Il mito della musica allegra

Il mito della musica allegra Il mito della musica allegra Poiché l'ultimo strepito delle trombe e ei timpani si diffuse morendo per la sala ol teatro affollato, ed i ricchi cortinaggi ella, scena si chiusero ondeggiando sopra lia confusa visione scintillante di coriste seminude c di ballerine troppo vestite, lo spetatore solitario represse uno sbadiglio e si aggomitolò nella poltrona misurando l'ini - mensità della malinconia da cui si sentiva anima invasa. E come infinite altre volte j ilanciò nella sua mente se non fosse prete- ribile a quella noia calda, dorata e musicale, uella fredda, squallida e silenziosa delle ie notturne ora bianche di neve. Ma la so- uzione del grave problema gli fu interrotta ai tocco leggero di una mano sulla spalla, da una. voce gioviale che gli diceva alle pallc con l'acconto lieto ed ironico di chi oglie qualcuno ili flagniìilo resto di incoe- ronca: — Come, lei, qui, all'operetta? Lo spettatore melanconico si volse e rico¬ obbe uella poltrona alle spallo un viso ami-io comicamente sorpreso ed interrogativo. i Sorrise con cortesia e rispose: |— Perchè tanta meravìglia? L'operetta sì ' fatta oramai così morigerata, che non ve- o in che la fama di no onestfnomo possa sserne macchiata. E lei allora...? Ali ! — rispose l'altro. — Non si fcrat- a di morigeratezza; si tratta di qualcheoo- a di più grave. Come, lei, un esteta, un cui- ore di musioa austera, un nomo di gusto osì severo, un wagneriano fervente, Un cri- ico che ha bollato di frivolità le opere più loriose della nostra giovine ecuoia, un de- molitore di tutti i nostri vanti odiernissimi, ndulgere al frivolo spettacolo di un'operetta, prire i suoi orecchi a questa musica che: on cerca che di far ridere? Via, confessi he l'ho colto in patente contraddizione e he anche gli Annibali della musica hanno e loro Capue. Lo spettatore solitario sorriso, poiché-una ella signora da una poltrona vicina, uden- do l'apostrofe, non aveva dissimulato un pie- olo riso muto, e dondolando la gamba per- oteva col piedino l'orlo della" veste con una specie di compiacenza bellicosa. Caro e bollente collega — disse — el- a è in errore, ed è con me, senza sua colpa, ngiusto. E' il retaggio comune dei solitari di essere incompresi e mal giudicati. Ma poi he ella mi ha tratto sull'argomento, io nonjho difficoltà ad aprirle intero il mio animo, Io non sono punto quell'acerrimo nemico della musica comica che ella immagina: ani: la cerco da tempo con zelo infaticato. Non so perchè la mia natura dovrei» gusta re, come gusta profondamente, il riso verba- e, da quello di Aristofane a quello di Mark jTwain, da Rabelais a Pierre Weber, e «manere insensibile alle, comicità musicale. Pre gio altissimamente, come tutte le persone se- ^. _™—:x_ i~ «all'urta: persuaso.rie nella vita, la comicità nell'arte, persuaso non solo della sua fondatezza psicologica., quale rappresentazione di questa commedia ch'è la vita, ma qutale suprema prova di genialità. L'esperienza e la critica mi hanno nsegnato che è assai più arduo far artisticamente ridere ohe non strappare le lagrime. Se non temessi di soandolezzare le poltrone di queste sala che tanti trionfi drammatici videro, e più le delicate persone ohe n questo momento esse accolgono, direi che nella mia ammirazione per Io sconfinato ingegno di Guglielmo Shakespeare, la creazione di Falstaff sta infinitamente al disopra di quella di Giulietta e di Ofelia, Spingerò 'empietà sino a dirvi che preferisco una pochade ricca di vera comicità a qualche dramma patriottico, a qualche poema drammatico tutto immollato di lagrime artificiai... Ecco, vorrei ridere in musica con quella rrefrenabile spontaneità con cui rido leggendo la scena fra Diceopoli ed Euripide negli Acarnesi, quella fra Falstaff e il Principe nel secondo atto dell'Enrico TV o quella di Panurge nella nave in tempesta. Ma finora, o io sbaglio, o questo divino riso musicae che io immagino non è ancora disceso sopra la terra. Vi parrà strano che io osi dirvi ciò in quest'aula che ha udito ì trionfi della nostra gloria più chiara: l'opera buffa itaiana. Ma che volete? Ho la vergogna e il dolore di confessarvi ohe il Barbiere di Siiitjlia, se mi fa ridere scenicamente, musicalmente è ben lungi dall'avere uguale virtù. Se il vecchio Verdi non avesse scritto quel Falstaff, obe non piace ai suoi veri ammiratori, oserei dire ohe il vero riso musicale, la vera arguzia in note, che vive ed agisce umoristicamente di per se stessa, indipendentemente dalla parola e dalla mimica dell'attore, è ben poco nota alla musica italiana. Ma, benché accusato di paneeotismo, ammetterò subito che è poco nota anche alla straniera. E' vero ohe il genio wagneriano versò nel fiume possente della sua opera tragica il rivolo sottile di comicità che avvolge la figura d'i un Beckmester, e che il genio di un Berlioz creò la canzone della pulce e a uella del topo, ma sono piccoli sorsi alla mia sete. Ed io mi accontenterei di molto meno; non domanderei agli operettisti moderni di essere Aristofani o Shakespeare della musica: sarei contento se nelle loro opere fiorisse il riso arguto ohe sorge, per esempio, dalle scene di qualche Bosco saero, o dalle pagine di un qualche romanzo francese, quale, per esempio, L'école des ministres, dell'umorista moderno che ho nominato. Ma il mio zelo e il mìo desiderio furono sempre dolorosamente frustrati, Debbo dirvi un triste segreto. Le uniche opere moderne che mi facessero ridere, sono quelle ohe vorrebbero essere serie, sentimentali, elegiache. Ho riso spesso irrofrenabilmente dinanzi a certe scene tragiche dei nostri maestri moderni più famosi, tanto quella musica mi pareva comica nella sua ridicola gravità, ina non era un buon riso, un riso che fa cesse buon sangue, e poi la mia segreta ila-, nta era troppo in contrasto con le lagrime ch« scendevano dal ciglio delle mie sensibili vicine e con l'entusiasmo dei miei vicini. Perciò ho cercato un riso più naturale e mi son messo a frequentare con vostra meraviglia o scandalo il teatro di operetta... — Ella si troverà contento, spero. Non mai l'operetta è fiorita con più magnifico ri- goglio. j — Ahimè ! Questi teatri che vorrebbero essere i templi del culto della musica legger ra, comica e spiritosa, mi sembrano i pene trali di una religione grave e terribile della noia più nera. Io ho visto stasera molti e belli scenari, vesti di finissimo taglio, anno nie sapienti e squisite di colore, chorus gìrls vestite da giapponesi ; qualche collo e qual che nuca o qualche seno generosamente of forti e non indegni della mia passione per la statuaria, ma quel piacere visivo mi ò stato avvelenato dall'insipienza delle parole e dalla noia della musica: io non ho sentito iuna sola battuta che avesse in sé un germe i di arguzia e di satira. Ho sentito accenti |drammatici, falsi come quelli dell'opera che ' vuol essere seria., violinate sentimentali iti gualmente melense e stucchevoli, strepiti or chestrali in cui ho colto persino un irrive. rente ricordo di splendori wagneriani, ma non una sola frase comica. Se il vecchio Of- fembach non avesse scritto la Bella Elena e la burlesca entrata degli dei, e la canzone dei due Aiaci e il terzetto famoso, io sarei proclive a dichiarare che l'operetta è 6*ata finora un'opera noiosamente seria... — Prendo nota con piacere che la sola nota.'comica che lei riconosca è la caricatura del suo augusto mondo ellenico... : — Sicuro*ma non sono io il primo a gu sfcal.e it genere. Ella sa che i Greci stessi unirono a(j ogni trilogia tragica una specie d; fai.sa H cjramina satirico, e che esso fu scritto da un Eschilo, da un Sofocle, da un Euripide. Io posso leggero con uguale pro fondo diletto nell'Odissea d'Omero la scena barbara di Polifemo che divora i compagni di Ulisse, e nel Ciclope di Euripide la sapo rita caricatura. Ma i nostri compositori mo derni non sono nemmeno capaci di mettere in ridicolo le cose più auguste. Ho spesso pensato che se'Offembach vivesse ancora, io vorrei scrivergli la favola di un'operetta sul ritorno d'Ulisse. Quale miniera di arguzia j in quella casa della presunta vedova asse- diata dai pretendenti che divorano le prov viste della dispensa e dormono con le cameriere! Sì, bisognerebbe fare qualchecosa per questa povera operetta, perchè non è credibile la somma di stupidità, di goffag- gine e di insipienza che i facitori dei libretti j d'operetta odierni presentano ai nostri occhi ed alle nostre orecchie: la miseria dello spunto, la puerilità dell'intreccio, l'insipien - ^ za annacquata dello spirito, la convenzionao.Htà dei sentimenti. Ma chi saprebbe poi scriverne la musica spigliata, concisa, epigrammatica, leggera, solleticante? Forse u. no Strauss, forse un Huraperdinclc. Ch'i ha scritto il quartetto degli Ebrei nella Sulomé e l'aria della Strega in Hilnsel und Gretel, ne sarebbe capace; ma quei bellissimi ingegni ripugnerebbero da un genere d'arte ritenuto inferiore. Ci sarebbero i gloriosi maestri italiani, ed io ho spesso pensato se non sarebbe auesto un clima intellettuale più adatto al loro ingegno: essi potrebbero cosi svolgere le loro doti musicali, pur non abbandonando quella larga popolarità di cui hanno bisogno e quei lauti guadagni a cui sono avvezzi: ma ella sa che una recente prova ha abbattuto queste speranze... — Dunque — disse con ironia l'interlocutore. — non c'è luce di salvezza? — Confesso che non ne vedo — concluse lo spettatore solitario. — Per ora non c'è che da ammirare i bei scenari, le belle vesti e qualche armonioso collo ignudo, al suono di qualche valtzer viennese, più o meno affascinante, cercando di soffrirò il meno possibile della goffaggine dei casi e delle parole. Lo spegnersi dei lumi uella sala e l'accendersi di quelli della ribalta, por l'inizio del o , a o e a ò a e a a i a l l'atto seguente, interruppe il dialogo. Ma la bella signora che ascoltava con gusto, tor- _. „v .,-. : ,> ,, , , „ °,, ' mentando col piedino 1 orlo della sottana, eb- be un altro piccolo riso muto, e col favore della penombra gettò allò spettatore melanconico un'occhiata lucente di rimprovero, come a dire: i Ingrato ! E il deliziare gli occhi .nella bellezza plastica, cullando gli orecchi al rifcn)0 di un vaitzer viennese, non è dun- gUZ;e musicali? que un piacere estetico che vale tutte le arEnrico Thovez mdmvns

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