I due processi

I due processi I due processi All'Avvocato Vecchini Nel riprendere la toga dopo l'ultimo incidente, l'avv. Vecchini ha deplorato che la stampa voglia rendere la sua sentenza prima che il processo sia giunto a compimento. Mi consenta l'avv. Vecchini di dirgli che egli non ha bone interpretato quanto in questi giorni è stato scritto nei maggiori giornali italiani. Non il processo Cuocolo ha dibattuto la stampa, ma il processo deiUà Camorra o meglio del camorrismo napoletano. Il fatto Cuocolo per noi è un episodio cho ha soltanto un'importanza sintomatica. Se anche Erricone fosse innocente, è reo quell'ambiente per cui un Erricone è possibile. Con un'opera di educazione e con un'opera di autorità dove questo ambiente essere distrutto come fu distrutto quello in cui fioriva il brigantaggio. Tale l'assunto nostro. Come l'avv. Vecchini intènderà facilmente, noi dibattiamo due processi differenti. Ove il suo difeso risultasse incolpevole del rc-uto che gli si ascrive, ugualmente i giornali avrebbero ragione. Sta pure ammesso, solo per ipotesi, che l'istruttoria dei carabinieri manchi di certezza nei punti principali: colà dove afferma, per esempio, che l'antica Camorra vive ancora al tempo nostro. Partiamo, come se anche noi fossimo avvocati, dal presupposto che ciò sia falso; che la regola criminale sia andata dispersa, nè vi siano più statuti indiscutibili nò sentenze inappellabili, nò vincoli per giuramento, nò stabili organizzazioni, nò gerarchia criminosa: nulla insomma di tutto ciò, che all'età spagnola fece della Camorra una invincibile milizia, uno Stato nello Stato. Fingiamo di credere clic non vi sia nei trentotto volumi del Proco?*), una pagina sola che dimostri l'esistenza di questa società della cui costituzione, insomma, pare potremo esser corU soltanto quando i suoi statuii saranno registrati e bollati e deposti i bilanci una vnlla all'anno in tribunale. Sia. pur*. Pesta questo: che non v'e per contro una sola pagina del processo che non riveli un male più gl'ave, l'esistenza di uno spirito camorristico, di una/orma mentis camorristica, sparsa, almeno nella sua. forma negativa, rll rassegnazione e di acquiescenza, per tutta la. cittadinanza napoletana. I quarantacinque imputati non sono camorristi propriamente detti? Nessuno è propriamente dett/; camorrista perchè non esiste più camorra? Atavi sono innumerevoli cittadini — quanti? seicento mila forse? —1 quali subiscono senza rivoltarsi che un pugno di soverchiatori imponga taglie dove e conio gli piace, sulla ricchezza e sulla miseria, sulla prostituzione « su M'onesto lavoro, sul portafoglio perduto e sullo scandalo soffocato; e strozzi i ffeli delle famiglie ricche e dissangui la gente povera., e righi col rasoio ìe gote delle ragazze ribelli alle sue voglie e rompa lo urne onde uscirebhe il deputato che non Ina avuto il suo voto... Il processo Cuocolo è indiziario? Sarà. Io non lo credo. Ma se ì'i credessi continuerei a scrivere coma scrivo perchè il processo Cuocolo non mi interessa se non per la luce che gitta sopra iti altro processo assai più vasto, quello appaino che in questi giorni si è dibattuto e (speriamo si continuerà a dibattere, senza concedere rinvìi, nella, stampa italiana. E questo non è un processo indiziario. Non d'indizi vaghi nè di incerte dicerie uè di I-racco mal sicure o di rivelazioni sospette è intessuta l'istruttoria onde si apprende che a Napoli l'usura, l'alfonsismo, la violenza elettorale e il reeidivismo in delitti di sangue, spontaneamente, inscindibilmente associati ed organali; costituiscono una forza, più viva di qualunque libera forza politica, salda come un qualunque istituto di Stato; e che con questa bisogna fare i conti per la vita pubblica e per quella privata, per godersi in pace un'ninunlo e per essere eletto consigliere provinciale, perchè non vi ammazzino il cane che sta a guardia della vostra villa e perchè vi lascino fare in pace il questore eri il prefetto se vi ò saltata, in mente l'idea melanconica di andare a, rappresentare il Governo del He o il principio di autorità in una città che accetta senza mormorazioni soltanto quelle autorità la cui sanzione non è confessatile. Ah! non esiste la Camorra? Ebbene io vi dico che non vi è cittadino napoletano che non abbia sofferto in vita sua e non abbia accettato coinè fatale e necessario, come prodotto da un ordine superiore un sopruso piccolo o grande, una scroccheria, una violenza di carattere tradizionale e di essenza schiettamente camorristica. Se la Camorra, la grande Camorra una ed indivisibile non c'è, le camorre certamente vi sono. Tutti le conoscono, tutti le vedono trionfare senza dissimularsi; nel che Napoli si distingue da ogni altra città civile. L'usura scarrozza a Montevergine soffocando di polvere ed investendo le sue vittime in un'atroce ostentazione di sfarzo plebeo di cui ogni luccicore nasconde un po' di sangue rappreso; ma non accade mai, in tanta abbondanza di delitti contro le persone, che d'un usuraio si faccia giustizia. Uomini di mala ▼ita, ladri di destrezza ed accoltellatori vivono in intimità colla Polizia, giungono attraverso un emissario — un prete! — fino alla cancelleria del Tribunale ed influiscono sulla Camera di consiglio. Gli sfruttatori di donne sono in fazione tutte le sere ad ogni angolo dei vicoli di Toledo e percepiscono la loro imposta sotto gli occhi delle signorine di buona famiglia che tornano a casa uscendo dal. teatro. Ogni giorno — leggete la cronaca dei giornali napoletani — una povera creatura, che an'dava verso l'amore come una farfalla ubbriaca di sole, è sforzata, calpestata? «pinta sul marciapiede da uno di questi rhoetri, e nessuno si rivolta., e nessuno la Hifende. Non si parli di casi isolati, di delinquenza sporadica. Basta il processo di Viterbo a chiarire come queste sicno strutture organiche e ad infiggere in ogni mente libera l'invincibile proposito di volerle demolire. Ripete questo processo che tatti i 'delinquenti napoletani, prima di' rBrttl visti si riconoscono, poco importa nei quadri di una vera e propria asso dazione o nello spirito idi una grande tra 'dizione criminale. Il ladro s'allaccia al «settatore, 11 ricettatore all'usuraio, l'usuraio all'accoltellatore, l'accoltellatore alla prostituta, la prostituta alla spia di questura, la spia di questura al pregiudicato, il pregiudicato al faccendiere elettorale. E' una catena in cui ogni anello trova automaticamente il suo posto ed automaticamente sì salda cogli altri. I mezzi di cui la legge dispone non bastano a romperlo. Non solo; ma a traverso il gioco, la ricerca di denaro, le donne e le elezioni, la delinquenza ha contatto ed esercita un influsso anche sulla società 'dello persone per bdbmtcndbCtcpVcirnlncpilslltllsulattbizpdzcnn o ? i a i bene. Poiché il processo Cuocolo, per virtù della superba tenacia dei capitano Fabroni ci fa testimonianza di questo stato miserando cui la propria debolezza e l'altrui nequizia hanno ridotto una grande città italiana, il resto non ci riguarda. A noi preme solo di assodare che le misure di polizia e le leggi punitive in vigore non bastano a restituire Napoli al vivere civile. Che Cuocolo sia stato ucciso dai malfattori ingabbiati a Viterbo o da altri che circolano a piede libero, questo punge appena la nostra curiosità. Questo, avvocato Vecchini, è affar vostro e dei vostri valorosi colleghi. A ciascuno il suo dibattito. Sia pure, sia pure ammesso, e sempre per ipotesi, che i ladri, gli usurai, i ricettatori rinchiusi nella gabbia di Viterbo non abbiano assassinato quel ricettatore, usuraio e ladro che fu il nominato Cuocolo, ne quella nominata Cutinelli la quale gli fu degna consorte. La giustizia non può avere rrvropens.ieri nè parole ambigue. Venga dunque il verdetto di assoluzione. Scagionati dall'imputazione di omicidio i presunti assassini: resi a libertà, per avere già scontato la pena, gli imputati di associazione a delinquere — tornino tutti costoro liberamente al loro paese. Lo troveranno diviso nel loro nome in due fazioni ancora, accese dalle discettazioni e dalle polemiche; ancora scosse dall'ansietà dell'errore giudiziario, un incubo che non v'è forse l'eguale per l'uomo civile. Ne partirono accusati forse assassini, ritorneranno innocenti, cioè vittime. Napoli si scoprirà delle colpo da rimettere di fronte a costoro, e si sentirà loro debitrice. Nella plebe napoletana il sentimeli-io della solidarietà nel patire ha un'ampie* za. auasi religiosa. Condannato a soffrire,per quanto inclino a podere, questo popoli di voluttuari senza voluttà non sa. idealiz zare che la sofferenza, non sa esprimere"che la propria miseria, non sa. cantare seinon l'amore infelice, non sa glorificare selnon le vittime. A Napoli non basterebbe forse aver scritto il poema per essere Dante, ma basta che Barabba abbia portato una. croce perchè rifletta un raggio della luce di Cristo. Fate che questa veemente pietà possa liberamente sgorgare dal cuore di centomila nomini, molti dei quali hanno forse cominciato a leggere nei resoconti del processo Cuocolo. Essa investirà la città e solleverà Erricone e i suoi al vortice dell'entusiasmo popolare. Vive a, Napoli in margine della società un numero d'uomini così grande che la potrebbe riempire. Quale spettacolo, per il cinquantenario, se tutti i « bossi » di Napoli si vuotassero della, loro popolazione di paria e la rovesciassero verso la ferrovia aricevere Erricone e i suoi, innocenti e trionfanti! L'avv. Vecchini deve, per debito professionale, augurarsi che ciò avvengo. Ebbene, per altra ragione, me lo auguro anch'io. Io vorrei che Erricone, duce presunto di una misteriosa camorra, duce riconosciuto di cento manifeste imprese di violenza e di frode, fosse portato in trionfo all'uscire dalla stazione. Perchè non ha ucciso Cuocolo, o non si è potuto dimostrare che lo abbia ucciso, vorrei vederlo, al conspetto della, statua di-Garibaldi, dominare una moltitudine delirante con la sua faccia bieca e sinistra di usuraio e di soverchiatore, più atteso, più acclamato che Garibaldi non fu, a dimostrare, come è la verità, che per quella medesima via Garibaldi è passato invano. Senza ironia, auguro che questo avvenga. Quando fosse oltrepassato il meschino episodio giudiziario di Viterbo; quando fosse superato nell'assoluzione il dibattito, di per sè stesso insignificante, se siano periti per mano d'uno o d'altro delinquente due scellerati i quali furono bene uccisi, chiunque sia stato a ucciderli; quando fosse in una parola esaurito il processo Cuocolo — apriremmo finalmenta il dibattito e inizieremmo finalmente il processo che soli importano; nè l'avvocato Vecchini avrebbe ragioni da chiuderci la bocca. Avere ucciso Cuocolo è delitto soltanto secondo la lettera del Codice: ma è delitto secondo la storia, secondo la civiltà, secondo l'umanità, aver lasciato nel cuore d'Italia, un'antica città spiritualmente ed economicamente sommersa in tale barbarie da produrre un delitto che più diventa grave quanto più appare necessario: una congrega di criminali che più saranno rei se, non avendo perpetrato quel delitto, torneranno a libertà; una plebe che, nella paginn più fosca della propria miseria civile, cerca solo una commozione da espandere ed una borghesia che, nel disonore della propria città, non scorge se non un interessante indovinello da risolvere. E' soddisfatto l'avv. Vecchini? Ecco, io gli restituisco il suo cliente a libertà, purché dalla liberazione di costui nasca una proscrizione che sia la liberazione di un intero paese. Noi scrittori di giornali vogliamo la fine di una ignominia sociale, non la pelle degli imputati di Viterbo. E se è vero che questi imputati possono parere gli ostaggi della guerra per la rigenerazione di Napoli, facciano augurio con noi, l'avv. Vecchini e i suoi colleghi, che una legislazione e una giurisprudenza nuove nascano prima della fine del processo Cuocolo, per virtù delle quali l'usura, l'alfonsismo, il reeidivismo, le piaghe maggiori della, città siano trattate col ferro e col fuoco. Se la legge comune non basta, vengo, come provvidenzialmente venne per il brigantaggio, una legge di eccezione. Dopo ciò tornino pure a Napoli, gloriosi e trionfanti, Erricone e gli altri. L'opera di Fabroni avrà dato il suo frutto qualunque sia stato l'esito del processo. BERGERET.