Paolo Tarsis so l'è in tut-to cavata cou una scottatura a un piede,alla qualo" torcherà ristoro immergendo ilmembro offeso nell'onda. E ersi finisce ilromanzo: con un suicidio mancato, con unavittoria fortuita e con un pediluvio. L'anima (iel romanzo,Quattro personaggi in tutto: un incestouna denunzia fratricida, un tentato assassi-nio, un'orgia sadica, un suicidio, un'oscena follia, un tentato suicidio. Certo: anche con una materia così repugnante si può costruire un capolavoro. Descrivendo la vita e l'a nima dei quattro protagonisti, abbiamo fat to notare le frenetiche contraddizioni in cui si dibattono; ma non v'ò contraddizione che non sia logica nei pazzi e nei malati; e tut to avrà la sua giustificazione, so diremo cho d'Annunzio ha rappresentato senza volerò un mondo di disperata decadenza morale e di misera disgregazione mentale. Non vale neanche la pena di mostrare che l'artista, il quale non capisca la sua materia e veda sublimità morale nell'incesto, virilo dignità nelle percosse ad una donna, falsa necessariamento i rapporti e corrompe lo stile. Por landò fino ai termini estremi il principio l'artistica libertà, si può perfin dubitare che clfPor- gdH l noi s'abbia torto e "d'Annunzio abbia ra-|ggione. lMettiamoci dunque dal suo punto di vi- f sta. Iu que8t comc in j ^ le altroig opere dannunziane, due elementi s'integra- ; gi compenctrano a Scenda: 1>amore or. gwst.co e la cupidigia delle grandi imprese ; eroiche. A prima vista sombrerebbe in Forse m cfic sì fone che „„ che gH clementi siano1 f l'aria anzi che allarrigenerazione della stir- pc latina 0 alla paternità de! re di Roma? Anche Claudio Cantdmo e Marco Gratico potrebbero esaltarsi del suo medesimo orge- glio o soggiacerò allo sue medesimo vergogne, L'ispirazione aerea sombra intrusa nella compagine del romanzo j ed intrusa paro .in- cno riSpirflzionc del titolo. Quell'incertezza tormentosa, quell'impervio labirinto di sen- sazjoni 0 di sentimenti complicati e sfumati c]jC Gabriele d'Annunzio dove avere intuiti inesco con l'enig- rimirando il fregio gonzag matico motto, sono poi riin Vana reagisce alla vergogna solo quando per j suoj £n; particolari le conviene; Isabella se ne compiace ricordando; Aldo ignora il poi rimasti estranei alla sua concezione delle anime e dei fatti, che possouo sembrare oscuri per la faticosa in- decisione del racconto, ma, ridotti al nucleo, si rivelano unitarii e monotoni. Anche la passione incestuosa, che pur fu sentita con tante furore nella Città morta, manca di rapporti sostanziali col eentro dell'azione, qualunque altro peccato, e poi' le rivolge qUest,a forbita allocuzione: « Tanto la misu- ra t'-3 ignota, cho hai un amante perfino in Pasa tua, hai pervertito perfino chi ti vivo accanto, sotto gli bechi delle tue piccole so- reu0 „ qUasi cne un incesto fosse più o meu riprovevole secondo che è pubblico o segreto. jjè Faolo Tarsis sente sinceramente la mn- strl,osità dell'incesto, uè Isabella ne sente la pretesa bellezza. Quegli insulta e picchia l'amante come farebbe" anche se il terzo in- comodo fosso altri che il fratello; questa si giustifica con la mirabile teoria della tri- nità erotica, la quale potrebbe dar la sana- toria alla poliandria; ma. applicata all'in- cesto, stuona come una slogicatura. Ebbene, questo è il particolare carattere che no: l'assoluta man- Ciaschedun personag- _ aella sua passione, senza pomora di un contrasto - e tutti insieme vi- Ebbene cuesto è il di For,e òhe sì forse c . canza dj opposizioni L(n ,„~„cn nói O1 VI.Vl. ^■.,LUIllC^^U Liti j yono'ln un mondoideaìé chenon"hà nessun L Ulla storia , di furja e di rapporto co! mondo esterno. Così tutti i ' preclari si chiariscono; e la favola del |ibro a lutta quanta'quaie d'Annunzio | la donrtisce soltanto por gli ultimi giorni- raccoutata da un ubriaco, rossa |di furia e di onta B> pre8S0 a,la cris; così c]ico jj pocta dj pa0io T-rsi-- « Per iun a ues(x', aveva co';tl.uito ,e suo alij E si comprendo finalmente il si^ni- ficato dell'eroismo aviatorio La conquista dell'aria dovrebbe rappresentare la definitiva ; viUoria dell'eroe dannunziano sulle leggi de- crepite e sulla morale desìi schiavi- le ali metalliche dovrebbero dargli l'empito neces- I sario a violaro mtì ; divfoti 0 a vivore so_ MlllU il vlMirtlu lui LI 1 UIV1UII O il MVUIK SU- i do la sua , pci.t.i6 r.lzioDe c;el ro. manzo 0 completamente scissa da tutto il |rcst0 del mondo"; e Forse che. sì forse che. no, \ cbo> U mimero csi de: rersonaggi è : ' la doterminatozza delle poche scene es- : oziali, sembra concepito come un dram- ',„„ >. ,• „«n« »,..,--,-f„ „;x ^ jj ma, è, invece, nello spirito, ciò che di più aliono si possa immaginare dalla natura del riramma: un dramma ove le passioni cir- inali sono in contrasto, ma 1 motivi interni ìson perfettamente concordi e i protagonisti j sct)toPno cot] ,a identica di iri*ne d?animo ija v{ta e la realtà I Vll° " w rea,la- •' 0ra' sc d'Annunzio avesse profondamente isc,ntito l'isolamento c l'indipendenza di que- '8- tlua('tro matti dalla realtà circostante, la 'Ta«fs^ d'Isabella ? forse che sì: tanfo vero che la batte; forse cho no: tanto è vero che lo Isabella è contenta di sft? che sì, perchè lo dice; forse che no, I Perche acimmula menzogna su menzogna e ff lassare per fidanzati gli amanti. Se que- 1sfca Sente avesse realmente superato e dimen- ., 1*: forsf ch chiede perdono tica,° 1* società, la moralità la stona e hUe!1! *?UrC. |mmo,ndezze Per tuffarsi nella P"nta bpstiale della natura, non nmreobe 1 ° " ">««J» c""^ r1"1- PaMa e suicida- Pa'zzia 0 suicidio sono evij dentemente la catastrofe di un dramma, |ove 1 protagonisti soggiacciono a forzo av verse: non e dunque il caso ui parlare di Iuua vittoria lirica, corno quella a cui assi stavamo nella Laus Filar,. Ma, d'altro canto, |dt)Ve sono le forze avverse, cui gli eroi dan'marziani soccombono? Per assistere a una lotta fra i superuomim, ancora immaturi alla conquista, e gli uomini tiranni, dovremmo |aver smla. Ecena non Bol° u" brauoo* su, peruonuni, ma un gregge di uomini. Nel- 1 Innocente Tullio Heniul «orbava ancora in se le tracce di una porsistente umanità; e ,!c'era un dramma interno di sentimenti nei j personaggi, oltre che un dramma esterno di fatti. Nella Città morta Leonardo resisteva alla passione incestuosa; ma Isabella od Aldo son puri di rimorsi. Nel Fuoco la veo > chia umanità era rappresentata da'la Fosca- rina; nella Nave, diciamo pure, dalla diaco-jnessa Ema; nella Fedra da. chi? forse dalTosco, fors'ancho da Etra. Insomma, un'op- posizione purchessia tra il mondo umano 0 li mondo superumano in qualunque operaidi d'Annunzio si trova. Ma in Forse che. si,forse che no il mondo umano, il mondo della logge 0 del costume, è rappresentato appena da un delegato, che non entra affatto nell'azione, e compio umilmente l'umilissimo dovere di avviare indagini sui due brutti ceffi che trassero a pubbliche vcr- gogne la donna stupenda clic somigliava al-: l'A-ra di Michelangelo. D'Annuso ^\|. . : gua lividicci.» viscida contòà ffonteX? lento wn un mento 3te I ,2 ! fuggevoli Era £ muta SEZÌll?^ guiìla d'Aristotele, nò maschio nò femmina, nata da quella sua gran madre universale Putredine ». L'odia quell'incolpevole certo perchè vede in lui un simbolo di quella miserabile moralità che ha trascinato alla follia la divina Isabella, ed ha trascinato al gato di publica sicurezza, se ha potuto far versare tanto lacrime e tanto sangue. Ve diamo in Forse, che sì forse, che. no gli as sassinati, ma non conosciamo gli assassini; guardiamo lo quorci schiantato, così ci di cono, dal vento, ma non sentiamo il vento, E' come un dramma, nel quale per un'im provvir.a follia del capocomico, solo metà de gli attori recitasse; come una guerra, nella quale l'ima parte belligerante fuggisse a gambe leve co. eh /ato senza avere incontrato il nomi- ciico!, senza sapere f :a il uemi- co, senza sapere se nemico ci sia E' un fia to di fatto nudo e crudo, un quesito pato.l; gico da risolvere; non è un romanzo nò un'opera d'arte di qualsivoglia altro genero o altra specie; un informe ammasso di pa role, senza capo uè coda, senza ritmo ik svol gimonto. E perciò anche la più pertinace volontà non arriva in fondo. La forma e Io stile. a! calor bianco, in perpetua incandescenza, o Una ribellione indomabile fiammeggiava cSstonza di quell'ozioso possessivo deve forzarci a vedere od a credere. E, mentre la ribellione indomabile fiammeggiava, l'anima la strangolava. Continua: a Si tolse i lun g"i spilli dal cappello col gesto violento d nello stretto viso senza carne ». Abbiamo già lqualche cosa d'indomahile cho fiammeggia: siamo persuasi, ma d'Annuncio prosegue: ir ella pose le sue dita intorno al suo collo perchè la sua anima la strangolava»; le sue dita, il suo collo, la sua anima: l'insi- vmmcteP cn' sguaina il pugnale. Si scoprì il capo come cgià quella sera su l'orlo dell'abisso ». Abbia- C"10 qualcosa che non si può domare, una fiamma, uno strangolamento, un pugnale sguainato, un abisso. Non è finita: «Ma nudora H fascill° clelIa perdizione era ben più lctale *• Più letale! Si doveva giungere a ' T . „ ^^^^^^^ svsuperlativo della morte. rPoi l'autore, dolorosamente incerto di ciò che pensa e che scrive, s'afforra alle più trite particolarità della vita quotidiana, e le descrive a perdifiato. Aldo beve' Ecco co- cme beve: « Porse lo labbra al sorso, abile ce nel non toccare il rame, Dell'evitare il cp guici,^. vuì iiuu vuuuuu ueuiuieuu, o, se ve- s dete'^n !° di-te' ?' Se lo dite' passafco ol" utre' D Annunzio si ferma: « Gettò nella s Vr^V^ic S pS U £t "^JK ff un ZfoMA voi Z importe S ma Tm^orta a ^Annunzio « Un Sino n aveva fasciato là uno Snaccì>■ le sedie n di vimini mot\ S^S^ *uar. p darlo ». Paolo entra nella cabina telefonica? dEccola : « Ansioso entrò nella cabina imbot- tita come quelle, stanze, atte a spegnere il clamore dei supplizi!.. Prima udì nell'appa- recchio il rombo come d'un traino che si di- legni, poi al suo chiamare udì Isabella ri-1 spondere ». Ma chi non sa che all'apparec- — Come sempre, la forma e lo stile corrispon- parti, collocazioni di scena superflue. Ab biamo potuto narrare il romanzo senza ac cennare ai luoghi, e infatti gli eventi che si o svolgono a Mantova, a Broscia, a Volterra, a Firenze, potrebbero, in ordine inverso, svolgersi a Firenze, a Volterra, a Brescia, a . Mantova. Ma tutto lo stile, frase per frase, - parola per parola, è contaminato dalla maa lattia che avvelena l'ispirazione. Pur avena do una confusa coscienza del dramma, d'An- nunzio non ebbe forza di realizzarlo, e sei questrò i suoi personaggi dal mondo per farli - soggiacere ad una forza cho ne essi sospet- tano nè l'autore conosce. Da questo dissidio - è nato lo stile del libro, ove con un orgia stico lirismo lo scrittore tonta di assordare e se medesimo ed i suoi personaggi per non - udire la voce della realtà che picchia alla - porta murata. a Quando il suono della parola non basta, - d'Annunzio la ripoterà quasi a narcotizzarsi Ile poaio J» con l'insistenza della sillaba che picchia el 010conserimdi l'u..cc■li po.Fi1 eimBadi haIst!:ozacopòcoe Re:orlorute dira il baleno che baìlora, cingendole la cinkczza, la solitudine sola, i ripicchia nel vuob l lena, il colore che o t«ra, la fresca freschezza, il soìro che !nlc"> sofnre- un supplizio >n- a -^ffribile.. Corcherà alliterazioni strepitose come questa: « Una forza pronta proruppe r dal suo 7>rofondo », o come quest altra che o forse è unica nella storia di tutte le lettera- ture: «Un volterrano balza n da due che a col suo puledro di maremma balzati da quata tro balzò nelle balze ». Le reminiscenze Jet- terarie, storiche, pittoriche, archeologiche i sono disperatamente convocate per riallac- «are quest'arbitraria fantasmagoria con _ qualche cosa cui Ucmpi abbiano raUficataco^ - 1 _ - . , _ -_|.- . loro suggello: « Le nuvole andavano a .sto l contro Volterra coree un di le genti de. , Montefeltro »; 1 ombra del Mastio ett è » da la cintola in su » W-I^jfW; - cJarsl a Farinata II lusso^delle immagtni è - divenuto spasmodico perche con ogm meta fora d'Annunzio tenta di lanciare un uncino ù cbo gH 8Iugge. Por esempio, l .T^j^ del tutto era così dolce che tra- " come UM da d; fuoco i 1; ,. . _;_i.*„_. J,afi„ npt vuoto- i molte ^^'i^^ed^cita^iBn; o una cosa d, per se chiara ed esplicita, viene mia10 —11 —en"icdachchvoaffr.omenoseIdenonaca'■reinnodedadachi:egnSatringrchreparagonata ad una cosa oscura ed impreei- sa. « Il cielo era un solo faticoso manto; la e terra, sordido ceneraccio ». dove manca ogni - rapporto immaginativo tra il manto e il cea neraccio. <t Ella non poteva domare qn«M& nettissimo come le cose che separano ». ^e j cha saranno ™\>™™?.™ml"™* ^ "o che separano? Qv^e visiono aggiungono que-1 ^? sl° metafore alla visione dei mobili e delìtr, e - - naso'f diQuando non trova un'esteriorità visibile oUh, • „ j„ tepalpabile da descrivere o da annusare, d An- e ^ accordi. ma non souo poetiche, sca e - sebbene siano espresso iu pardo. Cosi sono | rfa, i , a a o , - n e i c i che i,o dovrebb'essere non solo una realtà, ^nunzio precipita in vuote generalità, clic pó~| ^trebberò esser musicali se fossero espresse so« tutte le potenze e tutte le fatalità della Evita imminenti alla loro giovinezza misera- nibile »; cosi sono « le ignote forzo » chc « si q• -i j- i • . ; orprccipitavano sopra di ,ei come per predar-Tola s e i u turbini di forza i che u nascevano! dentro di lei, roteavano, si dissolvevano •. EMa l'orgia metaforica non basta, perchè to,,. ? . . , ,, , „ led'Annunzio si senta sicuro dellai realtà delle Scose che narra e che descrive. Nò gli basta pil turgore delia prosa, che non somiglia a panessuna prosa e quasi nemmeno alla prosa B. ■ -, u-_- i nodannunziana ma ricorda - ahi.no' senza ™quel 1 anima di iuoco — la sfrenata abbon- mdanza della Laus V'ì^r. Ricorre a un di- desperato furore iperbolico, per cui tutto ciò mhe si vede e si ascolta in Forte che si forse no chio telefonico si ode un indistinto zufolio! Se non che d'Annunzio, pur d'illudersi sul*' la realtà e sui nessi estetici della sua scer* vellata fantasticheria, s'aggrappa a tutte le" minuzie, come chi precipita tenta di ghermire anche un filo d'erba, e l'ubbriaco, bran*1 colando, palpa tutti gli oggetti che incon«j tra nel suo cammino tortuoso senza origimx e senza meta. Il genio si smarrisce, ma non si estingue'. Poiché d'Annunzio è un uomo di genio, an* a notte è costellata di splendori,! che la su Chi volesse raccogliere le frasi e i periodi, nei quali si esprime con ardente lucidità una frenesia di senso o un aspetto febbrili, della natura, ne avrebbe per parecchie pa¬ ginc grandi. Il languore malafedi Manto sT'debba "aliare va, l'accecante solitudine di Volterra sona resi> 1ua e là, con indimenticabili tratti.' Ecco " 1» strada curva su la collina magra, 6 H pallore tormentoso dell'uliveto »; ecco « lotti aridi di torrenti, ghiare calcinate comc le carcasse dei cammelli su le vie delle' caravano », '.he « splendevano d'una biaw c^eiza acuta come un grido breve ». Ma Vaipece, d'arto non è un cumulo di detriti, ove si debba razzolare per trovar la perla. E'; u.n,'unÌfcà viv.cn1te' ? corao tale dev'essere com siderata e giudicata. Preso nel suo significa^ Ur^^^^Z^^ll^ ffdSS d^^^eKS S« « *«in a to iVngo la eh ! na sdrucciolevole per cui l'arte dannunzia-i na. dalla Fiaccola'sotto il moaaio in poi, «! precipitosamente minando. Ne ancorisi va de come e donde sorgano le nuovo forze che aiuteranno il poeta a riprendersi e a risalir» ancora una volta verso il capolavoro. ^ Borgese. Gabiilele D'Annunzio: — Milano, Treves. 1910. Font elle ai forte che n<v