La battaglia e la conquista di Ain Zara descritte dal nostro Giuseppe Bevione di Giuseppe Bevione

La battaglia e la conquista di Ain Zara descritte dal nostro Giuseppe Bevione La battaglia e la conquista di Ain Zara descritte dal nostro Giuseppe Bevione o r telegrafo alla '<v,;. TRIPOLI, 6, ore 7,55 (Urgenzi). ~ Ain Zara è caduta nelle nostre mani: la prima giornata della campagna che avrà conseguenze durature, si è compiuta. Le armi ed il prestigio turco hanno ricevuto 'dal nostro esercito un colpo, forse irreparabile. Quindicimila fucili e trenta cannoni italiani sono usciti dalle trincee di Tripoli, hanno affrontato il nemico nel suo quartiere di Ain-Zara, varcando la lunga sona deserta. Il nemico è stato costretto ad abbandonare le sue posizioni ed a cedere la sua baie. Abbiamo conquistato cannoni turchi non rotti, si noti, ma inutilizzati per mancanza di artiglieri distrutti o sbigottiti d'ai fuoco concentrato delle nostre cinque balterie da montagna, cinque batterie da campagna, due batterie di assedio c i cannoni della marina. 1 cannoni nemici non formano una ottima preda, ma sono di inestimabile valore, perchè rappresentano tutta la difesa avversaria. E pare che sia cosi, perchè il nostro capitano Desuni che da oltre un mese batte ogni giorno le artiglierie turche, mi disse che il nemico non doveva disporre più di sei pezzi da campagna e due da montagna. I due pezzi da campagna erano stali smontati dalla batteria Desuni con due_ serie di tiri di prodigiosa precisione. Restavano quattro pezzi da campagna, oggi diventati nostro bottino. , . Solo chi ha assistito allo svolgimento di quest'azione campale può comprendere ciò che significa per i combattenti la cattura delle sue artiglierie. Ora, tutto porta a credere che ai. turchi solo rimangano due pezzi da montagna, che sarebbero anche stali trasportati ad Homs Le conseguenze militari e morali della nostra azione odierna non sì possono quindi esagerare. Finalmente, oggi, per la prima volta, infliggiamo una perdita gravissima e netta ai ■ turchi senza l'intervento degli arabi : non si sono miètuti i soliti arabi inconcludenti; si è colpito il comando turco nella sua base di operazione nei suoi organi mastimi di difesa. L'obbiettivoLa grande operazione era stata accuratamente preparata dal generale Frugoni, col pieno accordo del generale Caneva, ed era stata tenuta rigorosamente segreta. 1 giornalisti che sono a più stretto contatto con il Comando, non conobbero nulla: anche molti ufficiali l'ignoravano ancora ieri sera. Il piano era questo: obbiettivo ftndamentale era l'occupazione dell'oasi di AinZara, dove risultava che il nemico aveva stabilito'il nucelo principale delle sue forze, oltre a due distaccamenti nei fonduk El Tolcar, ììuselim e Tagiura, e la rechione delle comunicazioni esistenti tra Ain-Zara e l'oasi. L'obbiettivo doveva essere raggiunto così: la marina, prima delle 7, batte l'oasi all'est di Amruss e delle Fornaci; dopo le 7 Tagiura. Una colonna di una divisione, comandata dal generale Pecori-Giraldi, si impossessi di Ain-Zara, uscendo alle 6 dalle trincee del fronte sud, nelle adiacenze dei giardini di Nechad-bej, e proceda alla sinistra di Megenia, provvedendo alla sicurezza del suo fronte destro. Un'altra colonna, comandata dal generale Rainaldi, aveva il compito di agevolare la colonna Pecori nell'occupazione di Ain-Zara, attaccando le forze nemiche dislocale fra Ain-Zara e l'oasi. Essa doveva uscire dalle trincee presso la caserma di cavai%ifìa. Appena tutta la colonna Pecori avesse sorpassato le linee delle trincee, doveva procedere per la destra di Megenia, tenendosi strettamente collegata con la colonna Pecori. Finalmente, la terza colonna, composta di due battaglioni del 52 o fanteria, al comando del colonnello Amari, sarà pronta ad irrompere dalle allure Ai Sidi Hassam con direttiva sulla Moschea 'di Bu Saad, sul fianco destro, e a tergo sulle trincee nemiche. Le tre colonne erano così composte- colonna destra, al coniando del tenente-generale Pecori, divisa in due brigale ; Giardino, esterna, composta del 40.o e 6.o fanteria; Lequio, interna, composta deìl'W.o bersaglieri, du'e battaglioni granatieri ed il battaglione alpini « Fenestrelle », oltrn a due squidroni di cavalleggeri «Lodi» posti direttamente sotto agli ordini del comandante di divisione. Colonna centrale, comandata dal maggior-generale Rainaldi, costituita da due battaglioni deM'82.0 fanteria e da due battaglioni dell'&A.o fanteria. Colonna sinistra, formata da due batlaglioni del 52.o fanteria. Riassumendo, le colonne Giardino., Lequio, Rainaldi, con un vasto movimento aggirante dalla destra, dovevano cacciare il nemico da Ain-Zara ed occuparla, mentre la colonna Amari, con vigorosa azione dimostrativa nell'oasi, doveva distrarre l'attenzione delle forze avversarie. Marcia silenziosa Le tenebre erano ancora folte, quando i "battaglioni, che presero parte alle operazioni, si ammassavano ai vart punti delle trincee, donde dovevano uscire. Nelle brevi strade dell'oasi, e nello strettissimo passaggio aperto nei giardini, presso le trincee,questo confluire di truppe, a file intermina-bili, con cavalli, batterie, someggi, si com-pi senza il più lieve incaglio, con regolaritàe precisione mirabile. Prima che il solesorgesse, l'avanguardia della colonna Giar-dina usciva dai giardini di Nesciad Bey,e poco dopo dalla stessa porta spianatadelle trincee usciva l'avanguardia della colonna Lequio. Gli ufficiali dello Stato Maggiore vigilavano presso le trincee, accioc-che Vincolonnamcnio di ciascuna brigataavvenisse secondo il dispositivo dell'opera-sione. La nostra colonna era cosi composta : due battaglioni de/n l.o bersaglieri (avanguar-dia); l'altro battaglione di bersaglieri, i duedei granatieri, ed uno di alpini « Fene-strcllen, (il grosso della colonna); la relro-guardia era composta di una sola conipa-gnia. L'avanguardia doveva mantenersido seicento a settecento metri di distanzadal grosso, e il grosso a cento metri dallaretroguardia. 1 battaglioni procedevano inlinea, per colonne di plotone. Il colonnelloFara comandava l'avanguardia; il genera-le Lequio, col suo Stato Maggiore, dirìge-va il movimento della colonna, dal primobattaglione del grosso. 1 battaglioni dellecolonne Giardino e Lequio avanzano neZdeserto, parallelamente, a qualche chilo-mctro di distanza. E per più di mille metrile due brigate procedettero verso sud. Lagiornata non si annunziava bella. Il Solesorgeva tra nuvole di fuoco e sangue; maad occidente era rimasta una nube enor-mc, fusa in un sol blocco. Nel buio, i raggisolari crearono in questa nube un arcobaleno immenso, che sembrava una porla glo-riosa aperta sulla Tripolitania per chi ve-nisse dal mare, dall'Italia. Alle nostre spal-le impiccoliva la striscia verde di palmizidell'oasi, e si confondevano e sparivano lecasuccie bianche affacciate all'orlo dei giar-dini, e da ogni parte si distendeva un ondeggiare chiaro di dune, fino alle moli diafane del Gebel, ed all'azzurro cupo del mare. Ma lo spettacolo vero era costituito dall'avanzata delle truppe nella sleppa. Bisogna pensare alle antiche stampe di battaglie napoleoniche, per averne un'idea esatta, Sul terreno, sgombero e sconfinalo, nereggiavano da ogni parte delle masse o scure, folte, ordinate, in quadrati e rettangoli, che procedevano in lunghe colonnesi inerpicavano sulle alte dune, scomparivano negli avvallamenti, si profilavano per qualche minuto all'orizzonte, risolven\ dosi in piccole lineette verticali, fra cui splendeva la luce del mattino. Le tre bri[gate, avanzano, cosi, di fronte. Quando l'ultima retroguardia fu uscita dalle trinceela zona delle prime dune brulicava e sembrava un formicaio, che emigrasse, ordìnato, paziente, tranquillo, superando le distanze a piccoli tratti, con brevi soste intelligenti, mantenendo scientemente intervalli uguali fra la miriadi delle sue piccole unità... Il formicaio ubbidiva alla legp.e délel acque; correva per i punti più depressi, si indugiava negli avvallamenti profondi, e quando la giogaia delle dune intercettava il suo cammino, la superava dove maggiore era la depressione. Sotto l'uragano lo andavo a cavallo, alla testa del grosso della colonna Lequio, fra i bersaglieri ed i granatieri. Osservavo attentamente il volto ed il contegno della truppa. Gli ufficiali avevano ordinato il silenzio, ed avevano proibito di fumare. I soldati camminavano ordinati e silenziosi, con una espressione di gravità, di calma e di serietà, fortemente stampata sul viso. Nessuno scherzava, ciascuno bisbigliava ai vicini ciò chevoleva dire. Non si udivano che gli appelled i comandi degli ufficiali, ed il sommesso calpestio dei piedi nella sabbia. Dopoun'ora di marcia, eravamo nel folto delledune, e iniziavamo una grande conversione a destra, verso oriente. Il sole era. già alto sull'orizzonte, e venne a batterci suvolto. Contemporaneamente, dal cielo di ponente, in cui larghi baleni splendevano più vivi, proruppe una pioggia enorme. Vna vuoi ola color tempesta si sciolse tutta in acqua, e si rovesciò sulla nostra stradaFurono due ore di flagello. L'acqua percuoteva la nostra colonna con aspre, violentraffiche continue. 1 soldati si stesero sulle spalle le piccole mantelline impermeabiliche, sollevate sui dorsi, dal volum-e dellozaino, li trasformava in uno strano esercito di gibbosi. La marcia continuò comenulla fosse. I soldati camminavano sottoVacquazzone, che li bollava, impassibilisenza un lamento. Solo gli ufficiali imprecavano per i soldati ed alzavano gli occhdispetlosi verso la grande nube, che si disfaceva e schiariva continuamente. Il Drachen aveva cessato di uscire. Vediamo il suo irriverente profilo arrolon■ darsi a cinquanta metri sopra il suola «ab bioso delloasi, ma l'acqua lo ricacciò giù Verso le 10, dopo l'ultimo duello fra il soledi levante e le nubi di ponente, il tormento finiva. Vinceva il sereno, e la giornata si conserverà chiara e soleggiata fino al erepuscolo; solo alcune nubi, sconvolte e splendenti, trasvoleranno sul cielo, mettendo, come su uno sfondo di un antico qua dro di battaglia, la nostra vittoria, Duello di artiglierìeAlle 10, quando l'uragano cesso* le nostre forze entrarono in contatto col nemico, Da destra ci giungeva il crepitio fievole epoco nudrito della fucilerìa. Pochi minuti dopo, un sibilo ben conosciuto tagliava Va- arrivava il primo shrapnel turco. Lo scoPPio avvenne molto alto, fra la colonna Giardino e quella Lequio. Solo dopo tre ore dalla nostra avanzata, il nemico ci scopriva. Nessun preavviso della nostra vasta operazione era giunto fino a lui, e la nosira conversione era in pieno movimento, 11 contatto fra la colonna Giardino e la colonna Lequio era mantenuto rigorosaniente. La colonna Rainaldi era invece re5tata indietro. Non potevamo vedere che a lesta dell'avanguardia, a quando a quando, fra ali sbocchi degli avvallamenti delle dune. L'avanguardia della colonna Giardina> * destra, era slata attaccata da una banda di arabi, ed andava cacciando indietro il nemico, con la sola forza dei fucili, La colonna centrale Rainaldi avanzava più eniamente< perchè doveva fare da perno alla conversione, ma non incontrava contrasti- Mentre la fucileria durava alla destra< ali shrapnels turchi continuavano a scoppiare a grandi intervalli sulla nostra colonna. I proiettili scoppiavano male, se^ condo il solito; cadevano negli spazi liberi, ssnza danneggiarci; ma la loro persistenza era molesta. Talora, giungevano delle granate> che si piantavano con un tonfo sorAo nella sabbia, senza scoppiare. Il generale Lequio, poiché avevamo raggiunto la cresta alta di una catena di dune, ordinò alla nostra artiglieria di entrare in azione. La colonna era munita di un gruppo di due batterie da montagna, provenienti da Torino, al comando del maggiore Garroni e dei capitani Decarolis e Baseggi; 12 pezzi furono piazzati al sommo dell'altura, a breve distanza; dalla posizione si scopriva un orizzonte enorme'. DoP° P°chi minuti, la batteria nemica eraidentificata dalle sue vampe; essa si trovava a sinistra di Ain Zara, che cominciava a mostrarsi con il verde delle sue praterie, con i ciuffi dei suoi palmizt. Accanto alle trincee, donde si alzava un leggiero fumo bianco di fucileria, il Uro fu aggiustato. Pochi colpi; poi tempestò a salve di batteria, con precisione e veemenza inaudite. Vedevamo gli shrapnels scoppiare uno dopo l'altro con U lampo bianc0' in un gU)ho di fumo> bassi e ra denti sulle posizioni nemiche. La batteria turca rispose con qualche colpo, ma poi fu costretta a tacere. Anche il fumo bianco delle fucilate dileguò. La batteria De Carolis tirava ancora qualche salve sulla posizione per finirla completamente. Questo duello di artiglieria fu episodio-in una terribile azione svolta contemporaneamente da tutti i cannoni nostri. Oggi, Santa Barbara, . patrona dei cannonieri, fu degnamente solennizzata nel nuovo dominio ! L'azione dell'artiglieria fu dominante, stamattina, e trionfale : con la loro voce terribile i cannoni riempivano quasi di continuo il labirinto delle dune ed il cielo. La vampa mostruosa Mentre il nostro gruppo di batterie batteva implacabile le trincee ed i pezzi nemici, sentivamo infuriare a destra le batterie della colonna Giardino, che sfondavano la resistenza dei tiratori arabi ed a- primno & tcrreno HbeT0 aWavanguardia £ sulla s(?lis,rfl> lonlano> sul marginedeU Voad> tutta la corcia delle batterie di cam pag)la< poste a saivaguardia delle linee, fulminavam vcrso Ain.Zara> sensa lreyUa>con un rombo di uragano che si fondeva solo con il tuono, sema fine. Si vedeva Valturo, di Sidi Me ss ri col suo marabutto giallognolo tinta di una fiamma orizzontale, continua, dal fuoco degli otto pezzi delle famose batterie Desuni e Serra, che spararono sui punti dove apparivano le fiamme dei pezzi turchi, i quali, costretti a fron teggiare l'avanzata avvolgente delle tre colonne, avevano dovuto uscire dai loro ricoveri e rivelavano finalmente la loro posi- zione. jfa a iena intervalli si udiva una voce nuova e tremenda, e si vedeva fra il forte Messri e la Scuola di agricoltura una vam pa mostruosa, che nessuno aveva mai veduto prima, una fumata bianca, alla, che per la prima volta appariva sul lembo dell'oasi ed involgeva un largo trailo della trincea. Era la batteria dei pezzi di assedio, che entrava in azione con i formidabili pezzi scaglionati, che lanciavano in aria la loro grande mina, là quale esplodeva ad otto chilometri di distanza, in mezzo al verde dell'oasi di Ain-Zara, con violenza di eruzione vulcanica, sollevando enormi pini di fumo, che duravano come una maledizione sul punto percosso dal ferro e dal veleno del proiettile. Parevano tornati i giorni del bombardamento di Tripoli. I tiri combinati dei mortai d'assedio e delle batterie da campagna, dalle linee, e i tiri delle batterie da campagna delle tre colonne in movimento, tirarono due ore fino a quando l'avanzata si spinse cosi vicino alla posizione nemica da render pericoloso il 'tiro. Dalle trincee lo spettacolo fu di una grandiosità inaudita, indimenticabile. I soldati lo contemplavano estatici nelle lunghe soste dell'avanzata, scllevonVlóil capo fra i proiettili flschianti dietro la- cresta delle dune ed i ripari. L'Italia ha rivelato a se stessa ed al mondo, dopo la sua marina, la sua lanteria, i suoi aviatori, la sua artiglieria. Fuggi ono Compiuto il cannoneggiamento delle trincee e dei pezzi nemici, la nostra colonna ebbe per la prima volta il passo sbarrato dai tiratori arabi. La resistenza continuò accanita da questo punto. Il nemico, raggiunto verso mezzogiorno ad Ain Zara, sloggiato dalla posizione che occupava, improvvisa un'altra trincea sulla cresta di una duna posteriore, ed appena vedeva apparire dietro all'altura i pennacchi dei bersaglieri, apriva il fuoco sulla nostra avanguardia. I nostri soldati tenevano loro fronte decisamente, con una fucilerìa energica. Intanto, una batteria o due si piazzavano sulla sommità della duna ed iniziavano un tiro a shrapnels sulla nuova trincea araba. In questo lavoro, l'artiglieria da montagna fu semplicemente meravigliosa. In tre minuti i pezzi erano scaricati dai muli, posti sugli affusti, puntati, ed il primo colpo partiva. Le mitragliere non potevano entrare in operazione più rapidamente. I giganteschi artiglieri, fieri di spianare la strada ai fucilieri, caricavano e scaricavano con le potenti braccia, i pezzi, rimettevano a posto il cannone sbalzato indietro dal rinculo, puntavano, sparavano con rapidità silenziosa, con una coordinazione e con una precisione di movimenti infallibili. I servizi resi dall'artiglieria da montagna, in questa avanzata, sono incalcolabili. Le nostre batterie hanno cambiato nove volte posizione, e tirato 120 shrapnels per pezzo. Appena si accennava sopra una nuova linea conquistata la benché minima resistenza, una batteria era dietro alle spalle dell'avanguardia, pronta a piazzarsi e a nsulsnvcgdLmdavpUqsdaplrgsaec«cdbdeGnlfIdgcealg'hmettere in fuga il nemico. L'importanza dei ■dservizi, resi dall'artiglieria sono provati, oltre che dalla rapida avanzata, dalle scar- )sissime perdite dei nostri tiratori; la nostra colonna ebbe solo qualche ferito, e fu quel- la che conquistò Ain Zara. Oggi, nel de- serto, lottare col fucile, era quasi senza importanza. Gli ufficiali dei bersaglieri, abituati all'aspra, selvaggia battaglia del palmeto, parevano quasi scontenti, quasi delusi, per quella facilità relativa, che non metteva in luce le fibre morali dei loro migliori soldati. Con Fara sotto il fuoco Verso le 3,50 la testa dell'avanguardia raggiungeva l'ultima alta catena di dune, da dove si scende in un grande declivio ai cui piedi giace Ain-Zara. Oltrepassai il generale Lequio, col grosso della colonna, e mi portai all'avanguardia insieme al colonnello Fara, per godermi lo spettacolo della conquista. La resistenza era venuta aumentando via via che ci avvicinavamo alla base nemica. Sull'alto pianoro sabbioso fischiavano i proiettili dei Mauser, con strane voci metalliche, ora flschianti e stridenti, ora lunghe, frollanti, svanendo lentamente, lontano, come fossero veloci scarabei incantati, a seconda che ci venivano di fronte o ci passavano sopra di infilata dalle trincee avversarie, che sbarravano la strada alla colonna di destra. La sabbia davanti a noi, oltre la duna che ci riparava, schizzava di quando in quando per l'urlo di una palla perduta. Una si piantò al suolo fra me e un collega, con dolce rumore soflocato. Il colonnello Fara, fermo, slava ritto davanti alla prima linea, brandendo ti megafono, con cui gridava i suoi ordini alle compagnie lontane. La condotta di questo soldato sulla linea del fuoco è prodigiosa: sembra fatto invulnerabile per inemtesimo e reso temerario dalla consapevolezza della sua invulnerabilità. Chi lo ha veduto guidare avanti i suoi bersavlieri, sempre dritto davanti a loro, comprende i miracoli compiuti da questo reggimento. Il suo esempio è contagioso per gli ufficiali che lo imitano ; i bersaglieri imitano gli ufficiali e tutti sono travolti dalla vittoria. GIUSEPPE BEVIONE. All'ora di andare in macchina non era ancora giunta la fino di questo dispaccio. iPs