L'Impeccabile

L'Impeccabile CRONACHE HETTERA^IE L'Impeccabile Il centenario di Teofilo Gautier, che lai dFrancia celebra solennemente il 23 d'otto- pbrc, non coincide con l'apogeo della sua rgloria. L'estetismo, l'egoismo, l'esotismo, pl'indifferenza, sono cose piuttosto antiquate Ce già iquasi lontane dall'anima odierna, cui ripugnano egualmente tutte le mode e tutti _gli ismi. Gli scrittori nostri contemporanei che per l'una o per l'altra virtù siano degni di paragonarsi a un Gautier, non fanno davvero legione ; tuttavia nemmeno i mediocri vorrebbero vantarsi come egli si vantava d'avere inventato un'arte mezzo diabolica e mezzo fashionable, nè oserebbero sottoscrivere quella sua offensiva definizione dell'arte: e l'arte è la libertà, il lusso, l'efflorescenza, ì'épanouisiement dell'anima nell'ozio i. ^ Ma la nostra ingratitudine verso il poeta di Smalti .r. Cammei e il prosatore del Capitan Fracassa, non credo sia duratura. E credo che torneremo ad ammirarlo con animo equo, quando non saremo più soffocati dal ricordo delle innumerevoli propaggini per cui l'arte sua si diramò nel mestiere letterario di tempi anche a noi prossimi. Gli imitatori hanno oscurato la nostra simpatia -er il caposcuola, e gli echi furono così clamorosi e insistenti, che non sapemmo più distinguere la qualità della prima voce. Veramente tutti i modi spiri tuali di Gautier divennero mode, e, seb bene il suo senio fosse molto minore di quello di un Hugo, di un Balzac, di un De Musa et, la sua sedazione fu più tenace, la sua efficacia più diffusa. E' più facile infat ti petrarcheggiare che ispirarsi alla Divina Commedia. Curioso di «trita • di squisitezze, raccolse tutte quelle che potè nella sua opera, ove i discepoli trovarono agevolmente esemplari e figurini d'ogni.moda, così come si trovano campioni d'ogni stile e d'ogni moda nella bottega di bric-à-brac. Non per nulla lo stesso Gautier si compiacque di deaeri vere con amorosa diligenza la bottega dell'antiquario, motivo poetico di cui poi subimmo per tre quarti di secolo variazioni stucchevoli, li immoralismo aggressivo di certi realisti, la smargiassa impudicizia degli stecchettiani sono, come ognun sa, co piate dalla prefazione a Mademoiselle de Maupfn. » E' la moda d'oggi », diceva, ghignando contro i giornalisti bacchettoni, Teofilo Gautier, quando il pio Tommaso Grossi reggeva i nostri cuori e Olindo Guerrfni non era nato ancora, « è la moda di oggi essere cristiani e virtuosi; è un'aria ohe la gente si dà 1. E proseguiva notando come siano ridicoli e repugnanti i mariti nette commedie di Molière, mentre s l'adultero è sempre giovane, bello, ben fatto e per lo meno marchese ». Rideva dei poeti filantropi; proponeva, invece del premio Monthyon per la virtù, un vistoso donativo a colui ohe sapesse escogitare una nuova voluttà, secondo l'idea di « Sardanapalo '— questo grande filosofo così mal compreso — poiché il godimento è lo scopo della vita e la sola cosa utile al mondo ». Che va strillando] la gente di civiltà e di progresso? « Siamo forse riusciti a inventare un ottavo peccato'mortale? ». A Gautier rimonta la gelida e cerebrale sensualità di tanta letteratura moderna; in Gautier si leggono, mezzo secolo prima dei decadenti e dei simbolisti, le più conscie e insolenti affermazioni dell'Arte, ohe ignora la folla, dispreiza il borghese filisteo, non cura le passioni politiche, e, non contaminata dai tempi, si ohiude entro una torre eburnea e si affina in un prezioso pallore. Poco più ohe ventenne, in quella età dell'individuo ohe accende di bagliori purpurei anche le nature più grigie e in quella età della storia che faceva ancora rintronare la Francia della crollata Monarchia di Carlo X, respingeva la folla profana, volgeva le epalle alla vita e si profondava in una morbida contemplazione della aua estetica superiorità e della «uà aristo «Mtjoa accidia, e L'autore di questo libro » scriveva c è un giovane frivolo e malaticcio, ohe passa la sua vita in famiglia con due o tre amici e circa altrettanti gat- . ti. Uno spazio di pochi metri dove fa meno freddo ohe altrove è il suo universo, e la cappa del camino è il suo cielo. Non ha visto del mondo se non quanto si può vederne dalla finestra, e non ha nessun desiderio di vederne di più. Non ha colore politico di sorta; non è nè rosso, nè bianco e nemmen tricolore; non è nulla addirittura, e non s'accorge delle rivoluzioni se non quando le palle gli fracassano i vetri. Gli piace più star seduto che in piedi, e più gli apiace star coricato ohe seduto ». Con minore impeto polemico, con più snervato e suadente languore non han detto le stesse cose, parlando di se stessi, Guido Gozzano e i suoi compagni dell'arte ? Ma non in una pagina si raccolgono i modi spirituali ohe gli epigoni appresero nei versi e nelle prose del Gautier. Se da lui procedono in gran parte il disdegno aristocratioo dell'artista puro, la ripugnanza per i criterii morali in poesia, l'ostentata indifferenza alla vita presente ed attiva, in lui ebbero origine anche le più numerose e invadenti delle maniero fantastiche ohe poco di poi spadroneggiarono. Chi scriveva una Sinfonia in bianco maggiore aveva >»ià realizzato, mozzo secolo innanzi, l'ideale delle scuole decadenti che vollero di poesia, di musica e di pittura far tutt'uno. Già in lui l'ispirazione poetica partiva sovente da un'emozione pittorica, quasi come nel giovane D'Annunzio; già in lui le descrizioni (leggete la Seguidille: « una gonnella serrata sulle anche — un pettina enorme nelV acconciatura — ijanibn nervo-* e piede raiMmoIo — oc.;hi-«'<!i fuoco, cera pallida elodsodtovmfinnspmcdldcsfnOumsmptrgrvvssPiatntcT denti bianchi ■) sì perdevano in minuti parallelismi come nei più intransigenti verista. Ed ecco in Gautier preannunziata Ir. profanazione erotica del misticismo; Sant; Casilde ohe « in estasi, obliando il suo do- loro, come in braccio di un amante sviene di voluttà, poiché alle labbra del Cristo elle sospende la sua anima ». Ecco le velleità di solitudine nel disastro, desiderato piuttosto come un sanatorio per malattie nervose, che come un rifugio di preghiera: il solo solo sogno che sorrida ancora al mio cuore oppresso — è di seppellirmi nel fondo di una certosa — in una solitudine inattingibile e tremenda ». Ed ecco — l'anima asfissiante nel disgusto delle cose presenti cercare aria in sogni vaporanti di sopraffino esotismo e navigare il Pacifico prima dei nippofili De Gonoourt e tessere idtllii con una fanciulla che abita in una torre di porcellana ed ha » gli occhi stirati verso le tempie e un piede così minuscolo da chiù dorsi entro la mano e la cera un po' più chiara del rame e le unghie lunghe e arrossate di carminio ». Ovvero, quest'anima in freddolita si eccita in stravaganti immaginazioni macabre (Iettatura, la malattia dì Ottavio di Savigìia, il piede di mummia un Edgardo Poe incivilito, un Baudelaire meno orgiastico); questo cuore inaridito si stempera in rievocazioni mezzo ironiche e mezzo sentimentali di età defunto, come nel perfettissimo Capitarne Fracasse donde dovè trarre tanto giovamento Anatole Franoe. Vous ne connaistez pas les molles rlveries Où l'dme se compiali e s'arréte longlemps... Voi non conoscete quel molle fantasticare... Gautier parlava ai contemporanei ; che gli epigoni lo conobbero tutti. Ma la superiorità di Teofilo Gautier sugli innumerevoli rifacitori di ciò ch'egli fece non è dovuta solo a ragioni di precedenza. Vi era davvero tra lui e i consapevoli o inconsapevoli imitatori la distanza di novità e di forza che v'ò tra il Petrarca e i petrarchisti. E certo, sebbene il romanticismo francese non abbia geuerato artisti della potenza di Daiite o della coinpreneività di Petrarca, si può approssimativamente dire che Victor Hugo appartenesse alla prosapia del primo e Teofilo Gautier alla diffusa e multiforme stirpe del secondo. Quello ribolliva tutto di eroici furori, questo si torceva* in smaniose stanchezze ; Victor Hugo sbozzava gruppi titanici, Teofilo Gautier rifiniva emalti e cammei ; l'uno faceva protagonisti dei suoi romanzi il mostro, il forzato o l'anno '93, l'altro narrava con leggiadra benevolenza la vita del giovinetto disoccupato che invoca come termine finale della sua speranza il giorno in cui potrà dice: Eufin, j'ai une maitresse. E insomma Victor Hugo scriveva nel '27 la clamorosa prefazione al Cromwell e sette anni dopo Gautier scriveva la cinica c scherzevole prefazione a Mademoiselle de Mnupin; e, mentre Hugo vedeva il fantasma di Napoleone trasvolanto sulla Francia armata e sull'Europa soggetta, l'impeccabile Theo rievocava l'ombra di un Napoleone arcade e soavemente musicalo, desideroso di trascorrere una nuova esistenza in qualità di capraio corso: » un flauto a sette fori, congiunto con la cera — e sei capre : ecco tutto ciò che desidero — io, il vincitore dei re! ». tg'iutsCcarqdelmarqndndmcmcgdsfes e l e o , i l o . 7 e a S'intende che tanti rivolgimenti di fedi, i gusti, di regimi, e tante orgie di entu;asmo e d'ideale e di sangue dovessero generare un sentimento- di sazietà e di rinunia. Teofilo Gautier ne diede l'espressione ;iìi eloquente. Eloquente, perchè la posa snobistica fu, se mai, una risultante, - ma lon l'ispirazione della sua arte, e quest'ar•ì fragile e pallida non nacque da un temer amento senza sangue e senza sole. Sotto .nelle manierate eleganze è facile anzi sentire la primitiva saldezza di una natura gioviale, gaiamente aggressiva, meridionalmente smargiassa. La sua mollezza spirinaie non è quella degli sciagurati òhe mai 'ion fur viva, ma quella delle epoche e degli uomini che troppo vissero, troppo vollero, troppo credettero, finche un giorno s'afflosciarono in un sonno di cupo esaurimento. Cosicché in Gautier, sebbene da lui comincino la degenerazione e la decadenza, sono ancora visibili i nodi e i tendini della buona razza. La malinconia della sua rinunzia, quand'egli ripete le antiche parole di Ferideddin Atar: a meglio assiso che in pie... e meglio che seduto, morto », o quando, dopo le sconfitte della patria, sentenzia cinicamente che a la battaglia perduta importa al sovrano, ma l'amoroso continua a oanlmre sotto le finestre -della, 'sua bella », o quando susurra : « sono stanco della vita e non voglio morire... ho le calcagna stanche di battere questa via ohe riconduce rjereitJ nemehte dalla scienza al dubbio », o quando finalmente piange « l'invisible néant, la mort inténeure >; questo pianto senza lacrime ha pure una sua genuinità di patimento che cercheremmo invano nelle sciccherie del decadentismo di programma. Egli ha già l'accidia del mussulmano, ma non del mussulmano che fuma il narghilè e non saprebbe far altro, sibbene quella dell'arabo ferito, che non può cavalcare e combattere, e s'attedia .nell'inesorabile crepuscolo delle sue forze. Leggeva il dizionario, spregiava il borghese filisteo, sfaccettava minuscole gemme verbali, adorava l'arto come una misteriosa divinità consolatrice di pochi iniziati. Ma ha scarso senso per le cose profonde chi, leggendo il Capitarne Fracasse, — che senza alcun dubbio è il capolavoro di Gautier — non percepisce, attraverso la pura lucentezza dell'impeccabile prosa e le delizie di quella cartacea e decorativa evo cazione di una società nobile e vagabonda, soave e violenta, il palpito di un'amara nostalgia verso una vite più franca e più larga, verso un'aite più rude ed avventu rosa. « I miei versi » disse in una sua Eri ca il Gautier — « sono tombe ricamate di sculture: ciascheduno è la bara di un'illusione morta ». # # In un'altra sua lirica faceva così parlale il tulipano : c Nessun fiore del giardino e guaglia il mio splendore — ma la natura, ahimè I, non ha versato alcun profumo nel mio calice fatto come un vaso di Cina ». Ma non ci lasciamo sedurre dalla facile tentazione di leggere in questi versi un confiteor e di vedere nel tulipano un.simbolo dell'opera di Gautier. Quest'opera- h» veramente la mal dissimulata tristezza delle illusioni morto, ed ha un suo discreto e signorile profumo di genuina poesia. Troppo discreto e signorile, certamente, per Ja sensibilità dei celebratori di cinquantenarii. G. A. BORQESE. cecd

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