Ferravilla si confessa

Ferravilla si confessa Ferravilla si confessa e . , a a o e a a i . a . , e a Ferravilla si confessa. Tecoppa scrive le sue memorie e le scrive servendosi della pena aglle' e brillante del collega Renzo Sacchetti. Ferravilla lancia, dunque, qui;llo che dovrebbe essere il suo testamento pubblico. Ma non si ritira dalle scene: ciò che farà — cosi assicura — dopo un giro di addio attraverso l'Italia. Egli si confessa, perciò, mentre ancora le platee sono in visibilio dinanzi a Tecoppa, a Gigione, al Siur Pedrin, al Siur Panerà... Maria Luigia Ferravilla ed il nobile Filippo Villani si conobbero nel 1845. lo non posso sapere ciò che nacque tra toro, certo è che due anni dopo son nato lo ». Con questa scoperta si iniziano le memorie che vedranno la luce oggt stesso a cura della Società Editoriale Italiana, pubblicate in bella e molto elegante veste'. Il suo primo ispiratore L'infanzia del futuro e grande attore non fu gran che diversa da quella di tutti i ragazzi. Soltanto che, avendo una grandissima disposizione per la musica, fini col darsi all'arte drammatica. Quando principiò, volevano farne un amoroso; ma la sua Indole artistica si ribellò. Volle provare tipi comici: mosse dal « Ciocon de grapa » del Toma: un curiosissimo tipo di fabbro ferraio, lavoratore non troppo istruito ma ricco di ingegno naturale. Portava i baffi incolti per. lo più umidi di finissima grappa e foggiava le scene come si martella il ferro; e nel protagonista riproduceva sè stésso. Qui Ferravilla raccolse gli elementi primi che gli riuscì fondere poi nel tipo di Tecoppa. a Accarezzai lungamente quel tipo — scrive — prima di arrischiarne la presentazione in pubblico ed anche dopo. Tecoppa può essere universale; la sua figura morale, il suo ' carattere potrebbero trovare posto in tutte le commedie: egli è l'uomo strisciante coi ricchi, superbo coi poveri, gaudente e nemico del lavoro, ed infatti non fu accettato alla Camera del Lavoro». D'accordo, ma Tecoppa ò troppo meneghino in certe sue vitali espressioni per riuscire completamente universale. Le prime armi, Ferravilla le fece nel '70 con la compagnia di eletto Arrighi, al Teatro Milanese. Il vero battesimo d'arte, però, lo ebbe nel '72 allo stesso teatro in Sodar e Pcrrucchcr, lavoro dell'Arrighi al quale egli aveva aggiunto uri personaggio: El Siur Pedrin: ed una scena al terzo atto. Incoraggiato dal successo, scrtsse una specie di continuazione al Sodar: «■« Siur Pedrin In. quarella», rappresentata — Ferravilla lo rileva con una certa compiacenza — la sera istessa in cui al Dal Verme si davano i Pro/nessi Sposi di Ponchielli. Viaggio trionfale rutti I tini del suo repertorio nacquero tra il 72 e l'SO. Tecoppa doveva esserne, diremo cosi, l'anima; giacché in tutti quanti 1 persolaggt ferravilllaul è sempre, sia pure nascosto, un po' di Tecoppa. Il quale non era da principio'che il nomignolo dispregiativo del personaggio di una commedia del fabbro Toma- nomignolo derivato dall'esclamazione meneghina: Dio te coppa. Dopo qualche tentativo per Inquadrarne bene 11 tipo, affinchè la sua anima canagliesca potesse rivelarsi al pubblico come la vedeva e la sentiva l'autore Ferravilla riuscì a chiuderla nella commedia: r,c prodezze di Tecoppa, dove finalmente acquistò il suo pieno equilibrio. Cosi successivamente nacquero MassineUi e il Maestri- Paslizza. il Siur Panerà c Gigione. Scioltosi dall'Arrighi, formò compagnia con Sbodlo e Giraud: poco appresso si. aggiunse loro anche Emma Ivon: la bellissima. Cominciarono l giri in Italia. Prima Lodi, poi Napoli, dove il successo fu grande, sta dal lato finanziario, sia da (niello artistico: « 11 nostro viaggio artistico fu segnato allora da altrettante tappe trionfali. Genova e Torino già ci conoscevano: ci aveva presentati l'Arrighi nn dal '72 e dal '74; poi Firenze, Doma. Bologna, Venezia, Brescia, Padova, Verona, ci accolsero con tutti gli onori. Il ricordo di queste mie prime gite a Torino si collega a certi spassi spontanei per i quali non oserei dire di avere avuto né allora nò poi speciali attitudini». E qui Ferravilla narra come fu che volendo diventerò un pattinatore elegantissimo ed un compito cavallerizzo gli accadesse di dover rinunziare in via definitiva allo sport. Un capitolo delle memorie lo dedica in forma, assai affettuosa a quella ch'ei soleva chiamare «.la cavalla pazza ••: Emma Ivon. Della quale cita un episodio tipico di spensieratezza: .< L'artista riceveva da unni.per una relaziono avuta m'Ha prima giovinezza con uu altissimo personaggio Uria pensiono che avrebbe dovuto essere vitalizia. Morto il donatore, l'amministrazione pensò che nell'interesse di entrambe le parti il vitalizio si potesse saldare con una cifra definitiva ed unica. Fu invitata l'artista a domandare una somma di liquidazione. Non lo fece, accettando quello che le fu offerto: ventimila lire. Ma i biglietti dà mille le bruciavano le dita perche subito dopo fece visita ad - un orefice lasciandoci per una collana di perle le ventimila lire ed aprendo iu più un debito di oltre -iÓOO, rappresentanti il maggior valore della collana aquiI stata ». Itoba da manicomio! concludo esterI refatto Ferravi!!». aFgvsddc Da Re Umberto a Mantegazza Assai misurata la parte anedottica. Nel 1868 al Quirinale II marchese Pallavicini presentò Ferravilla a re1 Umberto che, accoltolo molto gentilmente, sintetizzò 11 suo pensiero laudativo con queste precise parole: « Dopo aver sentito lei, la Regina torna dal teatro sempre di buon umore; ed io le sono grato ». Una sera in famiglia si sonava fa danza delle ore: Ponchielli gli sedeva vicino: era così contento U maestro dell'effetto che la musica faceva a lui ed all'uditorio che ad ogni momento sentiva il^usogno dt abbracciarlo. Fciravilla ad un certo punto non potè ameno ili esclamare: — Maestro, a ma pare proprio una porcheria questa Mia musica! Al che P^nchielh replicò: — Senti. Ferravilla, non mi sembra nemmeno musica mia! Peppìnr, lo cov»o'?be In Istradi ■ in via Omer:cni. Glielo presentò Giulio Ricordi. — Ma lei e molto giovane — gli osservò Ver. subito dopo la presentazione. — Non troppo, maestro. — Bravo, Ferravilla. Io vado ben raramente a teatro, ma ritornerò volentieri al Milanese. Glielo prometto perchè mt sono divertito'. In altra occasione Pei<vlno f,li regalò ti ritrattò con la.dedica: « All'esilarante maestro Pistizza, il* suo Peppini--, detto fi Verd: ». Nelle Memorie si parla anche di avventure quasi d'amore, ma su questo argonunto Tecoppa non insiste molto: si diletta soltanto a porre in luce la passione da lui suscitata a Parma in una veneranda signora sessantenne... .Muore la Ivon e il nostro autore, cercando conforto nelle meditazioni, finisce col sottoporsi filosoficamente varj quesiti: — SI può rimediare alla morte? No. — E* morta bene? Sì, nelle braccia del figlio. — Riposa là pròprlp dove desiderava? Sì. — Se fosso invecchiata sarebbe stata felice? No. — Ho fatto per. lei quanto Iio potuto? St. — Con questi pensieri mo ne andai a teatro a recitare El duel del Sior Panerà e MassineUi in vacanza : certo che più filosofi di cosi, si muore..; DI documenti laudativi Ferravilla ne possiede a bizzeffe; ma molto modestamente non ha voluto farne parola. Ha consentito soltanto ad una eccezione per la dedica che Paolo Mantegazza stampò in fronte all'almanacco igienico popolare nel 1895: « Al carissimo amico, al sommo artista, al grande igienista Edoardo Ferravilla ». Ed è interessante riferire in sintesi il giudizio di Mantegazza sulle virtù... terapeutiche dell'attore. Egli lo pone accanto a Tahna, a Modena, a Ernesto Rossi, a Saivini. Scopre in lui l'uomo di genio ed il grande igienista, per concludere: « Voi senza saperlo, dal vostro palcoscenico avete guarito molte malattie di fegato, molte dispepsie, moltissime ipocondrie. Voi slete il miglior contravveleno della nevrastenia dominante, il miglior rimedio a tanto e tante malattie fisiche e morali che affiggono il bipede implume del secolo xix ». Nessuno sa che Ferravilla fu creato commendatore di... motti proprio del Mantegazza stesso. Ecco come: « Nel 1908 ero a Firenze e mi recai a fargli visita. Qui Mantegazza apri un suo scrigno, ne tolse le insegne di commendatore, le sue, e me le offri dicendo : « — Senti Ferravilla tu dovresti essere gii commendatore da molto tempo per la tua arte. Ma poiché in certe pratiche occorre che lo persone si interessino e propongano, cosi io ti dichiaro che farò quanto para possibile perchè riconoscano i tuoi meriti artistici. Ti offro intanto lo mie insegno, delle quali ormai più non mi fregio essendo senatore ». Due mesi prima che Mantegazza morisse, Ferravilla ebbe la nomina ufficiale. La filosofia della vita e la filosofia di Gigione Avviandosi alla conclusione, il . nostro autore, dichiara di vivere ili ricordi e. di pensare soventi» alla morte. Ma il pensiero della morte è un amico che passa senza lascimterrori, insieme con altri pensieri colleghi suoi. « La signora dalle occhiaie o munita della classica falce non ù forse — si chiede Ferravilla — uno dei tanti personaggi che popolano il palcoscenico della vita? E allora mi diverto — prosegue -— a crearmi dinanzi scene comiche così, da riderne, come so mi trovassi spettatore a teatro. E mentre mi abbandono a quella schietta, allegria, mi appaiono duo fantasmi. Uno, mia madre, dice« Sei matto? perchè ridi? se ti vedessero ti porterebbero al .Manicomio <>. L'altro, poniamo sia il Padre Eterno, ribalte: « Ridi, va là, non perder tempo! E' inutile che ti rattristi. Tante noirpolrai capire mai nulla. Sei uh originale. ma ti voglio bene, perche non sei cattivo », La mamma mi perdoni, seguo il consiglio del Padre Eterno. E se la- pipa si è spenta, la riaccendo, e penso a Faust ». Il suo credo artistico è semplice. E' nemico giurato dell'accademia. Rifugge per teniperamento da ogni posa. «Sono un attore d'istinto — (lice, — Quando son truccato e faccio la mia apparizione sulla scena, lo spirito del personaggio che rappresento s'impadronisce di me a tal sogno da impedirmi assolutamente di ricordare che sono il mìsero mortale Ferravilla ». Egli è convinto » che tutta la vera recitazione nulla, ubbia a che vedere con un regolare corso letterario ed accademico, e con una sistematici preparazione negli sta di ». Si recita improvvisando, e si recita per che si è osservati. L'assoluto bisogno di ve rltà crea In lui una repugnanza invincibili per i lavori drammatici in versi. Giacosa à vrebbe voluto recitasse in italiano. • No egli rispose. — lo mi sento legato al miei'4 stinti naturali, che sono poi quelli ragionai della mia terra: regionali nel colore, nellt veste; universali nella interpretazione dei ti» umani ». Fra le dicerie che corrono sul suo conto quella che più gli provoca l'ilarità è l'accusi di esser bevitore. • Certo, anch'io bevo se ht sete. Ma ho sempre saputo Infilare l'uscio, tìt casa, senza l'aiuto di nessuno », osserva -argutamente. Anche l'altra, di avarizia, lo fi sorridere: « Dopo essere stato per tante voi te tratto in inganno, e, diciamolo pure. In brogliato, credo di agire saggiamente se non 4arghexglo più In favori, che mi procuratone soltanto nemici segreti». E' contrario alle < arti della reclame ». Aristocratico in arte diffida molto degli imitatori, 'che consideri fantocci. Ama l'assoluta libertà e trovale gioì ie nell'intimo della famiglia, con le piccina Maria e Luigia: due amori.- - ) Sapete, perchè di quando in quando reciti ancora? Per aderire, al desiderio > di gentili impresari e per fare cosa grata, almeno.ritiene, » a quegli attori e a quelle attrici' milanesi, che si trovano, come si dice,', a piede Ubero per passeggiare ». Non si potrebbe essere più cortesi e condiscendenti. Ora, intanto prepara il giro d'addio: l'ultimo. Le memorie interessanti e piacevolissime - alla ,101» tura, e nelle quali l'amico, Sacchetti ha dovuto non poco elaborare la forma pel non tradirne il pensiero, a . questo : pun« to sarebbero terminate.- Però Ferravilla hm un pentimento. E torna indietro per inserir* vi una specie di codicillo: <>T suoi tipi, se» condo gli stati d'animo: Panerà, Pedrin, GÌ» gione e Tecoppa... Uno li esalta tutti: Gigio ne, che col naso in aria, in mezzo, alla folla, guardando un areoplano che si libra nell'azzurro, esclama: —, Volate, volate, imbecillii rompetevi la testa. E pensare che tutti codesti Ignoranti se ne stanno a contemplare un pe» sce volante. Se domani io faccio la mia serata, nessuno viene in teatro. Si fa forno! Dio vi. maledica! ». [ E se ne va, pettoruto, lentamente. ' ENRICO LCLLI