A proposito di Renan

A proposito di Renan CfrOflflCHE IkETTEftAfrIE A proposito di Renan ^ Con una formula trivialmente espressiva. si direbbe che Ernesto Renan passò la vitalfua tentar la conciliazione fra il diavolo e lal'acqua santa. Destinato, non per tirannide Erfamiliare o sociale ma per sua libera eie-'fa zione e per necessità di temperamento, alla condizione ecclesiastica, e scosso di buon'o W ^"'la vocazione dal dubbio scientifico, egll^-.iidugia lungamente nell'equivoco, si avviluppa di iridescenti e sinuose menzogne, trasforma il suo stato d'animo secondo le persone cui scrive o cui parla, e quasi a malincuore abbandona la tonaca, quando la corda ha ceduto sotto un troppo svelto ed audace equilibrismo. La madre tollerava, sebben non senza un lieve accoramento, la autonomia del suo pensiero, la sorella lo esortava alla sincerità; ma egli era come il prigioniero di Chillon, ed amava il suo carcere, e cercava pretesti per non uscirne. La sua condizione ideale era quella di prete senza fede; poiché vi sono creature per le quali nulla è più voluttuoso che la coscienza di un insanabile dissidio, donne che mettono in conflitto l'amore e il dovere, reggendo l'uno e l'altro come marionette, uo mini che lasciano ciò che amano ed amano ciò ohe lasciano. Molte fra le menzogne del giovine Renan erano raffinate e superflue. Frequentando, col consenso dei superiori, le lezioni del Collegio di Francia, sentiva il bisogno di rassicurare la madre, narrandole che quella dilicosipcuvennscuola contava fra i professori i più reli-1 fenea tett ingntecolepedilevoan. teovtegiosi sapienti di quel tempo, it Fra i venti o trenta corsi che vi si danno, ve ne sono, è vero, due, quelli del Quiuet e del Michelet, in cui si assiste ad una continua declamazione contro tutto ciò che vi è di santo e di rispettabile. Ma Dio mi guardi dal profanare le mie orecchie aprendole a tali calunnie, a tali bestemmie ». Era, sog^'itinge Diego De Roberto, che in un piccalo libro espone con molta, arte e con equa intelligenza la vita e il pensiero di Renan, era quello stesso Michelet, le cui opere, come confessa altrove, lo affascinavano e lo rapivano. Si sciolse dai voti, e continuò a frequentare i preti e a cercar conforto nella confessione. Protestava di tenere ancora alla chiesa, sua « vecchia madre », e carezzava artificiosamente « quella parte di sè che credeva ancora, senza sapere perchè ». Non gli mancarono velleità di ritorni alla vocazione respinta, e affermò che la sua vita era governata da una fede spenta. In realtà, fu governata da una serie di fedi spente, poiché nessuna credenza potè durevolmente piacere a Renan, se non nell'esitaute pallore che le dava il dubbio e il rimpianto: allo stato di nostalgia lievemente querula o di aspirazione impossibile. Da fanciullo fu quasi bigotto, e usava far precedere un segno di croce alla sua. firma ; nei primi momenti della crisi scrisse un inno enfatico e altezzoso alla scienza. Ma non tenne fedeltà maggiore alla nuova divinità di quella che avesse tenuta all'antica; e quasi per gradi insensibili andò declinando verso un vago misticismo estetizzante, ove finalmente s'acquetò. Come aveva tradito la fede fornicando con la ragione, così tradì la ragione in un lungo e placido idillio con la fantasia. Le più opposte dottrine s'incontrarono nella sua niente col pretesto di venire a feroce tenzone ; ma, non appena si vedevano, eccole, animate da mutua e invincibile simpatia, narrarsi, come i due guerrieri dell'Iliade, le gesta dei padri e fe illustri parentele e separarsi affettuosamente, scambiandosi con molta cortesia le armi. Quello che doveva essere un campo di battaglia, finiva per diventare ameno come un salotto. E il dubbio non era più lo schermo fatale contro cui le anime cupide di verità cozzano in veemenza di passione perchè finalmente sia fatta la luce: era quella florida cortina di rampicanti che si lascia crescere intorno alle finestre di una villetta perchè i raggi giungano più umidi e le ombre più capricciose. Diego De Roberto ha avuto un mento non frequente: pur amando il suo autore così da studiarlo con assidua precisione, ha saputo mantenersi in una calma attitudine di rispettosa diffidenza. Si direbbe che, com'egli in alcune lievi smancerie di cui si conturba talvolta la sua prosa per solito schietta e concreta s'è modellato allo stile di Renan, così abbia applicato a Renan il letodo stesso di'Renan: metodo che non conduce ne all'esaltazione nè all'acrimonia. *$en lungi dal soverchiare col peso della sua persona la materia del suo studio, preferisce tenersi in disparte, lasciando parlare opportunamente commisti in quasi si multaneo sviluppo; i fatti e i pensieri di colui che egli chiama « il filosofo del dubbio ». Pare ch'egli esiti nel giudizio, come i ;e gli facesse pena confessare che la messe raccolta nelle pagine di Renan fu più inaura di quella ch'egli aveva sperata al prin•ipio della paziente ricerca. Veramente, quelli fra i suoi giudizi che sono interamente favorevoli non hanno molta forza di persuasione. Laddove egli afferma che Renan fu sincero, ci vien voglia di opporre che di questa parola si fa oggi abuso e che non tutte le sincerità sono di egual pregio. In un certo senso, anche ia bourgettiana eroina di Mensonyes, quella madama Moraines che ama in tre modi diversi i ^suoi tre uomini, ha la sua sincerità: e, poiché è impossibile che qualcuno 1 viva in perenne dissidio col suo temperaI mento, è anche impossibile che sia mai visI suto un uomo definitivamente e perpefcuaI mente bugiardo. Ma, quando in un senso I superiore si discorre di sincerità, s'intende I per uomo sincero quello che patisce degli I interni contrasti e lotta per ridursi ad unità mdritrciunidedTcsdileadagdNlevtvssslvsp..ircdEdsdsbdmsvicvmsebrsicmdSrcamtvrsresna Ora, per Ernesto Renan il dubbio non fu una corona di spine. Fu anzi la gbirlauda d'alloro con cui si espose alle turbe, Era legato, per intima parentela, 'i quella famiglia di romantici, che si compiacquero mstlitRqvchsada basso impero. Poi chiedeva: « chi sa se ili certe questioni il vero accorgimento non consista nell'astenersi dal concludere? d E si vantava di aver trascritto nei Dialogues philasophiques le pacifiche conversazioni cui s'abbandonavano i vari lobi del suo cervello, quando li lasciava « divagare in piena libertà ». La stessa esitazione che era nel suo animo pei rapporti fra ragione c 1 fede, v'era anche per le questioni storiche e nel sentirsi feriti e passarono griffi tempo a «écouter leur blessure». Il sì e il no gli tenzonarono nel capo, e dall'ambiguità fra tt l'essere e il non essere » egli trasse una, indefinibile grazia, come un Amleto da si- 11gnore. Nel libro del De Roberto, ove le, ?testimonianze e le citazioni sono ordinate chcon tanta comodità da rendere gradevole la!glettura anche a persone di non grande sapere, si ritrovano parecchi bellissimi detti di Renan intorno a questa voluttuosa altalena. « La mia grande parola » scrisse linai ,, » ,, , ,.,.r , , avoltano quella dell irresoluto : aspettare ,, , ,, ,, 1 ie ancora ». E un altra volta: e l'uomo per- . . .. ,, . , totetto sarebbe, mi sembra, un po debole », , ., .' , ,.-,'■'. , 'tove 1 eccessivo pudore di quel »». «finóra, atemperando ancora un pensiero già di sua| \cntocnna a a e n ì e i o e l n . a i e e e o li oa o e ldi no asaso de li à morali. Si perdeva in iridescenti fantasie d'avvenine ; e ora s'inebriava di umanitarismo e di progresso, ora prevedeva nel trionfo della democrazia l'inabissarsi della civiltà ; e ora dava all'arte e alla scienza un 'valore in prevalenza morale, ora, diventi tu irrequieto su ogni criterio di bene e idi male, concludeva abbandonandosi a. un estetismo sospetto : u se considero un'azione/, domando a me stesso s£ è bella o brutta ». Tempeste intellettuali, sì, ma in un bicch ier d'acqua, donde il pensatore suscitava splendide bolle di sapone. Ma egli viveva veramente in un'epoca di basso impero: nell'impero di Napoleone il piccolo. La vita era allora molto comoda e agevole, e l'eroismo un po' fuori di moda, alle sinfonia quarantottesche erano succedute le ariette cantabili, e anche le guerre avevano un non so che di certose, sicché i guerrieri che rinnovavano i fasti della grande armata e vendicavano metodicamente Napoleone contro i membri della Santa Alleanza, presi alla spicciolata, parca davvero che a danza e non a guerra andassero, tanto erano spiritosi o colti. L'Europa aveva fatto un'orgia troppo inebbriante di pensiero e di sacrificio nella prima mptà del secolo perchè non sentisse ora il bisogno di sonnecchiare. E forse si deve risalire ai più languidi decennii del settecento per ritrovare un'epoca di cosi soave smarrimento spirituale. Come apparvero brutali, inopportuni, maleducati gli Gliàtimmits vittoirughiaui I A questa società ben pasciuta, che fra il credere e il non credere, fra il volere e il disvolere si assopiva, come fra due guanciali, Ernesto Renan intonò il suo delizioso nudante, filosofico-religioso, non senza qualche spunto di scherzo. Le furie di Gioberti e di Latneniuiis erano nella barbarie del passato ; gli ardori di Tyrrel e di Loisy nella barbarie dell'avvenire. Anche la piena fede dei positivisti nella scienza e nell'esperimento aveva un che di grossolano e d'insolente. Invano, Ernesto Renan giovane aveva con leopardiana ingenuità esclamato: i O Germania, chi ti trapianterà in Francia? Mio Dio, mio Dio, potrò fare ciò che voglio? io così debole, povero, isolato nel mondo? Ma Lutero è. stato come me. Gesù, sostenetemi! » L'armi, qua l'armi....! Gli pareva allora di somigliare a Lutero: egli tutto blandizie ed unzione a un barbaro impetuoso, egli che disse di non voler rispondere nemmeno se alcuno lo accusasse di aver sgozzato il padre al polemista inesorabile, egli, uomo delle sfumature, a colui che disse: qui sto io, ne posso altrimenti. Ma altre volte confessò la sua diffidenza verso i grandi combattenti. Disse«di San Paolo (e qui la sua prosa pare sospirosa come una nota d'oboe) : <r Vorremmo che anch'egli, come noi, si fosse talvolta assiso stanco sul ciglio della via e avesse meditato intorno alla fallacia dei giudizir troppo recisi ». Quanto a Cristo, poiché la verità storica è più incerta, lo mise addirittura sul ciglio della via. E lo fece nascere da un popolo ebreo sentimentale e rugiadoso, in un paesaggio da lJastor Fido, e lo mostrò dubitoso e stanco, taumaturgo suo malgrado, progrediente verso la croce attraverso « sincerità graduali e malintesi fecondi ». E' un po' maligno supporre che il Renan avrebbe inteso anche meglio un Cristo più umano, come usava dire, senza miracolo e senza martirio. Ma si capisce che alla società del secondo impero sia follemente piaciuta quella Vie natura debole, condizionale e irresoluto, dàlu... , , """""""r. ° '"""'_u,'"> utv|la tutta la frase una squisita effeminatezza', t/lpdr. Jesus, con le sue sincerità graduali e i suoi malintesi fecondi. Era anche l'epocain cui Napoleone III scriveva la vita di Giulio Cesare. Ora piace un po' meno. Non è che si mi-sconoscano iti Ernesto Renan le meravigliose qualità di artista. Poiché egli visse profondamente la sua insincerità, la espresse con inimitabile pienezza. Ed un ronzio di apid'oro torna al nostro orecchio, quando peu-siamo a quel suo periodare lene e abbondevole, ove gli incisi permeano quasi l'unonell'altro per nessi di estrema elasticità,e l'affermazione par che non escluda la ne-gazioue e ogni sentimento si associa al suo contrario, come so lo scrittore, raggimi-gendo accordi impossibili alla prosa, cer- casse i membri avversi del suo pensiero sulla tastiera di un clavicembalo. E nemmeno si vuol misconoscere il valore di alta cultura che il dubbio di Renan poto avere di fronte alle presuntuose certezze degli specialisti, ne l'originalità spirituale di quel suo dubitare, non doloroso nò amaro ne pugnace, ma lirico ed esaltato ed entusiasta di se stesso. Non il contenuto dèi pensiero; c queito colore di sentimento che fa immortale Renan. Poiché sono indimenticabili tutti quelli che hanno fatto pienamente una nuova esperienza di vita. Renan certamente è più grande di ciò che noi diciamo. Ma, com'egli stesso pensava e il De Roberto riferisce « negli uomi- 111 clevafcl a rllKnitk cli embolo, bisogna ?miT dlstlllKuere lil ^ personale da ciò che ""P"™™ comune ne ha fatto». Bisog™ anch.e d»t,ng««° ] °P«>ra in sè daghm amano il cattolicesimo per la bella musica „ , . . , . e 1 odor d incenso, nel pensiero dei riforma- . . -, .. , , , . , , tori eleganti, che tra la prima e la seconda , •„ •,- •■ .. . .. tazzina conciliano il pitecantropo con Mose, asciusandosi la bocca col bel tovagliolo, | Tufcte vivande dJ cui £Ìamo sazj Quando man era all'apice, cominciavano a salire, \concordi in ini desio, sebbene con. appunta ustipsnan nello scetticismo camaleontico di Anatole France, nella fede dei romanzieri che citamenti che ne trassero i seguaci. Ora noi vediamo snnra.wivpre il raim'n ri; Tir- I noi vea amo sopravvivere 1 peggio di Ke- lu .fiwll "Z """" ,|lienan era ali apice, cominciavano a salire, ', t.oncor(/i in vn desio ebbene con oppostaj-e a ■ w * i t -./'...i/c, federico .Nietzsche e .Leone lolstoi. Noi |li sentiamo più vicini di Renan, nè già i...... . , , B |perche più vicini siano nel tempo, e nemme- uo perchè, facciano professione d'esaltare la stravaganza contro la saggezza. Ma in verità, mentre nell'esistenza quotidiana, degli individui c delle nazioni dominano anche più decisamente elio nel secondo impero le norme della transigenza e del quieto vivere, coloro elio pensano e sentono cornili , ciano a sfcraviarsi da quei modi, e allo spi- rito di conciliazione preferiscono già <r|j ...... . 1 e » spirili 'Ji combattimento. | li. De 1-ìoBr.RTu : G. A. Remiti — Torini BORGESE. , Bocca., L. 3.

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