I precetti del buon industriale di Virginio Gayda

I precetti del buon industriale I precetti del buon industriale (Nostra corrispondenza particolare). Costantinopoli, gennaio. Il compito non è finito quando si sono indicate al commercio italiano le nuove vie che gli sono aperte in Turchia.. Oltre il vasto problema dei mercati vi sono altri infiniti problemi tecnici, sociali, politici che bisogna risolvere per la nostra espansione economica. Occorro organizzare l'esportazione, definire tutti i congegni su cui essa si intesse. La Germania ci ammaestra. Tutta là sua opera imperialista dimostra in chiari segni quanto ella avesse sempre presenti \ questi termini del suo grande problema. Al-: 10 stesso modo che l'unificazione tedesca, | setto il militarismo prussiano, fu un'opera assolutamente artificiale, il risultato di unjlungo paziento lavoro metodico; il formida-j bile sviluppo del suo commercio è stato ,preparato da una solida e metodica orga-j nizzaziono di tutti gli organi che potevano1determinarlo da una stretta associazione, eome un'alleanza, degli industriali e dei go-j vernanti. Con essa ha dato i primi colpi; inorlali al gigante inglese, che trionfava solo nel mondo. 1 Questa fusione del mondo economico con 11 mondo politico è la necessaria premessa! generalo per la risoluzione del problema della nostra esportazione. Ma industriali e uomini politici hanno compiti tecnici spe- ciali: per entrambi s'impongono problemijspecifici diversi. Conviene analizzarli parli-! tamentc. | il dominio degli industriali sia limitato al campo della produzione: che- lo smercio dei prociotti, l'esportazione, riguardino escktsivnmente il commi rcio debbono essere fuori delle preoccupazioni dei fabbricanti. Questo concetto poteva valere or sono trenta anni : oggi è assolutamente falso. Si produce per vendere: bisogna dunque che i produttori conoscano le condizioni della vendila e la organizzino, studino i campi di smercio e vi si tengano in diretto contatto, per essere informati anche tecnicamente dei prodotti di concorrenza che triontano, dei colori, delle qualità, dei tipi. Questo è il sistema abituale dei produttori inglesi e tedeschi. Gli industriali che non conoscono i paesi di importazione vi mandano prodotti inservibili. Quando scoppiò quel formidaJ'ilc boicottaggio turco contro le merci austriache, che passerà alla storia, piombò su tutti i vilayet dell'Impero un esercito di industriali e di commessi viaggiatori inglesi. Ciascuno raccolse e mandò campioni e no- tizie e tutti profittarono della buona occa- sione che s'era offerta. Un tale viaggio di studio per la precisa conoscenza di un.nuovo mercato dovrebbe iscriversi nel co.tachismo del buon industriale. Con esso il produttore conosce gli articoli correnti e iprezzi praticati, s'informa degli affari pos- sibili e apre ui^oriSràl suaproduzione. Strettamente connesso al precetto del viag- gio è l'istituto del commesso viaggiatore, L'invio di questo deve essere periodico: al-mono una volta all'unno, e due stagioniall'unno per i tessuti. Il commesso viag-giiìtore deve essere uomo competente ed aver a sua disposizione degli abbondanti campionari. Ma questo invio in Italia av-viene spesso in condizioni disastrose. Ilviaggiutore — vi sono molte ottime ecce-stoni — non conosce affatto i mercati, isuoi usi e la lingua : vuole subito fare gros-se cifre, senza fatica: si affida alla prote- zione di qualche abile canaglia greca: sita trattare e proclama che il commercio in Levùnto è impossibile. Anche per questo riguardo abbiamo molto da imparare dai tedeschi e dagli inglesi. I tedeschi sono dia-belici. Giungono persino a inviare, sotto lespoglio modeste di viaggiatore, qualche ca-voliere della Tavola Rotonda." L'istituto del commesso vianrtriatore ci ri-conduce a quello del rappresentante. Il rap- presentante è uno dei* migliori mezzi per dare impulso allo sviluppo del commercio. Fa del sito ufficio una professione, ha una diretta partecipazione di benefici negli af- fari della casa che rappresenta: è dunqueinteressato per un proprio vantaggio a fa-vorire il maggior incremento possibile del sno commercio, a tenere il produttore al corrente di ogni nuovo tipo .entrato nella concorrenza, dei prezzi che si praticano, del-le modificazioni necessarie alia produzioneper un miglior smercio, delle qualità e deidisegni migliori. Il rappresentante però de-ve essere uomo rotto agli affari, conoscere le lingue indigene e le abitudini e i mer-cuti in cui esercita la sua azione, per de-ierminare il fido da accordarsi ai vari clien-ti. Per questo la scelta impone multi riserbi, sopra tutto in Oriente, dove vi sono molte amabili canaglie che fanno della truffa laticciipnzione cotidiana della loro vita e doveni usa spesso fare il giuoco delle case con-correnti. Avviene infatti molte volte che più fabbricanti degli stessi generi appog- giano la loro rappresentanza ad uno stesso agente commerciale, il quale, essendo inte- ressato a vendere solo gli articoli di più facile consumo e di minor prezzo, dà tutta l.i sua attività alle fabbriche che gli danno il maggior profitto, trascurando completa- rnente le altre, per aver libero il proprio campo di affari. Per questo il produttore, che pure disponga di buoni rappresentanti,non deve mai risparmiarsi qualche viaggiopelli fitto dtp' questo ? le comunicazioni e i trasporti e che codestimagazzini deprezzano la merce. Ma, sopra-tutto in Oriente, certi buoni ti colpi» si fnnno all'improvviso: i clienti, special-inente nei generi voluttuari, sono assai ca-priccios! e si decidono ad un acquisto solose possono essere immediatamente soddi-sfatti. Si possono in proposito ricordareniolti esempi. Le fabbriche italiane di auto-mobili non hanno inai voluto istituire ma-gazzini di depositi in Turchia e non hannoinai fatto affari. Questi magazzini di de-posito non debbono poi essere confusi con leesposizioni permanenti di prodotti, che fu-rono, in piccoli e grandi campi, giù tentatemolte volte in Turchia, ma fin'orn senzamolto successo. Si è già molto parlato diqueste istituzioni che si considerano daipiù, di risultato indubbio per la nostra e-f-pansione commerciale. Io ne sono alquantoscettico. Penso che se ne esagerano le con-6'guenze buone: se ne ignorano o dimenti- cano troppo le difficoltà e le debolezze intrinseche. Le Mostre permanenti potrebbe- ro istituirsi con discreta utilità solo nei centri dove il commercio italiano non è an- cora sufficientemente progredito e a favore! dei prodotti non uncorn introdotti: nonI dove l'industria italiana è già largamente j rappresentata. I fabbricanti, che già lavorano, si astengono per sistema dal mandare a queste esposizioni i loro campionari e i loro prodotti, che potrebbero così troppo \ facilmente essere copiati e imitati dulia : concorrenza. Il commercio, specialmente | tinello levantino, deve svolgersi per quanto 6 possibile in sgereto, per ciò che riguarda ji tipi di produzione, perchè la concorrenza j è sempre vigile e pronta a studiuTe, imitare ,c vincere. Di più, in mercati cosi battuti j dalla concorrenza, quali sono quelli levan1'ini, il commercio deve essere più attivo clie passivo: deve cercare e seguire minnj tatnente i clienti più tosto che aspettare in ; sale drappeggiate, la loro lenta venuta. Cre do per contro assai opportuna l'istituzione 1 i" Italia di abbondanti Mostre campionarie, 'e quali raccolgano i prodotti esteri di ! concorrenza che trionfano in Turchia. I produttori italiani potrebbero così facilmen 'e conoscere, con le rispettive liste dei prez zi, i tipi inglesi, tedeschi e austriaci che jsono di vendita corrente. Una tal mostra ! esiste già a Milano: dovrebbe diffondere il suo esempio per tutta l'Italia. | ' Pure assai provvida sarebbe la costitu- boro la disastrosa e sterile concorrenza che dilania a morte molto spesso, sui mercati levantini, le fabbriche italiane, con danno degli stessi consumatori, per i quali un ribasso dei prezzi significa una qualità sempre più scadente delle merci. Queste associazioni, consolidando e raggruppando le varie correnti commerciali, potrebbero organizzare veramente la nostra esportazione oggi troppo individuale e decentrata. Un esempio di ciò che possano codesti consorzi ci è dato dalla semplice storia delle fabbriche italiane dei cerini. Per molto tempo in Oriente esse si fecero una spietata e ro vinosa concorrenza, vendendo a prezzi de risorì, quasi in perdita. Ma un giorno sii pacificarono, si coalizzarono in una sola j associazione — «Fabbriche riunito di Milano » — vinsero definitivamente ogni concorrenza straniera, realizzando profitti enormi su tutti i mercati del Levante, di cui hanno ora quasi un monopolio. A questo ±» r?.bb£. P «™ .noi o opportuna la ^SSf^^JSS"** ',ndr,strif °Hc°m" ™rcr" »?JT3T Governo. ottama.' ™-« °>'n! Scorno ' 0.^lf °"e ccl' appfHl ^'Portantissimi: gli ™f ^ '1 i'nla sovernativo giungono, come consueta dine, quand'essi sono già conclusi: l'indù- ^ria nn'ora non ne ha profittato, * * L'esportazione in Turchia impone anco i ra alcune condizione d'indole più tosto tee'nica, che toccano non più il commercio in • generalo, ma riguardano i singoli produtto, ri. Ho già osservato più volte: la concor renza in Levante si dibatte sulla base del minor prezzo. Per conquistare nuovi mcrcav ;ti e nuovi clienti è pure necessario all'inizio i gualche sacrificio: qualche contratto in puIra perdita. Ma lutto ciò non deve alterare ;la esattezza matematica — per la qualità 'dei tipi e la data della consegna — che impongono le esecuzioni delle commissioni, jE' un punto questo assai delicato e impor tante, per cui si potrebbero dire molte ama re cose del commercio italiano e che a me piace toccare senza riserbi per. la difesa : della nostra dignità e della nostra fortuna, ' Diciamolo francamente. L'esecuzione dei ,contraiti commerciali è spesso per l'Italia | disastrosa. Si contratta in base ad un cam- 1 pione: si invia un tipo diverso, naturai- inerite di qualità inferiore. Si fa un primo invio di merci ottimo, un secondo medio- I ere, un terzo pessimo. Specialmente per i ! mercati del Levante c'è ancora troppo poco- scrupolo commerciale. Così si rovinano i-più solidi commerci. Ricordo a questo prò- 'posito il duro e amaro giudizio che mi e- j spresse un giorno uno dei più noti traffi- canti levantini: «L'errore dei produttori i- a taliani è di credersi essi soli furbi e di po- iter ingannare il mondo a piacimento». e; Questo doloroso problema si risolleva e? ,gu:i!e per la data della consegna delle mér- -, ci. I produttori non seguono le prescrizioni e | dei clienti: spediscono quando vogliono e -lanche quando possono — perchè una parte -i di colpa pesa sull'organizzazione attuale dei-i servizi marittimi: dividono spesso a loro arbitrio le partite in due o più invii, così e che le merci di stagione giungono troppo in a! ritardo per poter essere ancora vendute.e: Tutto questo esaspera i clienti e rovina gli --esportatori. Una caratteristica da notare dei e mercati levantini: il cliente è assai difficile - e scaltro: sta sempre in agnato: profìtta o d'ogni occasione per ottenere abbuoni, ri- - duzioni sul prezzo pattuito e rifiutare anche ù la merco se più non gli conviene. E gli e- a .sportatori italiani, con i loro sistemi, si pre-o stano troppo bene a questo triste giuoco e- si condannano al fallimento. I produttori o non debbono mai dare pretesto a discussio- , : ni. Spetta a loro di farsi rispettare. La prò- ,; cisione matematica degli inglesi e dei te-o deschi ammaestra. i tnlia da quelle di ogni paese. Le più deli- - cute cose sono spedite in rozze, semplici i cf-.sse. senza imballaggio. Or'ó poco tempo - ima spedizione di guanti di lusso, del va--; loro di diecimila franchi andò completa- o mente perduta: i guanti, contenuti in spi-- lili casse non preparate contro la pioggia, e giunsero dopo pochi giorni di viageio tutti - ammuffiti. Qualche settimana fn alcuni pre- - ziosissimi strumenti di precisione, del va- o lore di cinquantamila lire, solo per difetto - di imballaggio, gunsero irriconoscibili e in- e servibili. In questo modo si perdono le coni- - missioni e ci si fa cattiva fama. La quo- e stir.ne dell'imballaggio ha ancora in Tur- a rhia assai importanza sotto altri aspetti, i I levantini sono gente ancor molto primiti- i va. Ad ogni mutamento di forma o dimen- - sione delle casse pensano che si è alterata o In qualità della merce che vi è contenuta, - Di più, data la varietà dei mezzi di tra¬ - sporto, sopratutto in Asia, bisogna adattare Il commercio italiano in Turchia specifìcatamente ad essi i sistemi di imballaggio. Dove non c'è ferrovia, ad esempio, dove i trasporti avvengono a dorso di mulo o di cammello, le grandi casse quadre sono di ingombro, spesso insuperabile. Un'ultima condizione s'impone agli esportatori italiani pe.' il successo dei loro affari: il credito a lunga scadenza. Il mercato levantino non conosce, e sopratutto non ama il pagamento a pronta cassa. I tedeschi hanno viziato i commercianti, ac¬ cordando loro crediti di lunghe durate — fino a un anno — e sono riusciti a imporre con questo semplice mezzo la loro camelolte e vincere la concorrenza. E' un sistema que sto certo assai pericoloso, che può preparare anche molte amare sorprese e molti falli nienti: ma è irresistibile nei suoi risultati. Consigliandolo c'è solo da ricordare molta prudenza Ma il rischio è quasi completamente eliminato se sì dispone di un rappresentante fidato che abbia informazioni sicure del mercato, sappia determinare il fido che si può accordare ai singoli clienti e vegli sempre pronto sui loro affari. **# Queste, assai rapidamente riassunte, le normo che s'impongono ai produttori per un gagliardo sviluppo della esportazione italiana in Turchia. Tenterò di definire in un'ultima corrispondenza la varia opera di indole politica, più generale, che deve ac compagnare lo sforzo e le speranze dell'Italia che lavora. Virginio Gayda.