Le lettere di una " Merveilleuse ,,

Le lettere di una " Merveilleuse ,, Le lettere di una " Merveilleuse ,, Che cosa non sarebbe stato capace di fare "Napoleone l'I Una cosa, almeno: il professore di calligrafia. Quand'anche non ci restasse un solo -autografo del grande Impel'Hlore, basterebbero a convincerci di tale sua deficienza poche, righe d'una lotterà diiKurtiinal.il Hamolin, in data 29 dicembre1843, al suo lontano amico Carlo C..., bo-nanartista a spasso: <r Sto cavandomi gli. occhi — ella scrive — per decifrare Torri bile scrittura di Montrond, che ha lasciale carte a fasci. Io trovo che una scrittura dcteptabile ò una cosa disonesta. Fu questo iì sólo difetto conosciuto dell'Imperatore... ». L'Imperatore è Napoleone I, e quande una Fortunata Harnelin — la quale non ebbe altro dio aU'infuori di lui — è costretta a negarne la perfezione per via della brutta scrittura, è d'uopo concludere che quel grandissimo uomo non avrebbe mai potuto lasciare al mondo, col Codice civile, un modello di calligrafia. Su quante Ietterò del generalo Bonaparte dovette cavarsi gli occhi Fortunata Tlamelin al tempo del loro amore? Amoro discreto, che potrebbe essere stato il primo della lussuriosa Merveilleuse; ma che, certo, non fu l'ultimo: tra. famosi od oscuri, tra quelli che scrivevano passabilmente e quelli la cui scrittura era detestabile, ve n'è una tal filza da fare spavento. Ma Napoleone doveva restare il suo idolo. Creola come Giuseppina, buon'amica del Bonaparte come Giuseppina, celebre Muscodine, durante il Direttorio e Stella dell'impero, ella fu, ben più della repudiata .Imperatrice, devota c focosa bonapartista, seducente e geniale creatura, ardente d'anima e di corpo, e di una. voluttà più profonda, più piena od intelligente di quella nella frivola e mediocre prima moglie di Napoleone, li poiché Fortunata Harnelin partecipò a tutte le glorie a tutte le tempeste politiche della Francia dal 3789 al 1851, ed ebbe in ogni momento atteggiamenti, forze e attività ben singolari in una donna, vale la pena che la storia e la letteratura tornino ad occuparsene, ora che Andrea Gayot ha pubblicato una copiosa raccolta di lettere da lei scritte negli ultimi venti anni della sua vita (1839-1851), lettere che per grazia e spirito furono giudicate dai contemporanei non indegne di una M.iuo de Sévigné. Nacque a San Domingo nel 1776, ma andò bambina in Francia, ove risuonava ancora, l'eoo lugubre dell'89; attraversò la reazione di Termidoro, trionfò durante il Direttorio, prese parte alle pompe gloriose e fastose del Consolato, adorò la grandezza dell'Impero, gioì con tutta l'anima delle vittorie di Napoleone, ne pianse la disfatta, cospirò durante il regno di Luigi XVIII pel ritorno del suo « astro adorato «, lo seppe tramontato per sempre, soffrì l'esilio, criticò e servì la seconda restaurazione, vide le barricate del '48 e morì alla vigilia del colpo di Stato, non senz'avere — da buona idolatra di Napoleone — salutato con giubilo l'avvento di un Bonaparte al potere. Che lungo periodo di fasti, di splendori, di peripezie, d'intrighi, di tempeste! Quanti spettacoli meravigliosi e terribili, e quante commozioni, quante avventure, quante dive'!>•) vicende per questa creola voluttuosa r iiiuiìdana! Ella si era, è vero, maritata ùi F.nin'irì. a cedici aiiliì, e aveva avuto d'«3 tigli : ma il giogo maritale non le pesò troppo : seppe liberarsene presto, insofferente com'era d'ogni tutela, assetata d'in<l!pe-i<it-nza e di piaceri. Bisognava bone «•ho ir;-ii. donna di spirito della sua forza si motfes'-p d'accordo col suo tempo, e que"a era pui isaiiieute l'epoca degli Incroyables ti (l..*i 6 Morvcilleusea; l'epoca delle « belle al Ili moda », altrimenti chiamate le a beU'SSt.i.v:-clicmises », le quali, dipinte come bambole, vestite o alla selvaggia » di musate c ii veli color ic cuisse-de-uymphe-éniue » e <•. '••.*;(• di coturni appuntiti, passeggiavano, i un molta maggior sicurezza delle npst»e iupc-etilottcs, a Tivoli, ne' giardini dell'Eliseo, al Bois de Bonlogne; era l'epoca in i ili tutta un'orda di banchieri arricchiti, di speculatori sui beni dello Stato, di avventurieri guniti al potere, convitava all'orgia queste creature belle e leggere, queste cosidette Dee della Libertà, così stravaganti e li bellino nell'abbigliamento come nel costame. Fortunata Hainclin non volle essere e non fu indegna di quei tempi — gli unici, a detta del Talleyrand, in cui si sapesse vuotare davvero il calice del piacere; e la nostra creola bevve a lungo a quella coppa, c senza cinismo, ma anche senza, rimorsi, conobbe ogni lieta e perfida passione ; amò follemente l'amore, il gioco, il ballo, la musica, l'equitazione ; seppe, magari coperta da una tunica di garza, attraversare con tanto furore i saturnali del Direttorio da meritarsi la taccia di : « le premier polis6on de Franca ». Ma Fortunata Harnelin non visse solo di amore: vicse anche di rancori e d'intrighi, sebbene, jn questi ella non mettesse affatto tutta la buona volontà, tutta la foga che soleva mettere iu quello. Detestò cordialmente, ad esempio, la Rcoainier, di cui osò essere rivale, sebbene dinanzi a così perfetta e placida bellezza, la nostra creola passasse per una « jolio laide > ; nè perdonò inai a Chateaubriand di aver taciuto di lei nelle sue Memorie, tanto per far piacere alla divina Giulietta; ma, in compenso, Fortunata fu generosa con Giuseppina, che non l'ammetteva regolarmente nei saloni ufficiali, fino al punto d'intercedere a favore di lei presso Napoleone, che era tornato dall'Egitto coi tormenti della gelosia; e.quando, durante la seco:id,t staurazione, l'Hatnelin >i ridusse a mettere la sua scaltrezza e la sua influenza luoudana a beneficio del potere, ella non si vendicò propriamente di alcuno dei suoi nemici e i suoi « rapporti • di poliziotta politica non recarono mai grave danno a nessuno: fu, ecco, ' ! | . e , a o o , e e l a , a i n l a e a , i a a a l e più una referendaria benevola, che una perfida denunciatrice. Infine, l'antica Merveilleuse seppe morire, a settantacinque anni, con tutti i Sacramenti, da pia signora, picn-i di acciacchi e di passione pei fiori del suo giardino, — un giardino da buon parroco, — non senza prima aver tentato di convertire alla fedo il più cinico e spregiudicato dei suoi a; nauti, (quel conte Casimiro de Montrond, iglio di un ufficiale delle guardie francesi, officiale egli stesso per qualche tempo, ami'o intimo e confidente politico di Talleyrand, avventuriero di un'audacia sfrenata, uomo di grande spirito), e confondendo in un ultimo soffio d'adorazione il Dio dei Cristiani ed il « Dio di Sant'Elena ». «** Le lettere raccolte e pubblicate dal Gayot sono tutte indirizzate alla stessa persona, a quel signore Carlo C..., bonapartista non meno convinto di lei, al quale servo da intermediaria o da protettrice presso i membri della famiglia Bonaparte, allora dispersa in Europa e in America; e per la maggior parte esse sono datate dall'eremitaggio della Maddalena, nella foresta di Fontainebleau, meutre il suo corrispondente ozia in Italia, specialmente a Firenze in attesa di un rimunerativo collocamento. Peraltro, il signor Carlo non doveva essere nato per lavorare troppo sul serio: divenuto finalmente ispettore delle carceri, transita da Montpellier, visita in quella prigione la signora La farge, — una biscugina di Luigi Filippo, condannata sotto l'imputazione di avere avvelenato il marito e di avere rubato dei diamanti, — so ne innamora con l'immediatezza di un collegiale, e dà così occasione a Fortunata Harnelin di riflettere sugli amori ergastolani del suo più giovane amico con una principessa mancina. Del resto, tutte questo lettere non sono che famigliari conversazioni ove la notizia sui più minuti affari di casa si mescola ad un buon consiglio all'amico lontano, ad un ricordo appena accennato de' tempi lontani, ad un commento più o meno esplicito sugli avvenimenti politici del giorno : così, ad esempio, il lamento per la triste sorte di Gino Capponi, che sta diventando cieco. (« E' vero, mio caro amico, che Capponi « diventa cieco? Che è rovinato? Ma perii che? I Fiorentini sono terribilmente e« conomi ; ma lui è buono ed amabile... « Tanta rovina, poi, è troppo dura per un « uomo che ha sempre vissuto come un !1IjI i topo... »), si confonde col lamonto per i danni arrecati dalla grandine ai vigneti di Thòmory ; un accenno al nostro Confalonieri, « il quale non è troppo mutato, ed ha sempre una grand'aria sdegnosa, che gli sta bene dopo il liiri<ro supplizio », è troncato bruscamente da una chiusa come questa: « Vado a veder piantare i miei lillà e le mie fragole... » ; un rapido sfogo di sdegno contro le viltà della politica presente 0 qualche degenere discendente dell'Idoloimperatore, si conchiùde con la terrificante notizia: a Ieri mi han rubato tre o quattrocento pesohe: tutta la spalliera, insomma: siamo costernati ». Dei suoi antichi amanti, Fortunata Harnelin parla con discrezione al suo corrispondente. Ancora nel 1844, Chateaubriand le scriveva: « Amatemi sempre come quando venivate a trovarmi al Ministero degli affari esteri... ì, e di tanta premura ella lo ripaga pensando sempre di lui : « Ha dei meriti adorabili il nostro graude scrittore ! ». Quanto al famigerato e bellissimo Montrond — quegli, forse, che maggiormente ferì il cuore di Fortunata — egli torna, prima che lo colga l'infermità, a trovare la sua amante di un tempo, rifugiatasi nella foresta : « Indovinate un po', caro amico, — ella scrive al signor Carlo, — chi è venuto a trovarmi? Montrond. Pensate alla mia sorpresa, al mio turbamento e al dispetto che mi rendeva rossa come una furia ! Peraltro, non si mettono alla porta la sua età e i suoi malanni ; la mia ospitalità appartiene a tutti. L'ho, ! dunque, ben ricevuto e gli ho ceduto il mio letto. E' rimasto qui otto giorni e non ha avuto l'aria di annoiarsi. E' pochissimo sordo; mangia ancora bene; ha ascoltato i 1 miei predicozzi, e stato dolce, ha molto I promesso. Ma Dio solo sa se egli pagherà, j visto che ogni promessa ha poca importanza per lui... Se questo gottoso di spirito non Ifosse rovinato, oppresso di debiti, avrei temuto che mi si potesse sospettare di cercare rimunerazioni e appoggi. Ma per sua disgrazia non., può pagare nemmeno le spese correnti e il suo credito è caduto con le sue forze ». Così l'antica Merveilleuse, divenuta savia e pia, rivedeva per l'ultima volta il suo più bello e indemoniato amante, alla vigilia dello sfacelo. Povero, spiritoso conte di Montrond ! Talleyrand gli aveva fatto il più chiaro elogio : « Non possiede un soldo di suo, uon ha nessuno stipendio, spende sessantamila franchi b ll'anno, non ha debiti: dunque ò l'uomo iù éi spirito della nostra società ». E Monrond ne era persuasissimo. Prodigava a pioe mani i suoi bon-mots. Un prete gli doanda : — Avrete fatto molto spirito, nevvoro, contro la religione? — No, signor abato — risponde Montrond — io ho sempre vissuto in buona compagnia... E dopo la clamorosa caduta di una commedia: — Povero autore! Come ha potuto ingannarsi fino a tal punto? Eppure ò abbastanza facile il non fare una commedia in cinque atti!.... E ad una dama questuante a benefi- ciò delle « fanciulle pentite »: — Piano, signora: se. sono pentita non dò loro proprio niente; se non lo sono ci tengo à beneficarle da me.... Infine, questo alter ego di Talleyrand, detto persino la sua » anima dannata », soleva scusarsi di non leggere mai i giornali perchè « egli non era fatto per mangiare a quella gavetta dello spirito pubblico ». Ci voleva proprio la. fede di un'antica « bello-sans-cliemisR » convertita, per convertire un tal uomo! GINO PESTELLI.i \ S

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