Maupassant nei ricordi d' un servitore senza livrea di Gino Pestelli

Maupassant nei ricordi d' un servitore senza livrea Maupassant nei ricordi d' un servitore senza livrea Quando Francesco, domestico a spasso, fu introdotto dall'amico e sarto M... R... alla presenza di Guy de Maupassant, questi era ormai un uonnj celebre, uon solo per avere realizzato a profusione la profezia del suo gran maestro Flaubert con la pubblicazione di qualche capolavoro, ma anche per essorsi già costrutta una quasi balzaccbiaua faina di geniale bue da lavoro capace di scrivere una bella novella al mattino per procurarsi quei due o tre biglietti da cento, che dovevano pagare le gioconde intemperanze del pomeriggio, le allegre distrazioni delle faticose veglie. Ma per quanta coscieiy&a. avesse della celebrità di quello scrittore che doveva diventare suo padrone, il nostro Francesco non volle fare nessuno etrappo alla sua fiera dignità: ascoltate le condizioni del signor de Maupassant, dichiarò di non poterle accettare, chiese mille scuse pel disturbo inutilmente arrecato e prese l'uscio. Non che il salario offertogli fosse troppo basso, o troppo duro il servizio, ma pen-chè quel padrone, quel grande artista che riceveva, nel salotto stando in pantofole «1 in camicia da notte, sbottonata sul collo possente, pretendeva nientemeno che il suo « valet do chambre-cuisinier » portasse la livrea. Ora, di livree, il buon Francesco non aveva mai voluto saperne, e pur di non indossare una livrea quesito domestico a spasso rifiutava, lì su due piedi, un buon collocamento in casa di uno scapolo, rinunciava a vivere nella intimità di un grande uomo intorno al quale lo avrebbero certo interrogato, un giorno, i biografi o gli ammiratori dello scrittore ed avrebbe potuto scrivere —- perche no? — un libro di memorie originali, di notizie inedite, di confidenze discrete... E se, infine, quel rifiuto nun fu definitivo, se il nominato Francesco Tissart, « valet do chambre-cuisinier », divenne ugualmente il cameriere di Guy de Maupassant, se a noi è oggi dato di leggere l'attraente libro dei « Souvenir* mr Guy de Maupassant par Francois, san valet, de, chamhre », gli è solo perchè quel singolare padrone rinunciò alla livrea, finì per ascoltare ed accettare le condizioni e il « modo di vedere » del siugolare domestico. Orbene: in questo aneddoto iniziale della livrea è la migliore presentazione dell'uomo che ora ci discorre con semplice parola commossa del grande artista che egli devotamente servì fino alla morte ; 6 la migliore prefazione a questo libro di care rimembranze. Quegli che ha per mestiere il servire ed in sua naturale fierezza non accetta una livrea, non ò un servo, una mezza coscienza, un vile faccendiere, una persona ria poco: bensì un libero uomo provvisto di ulta qualche personalità, un'intelligenza ed kn 'cuore integri. Infatti, avendo rinunciato (il 'servitore in montura, l'autore di Une -a.e s'ebbe un compagno fedele, quasi un fr|- tello e un amico; s'ebbe, col domestico pcdSsmsntMf—tgdintsdclsrvstalzdgoattsscdccrtcvmvmtecmbppcmdmlmsialc ...gre che sorvegliraconre trepido e con mano pronta la sua mortala^ follìa- |c_ signorina H... è la più avvenente tra tutte, j così lo Spagnuolo rimane a lei e con lei la- j scia la casa dell'ospite. « Quando furono1 partiti — racconta Francesco — fu un de- lirio: tutti si contorcevano, gli uni pianse- vano dal troppo ridere, gli altri saltavano. Il mio padrone, tenendosi i fianchi, gongo- lava per la gioia che la farsa fosse così bone riuscita. Egli sapeva che all'indomani, al- l'alba, il marchese avrebbe lasciato un luigi sul caminetto della bella H... e sarebbe sconi- parso all'inglese ». Un'altra sera, Maupas- sant offrirà un desinare di quattordici co- petti per burlarsi di un conte troppo am- bàioso e troppo credulo col simulare, tra un dato ed abile cuoco e svelto imballatore i masserizie, l'allegro camerata che lo accoripagnerà in ogni peregrinazione, il delicatt ed eroico infermiere che sorveglerà con cunV Il libro è in forma di giornale ed abbraccia gli ultimi dieci anni della travagliata esistenza di Maupassant: dal giorno di Ognissanti del 1883 al 13 giugno 1S93: dall'operosa vigilia della creazione di Bei Ami (« ZI y a tonte, une partie pour les dames, qui les interesserà, je crois. Qnant, aux journtdistcs, ils en pre.ndmnt ce que bon leur semblerà: je. les attendes!... ») all'ultimo respiro esalato nella Casa di cura del dottor Bianche a Passy. Il lettore di queste pagine — il quale deve trasferirsi, in un incessante andirivieni, da Parigi alla campagna e viceversa, saltare dalla Costa Azzurra ad Algeri od a Tunisi, passare delle notti in battello al chiaro di luna, lasciare un wacon-lit per una diligenza, e poi, dovunque, tender l'orecchio al fruscio di sottane che fuggono, cavarsi gli occhi per indovinare bei visini di signora nell'ombra, percepire soffocati singhiozzi di passione, passare dalla cucina ad \\r\ desinare di letterati — sente venire innanzi a sè, lenta e fatale, la pazzia che ucciderà l'uomo dopo avere soffocato l'artista, sente affievolirsi l'eco delle rumorose brigate Dell'incalzare della catastrofe, vede calare un meriggio pieno di solo in una notte senza risveglio. E' in questo lento passaggio dai lieto"al triste, dalla gaia spensieratezza «M'idea fesa, dalla salute alla malattia, dalla vita alla morte, che sta tutta la commovente drammaticità del libro di ricordi di Francois-Tissarl, che è felice della felicità del suo amico-padrone, che soffre della sofferenza di lui. Nelle, prime pagine trovate un Maupassant che vive au grand air, che è innamorato della primavera e dei suoi pesci rossi, che è nemico delle sale di aspetto nelle stazioni ferroviarie (« elles se.ntenf la crasse datis tous les pays du monde ») e sapiente organizzatore di desinari-burletta. Questi desinari, che concludevano in una beffa più o meno grassoccia erano come altrettante novelle in azione, del genere più facile e allegro, nello quali Maupassant si compiaceva di » jouer le ròle » del borghese buontempone, che sta a vedere e si diverte. Una sera, per esempio il delicato psicologo di Naif è cof.itr bandisce in casa sua il « desinare dei fidanzamenti » per vendicarsi della a bella H... », che lo aveva mistificato. Un desinare, cioè, al quale la signorina H..., con altre tre signorine del suo rango, fa la conoscenza di uno Spagnuolo per modo di dire, immensamente ricco e marchese, il quale è impaziente di ammobiliarsi sontuoeaniciite un grande appartamento, e niente di meglio domanda che scegliere <i une jolie enfant », la quale in quello spazioso appartamento di là da venire lo distragga e tutto gli cliiesrga. Nasco tra le. quattro damigelle una «ara di vezzi c di moine, ma come la piatto e l'altro, la costituzione di una società anonima intesa all'acquisto dell'isoln di Sainte-Marguerite... già acquistata dallr, Stato; un'altra volta infine, la burletta consisterà ne 11'invitare a pranzo alcune belle dame avventurose perchè s'innamorino di un simpatico collegiale che altri non sarà se non un'onesta signorina travestita, una « petite institutrice » dall'aria di monello. Ma questo, ognuno lo capisce, non è il Maupassant più vero e più lieto. « Se io fossi ricco — egli confida al suo Francesco — vorrei avere una grande casa in solitudine; la riempirei di cose belle e di oggetti rari, che non mi stancherei di guardare. Sarebbe per me l'ideale poter vivere in una quiete assoluta, passare intere giornata a contemplare ciò che mi piace, lontano da questa vita mondana, che tanto mi stanca, che pure sono costretto a vivere, che detesto... ». E c'è un punto, in questi ricordi del perspicace domestico, nel quale si legge che il donnaiuolo signor de Maupassant rimpiangeva talvolta, di non potersi riposare in un placido affetto coniugale, invece di consumarsi al fuoco di troppo passeggere passioni, di una passione sopratutto, che dovette giganteggiarsi nel cuore fino a soffocarlo, ma della quale il discreto « valet de chambre » non ci dà esauriente notizia. Comunque, quando riesce a fuggire la detestata vita mondana, quando può rifugiarsi su una selvaggia spiaggia di mare o su una votta di monte, egli si abbandona all'ebbrezza delle pure contemplazioni estetiche; va, per così dire, a caccia di poesia tra le cose più umili e volgari; porta a spasso tra gli ulivi o sulle onde, la sua squisita sensibilità; dà fondo a tutta la melanconica sentimentalità del suo temperamento di scettico. Quest'uomo, in fondo, non visse che per la sua arte, e di aite discorre col suo cameriere per averne giudizi su novelle e su romanzi suoi o d'altri; di arte appassionatamente s'intende con la madre, che non poche e bolle pagine d'impressioni vissute dovette suggerire al figlio, tra le altre quella meravigliosa., in Uve vie, ove è narrato il viaggio di nozze di Jeanne. E quando mamma e figliuolo si sono messi d'accordo sul tema e sullo svolgimento di tuia novella ancora da- scrivere, l'artista, trionfante, esclama : (f Così è perfetta. La mia novella piomba giù sulle sue zampe come il gatto del portinaio » — un paragono questo, che non poteva offendere l'arte dello scrittore giacché è noto che Maupassant amò i gatti non meno intensamente di quanto li amava Baudelaire, e molto si disperò per l'immatura morte della sua Piroli, la gattina prediletta. Ma venne il giorno poi, che ad un solo miagolio in lontananza Guy de Maupassant saltava su dal letto, spaventato e inferocito: il grande amioo di Viroli era già entrato, allora, nel regno della follìa. Su questa follìa, Francesco Tissart non ci -apprende gran che di nuovo; ma sa dirci, quasi giorno pergiorno, per minutissimi e pietosi episodi, iloffuscarsi di quella mente geniale, ^ ^^.^ £ quelrocchio vivido, |cl]c l'artista aveva saputo sapientemente e-lucare a veder tutto e bene. « Anche i migliori artisti — «gli diceva al suo Francesco 4— devono darsi la pena, molta pena, di élucarsi l'occhio, perchè esso sia davvero tyiòno ». Ed anche della sua povera testa, Maupassant aveva detto qualcosa al fido ceneriere : « Ho la testa tonda, nevve.ro? E* così tonda, vedi, perchè il vecchio dotto» che mi ricevette al mio arrivo nel mondo, me la prese tra le ginocchia e me l'arrotcjidò con un energico massaggio... Deve essefc per questo trattamento subito dal miofriovane cervello, che io posso ora tanto faciibente produrre un lavoro superiore al lavofc medio di uno scrittore... ». Il troppo lavoro, peraltro, e la misteriosa passione amorosa, dovevano ucciderlo, dovevano schiantare la sua tempra gagliarda, a disotto, anche, della cura idroterapica, nei beffici della quale egli aveva, così cieca fiduciaria spiegare la morte di Flaubert a questo jnodo : « Quando penso che Flaubert non ha. mai voluto far doccie nè frizioni, che nor^ ha mai voluto saperne d'igiene !... Pensate,8 caro Francesco : Flaubert non aveva che. sessantanni quando morì, ed era ancora fette e vigoroso ! Nessun dubbio, che una docci'., come questa che faccio ora, gli avrebbe piolungata la vita... ». Guy da Maupassant, corno tutti sanno, morì all'olii di quarantatre anni ed era pur lui forte e'; igoroso di membra... **» Ho già ditto ohe Francebco non fu soltanto il o vìlet de chambre » di Guy de Maupassant \ fu- anche un po', il suo segretario di biblioteca, il suo confidente letterario. Così, qiesto domestico può riferire anche interessanti giudizi su uomini e su opere ragguardevoli; farci sapere, ad esempio, che il sudi padrone aveva molta simpatia per Alessandro Dumas figlio (a letterato di prim'oirdine,'■komme du monde accompH, incompeirnhle d'ti-propos pfìiir les boiis mots et les jolie.s anéfdotes ») ed una tal quale inesplicabile antipatia per Emilio Zola, per l'uomo, beninteso, non per l'artista, che contro l'artista ofe l'aveva su, piuttosto, il buon Francesco, i^, quale rimprovera all'autore di Pot-lioniHèdi avere un tantino diffamato i doonesticiL Quanto alla personale antipatia del suo pVlrone, è inutile ricordare che l'autore dell .1suo inni air se ne vendicò molto generosàiaente alla morte dell'autore di Maison Tt'lier: « Ci vaileva tutti !.".. » — esclamava' Zola accompagnando, insieme a un Daudet, a un Dumas, ai De Goncourt, la salma di Maupassant al cimitero. Del Flaubert, poi, Francesco ci narra un episodio personale inolio eurioso. Francesco Tissart ebbe l'alt» onore, tra gli anni 1876 e 1877, di servire » tavola, in casa della signora T-.., l'autore db Madame Bovary e j di leggere, in seguito a tale circostanza, que j sto capolavoro, prima par conto suo e poi, 1 ad alta voce od in più \nprese, per conto di tutta la servitù della* ugnora T-.., rac colta in cucina. \ « Quella lettura suscitò iinolte discussioni tra le cameriere a proposito! della prima pas segnata a cavallo di M.mi Bovarv col si gnore suo vicino, e la discussione si fece an che più scria quando io les, i il passo ove M.me Bovary, tornando dai castello, una mattina, si trova, davanti alisi capanna, alle prese col guardaboschi. La cuniariora. inglese diceva: — Oh! //<;.<.', io, al l.^lo della si gnora Bovary, sarei entrata xfclla capanna, tranquillamente, lo avrei stordito con false carezze, poi gli avrei strappato di mano il fucile o l'avrei ucciso, l'avrei!' Così, non avrebbe più potuto andare a dire in paese che ini aveva visto tornar dal castello!». Bppoi, siccome Flaubert abitava proprio nel'n casa dirimpetto a quella della signora T-.., ? cameriere, collegllo di Francesco, cercavano di vedere l'autore di cosi bel romanzo: « D'una diceva: — Ho visto un pezzo della sua veste da camera ! ; l'altra : — Ho visto il suo cranio lucido !... ; una terza : — Io gli ho visto i ciuffi dei capelli, lunghi lunghi, giù sulle spalle !.. ». Tanto rumore faceva Madame Bovary in una cucina ! Infine, Francesco si rivela goloso custode e recensore dell'opera letteraria del suo padrone raccontandoci con infinito rammarico, quasi con sdegno, il come e il perchè Guy de Maupas-sa.nt privò la sua bibliografia ed i suoi ammiratori di un bel libro sopra l'Italia. Un giorno Francesco, entrato nello studio per accendere il fuoco nel caminetto, vide su: marmo di esso un mucchio di carta abbruciata: Maupassant aveva dato fuoco ad un suo manoscritto. « Non volevo credere ai miei occhi ! Ma nessun dubbio : quel manoscritto di 220 pagine, di un valore inestimabile, non esisteva più... Esso conteneva i ricordi dei viagjri. che il mio padrone aveva fatti in Italia. Egli vi mostrava le signore di Vicenza relegate nel fondo di una caverna, le lotte di Pisa, di Firenze, di Milano... Era così ben fatto il racconto, che si seguivano gli avvenimenti come se essi si fossero svolti davanti ai nostri occhi. Se ne restava turbati, si sentiva l'odore del sangue caldo sui campi di battaglila che egli descriveva: era, in una parola, impressionante corno una realtà. Poi, il mio padrone parlava delle arti o sopratutto desìi uomini superiori di questo paese. Alla pagina 176, egli dava la biografia di un tomiste caduto ammalato in viaggio e curato in urna camera d'albergo dal suo servitore. In questo fatto semplice l'autore di Notte coear aveva superato se stesso. Più tardi, nella Vie errante, qualche pagina sfuggita al fuoco fu rimessa insieme e pubblicata... Io tentai di sapere la causa di questa distruzione. Ma il mio padrone restò impenetrabile su questo plinto. Solamente, più volte, mi diceva, parlando di Crispi : — Quest' uomo (eet ótre b'is) fa molto male al suo paese! Al punto, che io non voglio nemmeno più leggero ciò che costui fa dire dai suoi giornali a proposito (lolla Frància e dui temperamento del suo popolo, Ma se un giorno mi trovassi in faccia a lui, io non so se potrei trattenermi. Credo, clic gli dirci dello cose, che non gli farebbe piacere ascoltare... — Ed io — conclude il buon Francesco — avendo udito più volte Monsivur esprimersi con tauta asprezza sul conto dell'Italia, ritengo che egli abbia preferito sacrificare !a sua opera piuttosto che dire del bene di un paese i cui dirigenti perseguitavano la Francia con perfida ani iinosità ». ! Chi l'avrebbe mai detto? Gino Pestelli \ugusto Franzoj

Luoghi citati: Firenze, Francia, Italia, Milano, Parigi, Tunisi, Vicenza