La "Vedova allegra" sotto le cascate dello Zambesi di Gino Pestelli

La "Vedova allegra" sotto le cascate dello Zambesi La "Vedova allegra" sotto le cascate dello Zambesi Il capitano E. A. D'Albertis chiede scusa agri amici di averli talvolta dimenticati durante il suo lungo viaggio d'istruzione e di piacerò a traverso la vallo del Nilo, la ricca Rhodesia, lo misteriose rovine di Zimbàbui, il Transvaal, Snnt'Elona, la Gran Canaria o l'Atlantide ; di non aver mandato a ciascuno di loro maneo una cartolina illustrata dal Capo delle Tempesto o da Dar-cs-Salaam, una et casa della salute » che è ottima colonia di l'ebbri e di forzati: in compenso, l'instancabile viaggiatore genovese offro a tis, un viaggio d'esplorazione: dopo la spo- dizione, orinai al termine, dell ex-presidonte tutto il pubblico italiano la relaziono com- piota, pur succinta, della magnifica peregri- itazione da lui compiuta intorno e nell'in- terno del continente africano, raccogliendo in un grosso volume edito dalla Casa Treves gran copia d'illustrazioni, di notizie, di ra- pide impressioni. j Non è stato, questo do! capitano D'Albei- Teodoro Roosevelt, l'Africa non può aver più veli nò bestie feroci; bensì una dilotte-! volo passeggiata di ricognizione in contrade già note, penetrato furiosamente dalla civil- ta bnttanica e fino ad un certo punto coni- prese nei quadri dell'Agenzia Cook; una vi-;sita alla vallo del Nilo definitivamente co-|sparsa di bottiglie già piene di champagne] e di ivliisKij; una capatina in Eritrea; o poi una rapida crociera di circumnavigazione con brevi punto costiere ed una lunga corsa nel cuore dei prosperosi Stati del Sud. Il vo-j lume s'intitola, grecamente: Periplo dell'A -! frira: leggendolo, prende allo gambo un tal „ formicolio insopportabile, che sentiamo il bisogno di alzarc£ di corrcr0 vcr80 il sole, di sottrarci allo cose abituali che ci limitano l'orizzonto e rendono noiosa la nostra vite,'di schizzare d'un salto almeno fin sulla se-1 conda cateratta del Nilo j,. ■ ., . . Sl respira» Ma non commoviamoci, peri carità!, davanti al tempio di File, nò all'ara'di Ammon-Roa, nel sotterraneo maestoso diAbu-Simbel: il capitano D'Albertis animo-i ■lisce che non bisosna essere noi tanto sofisti- ;mai.1, uut. uun uiso^ud, essere poi umilu buiisu ci e intolleranti quanto — ad esempio — hajmesi rato di esserlo Pierre Loti, a suo compagno sul maro », inflessibile denigratore delle « comitive Cook »; eppoi non abbiamo tempo da perdere; il treno per Kartum è mi punto di lasciare la stazione di WadiHalfa. E' un miracolo se riusciamo ad arrampicarci sulla vettura di coda! Il convoglio non c il più veloce express americano; ma ha tanto di dining-car e di wagon-salon. Sventura per noi se in questo wagon-salon viaggia troppo comodamente lord Miluer, governatore di Cape Colony: se abbiamo appetito non possiamo passare dal nostro scompartimento di coda al vagone-ristorante in testa, perchè il salone del governatore è in mezzo del convoglio a vietarci la comunicazione ; quando scendiamo alla stazione di Abu-Hamed — dopo una fermate di due ore nel deserto di Korostro per un guasto alla macchina — il capo-stazione fa finte di non accorgersi della lettera di raccomandadazione che gli porgiamo, perchè il viaggio del suddetto governatore ha fatto perdere la testa a lui e l'ordine e l'orario su tutta la linea Wadi Halfa-Kartum. Paese di questo mondo, l'Egitto ! Ad Abu-Hamed, quelli di noi che 3ono attesi da re Amonasro nelle gole di Napata, tra le rovine dell'antica capatale etiopica, devono cambiar treno: scenderanno a Kareima, oltre la quarta cateratta, donde il Nilo ritorna navigabile fino a Dongola e si faranno un'idea dei colossali lavori d'ingegneria idraulica cui sopraintentc una folla di ingegneri e di operai agli ordini del Governo anglo-sudanese. Per Kartum, si riparte subito. La ferrovia del Sudan — corno tutti sanno — non si spinge oltre ; ma non passerà gran tempo prima che il vaggiatore, salito in treno al Cairo, scenda discretamente riposato a Cape Town, dopo avere percorso cinquemila ottocento settantatrè miglia a traverso la Colonia del Capo, il Transvaal, la Rhodesia, l'Uganda, il Sudan, l'Egitto. A Groot Schiiur, Cecil Rhodes ha lasciato belle spiegata la bandiera destinata a sventolare sul primo treno Cape Town-Cairo: in quel giorno, la civiltà europea avrà preso l'ultima sua rivincita sull'Africa tenebrosa ed il capitano D'Albertis, tutti coloro che come lui non sanno adattarsi al tirannico dietro-fronte per ricorrere da Kartum al Cairo — come deve fare ogni compito cliente dell'Agenzia Cook, ogni perfetto Cook's sheep armato del return-ticket, validità mesi uno, non saranno costretti a spezzarsi lo reni sulla groppa del cammello che fa servizio da Kartum a Massaua. »** La civiltà europea in Africa e specialmente nella vallo del Nilo fa prodigi e rovine. Congiunge il gran fiume al Mar Rosso con cinquecento chilometri di strada ferrata a traverso il dorso roccioso del Sudan, offrendo agli impiegati del Governo una comoda villeggiatura a Erkowit (a circa mille metri sul livello del mare), dove si sale dalla stazione di Summit, in automobile ; costruisce , ,. ,. : , .. . 14 o™11 dlSa d: Assan che metterà in cultu- ra perenne 400,000 acri di terreno inuaffiau doli con 2,300,000 metri cubi di acqua ; ma decreta la morte del Tempio d'Iside che affogherà nella melma dol Nilo grondando acqua limacciosa dai capitelli delle belle colonno e dai duo svolti piloni. Meno male — pensa il capitano D'Albertis — cho di que- sti monumenti antichi ve ne sono tanti in Egitto, e uno più, uno meno... E' vero. Bisogna essere capitani di troppo lungo corso, accademici e provvisti di una bella dose di ingenuità per indugiare sui casi lagrimevoli di templi egizi spudoratamente invecchiati, laddovo irrompe e straripa la civiltà dell'acciaio e della lampada ad arco, quaudo ci si offre la possibilità d'insolentire le Ferrovie' dolio Stato dal finestrino d'uno sleeping-car arrestato nel deserto di Korostro per un guasto alla locomotiva e v'è modo di scuoterci da dosso il polverone di Boira agli spruzzi rinfrescanti delle cascate di h fumo rumoroso » dello Zambesi. Non indulgenza verso i ruderi del passato, ma esigenza estrema nel reclamare tutte le comodità possibili e immaginabili dal Continente incivilito: ecco la buona regola del perfetto tou visita la valle del Nilo e la Whalallo della Rhodesia. Chi può andare da Londra a Victoria Falls in tre settimane non ha l'obbligo di ricordare che la salma del Levingstone, nel 1S73, impiegò sette mesi a giungere dalla sua isola della « foresta di pioggia » a Westminster, — i cadaveri, si sa, vanno adagio, -- bensì il diritto cu protestare ad alta voce se alla lahle d'hótfi dell'unico albergo delle Cascato di Victoria non gli sarà servito il salmone, se il roaxf. beef non sarà abbastanza saignant, e se gli man- ,nst chej elioni il Moèfc Chandon o il Mumm, cordoli róuge... « La generazione presente — scrive lo stosso D'Albertis — non abituata a veder più sulla carta geografica le grandi maccliie bianche di i terra incognita »; ma abituata invece a leggere sulle guide che l'Africa è im;inpiiIlmtrivigabili, di laghi, con linee di vapori con posta o telegrafo ogni dove, viaggiando in queste regioni non corro col pensiero agli arditi esploratori che lo additarono alla ci- mtorsecata di linee ferroviarie, di fiumi na- nac.HsinetedrnrrMgc migliore dei modi, laggiù. A Bcira, la città della sabbia, bisogna appare in fretta per- S' " " porta l viltà. No, essa ha ben altro a pensare: im preca ai deficienti alberghi, ai treni non ab bastanza veloci, alla, mancanza di qualche comodità... E non riflettono, gl'incontcnta bili, che solo pochi anni fa avrebbero potuto servire da ghiotto e succolento pasto a qual che tribù di antropofaghi ». Infine, le coso non vanno ancora tutte nel che alle nove di sera suona la ritirata per b tutti i cittadini; nel treno che ci trasporta l a Bulawayo non si è certi di poter dormire s comodamente a causa del frusciare dei barn- [~ bu che costeggiano la linea e della chiacchie- .pra del vecchio indigeno che vorrà ricordarci li « good old coachin days », quando la vettu- ra traballava nella mota o molti buoi non t bastavano a risollevarla e s incontravano l molte bestie feroci; se arriviamo nel- c la stessa Bulawayo di mattina, dovremo ' subire il flagello del caffè latte obbligatorio J portoci dall'inesorabile ho;/, e se scendiamo in città corriamo il rischio di essere investiti e spogliati, poiché in quella città tutti van- r no in bicicletta e un'ora di carrozza cesta T mezza sterlina; non si può giurare, infino, &che sullVr^rMS Bulawayo-Victoria Falls il p bagno a doccia sia alla temperatura cho più " ci confà... ' Quanti con tali nnwrihilì ìr,n™„«r,;a„i; s . guanti, con tali possibili inconvenienti, „"1 sentiranno ì nervi bastcvoli per visitare —lJ: bibliche rovine di Zimbàbui la pretesa d ?Phlr di Salomone, e la tomba di Cecil Rho- idos ohe dorm° sul più alto colle selvaggio di s,. , , _ . . C .. . "> " . p^1"0!'0-. ^ unica o di tirare per Victoria llalls: ci attende cola, forse, qualche sor- rpresa meravigliosa di autentica civiltà. pAmmettiamo, anzitutto, che è già un mi- cracelo di civiltà quella ferrovia incassata f■ „„„ c i S 11,11".v"1 ""^issata uin una profoncla gola di monti, volante per iduecento metri sopra un ponte che ne mi- dsura centoventi in altezza, tutto in acciaio, costrutto in soli sei mesi, prodigioso e terribile anello di unione tra Cape Town e il Cairo. Un giorno, un ingegnere inglese lanciò da una riva all'altra dello Zambesi una piccola fune col mezzo di un razzo; la funicella servì a tirare sul baratro un canapo, questo una corda di acciaio: su di esso l'ingegnere, seduto su una specie di sedia, passò da una parte all'altra per sorvegliare la costruzione del ponte, che è ad una sola arcata ed è costato settantamila sterline. Sotto, il gran fiume turbina in vortici spaventosi; sopra — come aveva desiderato Cecil Rhodes, — il treno riceve i primi spruzzi inargentati della cascata,. due volte più grandiosa di quella del Niagara, capace di sviluppare un'energia idarulica di trentacinque milioni di cavalli. Si scende a Victoria Falls, ci si scuote l'acqua da dosso, si tenta di acquistare una camera all'unico albergo di quella stazione sorprendente, ed assistiamo, alla sera, ad uno spettacolo inaudito: la Vedova allègra. Ascoltate il capitano D'Albertis: «Dopo il pranzo, che fu anticipato, la servitù sgombrò la sala dalle tavole e l'ambiente si cambiò come per incanto in un teatrino ssRdpCqlrlnmsgggotutti quei signori e quelle signore che ave- vano già atttratta la mia attenzione per la lpro loquacità e che avevano fatto fino allora una gran gazzarra, si convertirono in altrettanti attori, e misero in scena la Vedova allegra, di cui avevo udito tanto parlare, ma che non avevo ancora veduta. Fa- sc, , . ro ridere qualche incredulo, ma la verità è una: ne rimasi mortificato. Dovo credevo adi trovare degli indigeni, un paese quasi vergine, solcato solo dallo Zambesi e dalla ferrovia, trovavo insieme a questa anche la ussnciviltà ed il progresso: non solo nell'opera grandiosa del ponte che avevo ammirato poche oro prima ; ma anche sotto la forma dell'operetta. Euterpe e Talia sulle rive dello Zambesi ! ». Una Compagnia operettistica in tutta regola allo cascate dello Zambesi ! L'avvenimento aveva messo a rumore mezza Rhodesia: l'arrivo della troupe nelle vicinanze dell'isola di Livingstone era stato i ppreannunciato da tempo, e la sera della pri.ima rappresentazione era stato orgamzzVun treno speciale dalla capitale della Nor- thern Rhodesia per permettere a numerosi farmers e rispettive signore, e gran codazzo ! j,- ,.ffi„,-oi; Ai i« „ ~ j n i- di ufficiali, di fare la conoscenza della I e-1dova allegra. Registriamo la data fatidica nel libro d'oro della civiltà colonizzatrice : il mese di maggio del 1908. Livingstone, Stanley, Franz Lehar! * * ' f II capitano D'Albertis dedica la seconda metà del suo interessante libro al Trans- jvaal, alla Colonia del Capo, alle Canarie, ai c. _t>r>i ivui i bantlilena, all Atlantide. IQuel treno ir miato -., che lo ha traspor-1 tato da Bub .avo a Cape Town fa paura, tanto è lungo e dinoccolato ; le stazioni del-1 ,, j i c , m ,i -, , 1_« albero de! hco a e dell a albero del su- sino » non annunciano coi loro nomi vere e proprie metropoli; ma quel terreno in- r.riso di sanane e icciottolnto Hi diamanti triso di Bangue e acciottolato ai diamantijdiamanti del mondo ci lascia intendere es- sere più facile trovare un diamante telì'e sfaccettato nella cantina della propria casa che acquistarne uno grezzo nelle gallerie di , Kimberloy; parlandoci di Johannesburg, ci'j presenta un fortunato e tenace lavoratore■'l'alessandrino Zoccola annuncia al viaggiatore Kimberley e Johannesburg, che trenta e venti anni or sono non erano più cospicui centri della Città del Fico e che oggi tumultuano di gran vita e di febbrile lavoro. Il D'Albertis non ha avuto nessuna avventura commovente in questa seconda parte dol suo Periplo che, come ho detto, non ebbe intenti di esplorazione nò tragiche peripezie. Visitando la più grande miniera di piemontese, l'alessandrino Zoccola, che possedendo un grande hotel, vastissimi tenimenti e un superbo castello, si ostina ad abitare nella primitiva e piccola casetta, che è un documento in legno della scienza astronomica del costruttore. Costui, molto carpentiere e poco astronomo, aprì tutte le camere a sud, non sospettando che il 'iid di Johannesburg potesse significare il rovescio del sud del suo Piemonte ! Gino Pestelli