Il nostro piano

Il nostro piano Il nostro piano (Da uno dei nostri inviati «speciali) Tripoli, 20, ■OTsmbM La giornata di Sciarasciat ha profondameato influito sul nostro piano di azione. E doveva essere così. Il 22 ottobre si preparava energicamente l'avanzata. Due colonne leggere, di una brigata ciascuna, erano pronte a partire da un giorno all'altro, ver- rapdzsoiliGebel, per ricercarvi e battervi l'esercito'turco. Una divisione sarebbe bastata per la:Sconquista dell'interno, perchè tutti credeva-1 , i^^L^^M^J^^^&Ì^ne a roba avea fatto causa comune coi turchi o si batteva contro di noi. Ho già detto e ri-,no gli Arabi amici e le retrovie sicure. La giornata di Sciarasciat dimostrò invece pelo che ò mit, oma opinione che gli Arabi ;iccctteranno la nostra (Jommazione quando i Turchi saranno sloggiati dalla Tripo'litania. Ma finché i Turchi rimangono, e sino padroni di parte della costa e dell'interno no. e possono comunicare attraverso la i imlsia e 1 Egitto con Costantinopoli fino a quel giorno essi hanno molti e potenti mea-|zi a disposizione per tenersi legati gli Arabi,e costringerli a combattere per loro. Ciò che si.suiflca che, invece dei 4000 regolari tur elli, abbiamo di fronte un nemico di forzo fluttuanti, imprecisate, ma molto maggioro; e che, per avanzare verso il Gebel, dobbiamo garantire con somma cura le retrovie contro gili attacchi di un nemico che conosce a fondo il deserto, che può fare dislocazioni amplissime e rapidissime senza la più lieve preoccupazione dei servizi logistici perchè porta tutto con se, dalle munizioni ai viveri, che finalmente è affamato, disposto ad affrontare con cuore allegro il più disperato combattimento, se ha solo la speranza di depredare un nostro convoglio. In conseguenza si sospese l'avanzata e ai'attesero i rinforzi mandati dailla madre pa-i . _ pa- tri per fronteggiare la nuova situazione. A Trapidi scaglioni i rinforzi giunsero. Alla prima divisione, comandata dal generale Pecari, se ne aggiunse una seconda, comandata dal generale De Chaurancf: e si formò così un corpo d'armata, sotto il coniando del generale Frugoni. Oggi a Tripoli sono raccolti circa P^JIOO uomini: e si. annuncia I arrivo imminente 'di una nuova, brinata. Intanto il n-omico ci attaccava. La giornata di SiJi Messri fu il suo sforzo massimo ed una vera vittoria per noi. Tuttavia il giorno dopo noi concentrammo le nostre linee: in altre parole, ritirammo le posizioni del fronte orientale di circa un chilometro, lasciando al nemico un'ampia zona prima nostra, le trincee, il castello della Unni e due forti, il forte Messri e l'Hamidjè. Era necessario un tale sacrificio dopo una giornata vittoriosa? A me pare di no ri puto medesime posizioni contro un nuovo attacco, mentre i rinforzi arrivavano. La giornata di Sidi Messri, aveva costato a noi un centinaio di morti, al nemico più di un migliaio: era difficile che, dopo uno aforzo cosi grande e così disgraziato, gli Araboluivhi ritornassero ad un attacco serio; era improbabile che le nostre forze, cosi poco ridotte di numero e così fortemente elevate di morale dalla vittoria del.26 non potessero respingere con pieno successo l'attacco, qualora fosse stato dato. La situazione, qua. le si presentava il 27 ottobre, avrebbe giustilicato un'estensione anziché una riduzione delle linee. Invece si ritornò indietro. I risultati furono questi : i due forti ed il castello della Hani, lasciati malgrado l'esito 'Iella battaglia, furono presentati dalla stani- , i*i 'm^«32L|,?w m Uli% ni£h*/«,TSL^&i la vittoria del,■ ottobre avrebbero saputo difendere to|pa europea a noi ostile come abbandonati in [orza dell'esito della battaglia; quella che fu una pura e decisa vittoria nostra po-jte, sulla, base di fatti che sono veri, essere iiununciata a Costantinopoli, Vienna, Berlino, Londra e Parigi, come una nostra sconfitta; e finalmente i Turchi, avvicinandosi a Tripoli di un chilometro, poterono mandare sulla città i loro shrapnels innocui ma seccanti. Ad ogni modo l'errore, se errore fu, non ebbe conseguenze irrimediabili e neppur gravi : o perciò, in quest'ora dell'azione, è si! perfiuo parlarne. Il nemico che potè fare il conto dello sue perdite, sobbene riacqui- sitasse due forti e avvicinasse i suoi con-noni di mille metri alla città, seppe che aveva subito una disfatta e non si ringal-lazzi. La sua condotta dal 27 ottobre alla metà di novembre, analizzata nella mia lek leru procedente, lo dimostra. Si ridusse a molestare il nostro fianco sinistro e le posi-zloni centrali con attacchi e avvisaglie trop-I... lievi e troppo brevi, per avere seriamenteper obbiettivo la riconquista di Tripoli o anche soltanto lo scopo d'infliggerci perdite provi. Erano dimostrazioni più che cornimi limolili. Il forte Hamidiè fu ripreso da noi il 6 novembre in tre quarti d'era, quindi sfilza grande resistenza. I titoli che componimi in molti giornali italiani, di attacchi violenti degli arabo-turchi su tutto un froni<>. rli combattimenti gravissimi, di battaglie'perfino, non rispondono alla verità e neppure al contenuto dei telegrammi che la {•nitidissima maggioranza degli inviati spe'■iiill manda da Tripoli. Una maggioro so hi iota dei comunicati ufficiali, non a noi imi dove aono sobriissimi. ma ai giornali in Italia, sarebbe forse opportuna. La ve-rita è che dalla giornata di Messri ad oggi noi non abbiamo avuto più di 20 morti, nonostante la ripresa del forte Hamidiè: che in queste tre settimane il nemico, come ho spiegato nell'altra mia lettera, con una serie d'azioni slegate, illogiche, incoerenti, senza importanza specifica, conservando l'olt'iisiva ed affidandola di preferenza ai regolari ed all'artiglieria, cioè alle sole forze turche, ha cercato di ricenientare la barcollante alleanza cogli arabi, piuttosto che di conseguire su di noi risultati militari di qualche importanza. La nostra azione si conformo in massima parte all'azione nemica. Ci tenemmo solla difensiva strategica e tattica mentre giungevano i rinforzi: quando i rinforzi furono giunti, e a Corp» d'armata fu costituito, sotto il comando del generale Frugoni, si rimase sulla difensiva strategica e si passò ad una parziale offensiva tattica. In altre parole, ti nostro obbiettivo massimo restò la conservazione di Tripoli, ma, per difendere con maggiore efficacia la piazza, iniziammo brevi uscite offensive, ricognizioni 'dÌ. battaglioni intieri, alle volte con artiShem 6 cavalleria, che non avevano altro SC?P° se .n0" 1,1 ve.Iliro j™ contatto col nemico, e infliggergli perdite, perlustrazioni combattivo di poche ore, che avevano per insultato di mostrare al nemico che la piazÌ^ ?'ert. rafforzata, e che il nostro soldato contrattaccare, combattere fuori ,dej,e lriacet>i sul terreno aperto, e fra gli intrichi e lo insidie del palmeto. L'episodio che apri questa nuova tattica e vi rimana culminante, è la ripresa del forte Hamidiè, operata il 6 novembre, il giorno dopo l'arrivo del generale Frusoni La rìpr6Sa dc, forto cr£i imperiosamente necessaria. L'artiglieria nemica si metteva |a ridosso dei suoi terrapieni devastati e ,mandava shrapnels in città. Ciò era intol lerabile. E' noto che la ripresa fu brillàn- tissima, e non ci costò un uomo Tutti erano persuasi che la terza fase delle operazioni era iniziata: che l'arrivo del generale Frugoni e l'immediata rioccupazione del forte Hamidiè significavano il passaggio all'offensiva strategica, il principio dell'avanzata. Invece non fu così. Siamo oggi dove eravamo al tramonto del 6 novembre. Le linee del fronte orientale rimasero immutate, perpendicolari al mare, dalle tombe dei Caramanli a Sidi Messri. Solo si staccò dalle tombe dei Caramanli un braccio di trincee, perpendicolare alla linea di difesa principale e parallelo al 'mare, terminante in un pugno munito di i cannoni, il forte Hamidiè. E' la famosa ta- T.agha. Se, dopo qualche giorno, il movimento fosso continuato, se da Sidi Messri un altro braccio uguale si fosse allungato, .formandosi un altro pugno simmetrico e formidabile al forte Messri, e poi, fra questi due argini di fucili e di cannoni, tutta la linea orientale si t'osse avanzata fino a ricongiungerli, «r1 finalmente' qualche nuovo cuneo si fosse Internato verso il cuore del nemico nell'oasi, o ad Ain Zara, sia pure Ioniamente e metodicamente, ii nostro piano offensivo si sarebbo delineato in modo certo. Invece, dopo la rioccupazione del forte Hamidiè, si fece qualche uscita, qualche piccola ricognizione offensiva, qualche contrattacco, ma non si avanzarono le linee di un metro su tutto il fronte. La ripresa del forte Hamidiè resta perciò un fatto di difensiva, anziché di offensiva, strategica. Il suo compito è di colpire sul fianco do¬ m—lstro il nemico quando ritornasse ad attac- ,care in di f'orze n fronte orientale, che, |non avcbmlo n deserto davanti, ma l'impenetrabile viluppo dell'oasi, e non consentendo l'impiego efficace delle artiglierie, rimane il nostro punto meno forte. Che si farà ora? Quale sarà il nostro piano di domani? Fuori del Comando, a Tripoli, nessuno lo sa con sicurezza. E, se anche si sapesse, il più elementare senso del dovere impedirebbe di renderlo pub blico. E' indubitabile che le pioggie intense e persistenti che durano da dieci giorni hanno calmato molte impazienze. In un clima simile non si premio l'offensiva. Ma quando sarà ritornato il sereno (in Tripolitania la stagione dello pioggie dura fino a febbraio, ma con sopravvento delle giornate asciutte; e dieci giorni consecutivi di temporali come quelli che abbiamo avuto costituiscono un'eccezione) la questione del l'avanzata si riaffaccierà. L'attesa a Tripoli della buona stagione fissa, lo svernamento jnei quartieri, come nei Commentarli di Ce¬ a sare, presenta un cumulo di vantaggi: ri duzione all'estremo dei nostri rischi, e aumento al massimo delle nostro probabilità di successo, perchè in nessun luogo avremo per noi tante condizioni di superiorità in tutti i campi: costrizione del nemico ad un lungo periodo di inazione, nel quale s'accrescerà la sua penuria di mezzi e si moltiplicheranno le cause di rottura fra turchi e arabi con l'opzione di avvisaglie quoti¬ e diane o di attacchi decisivi sotto Tripoli, nei iQuali esso è destinato a rompersi la testa, 1 perchè le nostro trincee sono ormai invioe labili ed è schiacciante la superiorità delle 1nostre artiglierie collocate a brevi intervalli a su tutto il fronte, da mare a mare, ed ink : tegrate dai potentissimi cannoni delle nav stazionanti alle due estremità delle linee, -, Un'offensiva risoluta, un avanzata a fondo, l"!™ a nemico raggiunto e disfatto in una e:giornata campale, sopprime ■ o e a i i e a 1 benefici e- sposti sopra, ina ha l'enorme vantaggio di una soluzione pronta, radicale e gloriosa della guerra. I fatti che si svolgono sotto i nostri occhi possono appoggiare l'ipotesi dell'offensiva e della difensiva. Una brigata è in viaggio, ed altri rinforzi si annunciano che parrebbero superflui, se si dovesse svernare nel campo trincerato. Viceversa, sul fronte occidentale, fra la strada di Gargarisc e Bumiliana si è trasformato stabilmente a nostro uso il fortino B e si vanno costruendo batterie permanenti, ridotti ed altro opere fìsse; e i su tutto il fronte si erigono baraccamenti i iper ricoverare ì soldati che non possono -'essere accantonati nolle case, ciò che presuppone lo svernamento del grosso delle forze in Tripoli. Qualunque cosa si decida, il popolo ita i , : e a , o i e i i a a o , liano ha il supremo dovere d'attendere, con pazienza e con fiducia. L'accampamento nemico ad Ain Zara, che era per noi qui una spina al cuore, è stato rimosso il 10 novembre dai magnifici tiri della Carli Alberto diretti dagli osservatori del Ììrahen-Oallon. Uno degli incentivi più sentiti ad un'offensiva immediata (perchè quell'accampamento nemico a sei o sette chilometri dalle nostre linee sembrava una provocazione) oggi non esiste più. Turchi e arabi sono stati costretti, dall'impreveduta potenza dei nostri mezzi combinati, a spargersi per l'oasi di Tripoli, sotto il controllo delle nostre artiglierie di terra e di mare, o a ritornale a Suani Beni Adem o all'Azizia o al Garian, cioè ad abbandonare Tripoli. Troppi elementi che influiscono sulle decisioni del Governo e del Comando — a cominciare dall'azione della flotta nell'Egeo — ci sono ignoti, perchè possiamo avventurarci a dare consigli oppure osare di esercitare pressioni in un senso o nell'altro. La materia prima della vittoria la possediamo, ricca ed abbondante: ufficiali e soldati eroici ed infaticabili in contingenti quasi Illimitati; mirabile dotazione di mezzi e stupenda organizzazione di servizi; determinazione assoluta del Governo di andare a fondo. Il dovere del Paese è di cooperare alla solenne impresa, che apre la nuova storia d'Italia, con la disciplina, la fede, la fermezza, l'ostinazione, con le grandi virtù che fanno i grandi popolii.^,...., ^ GIUSEPPE BÉVÌONE. (