Gli episodi della guerra

Gli episodi della guerra Gli episodi della guerra laiyorco in "barracano,, dà donna Legati a palme.e bastonati a sangue dddpcaRoma, 24, mattino L'ori. De Felice Giuffrida telegrafa da Tripoli al Messaggero- . , « Le disposizioni energiche prose dalle Autorità militari, hanno reso molto difficile Io' spionàggio, si che i turchi, messi a mal partito, sono costretti a servirsi dei mezzi più disperati per avere notizie dai pochi loro amici della città. Ieri l'altro, un ufficiale turco, travestito da contadino, riusci ad attraversare i nostri avamposti, chiese ed ottenne notizie, e riparti sul tardi, quando1 il «ole era già tramontato.' Per sfuggire però ad un probabile arresto, indossò un ii barracano » da donna, coprendosi il volto, come usano le donne arabe, ma giunto agli avamposti venne regolarmente fermato ed invitato a scoprirsi il volto. Egli dapprima resistette, ma poi dovè aderire all'invito del comandante del corpo di guardia, ed allora apparvero un bel paio di baffi.neri, sotto -ji cappuccio bianco del « barracano » femminile. Arrestato ed invitato a dire che fosse venuto a fare in città, egli, mostrandosi sorpreso, disse di essere un contadino venuto a comperare un « barracano » per sua moglie: — E perchè nascondevate il viso? — Non lo nascondevo affatto; indossavo il «barracano», perchè la sera, a Tripoli, e specialmente in campagna, fa freddo. E. non ha voluto dichiarare altro; ma gli sono state trovate indosso alcune armi ed un berretto da ufficiale turco. Egli, natu- gqdrfsafdgMtcamdnp«iadgvepsnVili i J CI UU. UMIOIUIC cui ugil. iiMIIW- I jràlmcntc, è tenuto a disposizione dell'Aiuto- ™rità militare. E' superfluo aggiungere che ' lc stata data disposizione rigorosa di scoprire il volto a tutte le donne, le quali attra Immaginate con soldati eseguono versano gli avamposti, quanto piacere i nostri questo ordine! Anche i medici militari torchi espolsi perchè sleali Un ordine del governatore provvisorio, ammiraglio Borea-Ricci, aveva disposto l'immediato allontanamento da Tripoli di tutti i funzionari turchi. L'espulsione era giustificata dal fatto che quei funzionari, turchi d'origine e turchi nell'animo, pur rimostrando una grande indifferenza per lo cose che vedevano e sentivano, si mantenevano sempre in relazioni con la guarnigione .ottomana uscita nel deserto dando e ricevendo notizie, specialmente di carattere militare é guerresco. Solo i medici militari, per una disposizione contenuta nella convenzione internazionale di Ginevra, sfuggirono agli ordini dell'ammiraglio continuando, a curare ammalati e feriti nell'ospedale turco provvisoriamente impiantato nell'antica scuola di arti e mestieri. Senorichè l'autorità militare italiana impressionata che a.i Turchi del deserte, non mancavano notizie dispose una rigorosa sorveglianza, mercè la quale riuscì a stabilire ciie lettere ed informazioni erano mandate al campo nemico da alcuni dottori turchi e lettere e notizie erano ricevute da costoro in risposta. Si giunse a stabilire persino clic alcune lettere del Governo turco con timbro e lascia-passare della Croce Rossa pervenivano ai medici turchi e da questi erano comunicate al campo nemico. Appurata bene e documentata la slealtà degli ufficiali medici turchi i quali come tutti gli altri godono il beneficio del rispetto nel campo nemico a condiziono di dichiarare sul loro onore di non dare o ricevere notizie militari durante la guerra, il governatore generale Canéva disposo l'espulsione ^.immediata aiiche,dei medici turchi e ordinò che frattanto'sino all'imbarco non fossero più fatti uscire dall'ospedale. 1 medici protestarono appellandosi ni la conversione di Ginevra, nia.il gommatori Urne duro, osservando che ali a eonvenzi.»ii: fi: Ginevra possono appellar ii soltanto j militar medici che abbiano hvÀo la lealtà e l'onesta di non infrangerò la fede della parola data. La convenzione di Ginevra infatti, lacerata da chi ha mancato alla sua paròla eli onore, non riconosce più il beneficio della sua protezione a favore di chi se ne è mostrato indegno. Il governatore Caneva poi, rilevando che le leggi di guerra avrebbero reso passibili i medici militari turchi di una pena molto più grave, fece loro osservare che avrebbero fatto bene a profittare dello disposizioni più che civili od umanitarie del Governo italiano e li consigliò a partire subito all'arrivo del primo piroscafo potendo sorgere il proposito di sottoporli alie pene comminate dal codice militare contro i rei di spionaggio in tempo di guerre. • I medici turchi intesero il latino e si sono persuasi a partire salvo, s'intende, le immancabili proleste nelle quali si eserciteranno allorché saranno lontani di qui. Il supplizio di uno " zaptié „ catturato dai Torcili ' Lo Messo De Felice telegrafa : « La notizia della cattura rii due « zaptié » nel l'oasi eli Zanzonr per cavalleria turca, l'ho racchi giorni, ina ho atteso per intorniar vene di poterne avere i particolari, ed è ap punto oggi che ho potuto .averli da uno -elei IuiispsgrncddmmteJtwcbd«nc« senmbrdtatuudcPggdpctQlaslnclevsdi parte eli "soldati"di'Pconosciuta da pa- c1 ptcdue « zaptié» riuscito a scappare dalle smani dei turchi. Egli è giunto a Tripoli'Dni miserrime condizioni per le crudeli edjnorribili percosse ricevute su tutto il corpo]fdai soldati ottomani che catturarono lui ided i suoi compagni. Non è fuor di luogo;Lche io mi fermi a dirvi qualcosa intornoi va questi «zaptié». Essi erano fin dal 4 eottobre, in numero di 200 circa. Essi erano | adestinati alln polizia di Tripoli e dell'oasi lvicina, ed erano armati, vosu'ti e pagati1 p(pagati quando piaceva a'd Allah) dal Vali etureo. Quando le truppe ottomane fuggirò- ttio, gli «zaptié» rimasero per ventiquattro lore armati fino ai denti, in balìa di pse stessi e molli si diedero del da fare vi- rsitando gli uffici pubblici, le case degli uf- uficiali e dei funzionari scappati nell'interno.ced 1 magazzini dei più importanti commer- cmanti indigeni, mentre d altra parte la marmaglia araba ed israelitica iniziava laLdistruzione del potere ottomano cominciali- ?do col distruggere la caserma degli «•*»«. i: zap- tié». Entrati i marinai italiani gli «zar»- ptié» ripresero la loro calma ed abbassati bi fucili offrirono l'opera loro. Ragioni d'or»- ?portunità consigliarono forse a chi doveva Dfar l'arruolamento di accetta— -masi 150ge cosi gli «zaptié» ottoman* - a le .-tesse'duniformi, con gli stessi fucili, con le stesse'Pcàrtùccie riate loro dal Vali divennero gen- sdarmi ithliani |'dLa notisia della cattura di tre gendarmi : Esuscitò sulle prime grande allarme. Si di-ìPceva che una pattuglia di cavalieri turchi' vestiti da arabi avesse fatto .nrigionieri i M1 r s due soldsttl ciha ij)*r,'qattlchb chilometrai al di là degli Avamposti si erano spiriti fiel deserto; ma la dicerìa venne, smentita'e'si potè sapere che si' trattava' di uria'sorpresa clie alcuni cavalieri• turchi- martedì scorso avevano ' fatto àd"~ùhV"'pattùglià'di NTt30 d<jjécjHgendarmi recatisi, a Zanzour per incontrarvi j Gquel « caimacan » e starsene là ai suoi or- Edini. La sorpresa -aveva scompigliato gli hrfn'SSl"'-^6 ftU* erano riusciti a tsfuggire ai turchi. Degli altri tre non si aaveva, notizia iper quante ricerche avessero fatte i loro compagni. - Ma ieri improvvisamente, quando si credeva, che tutti e tee gli « zaptié». fossero plgià in compagnia della.dodici vergini.che,fMaometto promise ■ a chi muore combattendo, si seppe che uno dei tre gendarmi catturati dai turchi, era stato trasportato a Tripoli da Zanzour, legato come un sala:, me sul .dorso d'un cammello, non potendo il disgraziato reggersi • su se. stesso per le numerose ferite ohe piagavano fin varie parti di suo colpo. Il ritorno di questo «zaptié» dava, alla cattura uno speciale interesse per i particolari ohe potevano aversi sul fatto avvenuto, é sulle posizioni dei turchi. Mi misi perciò alla caccia dèi gendarme, ma non essendovi qui la lode: vole abitudine dì .dare un nome alle strade ed un numero alle case, la ricerca durata parecchie ore riuscì infruttuosa. Alla caserma degli « z*ptié » non ne sapevano niente ed il capitano CraVeri faceva l'in rgitpqclv j. _ m À.A. * - \ , ™ano- Tuttavia non perdetti la speranza di l'ntracciare il mio uomo e vi sono riuscito, Infatti, ieri sera, il dottor Emilio Barba uno dei notabili della nostra colonia, che in questo momento ha dato tutta la sua intelligente operosità di cittadino e di scienziato, venne chiamato per visitare il poveretto. La vittima, sfuggita alla ferocia turca, si trovavai nella caserma centrale della gendarmeria. Seguendo il dottor Barba, riuscii ad eludere la sentinella ed entrai nella caserma; vidi il disgraziato, accoccolato su una lairga stuoia, assistito da due compagni che lo confortavano quando di tanto in tanto egli dolorava rumorosamente. — Come ti chiami! — gli domandai a mezzo di un siciliano, che mi faceva da interprete. — Abel Hamed. — E chi ti ha ferito? — I turchi. E rispondendomi, un lungo brivido agitò il suo corpo piagato. La mia domanda weva risuscitato la visione paurosa della cattura e del supplizio. — E che ti fecero? — incalzai. — Mi legarono ad un fusto di palma e mi bastonarono fino a quando non resistetti più dal dolore e svenni. — Dimmi come andò il fatto. — Cinque giorni addietro, per ordine del « piano di sopra » (il comando), insieme a nove miei compagni, sette a piedi e due a cavallo, partii per Zanzour, di scorta ad un « camaican ». Giunti nell'oasi, oltre il deserto, mentre ci riposavamo, avvistammo una pattuglia di cavalleria turca. Io ed il mio compagno, che eravamo a cavallo, abbiamo dato l'allarme ai compagni, e siamo rimasti a proteggere la loro ritirata, sicuri di fare in tempo a ritirarci alla nostra volta verso Gargaresch. Non fu così. I cavalieri turchi, una diecina in tutto, comandati da un maggiore e da un tenente, ci furono addosso, senza darci il tempo di. difenderci, e ci catturarono, cominciando a bastonarci. Poi, sordi alle nostre implorazioni, ci legarono a delle palme, e, dopo averci spogliati e depredati delle nostre armi e del denaro che avevamo, continuarono il supplizio, intaccando a sangue le nostre carni con i loro frustini di cuoio. L'orrenda tortura durò alcuni minuti, dopo svenni. Quando ripresi i sensi, mi vidi in una piccola capanna. Un arabo mi stava intorno, ed applicava sulle mie ferite degli impacchi di sabbia calda; passarono due giorni; poi m legarono sonra. un cammello e mi riportare no a Tripoli. — E dei tuoi compagni catturati? ;— lino è rimasto legato alla palma, e credo sia morto. Quanto all'altro, i turchi lo trascinarono con loro. Entra a questo punto il capitano Craveri: e mentre il dottore Barba continuava la sua visita al ferito, io mi allontano dalla caserma ». Lei Turchi ci disposta a iiiioi alla tali per averne l'appoggio? Londra, 24, mattili». i II desiderio espresso recentemente da Said 'Pascià, di trovare alleati alla Turchia, oc cupa i circoli diplomatici londinesi, ma non 1 produce molta sorpresa. La. teoria dello statu quo, adottata fin dal 1908, ha fatto si che la Turchia, da quell'epoca, ha potuto sempre riposare sicura. Ma dacché il conte 'Di Aheienthal ha violato lo stalu quo, ognujno può, secondo la sua audacia e le sue ]forze, afferrare l'occasione che gli si offre idi strappare una foglia al carciofo turco, ;La vecchia politica di Abdul Hainid, di dii vidore le Potenze, non è più stata seguita: e ora i suoi successori stanno cercando una | alleata, che possa dare una garanzia mi litri re. Questa alleata (il desiderio è stato 1 più volte espresso da tre anni), dovrebbe essere la Francia o l'Inghilterra; ma en trambe hanno rifiutato l'offerta. Garantire l'integrità di un paese è una impresa che può menare molto lontani. Abbiamo anche riferito recentemente le dichiarazioni di un personaggio tedesco, il quale dimostra .cne u Governo di Berlino non è affatto de cis0 ad accettare questo compito, Tn t,.,, rnr,,i,7iom da auaJp narte Said L&rLriPSa mi Sdòf Alcuni ?'\su'.' Si^.S» induzioni oggi potrebbero rispondere: dalla E' un fatto incontesta- parte-della Russia. _ bile, che da qualche anno la diplomazia rus ?'« desidera rompere quel a Convenzione pei Dardanelli, che chiude alla sua flotta ogni gnocco verso il Mediterraneo. Al principio 'della crisi orientale del 1908 e 1909, si ha il 'Pro-memoria del 19 giugno 1908 in cui I sy/olsky prometteva al conte Di Aherenthal |'di acconsentire all'annessione della Bosnia- : Erzegovina, in cambio del Ubero passaggio ìPei Dardanelli, concesso alla Russia, ' A^uni pensano oggi che Said Pascià ab Ma offerto al Governo di Pietroburgo di e- saudire il suo desiderio se la Russia si di- chiarasse pronta a garantire il Governo tur- ', CO contro qualsiasi attacco nelle vicinanze dello stretto. In tal caso l'invio di una flotta italiana nella famosa baia di Betsicti, si farebbe difficile, e la Sublime Porta sareb be (benché in una misura molto debole. M»;» nelle attuali circostanze si può contentare di ]>ocn) sottratta al SUO isolamento. Gli odier „j avvenimenti, cioè, ricondurrebbero la l'urchia alla concessione del trattato di Un kiar Skelesso (8 luglio 1833), che, in un mordilo egualmente critico, le fece comperare al prezzo dei Dardanelli l'aiuto dello Osar, cosu di cui il Gran Vizir di quel tempo si scusò, dicendo: «Durante il rischio di essere soffocato più tardi un uomo che si an nega, si attacca anche ad un serpente!». adtmn0eigb