La nuova opera di Marziano Perosi

La nuova opera di Marziano Perosi La nuova opera di Marziano Perosi Vienna, settembre. Marziano Feroai, che è ancor poco conosciuto in Italia — dove, bisogna convenirne senza farcene un onore, non hanno sempre la fama che si meritano e non sono talvolta nepp-are ricordati molti nostri degni musicisti che vivono e lavorano all'estero — è reputato a Vienna una* buonissima promessa su cui si può contare a prossima ecadenza. Marziano Perosi si merita veramente quest'onore di uno dei più Beveri, buongustai e colti mondi musicali d'Europa. Quando venne a Vienna, tre anni orsono, ad occupare il posto di organista alla Chiesa italiana dei Minoriti, chiamatovi da alcuni amici e dal conte Hans'Wilczek, che è un magnifico mecenate della musica, pensava prima di tutto a studiare e a prepararsi. Aveva propositi severi. La piccola fama a buon mercato non gli sorrideva. Egli appartiene al gruppo di quella rara gente d arte, ohe il mondo non sa sempre capire e stimare e che si chiama c incontentabile »• E' un fiero critico di lè stesso. Ciò fa della sua arte una cosa seria e nobile. Marziano Perosi è anzitutto un musicista colto. Questo piccolo uomo bruno e giallo, come un giapponese, dagli occhi .vivi ohe ridono dietro gli occhiali d'oro, ha il cervello pieno di dottrina tedesca.' Ha cominciato i suoi studi con un maestro tedesco, li ha continuati in una città tedesca della Svizzera, li ha compiuti a Vienna e li ha raccolti nella sua prima opera definitiva ohe presenterà presto al pubblico, » tra soggiorno a Berlino di quasi un anno. Un paio di anni fa i giornali di Vanna furono tutti pieni del suo nome, oor<mentando con molto favore la prima esecuzione di due suoi poemi sinfonici, pc. canto e orchestra Spes nostra e La vit*jria della luce (Notte e giorno), presentati al più aristocratico pubblico di Vieni* a, per iniziativa del conte Wilczek. Erano lavori robusti e ispirati, ma complicatisi ani : in qualche punto i cori e l'orchestra si dividevano sette parti reali. La critica tedesca se ne compiaceva ritrovandovi l'orma degli insegnamenti tedeschi e l'influsso Bel leone di Bayreuth. Marziano Perosi affrontava tutte le più dure difficoltà della tecnica: non per un giuoco vano, ma per mostrare che sapeva fare. A Vienna, come in molti paesi musicali tedeschi, si ha per principio un po' di diffidenza per i musicisti italiani. Sopratutto per i contemporanei. Sono buona gente — si dioe — ma leggiera. A Vienna si disse questo discretamente anche di don Lorenzo Perosi, il fratello maggiore di Marziano, quando vi ei presentò con i suoi oratori. Marziano Perosi, che ne era già stato ammonito, volle mostrare di non essere leggiero: e preparò alla vecchia orchestra dei Filarmonici, che è fra le più celebrato di Europa, molte sorprese. Con tutto ciò Perosi si è conservato italiano: solo si è educato al buon gusto musical* tedesco- Egli sa ohe ti dibatte in musica, come un po' in tutte le arti, un gran problema. Quale sarà la musica dell'avvenire 1 Lo si domanda perchè si eente che quella contemporanea agonizza un po' e non saprà sopravvivere troppo a sè stessa. E' una grande crisi. Wagner l'ha aperta e fin'ora nessuno l'ha risolta :" nò ' Strauss, nò Debussy. A Vienna, dote questi problemi interessano e ei dibattono vivi nel mondo musicale, qualcuno ne cerca la soluzione proprio ne. Ila musica italiana.... quella-del passato. Weingartner, che diresse anche per qualche anno il Teatro imperiale d'opera, scriveva appunto qualche mese fa su un giornale di Vienna ohe la musica di teatro dell'avvenire incomincierà dov'è finita quel la dell'Aida e dell'Otello. Perosi pensa an ohe così. Il suo ideale d'arte è il buon vec chio Verdi, in compagnia di Bach e di Grieg : Verdi ci metto fa sua melodia, Bach il suo contrappunto e Grieg le sue armonizzazioni per dare un sapor nuovo ai due vecchi compagni. Marziano Perosi mi assicurava un' giorno, cantarellando e tempestando il mio pianoforte, che con questo trinomio, ohe fa poco fracasso, ei può fare ancora molta buona musica nuova, senza ammalarla di neurastenia o gonfiarla di droghe esotiche, e seria, al modo tedesco, quanto si vuole, senza isterilirla in qualche vieta esercitazione accademica. E tenta ora di dimostrarlo scrivendo : Gli ultimi giorni di Pompei, che saranno presentati fra pochi mesi a Vienna Gli ultimi giorni di Pompei sono derivati dal vecchio romanzo di Bulwer; I librettisti Karl Schreder e Robert M. Prosi.ne hanno fatto quattro atti e eette quadri, con molti personaggi. Non si può dire, per quel lo che ne ho letto, che ne abbiano composta anche un'opera molto originale o vivace; vi hanno in- verità lasciato l'orma dei vecchi sistemi del « libretto », ma, serbando fedeltà al romanzo, hanno voluto colorirne i personaggi, facendone dei c caratteri » che danno modo al musicista, insieme all'azione scenica, di fare della musica psicologica, oltre che pittorica. L'intreccio c alquanto complicato e raccontarne le diverse scene è cosa lunga e sopratutto un po' indiscreta. Si può però riassumere rapidamente. Al cominciare della scena nella piazza di Pompei, dinanzi al mare, Nidia, una povera schiava cieca, va vendendo fiori fra la gente che l'insegue brutale e sensuale. Glauco, il bel giovane ateniese, la libera da questa tortura e la riscatta dai suoi padroni. La sceglie per un messaggio d'amore: ella deve recare per lui i suoi più bei fiori alla donna più bella di Pompei, Jone di Napoli. Nidia nasconde in cuore un silenzioso amore doloroso, mai confessato, per Glauco e s'avvia malanconica del suo triste destino strano e pur lieta di rendere un dolce servigio al suo giovane signore. Eoco Jone che viene sulla spiaggia, col suo corteo di schiavi, o canta. Arbaces, il vecchio scaltro prete egiziano, che ha nell'animo torbide voglie d'amore, la insegue e le parla delle stelle in cui anche ella crede e si fa promettere ima visita nella sua casa, per spiegarle il mistero del suo destino. Annotta. Sul mare tremano luci d'oro. Torna Nidia che cerca di Jone e le reca eont fiori una lettera di Glauco. Jone l'accarezza: la piccola cieca le domanda piano: « mi dicono che sei tanto bella, vorrei sentire sotto la mia mano la tua bellezza ». Jone sorrido e le porge il viso. Nida l'accarezza febbrile e ritrae dolarosancente la mano: la sua rivale è veramente bella. Di lontano, dal mare, Glauco canta e chiama a ZH e „ . ,-. .„ „;„„,„„ j; w„„„i;. a Tu tremi » dice la signora di NapoliNidia. Ma Glauco s avvicina e Jone seti-più pensieri <;li c.orre incontro palpitante'allontana con lui. Dall'alto di una scali- nata il vecchio Arbaoes guarda muto e truce, mentre Nidi», sentendosi sola, s'abbandona su una panca e piange. Arbaces aspetta impaziente nella sua casa la visita che Jone gli ha promesso. Gli conducono intanto Nidia che han raccolto su una panca per ordine suo. Egli ha un segreto proposito infernale. « Voglio la tua felicità — dice alla piccola cieca inconscia. — Glauco sarà tuo per sempre ! • e le offre per lui una bevanda, che è un filtro d'amore. Ma si annuncia in quel momento l'arrivo di Jone. Solo allora Nidia s'accorge di essere nella casa del vecchio Arbacee, la casa dei peccati — come la chiamano. — Ha un attimo un pensiero folle di gioia, ma subito si vince e pensa che deve sai vare la sua signora. Nessuno la vede: ella s'avvicina ad una finestra, «ente da un odor di rose la vicinanza di un giardino e si lasoia scivolar, giù in silenzio. Jone è ricevuta sontuosamente. La sala è piena di incanti: appare tutta illuminata la statua sacra di Iside, splendente di tesori fantastici. Jone crede di sognare e Arbaces le offre tutte quelle meraviglie. S'intrec ciano danze e s'accendono incensi. Jone è oome ebbra. Arbaces interroga la statua sacra ohe tutto sa : « laide che. conosci la sorte degli uomini: dì, chi sarà lo sposo di Jone ? » Una voce grave risponde : « Arbaces! i Jone si ribella: « Iside! — grida — non ti conosco, tu menti ! » — e parla ingenua e ardente del suo amore per Glauco. Ma Arbaces le dice la sua folle pas sione, l'afferra ai polsi e la trascina: Jone grida disperata; dal giardino risponde la voce di Glauco. Il bell'ateniese, chiamato da Nidia, è corso a salvarla, balza su Arbaces e le strappa Jone. Intanto un rombo sordo tuona nella stanza che trema: gli spiriti della terra s'agitano ; è il terremoto Tutti fuggono. Quando torna la quiete, Arbaces ritrova nella sua stanza Nidia, che hanno dimenticata. « .Datemi il filtro per Glauco • — implora la piccola cieca, e il vecchio prete à ancora giubilante. Nidia trema di speranza. Trova solo nel giardino nella sua casa Glauco e poiché il pomeriggio è caldo, gli offre la bevanda favorita di Jone — vino e miele — versandogli nella tazza il filtro di Arbaces. Glauco beve avidamente. La fanciulla attende pallida, ansiosa, nell'oscurità della sua cecità, l'opera del filtro: ha l'anima inquieta. Ma Arbaces è un traditore: per sopprimere Glauco ha dato a Nidia un filtro che rende pazzo chi lo beve. Glauco ne sente subito i malefici effetti: canta, urla e chiama, vede fantasmi paurosi e vuol fuggire. Nidia a scolta atterrita, senza vedere, e lo chiama ma dolorosamente. Capisce tardi la verità. E' il veleno! t Ti seguo! » — dice a Glauco, credendo che venga la morto, e cerca il filtro per bere anche lei e morire coll'amato, ma la fiasca cade ed ella s'abban dona annientata. Arbaces non ha compito ancora tutta la opera sua. Ha ancora un'altra vittima designata per la Bua truce vendetta. E' Apacide, il fratello di Jone, che è prete nella sua chiesa, ma dubita della sua fede ed ha segreti convegni oon i oristiani. Arbaces lo spia e lo insegue appunto in uno di questi convegni. Lo coglie mentre sale per il bosco di Cibele. E' il crepuscolo. Canti bacchici si fondono lontano con lente pre ghiere cristiane. Apacide, sorpreso, ha un aspro diverbio con il vecchio egizio. Arbaces gli ricorda la vecchia fede giurata e gli domanda la mano di Jone, ma egli lo respinge fieramente, insultando la falsa fede degli dèi che tramontano. « Il giuramento ai tuoi dèi non mi lega ! » — grida — e gli volge le spalle. Arbaces lo insegue e gli caccia un coltello nella schiena. Il giovane cade senza un gemito. S'ode e si avvicina la voce di Glauco che vaneggia ancora. Il bell'ateniese va oome pazzo: si arresta dinanzi al cadavere di Apacide e 10 guarda senza riconoscerlo. Ma Arbaces gli si avventa contro, lo afferra, e grida, chiamando gente. Ei compie ora la sua vendetta, raccontando di aver veduto Glauco uccidere in un litigio Apacide. Fra la gente che lo ascolta c'è anche Jone. Ella non può credere alle menzogne del prete e supplica Glauco di parlare: c Dì che non sei tu ! ì Ma Glauco ha ancora il pensiero torbido e rida. Jone sento la verità, c Sei tu l'uccisore! » — grida ad Arbaces. L'egizio però non teme T'accusa di una donna disperata: Glauco è condotto via sotto' una scorta armata. Glauco aspetta triste nella prigione ohe 11 suo destino si compia. Egli è destinato a morire fra i leoni. Lontano il popolo, raccolto per lo spettacolo dell'arena, rumoreggia impaziente. Jone viene a salutare l'amato: ella vuol gridare dinanzi al popolo la sua innocenza, se il popolo non la crederà morirà con lui. Ora il torbido spirito della pazzia si è spento, Glauco ha vinto la sua infermità ed è di nuovo tranquillo ed ha il pensiero lucido, ascoltando il popolo che urla irrequieto. Vengono uomini armati per condurlo sull'arena. Ma alcune voci ansanti gridano tra la folla: < Ferma! Glauco è innocente >. Il popolo si agita curioso: il pretore interroga: c chi chiede la grazia di Glauco? ». Arbaces che ha udito le voci mormora smarrito: « Sono perduto! » Corre Nidia con una zingara che era stata complice di Arbaces e vuol ora espiare le sue colpe. La zingara, non vista, ha veduto: Arbaces è l'uccisore! Il vecchio, in terrogato, si rifiuta di rispondere. Il popolo gli è contro. Ma lontano il Vesuvio è in fiamme: nuvole di fumo corrono già sull'arena: Arbaces grida: « Gli dèi mi proteggono! » E' la tragica eruzione del Ves-i vio: grida di terrore vanno nell'aria già scura: il popolo fugge. Arbaces si. lancia su leni] ma Glauco l'atterra. Il terremoto schianta e romba nell'arena. E- la morte terribile. Pompei cade e scompare La sce'ia è tutta rossa di fuoco e di fumo... Poi è il mare. Nella notte serena una barca va silenziosa. Pompei fuma lori tatto. Glauco c Jone dormono: Nidia sola veglia e piange, pensando con malanconia alla sua vita passata : ha amato, e sofferto ; ha fatto anche dol male per amore, ma ha espiato la sua colpa. Ora il suo destino è sg«bresggnnnmtdnSApdtptStriliPpmimtdc1pspLscglrgcfdìc?mPiufco- E.lla sa,luta mufca ' du/ dormiett ti e si lascia cadere in mare dolcemente, mentre la barca degli amanti va silenziosa verso l'aurora. VIRGINIO GAVDA RcalPtqbGcGokvailslcLovdsmnMcacsdEd