Il cinquantenario della dinamo

Il cinquantenario della dinamo Il cinquantenario della dinamo Una conversazione con Antonio Pacinotti Come Zenobio Gfamtne usurpò l'invenzione Genova e Pisa in una soave comunanza d'intendimenti, stanno preparando, con la operosità, di speciali comitati, risonanti del nome di cospicue personalità cittadine, tributi di sincero omaggio ad uno scienziato veuorando che a buon diritto può chiamarsi l'erede del genio di Alessandro Volta ed il maestro di Galileo Ferraris e di Guglielmo Marconi. Coll'avvento fiorito del prossimo maggio, celebrandosi il cinquantenario della dinamo e del motore elettrico, risonerà pel mondo devoto ed ammirato, fulgente di nuova luce, il nome di Antonio Pacinotti. Non solo. Ma un soffio di sincerità spazierà ancora nel cielo della scienza, ravvivando il fuoco di gratitudine che da lunga teoria d'anni e di vicende riscalda l'anima del Maestro, che fu calunniato per troppo tempo, mentre meritava soltanto di essere cre- duto ed amato. Sarà questa l'esaltazione di un merito grande per virtù e per verità e la consacrazione solenne della possanza del genio italiano. Nò debbono occorrere particolari argomentazioni per richiamare alla mente del lettore l'istoria di peripezie e di sconforti attraverso la quale è passato quest'uomo che dicevasi: avait construit un nomareil qui dìfferait très peu des machines Gromme EN 17SAOE. _ Basterebbe, in questo istante di rievocasione, riportarci soltanto alla lettera pubblicata da Galileo Ferraris, nella Gazzetta Piemontese del 13 giugno 1884, nella quale, tra. le altre cose, l'illustre scienziato diceva che egli « aveva avuto l'invidiabile sorte di pqvgscccpcsqadmconlribuire nel giurì della Esposizione internazionale di Elettricità di Parigi a fari rproclamare il Pacinotti inventore della pri-irma macchina aspirale anulare ed a corrente] vontìnua ». sMa procedendo con ordine, noi potremo j tanche addentrarci in questo ormai sepolto j tma non dimenticato dibattito sorto per at- j At-ribuire al Pacinotti la priorità della ideajcprcatrice, dibattito nel quale, oltre a Galileo;eFerraris, difesero validamente l'inventore!ppisano, Silvamy Thompson, inglese, e'AVer-j zner Siemens, membro dell'Accademia delle:dscienze in Berlino, quello stesso che comu- mincava ad Antonio Pacinotti, con lettera hijcdata 12 febbraio 1875, a avergli la Giuria\Einternazionale in Vienna, assegnato una JRviedaglia pel Progresso sopra il suo geniale ctfiotore ad anello elettro-magnetico descritto Pena Nuovo Cimento » dell'anno 1864 ». (De- \ tscrizione che non essendo comparsa tradotta nè in francese, ne in inglese, nè in tedesco, permetteva impunemente che la macchina del Pacinotti, passasse da per tutto come invenzione del belga Gramme). irtesdHo avuto la fortuna e l'onore di essere mricevuto dal venerando senatore, che più cvolte mi aveva dati manifesti segni della tsua benevolenza, ieri, nella quieta sua abita- dzione di Via Santa Maria, 14, ed Antonio cPacinotti mi ha concessa un'intervista per i lettori della Stampa. Conoscevo già il solitario ed intimo rifugio famigliare dell'inventore, che trascorre la sua nobile esistenza fra gli affetti della famiglia, le cure del suo insegnamento di fisica tecnologica all'Università di Pisa, dove risiede dall'anno 1881, ed il suo prediletto gabinetto di lavoro, nel quale passa lunghe ore iu amorevoli e continue ricerche di studioso. Non avevo prima d'oggi osato importunare il Maestro, che avevo parecchio volte incontrato durante le tranquillo passeggiate che egli compie nelle vie solitarie di questa sua Pisa che gli dette i natali nel 1841, e nell'aula del Consiglio comunale di cui è preclaro ornamento, d,a una lunga serie di anni. Con quella sua paterna condiscendenza, l'atta di sorrisi e di amabili parole, Antonio Pacinotti mi è venuto incontro, nel salotto semplice e grazioso, dove spiccano fra gli altri due grandi ritratti : quello del padre prof. Luigi Pacinotti e della madre, Catel'iua Catanti. — Ali ! questi signori giornalisti ! questi signori giornalisti ! — esclama il professore, stringendomi la mano con espansione. — CosaVò di nuovo? Dunque.... — Son venuto a congedarmi da Lei, processore, poiché a giorni lascerò Pisa, ed a pregarla lei mi comprende. Dovere professionale... Ci mettiamo a sedere. Il professore mi sorride. Ha perfettamente compreso, ed c dapprima un po' riluttante a parlarmi di cose sue. Si commuove gradatamente mentre.gli accenno alle feste che stanno preparandogli, e lilialmente riesco ad avviare il discorso sulla parte sostanziale dell'intervista. Ma io ho già dilucidato la storia delle macchine elettrodinamiche con una pubblioazioneclla, dirotta al direttore della Rivista a. L'Elettricista ì mmstRLdssim p- e à l i o l e a a i — Conosco il prezioso volumetto, professore, ma.... — Ed ho raccolti in tanti volumetti tutti i documenti e lo carta autografe che tale istoria completano. Glie li posso aucli9 far vedere. Mi dimostro lietamente soddisfatto. Il professore si fa sempre più condiscendente ed io ho la possibilità di veder sfogliare in mia presenza una diecina di fascicoletti. Sulla pagina che inizia il primo quaderno sta scritta una data: Luglio 1858; 0 spicca uu titolo : Sogni. — Ero studente ancora : — mi commenta il Pacinotti — questi appunti scritti di mia mano mi servivano per fissare sulla carta le impressioni, le nuove idee che mi scaturivano nella mente, in quell'età beata e così lontana ormai. Legga a questo punto. Obbedisco e trascrivo il periodo : o Creazione di una macchina capace di trasformare il lavoro meccanico in elettricità ». E' il germe: è la scintilla del genio! Le note finiscono coll'anno 1859. Era l'anno della guerra. Pacinotti dovette abbandonare Pisa per parteciparvi come sergente, nella 2.a compagnia della divisione Toscana, del Genio militare. Preso dai ricordi, il buon professore incomincia a narrarmi : — Ero a Coito, seduto sopra un ciglio, vicino a fasci di fucili, ma non avevo mai combattuto, come qualche giornale stampò. E fu precisamente colà che pensai per la prima volta ad aumentare la influenza magnetica della calamita fissa, sopra l'anello, col fare al ferro di esso alcuni denti che sporgessero a riempire gli intervalli fra 1 rocchetti dal lato esterno dell'anello. « Ottenuto il congedo e ritornato a Pisa, dopo le più urgenti occupazioni per superare gli esami universitari, tornai ad occuparmi con ardente amore de' miei studi preferiti, e cioè delle elettro-calamite trasversali, o fu precisamente « nell'aprile del 1860 » che io, con l'aiuto di Giuseppe Poggiali, meccanico nel gabinetto di iìsica-teenologica, costrussi la prima macchinetta ad anello ». Così dicendo il professore mi apre un altro dei suoi libretti, dalla copertina rosea sbiancata dal tempo, e mi fa leggere l'appunto segnato esattamente con quella data — Conservo anche questo mezzo foglio — e così dicendo il senatore me lo presenta — nel quale il 22 giugno 1860 io appuntavo per ricordo il lavoro meccanico che dalla macchinetta costruita si otteneva, quando veniva eccitata dalla corrente di uno o più piccoli elementi Bunsen, in tutte le eliche e quando tre o più di quelli elementi manda vano la corrente nella sola elettro-calamita girevole. Nello stesso foglio, il 23 giugno 1860, sono pure registrate alcune misure della corrente indotta continua che si raccoglieva. — Dunque, non solo io ideavo la macchina nel a 1858 », ma costruivo l'apparecchio che era non solamente motore, ma un produttore di elettricità, nel 1860. E questo, contrariamente alle contestazioni venute in seguito. — E scusi, professore, — gli osservo a questo punto — come mai ella non propalò ai quattro venti la sua invenzione, affermandone la importanza cogli esperimenti della macchina già costruita e procurandosi il di- ri ritto di invenzione e la conseguente prio irità? ] — Io scrissi, nel novembre di quello stes so anno 1860, mentre con la famiglia mi j trovavo in villeggiatura, una memoria, ino j titolandola : a Elettro-calamite traversali — j Applicazione di questo nuovo sistema di ajcalamite alla costruzione di una macchina ;elettro-magnetica e magucto-elettrica ». Ma !poi serott> inedita la memoria nella speralij za di ricostruire la macchina in più grandi :dimensioni. Fu soltanto nel 1865 (mese di maggio) che mi risolvetti a prender data jcon la pubblicazione del Nuovo Cimento. \Ero allora insegnante di fisica-chimica nel JR. Istituto Tecnico di Bologna. E fu pre cisamente in quell'anno che io partii per Parigi insieme a mio fratello Giacinto, mor \ to aihmè ! così prematuramente. Eravamo in luglio. Mi ero recato a Londra ed a Parigi a raccogliere informazioni sopra i metodi colà seguiti nel servizio metereologico e specialmente sopra i bollettini ed i presagi diurni. Terminate le mie occupazioni di ufficio mi trattenni a Parigi special mento. P.er .sbriSare, "na numerosa serie di commissioni avute dal prof. Donati e da al t"; 0 Per tah commissioni ebbi occasione dl andare. a trovare diversi ottici ed altri c°struttorl .dl ,st™mentl usici, e di disse- a a minare copie della mia Memorietta. « Io avevo preso alloggio in un liòtel meublé Rue des Gres, N. 12, dove trovavasi pure l'amico mio dott. Ulisse Dini. a Anzi, in uno di quei giorni andai a trovare il prof. .T. Jamin, che abitava in Rue Sufflot, N. 24, e non solo diedi anche a Lui la mia memoria portante il disegno della mia macchina, ma anche, secondo le suo richieste, varie spiegazioni orali sul disogno e sulle prove. Ma io non affermo che il Jamin abbia fornito indicazioni al Gramme, che conobbi nel modo seguente : In Rue Notre Dame des Champs, sorge l'officina Fromcnt; Mi vi recai verso la fine dell'agosto di quello stesso anno 1865, per acquistarvi un micrometro, finalmente diviso sul cristallo. Conobbi allora il signor Dumolin che ini provvide l'apparecchio (da me .incora oggi conservato}. Conversando col Du- molili ebbi naturalmente a fargli parola della mia invenzione. Gli sottoposi anzi il disegno della macchina e scorremmo insieme il mio libretto. Io desideravo che il Dumolin si associasse con me per la costruzione in grandi proporzioni, della mia macchina. Il signor Dumolin parve accondiscendere, e restammo d'accordo che egli mi avrebbe scritto in proposito. Fu allora che io richiesi al Dumolin il permesso di visitare la officina Froment. Acconsentì ». Sempre sorridendo, il prof. Pacinotti, che mi ha fatto cenno di seguirlo nel suo laboratorio, continua la narrazione : . a -^Badate, — mi disse precedendomi il Dumolin, — che a quest'ora non vi trove-'rete gli operai. Sono a refezione. C'è soltanto il signor Kenel ! a — E chi è questo signore, — domandai al Demoulin? a —E'.... — mi rispose, — le prénom, o meglio, le surnom de mousieur Gramme ! a — Ma io non conosco questo signore, — obbiettai al Demoulin — non desidero affatto di parlare con questo signore che non conosco. « Al che il Demoulin soggiunse: « —Mais... c'est une brave personoe, un chef d'uisine. Il pourrat nous conseiller. Il a beaucoup de taleut ! a E dopo un istante, sempre per vincere la mia esitazione : a — Datomi retta — continuò il Demoulin — parliamo col signor Gramme ; io faccio molto conto dei suoi consigli. E' bene che lo informiate. Acconsentii ed en- tramino in una stanza davanti ad un gran cerchio orizzontale di ottone tenente ad una macchina da diviso appar-ì, ^;,.,vio™ »,«; i anicicre, poi entrammo in una galleria di arnesi da la- voro, dove soltanto al primo tornio vi era|un lavorante. Quivi il Demoulin ritornò a ™.;nn; <.„i m{n ,„„.„„!,;„ igaziom sul mio apparecchio, sulla figura che accompagnava la mia memo-,rietta, facendomi delle obiezioni strane e cervellottiche, mentre io mi sforzavo disfliiarirc la mia invenzione Invece l'operaio chiarire la. mia invenzione, invece i operaio addetto al tornio, durante il mio discorso, Uaveva sospeso il lavoro, e prestavano la più|intensa attenzione. Ad uu tratto, vedendomi contrariato costantemente dal Demoulin, io scattai concludendo: a — Creda che se costruirà con questo sistema, se ne troverà molto bene : spero mi scriverà che gli mandi il disegno perfezionato. a A questo punto l'operaio intervenne e con molta benevolenza disse al Demoulin, rivolgendosi però anche a me : « — Qui. Oui ! Vrl in fi-pHi.iiHn ri; arpr1ìlo. io cteduioo di aver.trovato un patrocinatore favorevole a me, ritornai molto ardentemente a parlare della!mia invenzione: del coefficiente della re-| versibilità, della grande importanza della corrente indotta continua di alta tensione, ecc., terminando col dire che sarei stato ieto della loro collaborazione ». — E, — domando io a questo punto al prof. Pacinotti, — che tipo era questo chef d'uisine? — Non era più un giovanotto, — mi risponde il Maestro — ma un uomo alto e bello. Aveva la faccia regolare e rosea, gli occhi c.nerini ed i baffi castagni. Indossava una quasi elegante giacca brizzolata, con sottovesto della medesima roba, adornata da una catena da orologio a lunghe maglie d'argento. a Mentre mi allontanavo da quella officina, cercai di consolarmi del probabile insuccesso, dicendomi: la pubblicazione e già dmsScLsmqdndlpc fatta, qualcosa dovrà pur valere, anche perchè l'ho fatta conoscere: sono liberale, non ho cercato privative, e se non potrò conseguire io gli effetti utili della mia macchina, almeno avrò fatto qualche cosa onde vengano conseguiti. Qualche giorno dopo io rividi per strada il signor Dùmoulin', lo salutai di lontano, nella speranza di potergli nuovamente parlare ; ma esso voltò strada. Pochi anni appresso, e pressamente nel 1871, il Gramme lanciava la sua invenzione. Di Antonio Pacinotti nemmeno parlò, nè si occupò mai. — Come si comportò Lei allora? — Io mi opposi subito alla usurpazione n , o i , e del Gramme, non solo con l'esporre la mia macchinetta a Vienna, ma con lo scrivere al segretario perpetuo dell'Accademie des Sciences a Parigi, una lettera di reclamo, che fu accolta "favorevolmente nel Tomo LXIII dei Comptes rendus a p. 543 nella seduta del lunedì 28 agosto 1871. « Poi scrissi anche al prof. J. Jamin, membro dell'Accademia delle scienze. Ma quando nel fascicolo del 15 ottobre 1905 deWElettricisla, il direttore di questo giornale, parlando della inaugurazione in Liegi del monumento a Zenobio Gramme riportava le parole pronunciate nella circostanza, dai prof. Erio Gerard, allora insorsi e pubblicai tutto il mio atto defensionale. — E che cosa aveva detto il Gerard ? — Testualmente così: a Nel 1860 viveva « in Italia, in una città universitaria, di* stante da ogni attività economica, un cer« catore ingegnoso, quanto scienziato, il ' prof. Pacinotti. Egli trovò un motore elefca trico il cui principio di costruzione era a quasi identico a quello della macchina gea neratrice Gramme ». Ella comprende la malignità. Volevasi attribuire la scoperta a mio padre dott. Luigi Pacinotti, non essendo ancora io in quell'epoca, professore, mentre nel 1905 ero... sempre vivo. — E il Gramme non lo ha mai più incontrato sulla sua strada? — Credo di sì. Fu nel 1881, mentre io mi trovavo all'esposizione di Parigi, e stavo osservando alcune sue macchine ivi esposte, vidi un signore alto ed elegante, munito di una lunga barba bianca, avvicinarsi a me, e in costui riconobbi immediatamente l'antico chef d'uisine dell'officina Froment. Ma non appena il vecchio mi ebbe scorto mi voltò le calcagna e si allontanò rapidamente. Nè per quanto lo avessi tentato, mi l'u possibile essere presentato a lui. — Un'ultima domanda, professore. Ella costruì un altro apparecchio a Cagliari? — Precisamente. Nel 1873. Ma il primo ilo ideai il 1859 e lo costruii a Pisa, il 1860. ! In così dire il venerando professore, che I ha parlato senza mai scomporsi, per circa ■ un'ora, mi conduce presso una delle vetrine del suo vasto laboratorio e mi scopre il prezioso cimelio. Quindi mette in movimento l'altro di maggiori dimensioni, ed io resto estatico ad ammirarlo, avvolto di modestia e di bontà, in tanta gloria. D'un tratto, dall'ampio finestrone che si apre sulla via S. Maria, si sprigiona un l'ascio di raggi d'orò, che rifulgono sulla bella fronte del vegliardo sorridente. Pare l'aureola del trionfo e della bontà. E mentre, con una intensa commozione nell'anima, io ammiro il mio interlocutore, senza osar più di aprir bocca, egli mi prende per le mani e mi dice a fior di labbra: — La ringrazio della sua buona visita, ed abbia fortuna nella vita. Poi mi accompagna fino sulla soglia e mi congeda soggiungendo : — Debbo recarmi al Consiglio comunale. Siamo in piena crisi. La Giunta si è dimessa. Ma ! ! Saluto, balbetto qualche parola di ringraziamento e scendo a precipizio le scale. Ma, strano a dirsi. Il mio pensiero non ha presente Antonio Pacinotti, umile, buono, sincero; ma la figura indefinibile di Zenobio Gramme, nato a Jehayo Bodegnei près de Huy nel 1826, semnlice falegname, di padre in figlio, chef d'uisine chez Froment a Parigi nel 1865, milionario nel 1872 e monumentato nel 1895 a Liegi.... Umberto Paradisi Antonio Pacinotti ntl 1SG0. Antonio Pacinotti, {Plot, Cerri). Xa prima mavliina costruita dal Pacinotti nel ÌSSO^ iFot. Cerri).