Come si può organizzare il monopolio delle assicurazioni

Come si può organizzare il monopolio delle assicurazioni Come si può organizzare il monopolio delle assicurazioni Tiriamo provvisoriamente le somme. Il punto che fu e resta fondamentale per noi, e quello di provvedere sul serio e con larghezza alle pensioni per i lavoratori. Abbiamo sin qui dimostrato, sull'esempio dell'estero, che anche nei paesi dove la previdenza popolare 6 straordinariamente sviluppata, il problema delle pensioni di vecchiaia e di invalidità per le classi meno abbicati non si risolve se non partendo dal concetto della obbligatorietà della assicurazione. In seguito abbiamo visto come, data questa promessa, ne discende che la obbligatorietà si estende, per cause morali, finanziarie e tecniche, anche a tutte le classi di impiegati privati, i quali ritraggono i guadagni unicamente dall'uso delle loro facoltà personali. La ragione economica delJ'assicurazione di queste classi ò evidente: quella morale puro. Se l'impiegato muore senza lasciare rispanni, la vedova e i figli decadono dalla primitiva loro posiziono: il che rappresenta non solo un danno per essi, ina una perdita per l'intera società, oggi in cui l'uso di disfarsi violentemente delle bocche inutili è stato lasciato in disparte. I.o stesso ragionamento vale a forliori quando l'impiegato si trovi sprovvisto di risparmio nel caso di invalidità o di vecchiaia. Questo è stalo inteso in tutti i paesi più civili: in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Austria.. Ciò premesso, no seguiva, la necessità anche per l'Italia di affrontare la questione. Le sole pensioni operaie, dicemmo, anche dato il contributo misto degli industriali e dei lavoratori, non richiedono meno di 60 milioni annui all'Erario. Se poi si vuole risolvere la questione più generale, si arriva facilmente ai 100 milioni. Dove trovare i mezzi, senza aumentare le imposte? Attingendo a varie fonti. Una di queste, tuia c non certo la sola, parve a noi — e pare anche al Ministero Giolitti — doversi rintracciare nel monopolio delle assicurazioni sulla vita, da cui prevedemmo — e ci ostiniamo a prevedere — un utile medio di circa 25 milioni, ove si assorbiscano le società attualmente funzionanti nel Regno. Diciamolo ancora ben chiaro: il riscatto è secondo noi la conditio sine qua non perchè l'affare si presenti ottimo sin dal principio; senza riscatto, conveniamo in massima con l'on. Eugenio Chiesa nel ritenere che nei primi anni il monopolio sarà ben scarsamente produttivo. La polemica cho si è scatenata, come era ragionevole supporre, su questo punto ci ha portato ad esaminare i bilanci di alcune società esistenti per dimostrarne gli utili, che giungono sino al 140 per cento del capitale azionario. Le fonti di questi utili, come rilevammo, sono le seguenti: a) scarto del 10 per cento circa fra il caricamento industriale sulla polizza di assicurazione e le spese effettive di amministrazione ; b) abbandono o riscatto di polizza ; e) scarto del 40 per cento circa fra la mortalità prevista, che serve di base per la determinazione del premio, e la mortalità effettiva; d) differenza, cho porta a un maggior caricamento di circa il ^8 per cento, fra il saggio d'interesse allottato dalle Società pel calcolo dello riserve matematiche, e ([nello effettivo degli impieghi dei capitali. Su quest'ultima fonte naturalmente le società più antiche e maggiori realizzano gli utili più grandi, non tanto per la loro capacità amministrativa, quanto per gii » unearned increments » che si sono aggiunti, grazie all'aumento della popolazione c della ricchezza, ai prezzi primitivi degli stabili e degli altri valori in cui si investirono man mano i danari versati dagli assicurati. Notiamo incidentalmente che, quando parliamo di scarti del 10, del 28, del 10 per cento, intendiamo riferirci al complesso dei contratti di assicurazione. Certe società caricano per spese di amministrazione meno del• 25 per cento, ma altre spendono meno del 15 per cento. Talune hanno uno scario nella mortalità in dati anni di solo il 20-25 per 100 ; ma altre realizzano uno scario maggiore, che por determinate tariffe — quello specialmente che riguardano le preponderanti assicurazioni miste — sale lino al tOO per cento; e così via. Deriva da lutto ciò, che le società di assicurazione sulla vita restituiscono in media agli assicurati il 50 per cento di meno di quanto ricevono. Yerilà questa, confermata da recenti studi di attuari francesi. Il che non deve servire affatto — ci teniamo ad essere capiti bene — per erigere un atto di accusa contro le società: ma dimostra che lo Stato, assumendo questa industria, compirà un ottimo affare. 1Ci si ò fatto l'appunto di aver preso fra le basi dei nostri studi gii utili riferendoli alio azioni: anche giorni sono un ottimo ar ticolo sul Sole dot ragioniere Eugenio Greco trattava questa materia. Pare a noi che lo cose non mutino se, invece che delle azioui, si parla della massa degli affari. Perchè in tal caso evidentemente non si possono considerare solo i premi incassati nell'anno, come ci sembra voglia fare il professor Einaudi, al quale ci riserviamo di rispondere, ma il complesso delle operazioni, quali si vengono svolgendo. In una parola, è dall'esame di quella parte di portafoglio che riguarda le riserve, matematiche, posta in raffronto con gli impegni delle società di fronte agii iscritti, che solo si può trovare un altro criterio per determinare t pre¬ fitti dell'industria assicurativa. E' a questo esame, crediamo, che stanno procedendo attualmente i tecnici del Ministero di agricoltura; o i risultati noi conlidiamo che confermeranno largamente le nostre previsioni, tenendo presente clic, come ha scritto il Molinari, la durata, inedia delle polizze in Italia ò di circa sette anni. Dunque, industria oggidì largamente remunerativa. Più remtncrativa ancora per lo Stato, quando si consideri clic esso farà a. meno del capitale inizialo di esercizio, e, almeno per i primi tempi, delle, vario riser- ve prudenziali accantonato dallo maggiori società. Inoltre lo Stalo non sarà obbligalo,jier quanto riguarda l'investimento dei «a-pitali, ad immobilizz.ire in titoli del donilo ptlbblico — elio reudoSo poco — una parte di quelli, coinè devono fare invece, nellamisura variabile del 50 al 25 % dei pre- mi versati dagli assicurati, le società estere e nazionali, a norma dell'art. 155 del Codi- ce di commarcio. Ma di ciò a suo tempo, quando parleremo del riscatto delle società vigenti. Al qual proposito però non possiamo tacere subito un punto molto rilevante. Lo riser ve matematiche, costituiscono da quali, cunie sappiamo, 75 nlI'SO".', del portafoglili delle società, dovrebbero essere eon-segnate allo Stai", -ivo questi riscattasse gli impegni di esse, e, naturalmente, senzacompenso. Ma devono passare valutale ai 13 o al 3,50 per cento — come le stimano le società per i calcoli dei premi e come esse pretendono —- o al tasso attuale di rendimento, che è dal 4 al 4,50 per cento? Non vogliamo risolvere qui il problema, che ò giuridicamente sottile e complesso, ma facciamo subito una osservazione. La riserva matematica ò fissata in una somma determinata dal calcolo delle probabilità. Se si capitalizza al 3,50 per cento occorre una somma maggiore di quella che basta ove la capitalizzazione si faccia al 4,50. Se quindi le società vogliono cedere le riserve allo Stato, in corrispettivo degli oneri a cui questo sottentra, sulla base del 3 o del 3,50 ( a seconda delle Compagnie ), dovranno dare una somma maggioro, quale risulta, dalla esatta commisurazione dei rischi. Lo Stato a sua volta, libero da ogni vincolo, non avrà che da impiegare bene lo somme ricevute, in guisa da ricavarne almeno il A 50 per cento ; cosa non troppo difficile oggi, in cui nessuno al mondo investe il risparmio in valori industriali e in immobili al 3,50. In ogni modo poi bisognerà che le società si decidano. Se vogliono che lo Stato dia agii azionisti per il riscatto una indennità pari, poniamo, a ire annate di utili, dovranno poi cedergli integralmente il portafoglio. Se vogliono cedere il portato-1 glio sulla base di un interesse minore di quello effettivo, dovranno rinunciliro ad altre indennità. Perchè, in caso contrario, gli utili verrebbero computati due volte. Questi, e molti altri argomenti sulla complessa materia che qui trattiamo, si trovano svolti nella magnifica relazione del deputato Buisson alla. Camera lfrance.se sul « monopolio delle assicurazioni fatte dallo Stato » : relazione clic riassume gli studi profondi fatti da apposita Commissione parlamentare, della quale era presidente nientemeno che l'on. Guiyesse. l'illustre capo della Società degli Attuari di Francia. Incidentalmente notiamo che le conclusioni a cui essa pervenne sono queste: «La Commissio« ne si pronuncia, in principio, .per l'istituii zionc del monopolio delle assicurazioni lf di Stato, riservando di studiare i mezzi » per realizzarlo ». Ma non solo l'industria assicurativi è redditizia: bensì è forse la più adatta fra tutte al monopolio statale. Come già dimostrammo in precedenti articoli, data la sua specialissima indole, caratterizzata dalla duplice proprietà d'essere a costi decrescenti e sempre meno aleatoria a mano che il numero degli assicurati aumenta, essa da un pezzo si è andata sempre più energicamente accentrando in poche mani potenti. Lo abbiamo visto per gli Stati Uniti d'America, per l'Inghilterra e per la Germania. Possiamo ripeterlo qui per l'Italia. Su un miliardo e mezzo di capitali assicurati nel nostro paese pres?r- 65 società, 825 milioni sono posseduti da cinque solo Compagnie, e altri undici istituti hanno più di 25 milioni ciascuno. E siamo in un paese dove l'industria è bambina ! *w# Ciò constatato, dobbiamo aggiungere che nel monopolio delle assicurazioni sulla vita noi non vediamo soltanto un affare e una' entrata per aiutare la soluzione del problema dello pensioni operaie. Esso nel nostro pensiero si raccomanda altresì per due altri non meno importanti vantaggi: 1. la moralizzazione dell'industria; 2.o per imprimere unità di indirizzo e vigoroso impulso alle assicurazioni popolari. Quanto al primo punto per ora preferiamo accennare, senza insistere. L'industria della assicurazione sino ad oggi ha avuto questa abilità: di tenere altissimi i prezzi, pur trovandosi in regime di libera concorrenza. La spiegazione sta in ciò, che la concorrenza si esercita solo fra gli agenti e i sub-agenti nella ricerca del cliente. I « gros bonnets » dell'industria assicurativa sfruttano questo due forze: l'ignoranza tecnica dei pubblico o l'opera di coloro che provvedono gii iscritti. Nulla di più affannoso e di più immorale di questa caccia, più che industriale ricerca, dell'assicuralo: nulla di più snervante della esistenza dei sub-agenti, trasformati in macchine di iscrizioni, senza la più lieve sicurezza del presente e dell'avvenire. Il novanta per cento dei clienti ignora quello che firma. Se anche leggessero quell'inviluppo misterioso di disposizioni che è avvolto nelle 3 o i pagine di fitta stampa del contratto, non avrebbero la coltura tecnica e giuridica di penetrarne le conseguenze. Più che altro valgon per essi le promesse verbali dell'agente, il quale ad ogni contratto pensa che è un altro mese di [vita garantito per lui e per la sua famiglia Al sua volta la società abbandona all'a |gente fino al 5U;'Ó dell'ammontare del pre- mio del primo anno. E' questo un giro" vi zioso che torna a carico, per complessi motivi, dell'assicurato, della società e dell'agente. Il secondo punto, quello di un nuovo indirizzo da imprimere alla previdenza popolare, si innesta all'ordinamento amministrativo da dare al monopolio statale. Qui pure procediamo necessariamente per grandi tratti generali. La previdenza popolare oggi in Italia vie ne esercitata, si può dire esclusivamente, dalle società di Mutuo Soccorso, dalla Cassa Ponsioni di Torino c dalla Cassa razionale di previdenza, la quale ha recente mento deciso con grande opportunità di al largare la base delle sue operazioni, liinit.a- lo sin qui alle rendite vitalizie differite e immediate. La Cassa Nazionale, iiiiraoilmento amministrata e guidata dal suo reilonierito direttore prof. Parodi, e alla, ^naie c mancato solo — per cause indipendenti dalla sua volontà — lo slancio industriale, adopera delle tariffe inferiori a quelle delle società private. 11 che ha grande valore dimostrativo, ove si rifletta, cho essa esercita esclusivamente il ramo t.io.iobj- ire, il quale e di gran lunga più costoro di quello ordinario, per ragioni tecniche che I qui sarebbe ozioso porre in luce, ma che 'si possono vedere, ad esempio, nella inu-1 gallica relazione ili Muffatali (Princint od clementi dell'assicurazione popolale) al con grosso tli Vienna. , La Cassa di Torino, a parto lo basi tonti natie,, ha una organizzazione amministrati va e contabile meravigliosa, quando si pen j si che con il 13 0/0 di caricamento indu striale sviluppa poderosamente la reclame, compensa gli agenti, i quali riscuotono ogni mese circa mezzo milione di quote da L. 1, e ne tiene con esatto rigore la contabilità attraverso a un gran libro composto delle j 400,000 schede degli associati. i Lo Società di M. S. infine, come si rileva jdalla esauriente relazione del cotono. Ma ]galdi al Congresso di Roma del 1908, sono .0535, con quasi un milione di soci, Ti mi lioni di patrimonio, 15 milioni di entrate e 12 di spese. Ma fa loro difetto la base scientifica, l'indirizzo sicuro e quell'unità amministrativa e finanziaria di cui in un precedente articolo rilevammo, sulla scorta di studi attuariali, tutta l'alta importanza. Ciò premesso, ecco come potrebbe essere congegnato, a parer nostro e nelle sue grandi linee, il monopolio statale: l.o tripartizione del monopolio nei suoi rami dell'assicuraziono operaia, di quella popolare e di quella ordinaria; 2.0 la Cassa Nazionale nucleo centrale del monopolio, sia per ciò cho riguarda l'amministrazione generale, che per l'ufficio attuariale: oltre ad esercitare le assicurazioni operaie; 3.o la Cassa Italiana di Torino diverrebbe quella branca della Cassa Nazionale che eccentrerebbe -r mantenendo immutato per quanto è possibile l'attuale suo ordinamento amministrativo e contabile sia della sede che dello agenzie — tutto il movimento della previdenza popolare. Perciò, oltre alle nuove forme di assicurazione sui fanciulli ecc., sconosciute in Italia, potrebbe esercitare la riassicurazione delle Società di mutuo soc corso — ino a quando la pensione di nò; lattia per gli operai e per gli impiegati pri-' e dj/vati non sia divenuta obbligatoria esse diverrebbe l'istituto centrale amministrativo e contabile; 4.o si manterrebbe per quanto è possibile immutato, sempre sotto il controllo della Cassa Nazionale, l'ordinamento dello Compagnie di assicurazione riscattato, sia per ciò che riguarda gli uffici, sia per quanto riflette il sistema di iscrizione degli assicurati e di riscossione dei premi, garantendo però ai « produttori » un metodo meno sfruttatore dfl!° loro energie personali e una pensione ri' /occhiaia, in contraccambio di minori ? i adagili immediati. La concorrenza fra essi perderebbe fili pericolo, data, l'unificazione delle tariffe dello altre condizioni del contratto di assicurazione; 5.o i capitali verrebbero accentrati in un istituto di credito, che userebbe nell'amministrazione di essi i criteri puramente industriali, senza nessuna ingerenza burocratici, nò limitazione nelle forino d'impiego. Ad esempio ci sembra cho alla Banca d'Italia e agli altri due Istituti di emissione non dovrebbe spiacorc, per vari importanti motivi, di amministrare questo vasto patrimonio. a. c. i*

Persone citate: Buisson, Cassa Ponsioni, Codi, Einaudi, Eugenio Chiesa, Eugenio Greco, Giolitti, Molinari, Parodi