La pittura italiana alla Mostra di Roma

La pittura italiana alla Mostra di Roma La pittura italiana alla Mostra di Roma Dal nostro critico d'arte espressamente inviato) Itomi». 29, notte. La Giuria di accettazione è stata severa con l'arte italiana ; ma bisogna subito notare che da questa severità n risultato un beneficio grande. Per la prima volta in litici nostra Esposizione le opere sono state disposte spaziate sulle pareti, a un livello solo. Anche l'ambiente è insolitamente elegante. Le sale decorate da sobrie intelaiature di legno sono parate con stoffa cenerognola, verdognola e grigio-azzurro, che i viennesi misero di moda, e che si rivela alla prova più confacente alla messa in valore delle opere. Luce buona, ambiente chiaro ed arioso:, le condizioni materiali non potrebbero dunque essere più felici. Antonio Mancini Diciamolo subito: la grande attrazione di questa Mogtra sarà un pittore che gode alta reverenza tra gli artisti ; ma che non ha in Italia la fama di cui è degno: Antonio Mancini. Erano molti anni che si de siderava di lui una esposizione ciclica, che fosse illustrazione del suo giusto valore Questa non è ancora la mostra completa; ma otto grandi quadri di lui sono un documento prezioso, atto a mettere in luce la sua fortissima tempra di pittore. Otto tele, sette grandi ritratti ed una nuda, sono esposti nel salone, ed arrestano di primo acchito lo sguardo per la formidabile energia del rilievo, per la robustezza del colore vivacissimo, per lo scintillio abbagliante, per la grave armonia dominante di rosso, nero ed oro. Le tele vicine diventano al confronto scialbe visioni. Mancini è immune dal contagio moderno della colorazione tenue e delicata: nelle sue sinfonie scorre il sangue denso e colorito dei grandi maestri veneziani: egli sarebbe in più opportuna sede in una galleria storica che non in una mostra moderna. Bisogna limitare subito il campo. Non c'è da cercare in lui la intimità di vita, la suggestione psicologica, la poesia di composizione ; le sue tele sono pura armonia di colore, intesa nella sua significazione più sensuale ; ma in questo ristretto campo egli non ha rivali. Anche i maggiori ritrattisti del giorno, Sargent, Zorn, Lazio, hanno da togliersi il cappello dinanzi al suo senso del colore, ricco e smagliante. Non tutto nella sua elaborazione ha una eguale altezza; tra le meravigliose smaglianze della seta e dei velluti, i bianchi hanno talora una lucidità vitrea di terraglia smaltata ; ma molto di questa crudità sarà smorzata, armonizzata dalla velatura del tempo. Bisogna cominciare dal quadro più antico, un nudo che il Mancini, non contento, aveva già coperto di biacca per dipingervi sopra un altro quadro. Un amico se lo fece dare in cambio di una tela nuova, e rinettò e salvò l'opera bellissima. Un nudo, magnifico di sapore pittorico, dipinto non a bioccoli di pasta, come usò poi il Mancini, ma a leggere e liquide velature : nella sua meravigliosa finezza ambrata sembra una cosa classica. Esso ci prova che l'artista sarebbe riuscito grande egualmente, forse più grande, anche senza la tecnica attuale che consente effetti fortissimi di rilievo, ma che talora ha un senso macchinoso e ingombrante. Da questa opera giovanile passiamo di netto al gruppo di opere recenti. Bivediamo il superbo armigero in rosso e nero che figurò l'anno scorso a Venezia. In questo complesso armonico sembra assumere un'ancora maggiore rie chezza di colore. Sta accanto al ritratto di una signora che ride tenendo in mano la chitarra: già si sa che il Mancini non si affatica il cervello per cercare pose ed espressioni: le più banali e sfruttate bastano. La signora ha una vestaglia bianca: è seduta in una sedia dorata, di velluto rosso, tra vasi di fiori azzurri: i mobili rosso-bruni : cristalli : è una armonia di colore di una forza superba, che cresce di vigore quanto più ci si allontana; vi è un velluto granata che è una meraviglia. In confronto ò minore un altro ritratto di signora, in velluto verde su fondo di cortinaggi neri ; armonia scura che è meno propria al Mancini. Ma sfavillante è il ritratto seguente, di signora Poudré, in abito del settecento, bianco con ricami verdi e gonnella di raso rosa-pesca, un bastone con nastro celeste in mano. Il raso e i ricami scintillano veramente, forse fin troppo, tanto che le carni dipinte a vernice ne restano un po' abbattute. Ma il viso ri dente è bellissimo di carni rosee e di vita: solo gli occhi hanno la fissità vitrea che spesso è difetto del Mancini. Meno fine una terza donna in abito giapponese su fondo di velluto plumbeo. Il viso volgare, come troppo spesso nei modelli manciniani, non ha consentito ricchezza di pittura; ma vi è sopra un tavolo un vaso giapponese rosso, bianco ed azzurro, che è una meraviglia di pittura; non si può andare più oltre nell'elevare col magistero della, tecnica alla poesia del colore una cosa inanimata. Il ritratto di una signora inglese i r fpdaMndsctcmd1tnusmuagcnndsudladmdlv1ztfccdssspftscsznslurbstpfeagd_] na consentito al Mancini"una*insolita°'ere"- c,auza. La signora veste un ricchissimo a- iato raso rosa-pallido, con pizzi e ricami di argento; ed ha in capo un cappello a campana, grigio e nero. Il roseo del raso!si stacca sopra una. poltrona rossa e dora- ta, sopra una tenda nera a fiorami d'oro. !Una sinfonia ila, fare ammattire di gioia un pittore. L'abito è una meraviglia di freschezza: l'argento dei ricami e delle pagliette einula la bellezza degli effetti raggiunti in tutto altro modo dal Klimt, che parvero insuperabili ai visitatori della Mostra veneziana dello scorso anno. Quasi non ci si accorge che il luccichio è otte- nuto con pezzetti di latta incastrati nellapasta. Naturalmente il viso soffre alquan to di quella evidenza di bassorilievo delle cose intorno. Non si può pretendere che ! questo sensuale del colore sia anche uno I psicologo. Per il Mancini il viso è un ac! fidente secondario. Riservo per ultimo un cavaliere in costume del seicento. Un abito di raso-viola e grigio, una tracolla celeste, un fondo di porta dorata, chiusa da una tenda di velluto rosso: è anche esso una meraviglia: il luccichio e la marezzatura dei rasi sono ottenuti con una finezza che non so se sia stata raggiunta molte volte dopo Van Dyok. Ma Van Dyck sapeva farla trionfare forse anche in mezzo ai prodigi della interpretazione pittorica dei particolari. Noi moderni questa sintesi non sappiamo più raggiungerla. Gli altri del salone I compagni di sede del Mancini sono cosi posti ad una dura prova ; ed è un maggior titolo di onore per loro non soffrire troppo della contiguità. Bargellini, un giovane toscano che vive a Roma, ha tentato in un trittico alquanto oscuro, Fiamma, l'apoteosi di Giordano Bruno. Nel pannello centrale vediamo la figura del martire incatenato al rogo ; in quello a sinistra un ignudo fre-ha Pegaso per consentire alla Vittoria di salirvi con la palina in pugno ; in quello a destra figure di angelo recanti in cielo lafiammella della vita. Non so se ho pene-trato l'allegoria: posso però penetrare la novità della scioltezza decorativa e la fi- nezza ardente della pittura, forma e colo- re, in cui un influsso del Sartorio si con- tempera con quello del Klimt. La figura e ; centrale del martire non si lega nè per for- ma nè ner colore alle due nascine laterali, ma nè per. colore alle due pagine laterali, tutta eguale ; ma in cui c'è molto gusto colore Tre grandi tele ha il Nomellini, il quale ini sembra moderarsi nella sua violenza di iridescenze incorporee. Nella maggiore l'imbarco di Quarto: Garibaldi sulla scogliera, le frotte dei volontari, il mare cielo tempestoso: visione concepita con grandiosità di linee, espressa con alquanta durezza. Nella seconda vediamo una madre tra i figliuoli in un canneto, tra i cui steli penetra il sole al tramonto. Nella terza una mietitura. Le reali qualità d'osservazione della realtà illuminata quanto guadagnerebbero da una colorazione meno iridescente, da cieli meno sulfurei, da un disegno più stringato I Filippo Carcano, sempre giovanilmente attivo, ha ingrandito in un vastissimo quadro un suo antico bozzetto di Giuda scacciato dal tempio, ingrandimento meno opportuno, perchè le virtù dell'abbozzo si stemperano nella vastità della tela. Vi ha aggiunto due altri quadri, una marina ondosa, ricca di toni argentei, ma troppo sommariamente disegnata e quindi dura, ed una tela assai bizzarra e modernissima, un gruppo di' alpigiani che, fra un cumulo di nuvole candide, scorge e contempla un areoplano immerso nella luce del tramonto, Le nuvole mancano di morbidezza ; ma l'effetto centrale della luce opposta rivela sempre la sapienza del vecchio maestro. Un altro lombardo, il Bazzaro, rimane fedele alla sua Chioggia in un quadro vivace di toni, ma, come sempre, sommario. Un altro vecchio artista, Pio Yoris, ritorna alla Mostra d'arte con un trittico che, sebbene non allegorico, non ho troppo capito ; ma di cui apprezzo le qualità di pittura della scena centrale: una funzione di comunicanti, nella cui finezza di toni bassi si sente ancora la tavolozza morelliana. Meglio che i pannelli decorativi di Ludovico Tommasini, sempre eguali, mi attira il quadro del Maggi. Il Maggi ha questa volta vinto 0 scoglio principale della pittura di montagna: non è caduto nelle quinte oscure, nè negli effetti di parti laterali : ha trovato un motivo nuovo: un greppo verde di pascoli magri e grigi, che si profila sopra un massiccio di monti brizzolati di neve, che una carezza di sole sfiora. E' una visione argentina, armoniosa e fine, intima e suggestiva, che non sente come altre tele precedenti il sussidio fotografico. Il primo piano è eccellente ; meno riuscito il cielo che non sta a posto, e sente la tinta, e manca di luce. E' uno dei paesaggi più delicati e seri della sezione italiana. Prima di uscire dal salone ricordiamo una pittrice, la signorina Nathan, allieva del Balla. Ci mostra una sarta che misura 'abito ad una signora che volta le spalle ad una finestra: pittura senza finezza, audace nella fosca armonia nera e turchina, ma giusta di visione, sincera e robusta. I reneti Ettore Tito occupa con sette tele la metà di una saletta : lo si riconosce da lungi, al'uniforme colorazione giallognola. Questa volta ha voluto tentare in una grande tela 11 quadro religioso. E' una deposizione, senza carattere storico ed anche moderatamente moderna di costumi: è un gruppo di effetto scenico di una teatralità alquanto seicentesca, composto con armonia e dipinto con sciattezza magistrale ; ma il dramma divino o umano manca completamente: l'espressione è puramente esterna: non persuade, non è che un pretesto di pittura ; ma sotto l'aspetto pittorico non è abbastanza potente per legittimare il pretesto. E' una antasia decorativa ; ma anche in una fanasia ci deve essere armonia ; e qui il cielo strapazzato ed informe opprime e disturba con la sua pesantezza sommaria e con le sue luci rosse le figure, togliendo di apprezzare le finezze di pittura. Le altre tele hanno lo stesso motivo, la stessa tecnica, gli stessi effetti di luce, la stessa stereotipa coorazione delle opere consuete del Tito. C'è una maggiore fretta e leziosità. Il migliore è il quadro di Buoi che arano, in cui i bianchi, colpiti da! solito raggio obliquo di sole giallo, sono più dorati, fini ed ambientati. Cerchiamo di raccogliere i veneziani. Mi pare che emerga fra tutti Beppe Ciardi : La fonte, a cui si abbeverano le mucche, è un effetto già da lui varie volte ripetuto ; pure appare forte, nuovo, ricco di bei grigi argentini : ma oppresso, come sempre, da un cielo sordo, senza luce e senz'aria. Il Ciardi in altri due quadri si migliora: sono tutti e due anzi che no poetici di motivo: nel primo un cavallino bianco attaccato all'erpice sosta sopra un poggio di stoppie gialle, sotto un cielo plumbeo, invaso da un nuvolone minaccioso: cielo e terra in ancono d'un po' di luce. Invece ricca è l'atmosfera dell'altro: un uomo che vanga sopra un argine, sotto un cielo vario di ombre e di luci: quadretto armonioso di grigi; fine, ancora un po' crudo nei bianchi, ma già d» una maturità grande. Gustose come seml>re le evocazioni settecentesche della sorel- Una grande tela ha il Pascucci, un altro pgiovane di Roma e romano: I preparativi ldi una processione; la statua del Cristo, nbimbi agghindati, un uomo in costume di tlegionario romano, e il corteo dei proces- tsionari recanti la torcia. Pittura molliccia cla Emina; pili deboli i quadri del padre. Legittimamente stanco di una vita, artistica che ha, avuto pagine non dimenticate: non c'ò artista, che possa impedire che nei suoi tardi anni il convenzionalismo delle forinole invada le sue tavolozze. E' il caso del Fragiacomo e del Bessi: il primo riprende le sue note consuete nella vela gial la dorata dal sole: solilo effetto di bruma rosea, ma pur sempre fine ; il secondo ci presenta visioni autunnali di laguna e di campagna romana, fini certo, ma tanto poci fotte che il pennello non ha coperto »1 carboncino del disegno: nobiltà di visioni certo, ma arrestata al primissimo ahb"zo. Veniamo ai giovani. Temo che le Indi dell'ai no scorso abbiano fatto più male che bene ad Italico Brass: nelle tre tele qui inviate divengono evidentissime le deficienze che lo scorso anno non si vollero vedere ; sono un'impressione al Caffè Floriau; un'altra d! carnevale in piazza San Marco, ed una terza di bagni al Lido. Il Brass vede crudo e freddo ; ma questo non deve impedire l'armonia generale. Ora in queste impressioni, deficenti di disegno e di solidità, manca totalmente l'ambiente : le figure appaiono ritagliate sopra un terreno che non è terreno, ma un'uguale tela cenerina in lastricato o spiaggia del mare. Ora le Inevitabili deficenze di forma dell'impressionismo possono appena essere riscattate dall'armonia del colore e dalla suggestione dell'ambiente atmosferico. Meglio si regge lo Scattola. L'effetto lunare di Canale Veneziano è un po' scenografico ; ma l'impressione di Folla domenicale. all'Isola di Sant'Elena è vivace n co vLgzmalDpsnlticsgicmcnrtvgnglardcsbgbddsslltnrlaorslelecdlelidcluptrcozdvavfimn1gvalpeèsratrhcluamaab1ddtnzcmlibvteizrhriptzsnfsid, j lorita. Peccato che lo Scattola imiti palese mente il disegno e la tecnica di Lucieu Si!mon, donde un senso di artificio, ] Pieretto Bianco si è alquanto corretto dalla pesantezza degli unni scorsi: nelle scene di Fondamenta è più fine e vivace, ina è pur sempre troppo sommario, Trajano Chitarin insistè nelle consuete scialbe visioni rosseggianti scozzesi, moda, per fortuna, oramai superata. Il Sartorelli nur nell'orbita del suo convenzionalismo, i pur nell'orbita del suo convenzionalismo, è più fine del consueto nelle Capanne sotto la luna: buon presagio di un possibile rin-j novamento. Guido Caprili ha due ritratti ai tempera di vecchie; crudi e ingenui, ma ini tensi e sani. Rincresce vedere un artista) che desto grandi speranze come Lino Sei-! vatico, cadere nel ritratto della baronessi Liebenberg. Da anni ho avvertito, controi gli inni altrui, la fretta pericolosa, lo sprez-f zo del disegno, lo chic senza sostanza che! man mano corroderanno l'arte di questo; artista: qui ne vediamo le conseguenze do-" lorose. Sul ritratto di questa signora in ai Dito verde, appoggiata a due sedie, non c'è» più nemmeno l'inganno dell'apparenza dif sinvolta ed elegante, non c'è più nè disegnai nè colore nè eleganza pur frivola: sembrai legno grossolanamente scolpito e tinteggiai to, non carne e stoffa: l'imitazione di uni inglese già superficiale come il Lavery puoi condurre ad abissi spaventosi, quando noni si abbia l'energia fisica che sorregge i'anglo-sassone. Non dirò nulla del Castagnaro, pallido' imitatore del Tito, nulla del Mentessi: non' c'è nulla da aggiungere a quanto s'è detto • mille volte ; nemmeno spendere parola pelchiaroscuro del Mentessi ; non mi arresto nemmeno alle solite eterne donne del [.aurenti : se gli artisti copiano monotonamen* te se stessi, non c'è ragione che uguale lavoro debba fare la critica. Piuttosto biso-^ gna parlare del Giandomenechi, il veneziano che fece parte delle animose schiere de* gli impressionisti francesi, e che espone per' la prima volta, credo, in Italia. Il vecchio! artista ha mandato tre opere antiche, curiose come documento della pittura prima del 1880: una rappresentazione di domeni-i ca parigina, un umile angolo di città in cui;sulle panche siedono, dinanzi al canale? bambini, vecchi, balie: vedi manifesto ilgusto dello studio della vita moderna ; ma: bisogna aggiungere subito della vita mo-derna in ciò che ha di più povero in fatto! di poesia pittoresca. Perchè l'impressioni-'smo si potrebbe veramente definire «realismo inestetico ». Pazienza! Qui c'è rincorao studio nuovo della realtà illuminante:! e goffe muraglie di questo miserabile mo-i tivo hanno bellezze di riflessi e di toni. Mal' nelle altre tele non vediamo non solo la' realtà estetica ; ma non vediamo nemmeno' a realtà : perchè una donna può essere un! orribile rospo come questa nuda che si stira, ma le carni non sono mai state nè possono essere sapone rosa, come queste, nèe pareti cartone. E nel terzo quadro (1885),. e solite scene borghesi di restaurant, nella' cui miserevole orbita gli impressionisti ere-, dettero consistesse la vita moderna che vo-; evano redimere. Vediamo non solo le soite goffe forme umane ; ma anche l'orrore' di uno specchio, in cui si specchiano certe': cose bianche che vorrebbero essere globi1 uminosi, ma paiono invece orciuoli o po-: poni... Altro che realtà ! E' un idealismo1 rascendente, e del peggiore 1 I lombardi Fra i lombardi, noto il Tallone: ha 'duo cose: Lydia Borelli arrovesciata che danza, in costume trasparente nero e pagliette, d'oro, dinanzi ad una colonna di marmo' vérde e a cortinaggi d'oro: messa in scena; artificiosa, di dubbio gusto. Il ritrattista! valoroso non ha perduto certo l'abilità e la finezza del pennellare e l'impasto robusto ; i ma ha smarrita la visione giusta delle car-'j ni, le quali vi hanno un luccichio di metal-; 10 rosa; e uguali carni di rame ha un si-' gnore in abito nero, scarsamente espressi-'; vo. Due marine ha il Belloni: una calma,; azzurrastra, corsa da uno scintillio metal- j ieo ; l'altra ondosa e verdognola: ricche di> pregi e di abilità ; ma poco vibranti l'una, ; e povera di colore l'altra. Assai migliore; è quella di Pompeo Mariani : un po' inchio- i stro nei neri, ma magnificamente mossa, ej ricca di una finissima gradazione di nòte: argentine. Artista serio e coscienzioso, Pie-j ro Chiesa, non è felice nei motivi: stavolta; ha una festa campestre, in cui sono parti-: colari delicati, ma che manca di unità diuce: molto migliore il fine viso di signora: a pastello. Un vecchio troppo volutamente; mancinesco ha l'Amisani ; due forti ritratti! a pastello, freschi e vivi visi di donne ini armonie nere, Ambrogio Alciati; una fine! bambina olandese, il Piatti.. I piemontesi Pochissimi i piemontesi, oltre il Maggi.' 11 Tavernier ha continuato nel doppio in-', dirizzo che segue da alcuni anni: realismo diretto e realismo fantastico. La sua na-g tura gli rende assai più organico il primo ;i nondimeno in queste robuste rappresenta-i zioni di un altipiano soleggiato, sparso di' casolari e popolato di figurelle, non c'è l'ar-ì morda di anni addietro: sembra mancarvi] l'aria, le nebbie sfioccate nel cielo troppo) inutilmente punteggiato hanno apparenza; bambaginosa. Nell'altro, un luogo prima-i verile, in cui seggono coppie di amanti set-! tecenteschi e gli amorini raccolgono rose,! il realismo dell'esecuzione non si armoniz-j za con l'evocazione fantastica: non è piùj realtà e non è ancora sogno. Quattro tele; ha mandato il Pugliese-Levi : effetti di chia-j rità azzurrina, delicati certamente di Visio-! ite, ma in cui fa troppo difetto la struttura] plastica. Una vasta tela ha Alberto Falchet-j ti: una processione che sfila sopra un bai-; zo di monte, nella prima ombra del crepu-! scolo nebbioso, che in alto è rotta da un] estremo raggio di sole che indora le cime! nevicali, sorgenti fra nubi tempestose : l'ef-l fetto di luce è ben composto e raggiunto,' sebbene nelle nuvole si senta ancor troppo] il calore ; ma il primo piano non ha soli-| dita sufficente. Pensando alle precedenti! rappresentazioni di alta montagna del Fai* chetti, vien di pensare che lo studio analij tico e fedele sia più affine alla sua natura' che non l'impressione rapida e la compcM sizione unica. Credo che il Rho non darà davvero importanza al suo invio, tanto mi pare inadeguato ad una grande Esposizione come questa. Del Pollonera non m'è riuscito di trovar il quadro. Del giovane Bosia è un grande ritratto di signora in veste rosa e argento, contro un fondo grigio, che rivela! una aristocratica, intelligenza del colore," gusto di composizione, ed anche abile so-; brietà di tocco. Toscani ed Emiliani • Dei toscani, oltre ai già nominati, non vedo che Luigi Sioli con certi buoi che ara-; no, e .Francesco con una processione a Pi-: sa ; il Lori con studi di crepuscoli nella pi-: neta di Viareggio ; Llewelyn Loyd con uno' studietto ; il Tofanari, che abbiamo veduto ritrattista valoroso, e che si smarrisce alquanto nella chiarità informe di una scena di signorine che danzano sotto le fronde' di un bosco ; il Campriani che non dice nul-j la di nuovo. Degli emiliani noto il Protti, con una figura di ragazzina bionda che accende una lanterna giapponese: scialberìa gustosa,] ma che non raggiunge le cose precedenti;] e con una ragazza arrovesciata alquanto: arditamente sopra un sofà, che gli attribuì-] sco, nonostante la polvere che copre la firma. é/. T Romani Numerosi sono i romani. Del Liouue un» scena di taverna all'aperto in un sobborgo' romano: figure caricaturali, avvolte in un? giallore di sole al tramonto che ha violen-