L'emozionante confronto di don Vittozzi con Abbatemaggio

L'emozionante confronto di don Vittozzi con Abbatemaggio L'emozionante confronto di don Vittozzi con Abbatemaggio ereeonoaViterbo, 6, notte. Questa mattina torniamo ai confronti. Abbatemaggio torna al suo posto consueto fra il banco dei giurati e quello del P. M. Don Ciro rimane al suo posto, in piedi, accanto alla sedia, vicino alla gabbia. Egli si appoggia al bastone, drizza il busto e dilige gli occhi fissamente negli occhi del denunziatore, che non abbassa i suoi. Gennaro Abbatemaggio espone le circostanze che riguardano don Ciro Vittozzi e nota che il giorno appresso al delitto, all'angolo di via Nardones, mentre Erricone, in compagnia del quale era Abbatemaggio, si faceva pulire le scarpe, sopraggiunse don Ciro, che disse: — Cumpà, tutto bene? — Tutto bene, avrebbe risposto l'Alfano. — Cumpà volete un consiglio? — tornò a dire il prete. — Tornate oggi a Torre del Greco, magari con la vostra fidanzata. Al che Erricone avrebbe a sua volta replicato che accettava il consiglio e che si sarebbe recato a Torre del Greco il giorno seguente, non potendo farlo il giorno stesso, perchè i cavalli erano stanchi. "Questa è la verità!,, Don Ciro guarda il denunzlatore con gli occhi immobili dietro gli occhiali e pare che da lui e per lui si debba produrre il miracolo. Ma il miracolo non si produce, perchè Abbatemaggio ripete esattamente le circostanze già esposte. Quando tocca al prete di parlare, don Ciro allunga le mani in alto come per chiamare in suo aiuto le forze del cielo e dice : — Fratello mìo bello, dì la veritàl Ma Abbatemaggio non si commuove a questa esortazione e don Ciro continua a incalzare — Di' la veritàl di' la verità! — Questa che ho detta è la veritàl • Don Ciro non crede ai suoi occhi, nè alle sue orecchie e lo si desume dai gesti della sua persona. L'indice scende dal cielo verso il denunziatore: — Giuralo, che questo che hai detto, è la veritàl maledetto, giurai — Maledetto sarete voli — risponde freddamente Abbatemaggio. — Giuralo sulle ceneri di tuo padre, — continua don Ciro, elevando subito il « diapa son > della sua voce all'altezza della situazio ne. Abbatemaggio lo accontenta questa volta, stende la mano e pronuncia fermamente: — Giuro. Come è facile comprendere, don Ciro si ec< cita, si tende con tutta la persona verso il denunziatore ed urla: — Falsario! spergiuro! ad un sacerdote! — Voi avete insozzata la tonaca, — protesta Abbatemaggio. — Ladro! falsariol spergiuro! — torna a tuo naie il prete con lungo strascico di vibrazio ni nella voce. — Dopo di voi. — Infame! scellerato! falsario! come puoi avere il coraggio di dire ciò se io al mattino del 6.... — Sì, si, — interrompe il denunziatore, — il fatto del libro non è vero? — Ma il fatto del libro è menzogna, vengano qui i testimoni e ne riparleremo. Il prete vibra tutto e continua a gridare: — Ah! falsario! spergiuro! sarai maledetto da Dio per tutte le generazioni. — Spergiuro? A me spergiuro? Spergiuro voi! Non avete vergogna? — incalza Abbatemaggio, che ha deciso di non restare indietro al prete. — Un ladro a confronto mio. — dice 11 prete, — un ladro a confronto con me. che sono stato onorato dalle lodi del prefetto Caracciolo! "Sarai maledetto!,, Don Ciro rivolto ai giurati: — Un sacerdote non può supporre che questo pubblico intemerato non distinguerà la mia coscienza da quella di quell'uomo. — Non ini fanno elfctto le vostre ingiurie, — interloquisce Abbatemaggio. — Basta, basta, — interviene severamente il presidente, — facciamola finita. Ma don Ciro non è di questo parere: — Domando la parola, domando la parola, — dice, e senza attendere altro lancia l'ultimo anatema contro Abbatemaggio: — Sarai maledetto da Dio e dall'umanità per tinte le generazioni: « Maledictus homo qui perseverat in falso testimonio». Maledetto! assassino. — Uopo di voi — replica Abbatemaggio. L'ira del prete è al colmo. — Basta, basta, — dice di nuovo il presidente. — Signori giurati, — osserva Abbatemaggio, 'O™»*» si è attenuata l'ira di don Ciro, -si «lurat1' voi avete vist0 11 c°»,e*no del » COmeR"° deUa VerÌtà' " rtSP°ndé !4 Un ladro stesso non direbbe le parole spudorate, che ha detto quel prete, — angiuri- a»at« % a n . a u a u n - surio consueto di epiteti Ma la sua furia si è calmata e finalmente Gennaro Abbatemaggio continua a porre i termini delle sue rivelazioni riguardanti don Ciro. Accenna al confronto che ebbe col prete dinanzi al giudice istruttore ed al procuratore del Re e nega assolutamente eiò che ha af-i fermato don Ciro, vale a dire che il denunziatore portasse in testa un panama e che il inoculatole del Re De Tilla lo complimentasse per quell'acquisto, u) che l'Abbatemaggio avrebbe risposto facendogliene un presente. — De Tilla. — rileva il denunziatore. — è superiore ad ogni calunnia. — Do Tilla non ha bisogno di voi, — ribatte il presidente. Don Ciro non si lascia sfuggire l'occasiono e dice: — Egli l'ha adorata sempre la magistratura italiana! — Giù, — osserva il presidente, — perciò avete accusato un magistrato di aver l'atto commercio delle vostre fotografie. Don Ciro protesta: — Non ho detto questo, non sapevo cumc fossero andato lo cose. L'ultima circostanza che Gennaro Abbatemaggio coiiferma e la seguente, che il 22 giugno V.100 in galleriu, alla presenza di Pasquale Gargiulo. don Ciro assicurò che Enrico Alleino ed i suoi compagni, che erano stilli ìirrestati. sarebbero siati presto scarcerati. Di,n Ciro dice di non aver mal conosciuto Gargiulo. 11 confronto e finito. Ora c la volta di' Luigi Arena, detto . O' Guaito .. Abbatemaggio vorrebbe incominciare a parlare dei furti commessi dall'Arena, furti che denunziati in parte come complice valsero al coatto ultimamente un processo, in seguito al quale, fu condannato a 13 anni, e per il quale pende ancora appello. Ma Luigi Arena si oppone. — In che modo — osserva, — posso fare 11 -confronto per il furto? quali prove in contra¬ aaampaa n o e , a l e , i i e à , r a e a l a , l a i o l o o o o ! a , l , o à o o! , rio posso portare qui? Non voglio dare ad Abbatemaggio un'arma in mano per l'appello. Poi rivolgendosi direttamente al denunziatore, il coatto esclama: — Tu qui hai da parlare dell'affare Cuocolo. Abbatemaggio protesta: — Come si può fare a meno di parlare dei furti, se essi sono strettamente legati all'affare Cuocolo? E che cosa resta del confronto, se si tolgono i furti? Ma Arena continua ad opporsi. — Quanto ad Abbatemaggio, — dice Arena, In atteggiamento di uomo che conosce tante cose, — dovete sapere che a Porta Capuana ci sta un cieco, il quale racconta delle storie che durano per giorni interi, con particolari e con nomi che è un piacere sentirlo. — lo non sono un cantastorie! — replica Abbatemaggio, ironicamente. "Ecchete au sigari*.,, Arena si ferma, cacciando le mani in tasca della giacca; ne trae un sigaro, lo leva in alto e lo muove reiteratamente verso Abbatemaggio, e dice, cn serietà piena d'umorismo : — Abbatemu'. ccchctc nu sigarlo! — Grazie i — fa Abbatemaggio, stendendo la mano. , Tc lo do o' sigario auunno m'hai cantata I n'ata vota 'a storia. Faremo fra noi un vero | confronto. Ecco chislo pizzo 'e riso, che tu fai, | è un vero cinismo, e poi ricordati che il riso i abbonda sulla bocca degli stolti ! — Ah, adesso sono stupido, — ribatte Abba-1 temaggio, — e non sono più il cantastorie — Dunque — rosegue Arena — dovremo fare un confronto, ma senza ingiurie ed insulti. Tu prima parli ed io ascolto, poi viceversa. Vuoi ? — Come vuol tu — risponde Abbatemaggio. — Ma, insomma, — interviene il Procuratore generale, — per i furti si riserva o vuole che se ne parli? 'O coatto non vuole che se ne parli. — E allora — dice Abbatemaggio — tutto si limita alle due lettere che hai spedito a De Marlnls per chiedere vendetta di Cuocolo. Avv. Lioy: — E parli di queste lettere immaginarie I — Professore Lioy, — risponde Abbatemaggio, — l'immaginazione ce l'ha lei ! Dopo di che ricorda l'episodio di queste lettere, che egli non ha viste, ma di cui senti il contenuto da De Marinis, che ne lesse il testo. La Difesa fa notare che il. denunziatore non ha mai veduto le lettere, e fa inserire a ver-1 baie la dichiarazione. Abbatemaggio riferisce quale era il conte-1 nuto di queste lettere. Nella prima erano delle j notizie sul come si trovava il coatto all'erga-, stolo per causa di Gennaro Cuocolo, che l'ave-1 va fatto arrestare, e si raccomandava all'Ai-1 fono e al Rapi per essere vendicato. Nella se-1 conda lettera, venuta 15 giorni dopo, Arena! nrnproverava Alfano e De Marinis per non j avergli fatto sapere nulla. Luigi Arena nega. ; Ma vieni qua — dice, rivolto ad Abbate- i maggio. — Sei camorrista tu? — Sì, lo ero. — Ora, se tu dici che abbiamo fatto dei furti insieme, se tu dici che eri un gran camor-'t rista... — Non ho detto grande — interrompe Abbatemaggio. j — Lo dice tuo zio Capezzuto Abbatemaggio fa segni di malumore. Arena continua, domandandogli perchè, essendo sta. j to suo compagno di furti, egli non si sarebbe. rivolto a lui per la vendetta contro Cuocolo, i tìnziciK? cid lìitiì. i Il confronto prosegue su questo tenore "fra i due avversari pieno di interesse per l'abilità che hanno nel parare, nel rispondere nel distruggersi a vicenda, e spesso da tale duello '-'l é e - sorgono osservazioni e contestazioni che van no a verbale. Arena dice che Abbatemaggio non sa per nulla per scienza propria, ma soltanto per aver sentito dire. — Volete sapere come ha fatto? — aggiunge. — Lui, con la sua memoria astuta, dice i nomi che ha letto sui negozi di Napoli. — Adesso non sono più stupido, ina sono astuto — rileva ironicamente Abbatemaggio. A questo modo si va avanti, e non è possibile ripetere questo gustosissimo confronto % con tutte le sue distorsioni i suoi incisi e le ' rMlSs^^Ml' : rldTmcer?ontpumi°Arena fa osservare ^circa l'affare Cuocolo egli non fu mai messoi a confronto con Abbatemaggio, nemmeno da' Luccheri Palli, che dice essere l'unico magi- strato cui stia a cuore la giustizia. .Presidente, severo: — Sono tutti amanti \ della giustizia' — Ah! rio, — 'insiste con un sorriso espressi-1 vo di esperienza «O' coatto», — ce ne sono di coscienza, ina non sono tutti lo stesso. Non ;fui messo ti confronto per l'affare Cuocolo. ie n e e -i l o è o a ò o c n . ' , e n e i 1 u. uajiji.jia, un u iillu, mi "i 'ì^eW^^i-àYr-^a^iinzla di n,n NriJrfoss^aT^ perchè si era riconosciuta assurda l'accusa che mi si muoveva. " E' stata una trappola, un trucco!,, Abbatemaggio contesta : — Eeci allora i confronti con lui soltanto sui furti e non intorno all'affare Cuocolo, per-che il Lucchesi Palli volle prima che parlassi)dei furti. Ecco tutto. Iutia l'accusa contro dime e stata una trappola, un trucco, fui ar- restato, perchè contravventore alla sorveglimi za e fu detto dall' restato su denti aW,ontTd?& onesto furto Mdò per com™S ') 7 agosto" ih vece il 7 ero già stato arrestato. Fu lo sba- glio che corressi subito, rettificando il 5 la nata del 7. — E questa è la trappola, siccome i gior- nali pubblicavano tutti gli interrogatori, cosìtu potesti sapere e rettificare. Ora mantieni, si sa; tu, se vuoi dire la verità, non lo puoi, se no, muori; perchè mandasti a chiamare mia sorella al carcere di Pozzuoli, se non per sapere dove io ero e per prepararmi la tran-pola per l'affare Cuocolo, che tu e tuo zio Capezzoli stavate montiiudo? — Anche io ho buona memoria, sai. Abbateinaggio Inchinandosi; — A buon maestro, buon discepolo. — Ti sbagli, da un maestro come me non esce, un calunniatore. Dunque tu mandasti a chiamare la mia povera ingenua sorella, raccontandole la storia che dovevate unirvi per prendere, tu c tuo zio, me. a Lampedusa, con una barca a vela, nientemeno con una barca a vela.... Ecco tutto. Abbatemaggio vide: — Ma che trucco! mandai a chiamare Concetta, la sorella dell'Arena, al carcere di Pozzuoli per mezzo di un detenuto, anche per sapere dove si trovava il fratello, dovendogli proporre un affare, perche egli non era ancora riabilitato. Mandai

Luoghi citati: Abbatemaggio, Lampedusa, Napoli, Pozzuoli, Torre Del Greco